Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16624 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16624 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23547/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 240/2020 depositata il 13/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1 .La società RAGIONE_SOCIALE propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 240/22/2020 depositata in data 13 gennaio 2020 con la quale la commissione tributaria regionale della Campania, confermando la prima decisione, ha respinto il gravame della società RAGIONE_SOCIALE riconoscendole soggettività passiva rispetto alla pretesa tributaria, in quanto il d.l. 23 ottobre 2009, n. 159 e la normativa adottata al riguardo, pur avendo ‘ablato ‘talune facoltà proprietarie’ non aveva trasferito il diritto di usufrutto del termovalorizzatore alla Regione Campania.
Ulteriormente argomentando che, sulla base della normativa che regola la costituzione del detto diritto reale di usufrutto la società aveva effettivamente goduto del cespite.
Resiste il Comune di Acerra con controricorso.
Con nota depositata in prossimità dell’udienza, l’amministrazione comunale di Acerra ha dato atto che la società ha definito i carichi relativi all’annualità di imposta 2012 attraverso l’istituto della rottamazione dei ruoli e versando gli importi dovuti ex d.l. 16 ottobre 2017, n. 148.
Chiede pertanto la declaratoria della cessazione della materia del contendere.
CONSIDERATO CHE
2 .Con il primo motivo di ricorso, la società RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione degli artt. 978, 981, 1140 e 1141 cod.civ. nonché dell’art. 9 d.lgs. 14 marzo 2011 n. 23, dell’articolo 13 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, degli artt. 1 e 6 del d.l.30 novembre 2005,
n. 245, nonché degli artt. 6bis e 12 del d.l. 23 maggio 2008, n. 90 e dell’articolo 7 d.l. 30 dicembre 2009, n. 195, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3), cod. proc.civ.; per avere il decidente negato che la normativa disciplinante la destinazione del termovalorizzatore di Acerra avesse disposto il trasferimento dell’usufrutto in capo alla regione Campania, così riconoscendo in capo alla società RAGIONE_SOCIALE la soggettività passiva rispetto all’imposizione tributaria comunale.
A tal fine sostiene che l’interpretazione combinata delle norme emanate nel tempo dal Governo avrebbero dovuto indurre il giudicante a riconoscere come costituito in capo alla regione il diritto di usufrutto.
Ciò in quanto il d.l. 30 novembre 2005, n. 245 aveva disposto la risoluzione ex lege del contratto di affidamento di smaltimento dei rifiuti a suo tempo stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE, prevedendo nelle more la prosecuzione dei lavori per la realizzazione del termovalorizzatore e la prosecuzione del servizio di smaltimento dei rifiuti in capo alla RAGIONE_SOCIALE; che con successivo d.l. 23 maggio 2008, n. 90 era stata disposta la messa in servizio provvisoria della parte del termovalorizzatore già completata; che il Commissario aveva stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE un contratto per affidare i relativi servizi, nel quale si legge che la società RAGIONE_SOCIALE veniva qualificata come costruttore e la struttura del Sottosegretario di stato aveva la disponibilità dell’impianto, beneficiando dei proventi della vendita dell’energia elettrica prodotta dall’impianto; che il medesimo contratto prevedeva il potere dell’amministrazione di cedere gli impianti con diritto di prelazione in favore della società RAGIONE_SOCIALE; che, ancora, con d.l. 30 dicembre 2009, n. 195 si stabiliva il trasferimento della proprietà dell’impianto entro il 31.12.2011 mediante DPCM; che, dunque, il quadro normativo dimostra che, in realtà, la società RAGIONE_SOCIALE aveva perduto la disponibilità dell’impianto di cui godeva la PCM, in favore del quale era stato costituito ex lege
un vero e proprio diritto di usufrutto, con conseguente esclusione ad imposizione Ici per la società ormai spogliata di tale diritto.
8.Con la seconda censura, si lamenta l’illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui ha confermato la soggettività passiva in capo alla società, anche per violazione delle clausole nn. 3,4, 610 e 11 del contratto nonché de ll’art. 1363 cod.civ., ex art. 360, primo comma, n. 3) cod.proc.civ.
La terza censura prospetta l’illegittimità della irrogazione delle sanzioni per errore sul diritto; motivo sul quale la CTR non si sarebbe pronunciata, vizio veicolato attraverso l’art. 360, primo comma, n. 5), cod.proc.civ.
Con nota del 3 aprile 2024 il Comune di Acerra ha esposto che la società ricorrente ha aderito alla cd ‘rottamazione bis ‘ attestando l’intervenuto versamento delle somme iscritte a ruolo.
Va premesso che il comma 1 dell’art. 6 del d.l. 22 ottobre 2016, n. 192, convertito in legge 1 dicembre 2016, n. 225, individua il fenomeno al quale il legislatore ha assegnato rilievo riferendolo «ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016» e prevedendo che «i debitori possono estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni comprese in tali carichi, gli interessi di mora di cui all’articolo 30, comma 1, del d. P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, provvedendo al pagamento integrale delle somme di cui alle lettere a) e b), dilazionato in rate sulle quali sono dovuti, a decorrere dal 10 agosto 2017, gli interessi nella misura di cui all’articolo 21, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602>.
In presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata, con impegno a rinunciare al giudizio ai sensi dell’art. 6 d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, conv. con modif. in legge primo dicembre 2016, n. 225, richiamato dall’art. 1, comma 5, del
d.l. n. 148 del 2017, cui sia seguita la comunicazione dell’esattore ai sensi del comma 3 di tale norma, il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto, ex art. 391 cod. proc. civ., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia (come nel caso di specie) ricorrente, ovvero perché ricorre un caso di estinzione ex lege , qualora sia resistente o intimato (arg. da Cass. 3.10.2018, n. 24083; Cass. 4.03.2024, n. 5771; Cass. 21.02.2024, n. 4657, con riguardo al giudizio di cassazione; Cass. n. 4106 del 2020). Si deve allor ritenere che, per effetto della dichiarazione, seguita dalla comunicazione de qua, la situazione giuridica relativa alla pretesa di riscossione, allorquando sia oggetto di giudizio e, per quanto qui interessa, del giudizio di appello, viene ad essere regolata dagli effetti conformativi ad esse ricollegati e non è più identificabile, per effetto dì una vera e propria sostituzione, secondo il modo di essere con cui era stata dedotta in giudizio. Va, ulteriormente precisato, che «la rinuncia de qua e la dichiarazione di estinzione cui (ravvisatane la ritualità) procede la Corte di Cassazione non fanno passare in cosa giudicata la sentenza impugnata, ma comportano, per volontà di legge, che la situazione dedotta in giudizio sia sostituita, per previsione di legge, dalla disciplina emergente dalla dichiarazione di avvalimento nei termini indicati dalla comunicazione ex comma 3 citato dell’esattore (Cass. n. 24083 del 2018, par. 6.1).
La dichiarazione di estinzione del giudizio rende, all’evidenza, superfluo anche solo riferire dei motivi di ricorso.
Non deve provvedersi sulle spese «perché tanto nel caso di rinuncia al ricorso da parte del debitore quanto in quello di emersione della verificazione della fattispecie dell’art. 6 in situazione in cui il debitore (o contribuente) risulti resistente (o intimato) non si debbono regolare le spese, in quanto il contenuto della definizione agevolata assorbe il costo del processo pendente» (Cass. n. 24083 del 2018 cit.).
Il tenore della pronunzia, che è di estinzione del giudizio e non di rigetto, o di inammissibilità o improponibilità del ricorso, esclude l’applicabilità dell’art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, come inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 Dicembre 2012, n. 228 circa l’obbligo per il ricorrente non vittorioso di versare una somma pari al contributo unificato già corrisposto all’atto della proposizione dell’impugnazione (arg. da Cass., Sez. 3, 20.7.2021, n. 20697).
P.Q.M.
dichiara estinto il giudizio; compensa le spese del giudizio. Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della