Estinzione del Giudizio in Cassazione: Cosa Succede se Non Rispondi alla Proposta?
L’estinzione del giudizio è un esito processuale che chiude una causa senza una pronuncia sul merito. Un recente decreto della Corte di Cassazione, il n. 20136/2025, offre un chiaro esempio di come l’inattività di una parte possa portare a questa conclusione, specialmente nel contesto del procedimento semplificato previsto dall’art. 380-bis del codice di procedura civile. Analizziamo questo caso per comprendere le dinamiche e le conseguenze di una mancata risposta alla proposta di definizione della Corte.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine da un contenzioso tra un importante istituto di credito e l’Amministrazione Finanziaria. L’istituto bancario, in qualità di ricorrente, aveva impugnato una decisione della Corte di Giustizia Tributaria del Lazio, portando la questione dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione. L’Amministrazione Finanziaria, rappresentata dall’ente di difesa statale, si era costituita come controricorrente per difendere la legittimità del provvedimento fiscale.
La Proposta di Definizione e la Conseguente Estinzione del Giudizio
Una volta incardinato il ricorso, il giudice relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ha formulato una proposta per una rapida definizione del giudizio. Questa procedura è pensata per accelerare i tempi della giustizia nei casi in cui l’esito del ricorso appare di facile soluzione. La proposta è stata regolarmente comunicata a entrambe le parti.
Tuttavia, è trascorso il termine perentorio di quaranta giorni dalla comunicazione senza che la parte ricorrente, ovvero l’istituto di credito, manifestasse la volontà di proseguire il giudizio chiedendo una decisione nel merito. Questo silenzio non è stato interpretato come una semplice attesa, ma come un’azione con precise conseguenze legali.
La Decisione della Corte: La Centralità dell’Art. 380-bis c.p.c.
La Corte di Cassazione, preso atto del decorso dei termini, ha applicato rigorosamente il dettato normativo. La legge stabilisce che la mancata richiesta di una decisione sul ricorso entro il termine fissato equivale a una rinuncia al ricorso stesso. Di conseguenza, il Collegio non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione del giudizio.
Oltre a chiudere il procedimento, la Corte ha provveduto a regolare le spese processuali, condannando la parte ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Le Motivazioni
Le motivazioni alla base del decreto sono eminentemente procedurali e si fondano su due articoli chiave del codice di procedura civile. In primo luogo, l’art. 380-bis, secondo comma, c.p.c., che stabilisce che se nessuna delle parti chiede la fissazione dell’udienza entro quaranta giorni dalla comunicazione della proposta del relatore, il ricorso si intende rinunciato. In secondo luogo, l’art. 391, secondo comma, c.p.c., che impone al giudice, in caso di rinuncia, di dichiarare l’estinzione del processo e di provvedere alla liquidazione delle spese.
La Corte ha semplicemente applicato la presunzione legale di rinuncia derivante dall’inattività della parte ricorrente, un meccanismo volto a deflazionare il carico di lavoro della Suprema Corte, incentivando la definizione rapida delle liti la cui soluzione appare già delineata.
Le Conclusioni
Questo decreto rappresenta un importante monito sull’importanza dei termini processuali e sulla diligenza richiesta alle parti in giudizio. La procedura di definizione agevolata non è una mera facoltà, ma un bivio procedurale che richiede una scelta attiva: accettare implicitamente la proposta (restando in silenzio e causando l’estinzione) o rifiutarla (chiedendo una decisione). Ignorare la comunicazione della Corte ha, in questo caso, comportato non solo la fine del giudizio in modo sfavorevole, ma anche un esborso economico per le spese legali. La lezione è chiara: nel processo, anche il silenzio ha un peso e delle conseguenze ben precise.
Cosa succede se una parte non risponde alla proposta di definizione del giudizio formulata dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso viene considerato rinunciato e la Corte dichiara l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis del codice di procedura civile.
Qual è il termine per manifestare l’intenzione di proseguire il giudizio dopo aver ricevuto la proposta?
Il termine perentorio è di quaranta giorni dalla data di comunicazione della proposta di definizione formulata dal giudice relatore.
In caso di estinzione del giudizio per mancata risposta, chi paga le spese processuali?
La parte che ha presentato il ricorso e non ha dato seguito alla proposta (il ricorrente) viene condannata al pagamento delle spese processuali in favore della controparte (il controricorrente).
Testo del provvedimento
Decreto di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20136 Anno 2025
Civile Decr. Sez. 5 Num. 20136 Anno 2025
Presidente:
Relatore:
Data pubblicazione: 18/07/2025
DECRETO
sul ricorso iscritto al n. 5571/2024 R.G. proposto da: BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A.RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
TABLE
-intimato-
avverso ORDINANZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO LAZIO n.1674/2023 depositata il 25/09/2023
Vista la proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e comunicata alle parti;
Considerato che è trascorso il termine di giorni quaranta dalla comunicazione della anzidetta proposta senza che la parte ricorrente abbia chiesto la decisione del ricorso;
Ritenuto, pertanto, che – a norma dell’art. 380 -bis, secondo comma, c.p.c. – il ricorso deve intendersi rinunciato e deve provvedersi a dichiarare l’estinzione del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ.;
Ritenuto che, a norma dell’art. 391, secondo comma, c.p.c., deve provvedersi sulle spese processuali, che vanno liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio di Cassazione.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 12/07/2025