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Estinzione del giudizio per definizione agevolata

Una società cooperativa agricola, dopo aver impugnato un avviso di accertamento IMU e aver perso in appello, ha presentato ricorso in Cassazione. Successivamente, ha aderito alla definizione agevolata dei carichi, rinunciando al ricorso. La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio, senza condanna alle spese e senza l’obbligo di versare il doppio del contributo unificato.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione del Giudizio Tributario: Gli Effetti della Definizione Agevolata

L’adesione a una sanatoria fiscale, nota come ‘definizione agevolata’, può avere un impatto decisivo sulle cause pendenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze procedurali di tale scelta, confermando come essa possa portare all’estinzione del giudizio e influenzare la regolamentazione delle spese legali e degli oneri processuali. Analizziamo insieme il caso per comprendere le implicazioni pratiche per contribuenti e professionisti.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento per l’IMU relativa all’anno 2013, notificato da un Comune a una società cooperativa agricola. La società impugnava l’atto e, in primo grado, la sua tesi veniva accolta. Successivamente, il Comune proponeva appello e la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione iniziale, dando ragione all’ente locale.

Contro questa sentenza, la cooperativa presentava ricorso per cassazione. Tuttavia, nelle more del giudizio di legittimità, la società decideva di avvalersi della definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione, come previsto dalla normativa di fine 2022. Di conseguenza, comunicava alla Corte la propria rinuncia al ricorso.

La Rinuncia e l’Estinzione del Giudizio

Il fulcro della decisione della Suprema Corte è proprio l’effetto della rinuncia al ricorso, motivata dall’accesso alla sanatoria. La Corte, in via pregiudiziale, ha preso atto della volontà della ricorrente di non proseguire con la causa.

Poiché la rinuncia è stata presentata in modo rituale, ovvero secondo le forme previste dalla legge, la conseguenza diretta e inevitabile è stata la dichiarazione di estinzione del giudizio. Questo significa che il processo si è concluso senza che i giudici entrassero nel merito dei motivi del ricorso, ponendo fine alla controversia in modo definitivo.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13338/2024, ha delineato con chiarezza le conseguenze giuridiche derivanti dall’estinzione. In primo luogo, ha affrontato la questione delle spese di lite. Poiché il Comune, parte intimata, non aveva svolto alcuna attività difensiva nel giudizio di Cassazione, i giudici hanno stabilito che non vi fosse luogo a provvedere sulla regolamentazione delle spese. In pratica, ciascuna parte ha sostenuto i propri costi per questa fase processuale.

In secondo luogo, e di notevole importanza pratica, la Corte ha escluso l’obbligo per la ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Tale raddoppio del contributo è previsto come una sorta di sanzione processuale nei casi in cui un ricorso venga respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: questa misura ha una natura eccezionale e sanzionatoria (lato sensu) e, pertanto, non può essere applicata per analogia a casi diversi da quelli espressamente previsti. L’estinzione del giudizio non rientra tra queste ipotesi, pertanto nessuna sanzione è dovuta dal rinunciante.

Conclusioni

Questa pronuncia offre importanti spunti pratici. Innanzitutto, conferma che la definizione agevolata rappresenta uno strumento efficace per chiudere le liti fiscali pendenti, offrendo al contribuente la possibilità di una valutazione strategica tra il proseguire un contenzioso dall’esito incerto e il chiudere la partita con il Fisco a condizioni favorevoli. In secondo luogo, chiarisce in modo netto le conseguenze processuali della rinuncia in Cassazione: il giudizio si estingue e, se la controparte non si è difesa, non vi è condanna alle spese. Infine, fornisce una garanzia fondamentale escludendo l’applicazione della sanzione del raddoppio del contributo unificato, un aspetto che potrebbe influenzare la decisione del contribuente sulla convenienza di rinunciare a un ricorso.

Cosa succede a un ricorso in Cassazione se il contribuente aderisce alla definizione agevolata e rinuncia al giudizio?
Il processo viene dichiarato estinto. La Corte non esamina il merito delle questioni sollevate, ma si limita a prendere atto della rinuncia per chiudere formalmente la causa.

In caso di estinzione del giudizio per rinuncia, la parte che rinuncia deve pagare le spese legali alla controparte?
Non necessariamente. Come specificato nel caso in esame, se la controparte (l’intimato) non ha svolto attività difensiva in quella fase del giudizio, le spese non vengono liquidate dal giudice.

Il contribuente che rinuncia al ricorso a seguito di definizione agevolata deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il raddoppio del contributo unificato è una misura sanzionatoria applicabile solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, e non si estende ai casi di estinzione del giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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