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Estinzione del giudizio: la Cassazione e la rottamazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio in una controversia fiscale relativa all’imposta di registro. La decisione segue l’adesione della società contribuente alla definizione agevolata prevista dalla Legge n. 197/2022. Poiché la società ha presentato istanza, pagato la rata e rinunciato al giudizio, la Corte ha concluso che il procedimento si è perfezionato, portando alla sua estinzione e stabilendo che ogni parte debba sostenere le proprie spese legali.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Estinzione del Giudizio per Definizione Agevolata: La Cassazione Chiarisce

L’adesione alle procedure di definizione agevolata, comunemente note come ‘rottamazione’ o ‘condono’, rappresenta uno strumento fondamentale per chiudere le liti pendenti con il Fisco. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 7871/2024, offre importanti chiarimenti sugli effetti di tale adesione, confermando come essa porti all’estinzione del giudizio tributario in corso. Questa decisione analizza il meccanismo previsto dalla Legge n. 197/2022 e stabilisce principi chiari sulla gestione delle spese legali.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un avviso di liquidazione per imposta di registro e relative sanzioni, emesso dall’Amministrazione Finanziaria nei confronti di una società agricola per la compravendita di alcuni terreni. La società contribuente aveva impugnato l’atto, ottenendo ragione sia in primo grado che in appello presso la Commissione Tributaria Regionale.

L’Ente Impositore, non soddisfatto dell’esito, ha proposto ricorso per cassazione. Mentre il giudizio era pendente dinanzi alla Suprema Corte, la società contribuente ha colto l’opportunità offerta dalla Legge n. 197/2022, presentando istanza di definizione agevolata della controversia. A corredo dell’istanza, ha fornito la documentazione che attestava il pagamento della rata dovuta e la rinuncia al giudizio in corso.

La Decisione della Corte e l’estinzione del giudizio

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha preso atto della procedura di definizione agevolata attivata dalla società. La legge di bilancio per il 2023 (L. n. 197/2022) ha introdotto, infatti, una sanatoria per le liti fiscali pendenti, subordinandone il perfezionamento alla presentazione di un’apposita domanda e al pagamento degli importi dovuti.

I giudici hanno quindi proceduto a dichiarare l’estinzione del giudizio. Tale esito non è una decisione sul merito della controversia, ma una presa d’atto che il contenzioso è venuto meno per volontà del contribuente, che ha scelto di avvalersi di uno strumento deflattivo del contenzioso previsto dal legislatore.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la propria decisione sull’interpretazione diretta della normativa di riferimento. L’articolo 1, commi 194 e 198, della Legge n. 197/2022 stabilisce chiaramente che la definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda e il pagamento degli importi dovuti. Con il perfezionamento, il processo si estingue.

Un punto interessante affrontato dalla Corte riguarda la possibilità che l’Ente Impositore possa, in un secondo momento, emettere un provvedimento di diniego della definizione agevolata. Secondo i giudici, questa eventualità non impedisce l’immediata declaratoria di estinzione. L’eventuale diniego costituirebbe un atto successivo e autonomo, che il contribuente avrebbe il diritto di impugnare separatamente, come previsto dal comma 201 della stessa legge.

In merito alle spese di lite, la Corte ha applicato il comma 197, il quale prevede specificamente che, in caso di estinzione per definizione agevolata, le spese del giudizio restano a carico della parte che le ha anticipate. Si tratta di una deroga al principio generale della soccombenza, voluta dal legislatore per incentivare l’adesione alla sanatoria.

Infine, la Corte ha escluso l’applicazione del cosiddetto ‘doppio contributo unificato’. Questa sanzione, come ribadito dalla giurisprudenza (citando Cass. n. 1420/2022), è applicabile solo nei casi tipici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, e non può essere estesa per analogia a casi diversi come l’estinzione del giudizio per condono.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale per la gestione del contenzioso tributario: l’adesione a una sanatoria, se correttamente perfezionata con il pagamento e la rinuncia, determina l’automatica estinzione del processo. Per i contribuenti, ciò significa che la presentazione dell’istanza di definizione agevolata rappresenta una via d’uscita certa e definita dalle liti pendenti, anche in Cassazione.

La decisione offre inoltre due importanti corollari pratici:
1. Certezza sui costi: Le parti sanno fin da subito che, in caso di adesione alla sanatoria, ciascuna sopporterà le proprie spese legali, senza il rischio di essere condannate a rifondere quelle della controparte.
2. Nessuna sanzione processuale: Viene confermato che l’estinzione per condono non comporta l’applicazione di sanzioni processuali come il raddoppio del contributo unificato, la cui natura è prettamente punitiva e legata all’esito infausto del ricorso.

Cosa succede a un processo tributario se il contribuente aderisce a una definizione agevolata (condono)?
Il processo si estingue. La Corte di Cassazione, una volta verificato che il contribuente ha presentato l’istanza, pagato gli importi dovuti e rinunciato al giudizio, dichiara l’estinzione del procedimento in corso, come previsto dalla Legge n. 197/2022.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per condono fiscale?
Le spese legali restano a carico di chi le ha sostenute. La normativa sulla definizione agevolata (specificamente l’art. 1, comma 197, della L. 197/2022) deroga alla regola generale e stabilisce che ogni parte provveda al pagamento delle proprie spese.

Se un ricorso in Cassazione viene dichiarato estinto per adesione alla sanatoria, è dovuto il ‘doppio contributo unificato’?
No, il doppio contributo unificato non è dovuto. La Corte ha chiarito che questa sanzione si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, e non può essere estesa ai casi di estinzione del giudizio per definizione agevolata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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