Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4707 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4707 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23084/2016 R.G. proposto da
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, incorporante RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti COGNOME NOME (domicilio digitale: EMAIL) e COGNOME NOME (domicilio digitale:
EMAIL)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE DELL’EMILIA -ROMAGNA n. 1332/2016 depositata il 23 maggio 2016
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 21 gennaio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Ravenna la cartella esattoriale n. 093 2010 00095467 10 notificatagli dall’agente della riscossione Equitalia Centro s.p.a., recante l’intimazione di pagamento delle somme iscritte a ruolo sulla base di due distinti avvisi di accertamento ai fini dell’IRPEF emessi nei suoi confronti dalla Direzione Provinciale di Ravenna dell’Agenzia delle Entrate per gli anni 1996 e 1997, divenuti definitivi per effetto dell’estinzione dei relativi giudizi di impugnazione, non riassunti nel termine di legge a sèguito del rinvio delle cause al primo giudice disposto d’ufficio da questa Corte a norma degli artt. 383, comma 3, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
L’adìta Commissione, nel contraddittorio dell’ente impositore e dell’agente della riscossione, ritenuta la fondatezza delle ragioni addotte dal contribuente, annullava l’atto esattivo impugnato, dichiarando prescritta la pretesa tributaria in conseguenza dell’intervenuta estinzione dei giudizi di impugnazione dei sottostanti avvisi di accertamento.
La pronuncia veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna, la quale, con sentenza n. 1332/2016 del 23 maggio 2016, in accoglimento dell’appello erariale e nella contumacia di Equitalia Centro s.p.a., rigettava l’originario ricorso della parte privata.
A fondamento del «decisum» i giudici regionali osservavano che: -la mancata riassunzione aveva provocato l’estinzione dei giudizi di
impugnazione degli avvisi di accertamento, verificatasi il 16 settembre 2010, ma non anche quella degli atti impositivi, che da quella stessa data erano divenuti definitivi; -la notificazione della cartella era stata eseguita il 14 marzo 2011, nel rispetto del termine stabilito a pena di decadenza dall’art. 25, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 602 del 1973; -la procedura di riscossione risultava, quindi, tempestivamente attivata.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate ed RAGIONE_SOCIALE, incorporante RAGIONE_SOCIALE, hanno resistito con autonomi controricorsi.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, dello stesso articolo il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è denunciato l’omesso esame di fatti decisivi per giudizio che hanno formato oggetto di discussione fra le parti, .
1.1 Viene ascritto alla CTR di aver trascurato di valutare una serie di circostanze prospettate dal contribuente, la cui disamina avrebbe potuto condurla a una diversa decisione della controversia.
1.2 In particolare, si assume che nella motivazione della sentenza il collegio di secondo grado non avrebbe speso alcuna parola sulle seguenti questioni: (a)inammissibilità dell’appello erariale per difetto di specificità dei motivi; (b)giudicato interno formatosi sulla statuizione di annullamento della cartella esattoriale in conseguenza della mancata costituzione nel giudizio di appello di Equitalia Centro s.p.a., unico soggetto passivamente legittimato a
resistere all’opposizione riguardante tale atto; (c)decadenza di Equitalia Centro s.p.a. dal per intervenuto decorso del termine fissato dall’art. 25, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 602 del 1973, non soggetto alle cause di interruzione previste per la prescrizione, giusta il disposto dell’art. 2964 c.c..
1.3 La censura deve essere correttamente inquadrata nel paradigma di cui al numero 4) dell’art. 360, comma 1, c.p.c., avendo il ricorrente denunciato non già la mancata disamina di fatti decisivi e controversi, nei termini esplicitati dalle Sezioni Unite con l’arresto n. 8053/2014, bensì l’omessa pronuncia da parte della CTR in ordine ad alcune questioni sottoposte al suo vaglio, e quindi un «error in procedendo» asseritamente consistito nella violazione dell’art. 112 c.p.c..
1.4 Tanto premesso, il motivo è privo di fondamento.
1.5 Per consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice, non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando, pur in mancanza di un’espressa statuizione sul punto, la decisione adottata dal giudice comporta l’implicito rigetto degli argomenti non trattati, presupponendo come suo necessario antecedente logico -giuridico il riconoscimento della loro irrilevanza o infondatezza (cfr. Cass. n. 12476/2024, Cass. n. 12131/2023, Cass. n. 24667/2021, Cass. n. 7662/2020).
1 .6 Tanto premesso, va osservato che il rigetto della sollevata eccezione di mancanza di specificità dei motivi di appello formulati dall’Agenzia delle Entrate deve ritenersi implicito nella decisione assunta dalla CTR, la quale, accogliendo nel merito il gravame proposto dalla parte pubblica, ha necessariamente escluso che le censure articolate dalla difesa erariale fossero prive del requisito di cui all’art. 53, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 (cfr., in tal senso, Cass. n. 20051/2024, Cass. n. 2151/2021, Cass. n. 13649/2005).
Per giunta, la lagnanza in scrutinio difetta «in parte qua» di autosufficienza, non avendo il COGNOME riportato in ricorso i motivi di cui si discetta, in tal modo impedendo alla Corte di verificarne l’asserita genericità (cfr. Cass. n. 4688/2024, Cass. n. 32705/2023, Cass. n. 29495/2020).
1.7 Anche l’eccezione di giudicato interno è da aversi per implicitamente disattesa dal collegio di secondo grado, il quale ha respinto l’originario ricorso del contribuente, adottando una decisione di merito che presuppone la valutazione dell’infondatezza della predetta eccezione.
1.8 Riguardo, infine, all’asserita incidenza della norma di cui all’art. 2964 c.c. sul corso del termine di decadenza stabilito dall’art. 25, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 602 del 1973, la soluzione accolta dalla CTR è logicamente e giuridicamente incompatibile con la tesi sostenuta dal COGNOME, onde anche in questo caso si è in presenza di un rigetto implicito, e non di un’omessa pronuncia.
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, coma 1, n. 4) c.p.c., è lamentata la nullità dell’impugnata decisione e/o del procedimento.
2.1 Si sostiene che il collegio regionale non avrebbe potuto, in accoglimento del gravame esperito dalla sola Agenzia delle Entrate, respingere integralmente l’originario ricorso del contribuente, poiché l’unica parte legittimata a impugnare le statuizioni della sentenza di primo grado riguardanti la cartella di pagamento era Equitalia Centro s.p.a., rimasta contumace nel giudizio di appello.
2.2 I giudici «a quibus» avrebbero, pertanto, deciso in violazione del giudicato interno formatosi sul punto.
2.3 Il motivo non merita accoglimento.
2.4 Lo stesso COGNOME, pur non avendo riportato, nel corpo del ricorso per cassazione, il contenuto della sentenza della CTP -il che espone la doglianza a un preliminare rilievo di inammissibilità per difetto di autosufficienza (sull’argomento cfr., ex plurimis , Cass. n.
29495/2020, a proposito della necessaria specifica indicazione degli atti anche in caso di denuncia di ) -ha dedotto di aver riproposto in appello (pag. 5).
2.5 Da tanto inequivocabilmente si ricava che tale sentenza si era limitata ad accertare la prescrizione della pretesa tributaria in conseguenza dell’intervenuta estinzione del giudizio ad essa inerente, come è confermato dal seguente passaggio conclusivo della motivazione, trascritto da Equitalia Servizi RAGIONE_SOCIALE.p.a. nel proprio controricorso (pagg. 3 -5), e in particolare dal seguente passaggio conclusivo della motivazione: «La mancata riassunzione nell’anno…, avendo determinato l’estinzione del processo, con esclusione dell’effetto permanente dell’interruzione, conduce alla declaratoria di inesigibilità della pretesa impositiva per intervenuta prescrizione del diritto. Gli ulteriori profili restano assorbiti» .
2.6 Nel descritto contesto, è del tutto evidente come la sola parte interessata ad impugnare la decisione di prime cure fosse l’Agenzia delle Entrate, ente impositore titolare dei crediti iscritti a ruolo, atteso che la pronuncia resa dai giudici provinciali ineriva soltanto a tale punto della controversia.
2.7 Oltretutto, la doglianza del contribuente muove da un’erronea premessa giuridica, e cioè che solamente l’agente della riscossione sarebbe legittimato a resistere all’opposizione alla cartella di pagamento e a impugnare la relativa decisione giudiziale, anche quando queste non siano fondate, rispettivamente, sull’allegazione o sull’accertamento di vizi propri dell’atto.
2.8 Un simile asserto contrasta, tuttavia, con lo stabile indirizzo di legittimità secondo cui, in tema di contenzioso tributario, qualora il contribuente impugni una cartella esattoriale per motivi attinenti all’invalidità degli atti impositivi presupposti, la legittimazione
passiva spetta sia all’ente impositore sia all’agente della riscossione; con la precisazione che, ove sia stato evocato in causa il solo agente della riscossione, quest’ultimo è tenuto a chiamare in giudizio l’ente creditore interessato, ai sensi dell’art. 39 del D. Lgs. n. 112 del 1999, se non vuole rispondere delle eventuali conseguenze negative della lite (cfr. Cass. n. 17763/2021, Cass. n. 2480/2020).
2.9 È stato, inoltre, puntualizzato che la tardività della notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio (cfr. Cass. n. 10019/2018, Cass. n. 10477/2014, Cass. n. 10646/2013, Cass. n. 16990/2012).
2.10 Alla luce delle considerazioni che precedono, deve escludersi la configurabilità del dedotto .
Con il terzo mezzo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono prospettate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 25, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 63 del D. Lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 2943 e 2945 c.c..
3.1 Si rimprovera alla CTR di aver tralasciato di considerare che, ai sensi dell’art. 2945, comma 3, c.c., l’estinzione del giudizio fa venir meno l’effetto interruttivo permanente della prescrizione determinato dalla pendenza di un giudizio, lasciando fermo soltanto l’effetto interruttivo istantaneo ricollegato alla notificazione dell’atto introduttivo.
3.2 In applicazione della citata norma, i giudici regionali avrebbero, quindi, dovuto dichiarare estinta la pretesa tributaria, essendo la notificazione della cartella di pagamento avvenuta a distanza di oltre dieci anni dalla data in cui erano stati introdotti i giudizi di impugnazione degli avvisi di accertamento presupposti.
3.3 Il motivo è privo di fondamento.
3.4 Come ripetutamente affermato da questo Supremo Collegio,
l’estinzione del giudizio determinata dalla sua mancata riassunzione a sèguito di pronuncia di cassazione con rinvio comporta, ai sensi degli artt. 393 c.p.c. e 63, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, il venir meno dell’intero processo e, in forza dei princìpi in materia di impugnazione dell’atto tributario, rende definitivo l’avviso di accertamento.
3.5 Pertanto, poiché i termini di decadenza indicati dall’art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973 in tema di riscossione delle imposte sui redditi cominciano a decorrere da quando la pretesa tributaria è divenuta definitiva, ove la definitività dell’accertamento fiscale consegua alla mancata riassunzione del giudizio ad opera delle parti, detta decorrenza va fissata con riguardo al momento in cui il giudizio si è estinto per esaurimento del tempo utile per l’adempimento dell’incombente, rimanendo a tal fine irrilevante il potere dell’Amministrazione Finanziaria di iscrivere a ruolo parte della pretesa tributaria a titolo provvisorio, e così pure la disciplina delle cause di sospensione e interruzione, proprie non della decadenza ma della prescrizione (cfr. Cass. n. 4574/2015, Cass. n. 7444/2022, Cass. n. 35907/2023).
3.6 Giova, in proposito, rammentare che, in base a un diffuso orientamento nomofilattico al quale si intende dare continuità, l’estinzione del giudizio tributario per mancata riassunzione non è equiparabile al giudicato formatosi sulla pretesa impositiva, sicchè non può ritenersi applicabile il termine decennale di prescrizione dell’ «actio iudicati» (art. 2953 c.c.) nell’ipotesi in cui la definitività dell’accertamento derivi dalla declaratoria di estinzione del processo tributario per inattività delle parti.
3.7 Difatti, in conseguenza dell’estinzione del giudizio tributario, restano travolte tutte le sentenze in esso pronunciate, sulle quali non si forma alcun giudicato (cfr. Cass. Sez. Un. n. 25790/2009).
3.8 Qualora, dunque, la pretesa dell’Amministrazione Finanziaria si fondi (o continui a fondarsi) non già su un sopravvenuto e
intangibile provvedimento giurisdizionale che acclari l’effettiva sussistenza e la legittimità di tutti i presupposti dell’imposizione, bensì sull’originario avviso di accertamento, ancorchè consolidatosi per una ragione di ordine processuale, opera esclusivamente il regime previsto dall’art. 25, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 602 del 1973, in virtù del quale la cartella di pagamento deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento compiuto dall’Ufficio è divenuto definitivo (cfr. Cass. n. 4574/2015, Cass. n. 27265/2016, Cass. n. 23922/2016, Cass. n. 9521/2017, Cass. n. 3458/2023, Cass. n. 35907/2023, Cass. n. 24997/2024).
3.9 Alla stregua delle suenunciate «regulae iuris» , la decisione assunta dalla CTR appare immune da censure, avendo essa correttamente ritenuto applicabile al caso in esame il termine decadenziale anzidetto, la cui decorrenza è stata individuata nel giorno dell’acquisita definitività degli avvisi di accertamento, coincidente con quello nel quale si era verificata l’estinzione dei relativi giudizi tributari non riassunti (16 settembre 2010); da qui la conclusione che tale termine era ancora in corso alla data di notifica della cartella di pagamento (14 marzo 2011).
Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alle controricorrenti Agenzia delle Entrate ed Equitalia RAGIONE_SOCIALE.p.a. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in
favore della prima in complessivi 5.100 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito, e in favore della seconda in complessivi 5.300 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione