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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso

Un decreto della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze della mancata risposta a una proposta di definizione del giudizio. L’inerzia della parte ricorrente, in questo caso un’amministrazione statale, entro il termine di quaranta giorni, viene equiparata a una rinuncia al ricorso, portando alla declaratoria di estinzione del giudizio e alla condanna al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione del Giudizio in Cassazione: Il Silenzio che Costa Caro

L’estinzione del giudizio rappresenta una delle modalità di chiusura di un processo che non giunge a una decisione sul merito. Un recente decreto della Corte di Cassazione offre un esempio emblematico di come un’inerzia procedurale possa portare a questa conseguenza, con l’inevitabile condanna alle spese. Il caso analizza la mancata risposta di una parte a una proposta di definizione agevolata, un silenzio interpretato dalla legge come una vera e propria rinuncia all’impugnazione.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un ricorso presentato da un’amministrazione pubblica contro una sentenza emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia. La controversia vedeva contrapposta l’amministrazione a due società del settore immobiliare, le quali si sono costituite in giudizio per resistere all’impugnazione.

Durante la fase preliminare del giudizio in Cassazione, in applicazione delle norme volte a snellire i procedimenti, è stata formulata una proposta per la definizione della controversia e comunicata a tutte le parti coinvolte.

La Proposta di Definizione e la Mancata Risposta

Il Codice di Procedura Civile, all’art. 380-bis, prevede uno strumento per accelerare la risoluzione delle liti pendenti in Cassazione. Il giudice relatore può formulare una proposta che, se accettata, chiude la questione. La norma stabilisce un termine perentorio di quaranta giorni dalla comunicazione di tale proposta, entro il quale la parte ricorrente, se non intende aderire, deve richiedere la fissazione di un’udienza per la discussione del ricorso.

Nel caso di specie, l’amministrazione ricorrente ha lasciato trascorrere questo termine senza manifestare alcuna volontà di proseguire il giudizio.

La Decisione della Corte sull’Estinzione del Giudizio

La Corte di Cassazione, preso atto del decorso dei quaranta giorni senza alcuna comunicazione da parte della ricorrente, ha applicato rigorosamente la normativa. Il silenzio della parte è stato interpretato come una tacita rinuncia al ricorso. Di conseguenza, il Collegio ha dichiarato l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 391 del codice di procedura civile. La pronuncia non si è limitata a chiudere il processo, ma ha anche provveduto a regolare le spese processuali.

Le Motivazioni

Le motivazioni alla base del decreto sono prettamente di natura procedurale e si fondano su una presunzione legale. Il legislatore, con l’introduzione dell’art. 380-bis c.p.c., ha inteso responsabilizzare la parte che avvia il giudizio di legittimità. La proposta di definizione serve a sondare il reale interesse alla prosecuzione del ricorso. Se il ricorrente, messo di fronte a una potenziale soluzione, non reagisce chiedendo la discussione, la legge presume che il suo interesse sia venuto meno. Questa presunzione di rinuncia è assoluta e non ammette prova contraria. L’estinzione è, pertanto, l’automatica conseguenza di tale comportamento omissivo. La Corte ha inoltre sottolineato che, in base al secondo comma dell’art. 391 c.p.c., la parte che rinuncia deve essere condannata al pagamento delle spese, le quali sono state liquidate nel dispositivo a favore delle società controricorrenti.

Conclusioni

Il decreto in esame ribadisce un principio fondamentale: nel processo, e in particolare nel giudizio di Cassazione, i termini procedurali sono perentori e il silenzio può avere conseguenze decisive. L’estinzione del giudizio per mancata richiesta di decisione dopo una proposta di definizione non è una sanzione, ma la logica conseguenza di un comportamento che la legge interpreta come abbandono dell’impugnazione. Questa decisione serve da monito per tutti i litiganti, inclusi gli enti pubblici, sulla necessità di monitorare attentamente l’iter dei propri ricorsi e di rispondere tempestivamente alle comunicazioni della Corte, per evitare di vedere le proprie ragioni svanire a causa di una semplice inerzia procedurale, con l’ulteriore aggravio delle spese legali.

Cosa succede se una parte non risponde a una proposta di definizione del giudizio formulata dalla Corte di Cassazione?
Secondo l’art. 380-bis del Codice di Procedura Civile, se la parte ricorrente non chiede la decisione sul ricorso entro quaranta giorni dalla comunicazione della proposta, il ricorso si intende rinunciato.

Qual è la conseguenza legale di un ricorso che si intende rinunciato?
La rinuncia, anche se presunta a seguito del silenzio, comporta la declaratoria di estinzione del giudizio da parte della Corte, come previsto dall’art. 391 del Codice di Procedura Civile. Questo pone fine al procedimento.

Chi paga le spese processuali in caso di estinzione del giudizio per rinuncia presunta?
La parte che ha rinunciato al ricorso, ovvero la parte ricorrente che è rimasta inerte, viene condannata al pagamento delle spese processuali sostenute dalla controparte nel giudizio di cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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