Estinzione del Giudizio: Cosa Succede se Non Rispondi alla Proposta della Cassazione?
L’esito di un processo non dipende solo dalla fondatezza delle proprie ragioni, ma anche dal rigoroso rispetto delle regole procedurali. Un esempio emblematico è il meccanismo dell’estinzione del giudizio di Cassazione per mancata reazione alla proposta di definizione. Il recente decreto della Suprema Corte, Sezione 5, n. 22647 del 2025, offre un chiaro monito sull’importanza della vigilanza processuale, specialmente nell’ultimo grado di giudizio.
I Fatti del Caso
Un contribuente, a seguito di una sentenza a lui sfavorevole emessa dalla Commissione Tributaria Regionale, decideva di presentare ricorso per Cassazione. La controversia vedeva contrapposto il cittadino all’Agenzia delle Entrate. Giunto il fascicolo presso la Suprema Corte, il procedimento seguiva il suo iter fino a un punto di svolta cruciale.
La Proposta di Definizione e la Conseguente Estinzione del Giudizio
Ai sensi dell’articolo 380-bis del codice di procedura civile, alle parti veniva comunicata una proposta per la definizione del giudizio. Questa procedura mira a velocizzare la risoluzione delle controversie la cui soluzione appare di pronta definizione. La norma prevede che, una volta ricevuta tale comunicazione, le parti abbiano un termine perentorio per chiedere che il ricorso sia comunque deciso in udienza.
Nel caso di specie, il ricorrente lasciava trascorrere il termine di quaranta giorni senza presentare alcuna istanza per la decisione. Questo silenzio, tutt’altro che neutro, ha innescato una precisa conseguenza giuridica.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione in modo lineare e stringente, basandosi su due norme chiave del codice di procedura civile.
In primo luogo, ha richiamato l’art. 380-bis, secondo comma, c.p.c. Questa disposizione stabilisce che, se nessuna delle parti chiede la fissazione dell’udienza entro il termine stabilito dalla comunicazione della proposta, il ricorso si intende rinunciato. L’inerzia della parte ricorrente viene quindi equiparata dalla legge a una vera e propria rinuncia all’impugnazione.
In secondo luogo, la Corte ha applicato l’art. 391, primo comma, c.p.c. Tale norma impone al giudice di dichiarare, anche d’ufficio, l’estinzione del processo in ogni caso in cui la legge lo preveda, come appunto nella fattispecie della rinuncia presunta. Di conseguenza, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione del giudizio di Cassazione.
Infine, come corollario dell’estinzione, la Corte ha provveduto alla liquidazione delle spese processuali, condannando la parte ricorrente, la cui inattività aveva causato la chiusura del procedimento, al pagamento dei compensi in favore dell’Agenzia delle Entrate, quantificati in Euro 2.800,00 oltre alle spese prenotate a debito.
Le Conclusioni
La vicenda analizzata sottolinea un principio fondamentale del diritto processuale: la vigilanza e il rispetto dei termini sono essenziali. La proposta di definizione ex art. 380-bis c.p.c. non è un mero atto interlocutorio, ma un meccanismo che richiede una presa di posizione attiva. Il silenzio non è una strategia processuale percorribile in questo contesto, ma si traduce automaticamente in una sconfitta, con la chiusura del processo e la condanna alle spese. Per i cittadini e i loro legali, questo caso serve da severo promemoria: ogni comunicazione della Corte deve essere gestita con la massima attenzione e tempestività per evitare conseguenze irreparabili come l’estinzione del giudizio.
Cosa accade se non si risponde alla proposta di definizione del giudizio della Corte di Cassazione?
Se la parte ricorrente non chiede la decisione del ricorso entro il termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta, il ricorso si considera rinunciato e la Corte dichiara l’estinzione del giudizio.
Qual è la base normativa per l’estinzione del giudizio in questo caso?
La decisione si fonda sull’articolo 380-bis, secondo comma, del codice di procedura civile, che equipara il silenzio alla rinuncia, e sull’articolo 391 dello stesso codice, che obbliga il giudice a dichiarare l’estinzione del processo nei casi previsti dalla legge.
Chi è tenuto a pagare le spese processuali in caso di estinzione del giudizio per inattività del ricorrente?
La parte ricorrente, la cui inattività ha causato l’estinzione del procedimento, viene condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della parte controricorrente.
Testo del provvedimento
Decreto di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22647 Anno 2025
Civile Decr. Sez. 5 Num. 22647 Anno 2025
Presidente:
Relatore:
Data pubblicazione: 05/08/2025
DECRETO
sul ricorso iscritto al n. 6566/2019 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME ( -) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n.4678/2018 depositata il 03/07/2018
Vista la proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e comunicata alle parti;
Considerato che è trascorso il termine di giorni quaranta dalla comunicazione della anzidetta proposta senza che la parte ricorrente abbia chiesto la decisione del ricorso;
Ritenuto, pertanto, che – a norma dell’art. 380 -bis, secondo comma, c.p.c. – il ricorso deve intendersi rinunciato e deve provvedersi a dichiarare l’estinzione del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ.;
Ritenuto che, a norma dell’art. 391, secondo comma, c.p.c., deve provvedersi sulle spese processuali, che vanno liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio di Cassazione.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 18/07/2025