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Estinzione del giudizio: la rinuncia tacita al ricorso

Un Ente Locale impugna una sentenza della Commissione Tributaria Regionale. La Corte di Cassazione propone una definizione agevolata del giudizio. A seguito del silenzio dell’Ente ricorrente entro il termine previsto, la Corte dichiara l’estinzione del giudizio per rinuncia tacita, condannando lo stesso al pagamento delle spese legali a favore della società resistente.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione del giudizio in Cassazione: il silenzio che costa caro

L’estinzione del giudizio per inattività della parte ricorrente rappresenta un esito processuale tanto drastico quanto significativo. Una recente decisione della Corte di Cassazione, con il decreto n. 19457/2025, mette in luce le conseguenze del silenzio di fronte a una proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., trasformando l’inerzia in una vera e propria rinuncia tacita al ricorso, con inevitabile condanna alle spese.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da un contenzioso tributario. Un Ente Locale aveva proposto ricorso per cassazione avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale, sfavorevole ai suoi interessi. La controparte, una società a responsabilità limitata in liquidazione, si era costituita in giudizio per resistere al ricorso.

Nel corso del procedimento, la Corte di Cassazione, valutati gli atti, ha formulato una proposta per la definizione del giudizio, come previsto dall’art. 380-bis del codice di procedura civile. Questa proposta è stata regolarmente comunicata a entrambe le parti.

La Proposta della Corte e l’inerzia del ricorrente

Il meccanismo dell’art. 380-bis c.p.c. è pensato per accelerare i tempi della giustizia, offrendo alle parti una possibile via d’uscita rapida dal contenzioso. La norma stabilisce, tuttavia, un onere preciso per la parte che ha presentato il ricorso: qualora non intenda aderire alla proposta, deve chiedere la decisione del ricorso entro un termine perentorio di quaranta giorni dalla comunicazione.

Nel caso di specie, l’Ente Locale ricorrente non ha compiuto alcuna azione a seguito della comunicazione. È trascorso il termine di quaranta giorni senza che venisse depositata un’istanza per la prosecuzione del giudizio e la decisione nel merito del ricorso.

Le motivazioni: L’estinzione del giudizio come conseguenza automatica

La Corte di Cassazione, preso atto del decorso del termine, ha applicato rigorosamente la normativa. Il decreto spiega che, a norma del secondo comma dell’art. 380-bis c.p.c., il silenzio della parte ricorrente equivale a una rinuncia al ricorso. Questa ‘rinuncia tacita’ non è una mera presunzione, ma una conseguenza legale predeterminata dal legislatore per definire i giudizi in cui il ricorrente mostra disinteresse a proseguire dopo la proposta della Corte.

Di conseguenza, trovando applicazione l’art. 391 del codice di procedura civile, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione del giudizio. Questo significa che il processo si è concluso senza una decisione sul merito delle questioni sollevate nel ricorso. La sentenza impugnata dall’Ente Locale è, di fatto, diventata definitiva.

Le conclusioni: implicazioni pratiche e la condanna alle spese

La decisione ha due importanti conseguenze pratiche. La prima è che l’estinzione del giudizio chiude definitivamente la controversia a livello di legittimità. La seconda, non meno rilevante, riguarda la regolamentazione delle spese processuali. L’art. 391 c.p.c. prevede che, anche in caso di estinzione, il giudice debba provvedere sulle spese. In questo caso, la Corte ha condannato l’Ente Locale ricorrente, la cui inerzia ha causato l’estinzione, a rimborsare tutte le spese legali sostenute dalla società controricorrente per difendersi nel giudizio di Cassazione. L’importo è stato liquidato in Euro 5.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie, esborsi e accessori di legge, rappresentando un ulteriore onere economico per la parte che ha promosso un’impugnazione senza poi coltivarla.

Cosa accade se la parte che ha fatto ricorso in Cassazione non risponde alla proposta di definizione del giudizio?
Se la parte ricorrente non chiede che si proceda alla decisione del ricorso entro quaranta giorni dalla comunicazione della proposta, il suo ricorso si intende rinunciato per legge.

Qual è la conseguenza principale della rinuncia tacita al ricorso?
La conseguenza è l’estinzione del giudizio. La Corte di Cassazione emette un decreto con cui dichiara chiuso il processo, senza esaminare il merito della questione.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per mancata risposta alla proposta?
La parte ricorrente, la cui inattività ha causato l’estinzione, viene condannata a pagare le spese legali sostenute dalla controparte nel giudizio di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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