Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5188 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5188 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME che ha indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 4721, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 20.9.2021, e pubblicata il 25.10.2021;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
OGGETTO: Irpef Iva 2010 Lavoratore autonomo -Procacciatore di affari -Condono ex Dl n. 119 del 2018 -Estinzione del giudizio.
L’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO avente ad oggetto, ai fini Iva ed Irpef, il maggior reddito conseguito esercitando l’attività di procacciatore di affari, non dichiarato ed accertato con riferimento all’anno 2010, mediante incrocio con le dichiarazioni fiscali di altri contribuenti.
NOME COGNOME impugnava l’atto impositivo notificatogli, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, proponendo censure procedimentali e di merito. La CTP accoglieva l’impugnazione, ritenendo sussistere il vizio di delega del funzionario firmatario dell’atto impugnato.
Avverso la decisione sfavorevole conseguita dal giudice di primo grado spiegava appello l’Agenzia delle Entrate, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio. La CTR dava atto che l’Amministrazione finanziaria aveva provveduto a depositare documentazione idonea a provare l’esistenza di una regolare delega in favore del funzionario firmatario dell’avviso di accertamento, e reputava infondate le critiche di merito proposte dal contribuente avverso l’atto impositivo. In conseguenza riformava la decisione dei primi giudici e riaffermava la piena validità ed efficacia dell’avviso di accertamento contestato.
Ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, avverso la decisione sfavorevole assunta dal giudice del gravame, affidandosi ad un motivo di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Amministrazione finanziaria.
Ragioni della decisione
Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente contesta che la CTR ha ritenuto di decidere nel merito il giudizio, sebbene egli avesse provveduto ad estinguere il proprio debito tributario mediante adesione al condono di cui al Dl n. 119 del 2018.
Censura il ricorrente che, essendosi già pervenuti alla definizione della controversia mediante procedura di condono, avendo provveduto ad assolvere ad ogni onere, la CTR non avrebbe dovuto decidere nel merito la lite, esponendolo ad azioni esecutive bensì rilevare, d’ufficio, l’intervenuto pagamento e perciò l’estinzione del giudizio. Domanda perciò di ‘revocare’ l’avviso di accertamento ‘essendosi estinto lo stesso con un procedimento amministrativo di definizione agevolata’ (ric., p. 20).
2.1. L’Amministrazione finanziaria nel suo controricorso ha replicato che il contribuente nel corso del giudizio di appello, all’udienza del 15.4.2019, aveva domandato ed ottenuto il rinvio della trattazione del processo per provvedere al deposito dell’istanza di definizione agevolata. In data 30.5.2019 aveva quindi provveduto a richiedere il condono. Non depositava, però la domanda di sospensione del giudizio, e neppure l’istanza di condono con attestazione dell’intervenuto pagamento.
Pertanto l’Amministrazione finanziaria, dato atto dell’intervenuta positiva conclusione della procedura di definizione agevolata, e ritenuto che la mancata pronuncia di estinzione del giudizio è dipesa ‘da errore imputabile al contribuente’ (controric., p. 5), domandava rigettarsi o dichiararsi inammissibile il ricorso e, in subordine, chiedeva dichiararsi l’estinzione del giudizio.
Non ricorrono le condizioni perché possa procedersi all’esame nel merito del motivo di impugnazione. Il contribuente, infatti, ha riprodotto nel suo ricorso la documentazione relativa alla propria domanda di definizione agevolata della controversia ai sensi dell’art. 6 del Dl. n. 119 del 2018.
3.1. L’istanza, relativa all’anno 2010, è stata ricevuta dall’Amministrazione finanziaria il 30.5.2019, prot. AGE.AGEV -ST1, Registro Ufficiale 092885. La definizione agevolata prevede il pagamento rateale ed il contribuente ha prodotto documentazione relativa al versamento degli oneri.
Lo stesso Ente creditore, come anticipato, ha attestato l’intervenuta definizione della procedura.
3.2. Peraltro, entro il termine fissato dalla legge, il 31 luglio 2020 (art. 6, comma 12, d.l. n. 119 del 2018), l’Agenzia delle Entrate non ha notificato il diniego della definizione, ed entro il termine del 31 dicembre 2020 (art. 6, comma 13, prima parte, d.l. n. 119 del 2018) non è stata presentata alcuna istanza di trattazione del giudizio.
Il processo deve pertanto essere dichiarato estinto, anche d’ufficio (cfr. Cass. SU, 27.1.2016, n. 1518) per effetto dell’intervenuta cessazione della materia del contendere, ai sensi dell’art. 6, comma 13, del d.l. n. 119 del 2018, come conv., e dell’art. 46 del d.lgs. n. 546 del 1992. La contestazione del ricorrente secondo cui il giudice dell’appello non avrebbe dovuto pronunciare nel merito rimane perciò assorbita. Solo per completezza, pertanto, merita di essere rilevato che il contribuente non ha chiarito perché ritenga che il giudice del gravame fosse a conoscenza della positiva conclusione della procedura di definizione agevolata della lite.
Le spese del giudizio restano a carico della parte che le ha anticipate, ai sensi dell’art. 6, comma 13, ult. periodo, del d.l. n. 119 del 2018, come conv.
5.1. Il tenore della pronunzia, che è di estinzione del giudizio e non di rigetto, o di inammissibilità o improponibilità del ricorso, esclude -trattandosi di norma lato sensu sanzionatoria e comunque eccezionale e pertanto di stretta interpretazione -l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, quale inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, circa l’obbligo per il ricorrente, anche incidentale, non vittorioso di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione. L’estraneità della fattispecie rispetto alle previsioni della norma ora
richiamata consente di omettere ogni ulteriore specificazione in dispositivo (tra le tante: Cass. sez. VI-III, 30.9.2015, n. 19560; Cass. sez. V, 12.10.2018, n. 25485; Cass. sez. V, 28.5.2020, n. 10140; Cass. sez. V, 9.3.2021, n. 6400).
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
dichiara estinto il giudizio introdotto da NOME COGNOME e cessata la materia del contendere.
Così deciso in Roma, il 19.2.2025.