Estinzione del Giudizio per Definizione Agevolata: Come Funziona
L’adesione a una sanatoria fiscale, nota anche come ‘pace fiscale’, può avere un effetto decisivo sui contenziosi in corso tra contribuente e Fisco. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la definizione agevolata porta all’estinzione del giudizio pendente, a patto che siano rispettate determinate condizioni. Questa decisione offre importanti chiarimenti su come chiudere definitivamente una lite tributaria, risparmiando tempo e risorse.
I Fatti del Caso
Una società si trovava in un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate, giunto fino al giudizio di Cassazione a seguito di una sentenza sfavorevole della Commissione Tributaria Regionale. Nelle more del processo, la società ha deciso di avvalersi della ‘definizione agevolata delle liti pendenti’, uno strumento legislativo introdotto per permettere ai contribuenti di chiudere le controversie fiscali in modo vantaggioso. La società ha quindi presentato la domanda e pagato la prima rata, documentando il tutto e depositando un’istanza per far dichiarare la fine del processo.
La Decisione della Cassazione sull’Estinzione del Giudizio
La Corte di Cassazione ha accolto la richiesta della società e ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La decisione si fonda su un presupposto chiaro: l’Amministrazione Finanziaria, una volta ricevuta la comunicazione dell’avvenuta adesione alla sanatoria, non ha manifestato alcun diniego né ha richiesto la prosecuzione del processo entro i termini di legge. Questo silenzio dell’ente impositore ha, di fatto, consolidato gli effetti della definizione agevolata, rendendo automatica la chiusura del contenzioso.
Le Motivazioni
La Corte ha basato la sua decisione sull’applicazione diretta dell’art. 6 del Decreto Legge n. 119/2018. Questa norma stabilisce che il processo si estingue se il contribuente presenta la domanda di definizione e paga gli importi dovuti, a meno che l’ente impositore non notifichi un diniego o non depositi un’istanza di trattazione della causa entro scadenze precise. Nel caso specifico, essendo mancata qualsiasi opposizione da parte dell’Agenzia delle Entrate, il giudizio doveva inevitabilmente concludersi.
Un punto cruciale chiarito dall’ordinanza riguarda le conseguenze accessorie dell’estinzione. In primo luogo, le spese processuali restano a carico delle parti che le hanno sostenute. In secondo luogo, e di grande importanza pratica, la Corte ha escluso l’applicazione della norma che prevede il raddoppio del contributo unificato a carico della parte ricorrente la cui impugnazione viene respinta. I giudici hanno specificato che tale sanzione non si applica nei casi di estinzione, poiché manca un giudizio di merito che stabilisca una ‘vittoria’ o una ‘sconfitta’. Questo orientamento è coerente con precedenti pronunce della stessa Corte relative a normative analoghe di definizione agevolata.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma la valenza della definizione agevolata come strumento efficace per porre fine alle liti tributarie. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due:
1. Certezza del Diritto: La procedura di estinzione è chiara e si basa su presupposti oggettivi: la domanda del contribuente, il pagamento e il silenzio dell’Amministrazione Finanziaria. Ciò offre al contribuente una via d’uscita certa e prevedibile dal contenzioso.
2. Vantaggio Economico: Oltre ai benefici della sanatoria stessa (riduzione di sanzioni e interessi), l’estinzione del giudizio evita ulteriori spese legali. Inoltre, la non applicabilità del raddoppio del contributo unificato elimina un’ulteriore possibile spesa per il contribuente che aveva presentato ricorso, rendendo la scelta della definizione agevolata ancora più conveniente.
Cosa succede a un processo tributario se il contribuente aderisce alla definizione agevolata?
Secondo la pronuncia, se il contribuente presenta domanda di definizione agevolata, effettua i pagamenti richiesti e l’Amministrazione Finanziaria non si oppone formalmente entro i termini stabiliti dalla legge, il giudizio pendente viene dichiarato estinto.
In caso di estinzione del giudizio per definizione agevolata, chi paga le spese legali?
L’ordinanza stabilisce che le spese del giudizio estinto restano a carico delle parti che le hanno anticipate. Ciascuna parte, quindi, sostiene i propri costi legali sostenuti fino a quel momento.
Se il giudizio si estingue, il contribuente che ha fatto ricorso deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la norma che prevede il raddoppio del contributo unificato in caso di impugnazione respinta non si applica quando il giudizio si estingue, poiché manca una decisione sul merito della causa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30943 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30943 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/12/2024
Oggetto: estinzione del giudizio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11146/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e assistita in forza di procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOME (PECEMAIL
-ricorrente – contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 9077/10/2017 depositata in data 26/10/2017, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 24/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato e considerato che:
– è in atti istanza di estinzione del giudizio ex art. 6 del d. L. n. 119 del 2018 con annessa documentazione comprovante come nelle more del giudizio la società contribuente si sia avvalsa della definizione agevolata di cui all’art. 6 d.L. n. 119 del 2018, consistente nella domanda di definizione agevolata e nella quietanza di pagamento della prima rata; – non essendo stato opposto diniego né presentata istanza di trattazione nei termini previsti dall’art. 6, commi 12-13, d.L. n. 119 del 2018 (rispettivamente, 31 luglio e 31 dicembre 2020), il giudizio deve quindi dichiararsi estinto, rimanendo le spese a carico delle parti che le hanno anticipate come disposto dall’art. 6, comma 13, del d.L. n. 119 del 2018; – la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (negli stessi termini, Cass. n. 19419 del l’8 luglio 2021; nonché Cass. n. 25485 del 12 ottobre 2018, in tema di definizione agevolata ex art. 11, d.L. n. 50 del 2017, conv. con mod. dalla legge n. 96 del 2017; ancora Cass. n. 25529 del 10 ottobre 2019 in tema di definizione agevolata ex art. 6, d.l. n. 193 del 2016, conv. con mod. dalla legge n. 225 del 2016);
p.q.m.
dichiara estinto il giudizio; le spese restano a carico degli anticipatari. Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2024.