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Estinzione del giudizio: la definizione agevolata

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio in un contenzioso tributario. La società ricorrente, durante il processo, ha aderito alla definizione agevolata prevista dalla legge, pagando la prima rata. Poiché l’Agenzia delle Entrate non ha presentato opposizione, la Corte ha applicato la normativa che prevede, in tali circostanze, la chiusura del procedimento. Le spese legali restano a carico delle parti che le hanno anticipate e non è dovuto il raddoppio del contributo unificato.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione del Giudizio Tributario: Gli Effetti della Definizione Agevolata

L’adesione a una sanatoria fiscale, nota come definizione agevolata, può avere un impatto decisivo sui contenziosi pendenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze procedurali di tale scelta, confermando come essa possa condurre all’estinzione del giudizio e quali siano le regole per la ripartizione delle spese legali. Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione per contribuenti e professionisti impegnati in dispute con l’Amministrazione Finanziaria.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da una società contro una sentenza della Commissione Tributaria Regionale. La controversia vedeva contrapposta la società contribuente all’Agenzia delle Entrate. Durante lo svolgimento del processo dinanzi alla Corte di Cassazione, la società ricorrente ha presentato un’istanza per l’estinzione del procedimento, documentando di aver aderito alla definizione agevolata delle liti pendenti, come previsto dall’articolo 6 del Decreto Legge n. 119 del 2018. A prova di ciò, ha allegato la domanda di definizione e la quietanza di pagamento della prima rata.

Definizione Agevolata e Conseguente Estinzione del Giudizio

La normativa sulla definizione agevolata stabilisce una specifica procedura per i giudizi in corso. Se una delle parti aderisce alla sanatoria, il processo viene sospeso in attesa che l’altra parte si pronunci. La legge fissa dei termini precisi (nel caso di specie, il 31 luglio e il 31 dicembre 2020) entro i quali la controparte, tipicamente l’Agenzia delle Entrate, può opporre un diniego o chiedere la prosecuzione del giudizio. In assenza di tali atti, il procedimento si estingue automaticamente. Nel caso esaminato, l’Agenzia delle Entrate non ha manifestato alcuna opposizione, rendendo così inevitabile la declaratoria di estinzione.

le motivazioni

La Corte di Cassazione, nel dichiarare l’estinzione del giudizio, ha basato la sua decisione sulla rigorosa applicazione dell’articolo 6, commi 12 e 13, del D.L. n. 119/2018. I giudici hanno rilevato che erano presenti tutti i presupposti richiesti dalla legge: l’istanza di estinzione, la documentazione comprovante l’adesione alla definizione agevolata e il pagamento della prima rata. Soprattutto, è stato decisivo il fatto che l’Amministrazione finanziaria non avesse né opposto un diniego alla definizione né presentato un’istanza per la trattazione della causa entro i termini perentori previsti. Di conseguenza, il giudizio doveva considerarsi estinto.
La Corte ha inoltre affrontato due aspetti cruciali derivanti dall’estinzione: le spese di lite e il raddoppio del contributo unificato. Per le spese, applicando il comma 13 dello stesso articolo 6, ha stabilito che queste restano a carico delle parti che le hanno anticipate. Non vi è, quindi, una condanna alla refusione delle spese a carico di una delle parti. Per quanto riguarda il contributo unificato, la Corte ha escluso l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002. Tale norma prevede che la parte che ha proposto un’impugnazione respinta o dichiarata inammissibile debba versare un ulteriore importo pari al contributo già pagato. Secondo la Corte, questa disposizione non si applica nei casi di estinzione del giudizio, poiché non vi è una parte soccombente nel merito.

le conclusioni

L’ordinanza conferma un principio consolidato: l’adesione a una definizione agevolata, se non contestata dalla controparte, porta inevitabilmente all’estinzione del giudizio. Le implicazioni pratiche sono significative. In primo luogo, il contribuente ottiene la chiusura del contenzioso senza attendere una decisione finale, spesso incerta e costosa. In secondo luogo, la regola sulla compensazione delle spese legali (ciascuno paga le proprie) rappresenta un elemento di certezza. Infine, l’esclusione del raddoppio del contributo unificato evita un ulteriore onere economico per il ricorrente. Questa pronuncia ribadisce l’efficacia degli strumenti deflattivi del contenzioso, incentivando i contribuenti a valutare attentamente le opportunità offerte dalle sanatorie fiscali.

Quando si verifica l’estinzione del giudizio in caso di adesione alla definizione agevolata?
L’estinzione del giudizio si verifica quando la parte contribuente presenta istanza di definizione agevolata, paga la prima rata e la controparte (l’Agenzia delle Entrate) non si oppone né chiede la prosecuzione del giudizio entro i termini stabiliti dalla legge.

Chi paga le spese legali se il giudizio si estingue per definizione agevolata?
In caso di estinzione del giudizio per definizione agevolata, le spese legali restano a carico delle parti che le hanno anticipate. Non è prevista una condanna al pagamento delle spese a favore di una delle parti.

In caso di estinzione per definizione agevolata, è dovuto il raddoppio del contributo unificato?
No, la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’obbligo di versare un ulteriore importo pari al contributo unificato già pagato, poiché tale sanzione si applica solo in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione, non in caso di estinzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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