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Esterovestizione: sede fittizia e IVA dovuta

La Corte di Cassazione ha confermato un avviso di accertamento IVA nei confronti di una società italiana per vendite a due entità di San Marino. La Corte ha stabilito che, essendo stata provata l’esterovestizione delle società acquirenti (ovvero la loro sede amministrativa e gestionale era in Italia), le operazioni non potevano essere considerate esportazioni non imponibili, ma vendite interne soggette a IVA. La sentenza chiarisce che il concetto di esterovestizione, originario delle imposte dirette, si applica pienamente anche ai fini IVA.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esterovestizione e IVA: la Cassazione conferma la tassazione per le sedi fittizie

Il fenomeno dell’esterovestizione societaria torna al centro di un’importante pronuncia della Corte di Cassazione, la sentenza n. 16609/2025. La Corte ha stabilito che una società con sede legale all’estero, ma di fatto gestita e amministrata dall’Italia, deve essere considerata fiscalmente residente nel nostro Paese non solo per le imposte dirette, ma anche ai fini IVA. Di conseguenza, le vendite effettuate a suo favore da un fornitore italiano non sono esportazioni esenti, ma operazioni interne pienamente imponibili.

I fatti di causa

Una società italiana produttrice di beni si vedeva notificare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione finanziaria contestava il mancato versamento dell’IVA su una serie di vendite effettuate nei confronti di due società con sede legale nella Repubblica di San Marino. Secondo l’Ufficio, queste ultime erano “esterovestite”: sebbene formalmente estere, erano di fatto amministrate e dirette dall’Italia, dove si svolgeva la loro attività principale di commercializzazione dei beni prodotti dalla società italiana.

Per l’Agenzia, quindi, le operazioni non potevano beneficiare del regime di non imponibilità previsto per le esportazioni, ma dovevano essere assoggettate ad IVA come normali cessioni nazionali. La società contribuente impugnava l’atto, dando inizio a un contenzioso che, dopo due gradi di giudizio con esiti alterni, giungeva dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’impatto dell’esterovestizione sull’IVA

Il fulcro del ricorso della società si basava sulla presunta erronea applicazione della disciplina sull’esterovestizione, tipica delle imposte sui redditi (art. 73 TUIR), al comparto dell’IVA. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo principi fondamentali.

La Corte ribadisce che il concetto di residenza fiscale si basa sulla “sede dell’amministrazione”, intesa come il luogo di concreto svolgimento dell’attività direttiva e gestionale. Questo dato fattuale prevale sulla sede legale formale. Quando le decisioni cruciali e la direzione generale sono in Italia, la società è fiscalmente italiana, a prescindere da dove sia registrata.

Le motivazioni

I giudici hanno spiegato che l’accertamento dell’esterovestizione delle società sammarinesi ha una conseguenza diretta e inevitabile ai fini IVA. Se tali società sono considerate residenti in Italia, le cessioni di beni nei loro confronti da parte di un’azienda italiana perdono la loro natura di operazione transfrontaliera. Diventano a tutti gli effetti operazioni interne, territorialmente rilevanti in Italia e, come tali, soggette all’imposta sul valore aggiunto. La Corte ha precisato che il pagamento dell’IVA in Italia è una “conseguenza diretta dell’accertamento della esterovestizione”. Inoltre, ha sottolineato che la contribuente non aveva fornito la prova rigorosa richiesta per beneficiare dell’esenzione per le esportazioni verso San Marino, come la restituzione della fattura con l’apposito timbro dell’ufficio tributario sammarinese, prova indispensabile dell’effettiva uscita dei beni dal territorio italiano.

La Cassazione ha anche dichiarato inammissibili i motivi con cui la ricorrente cercava di ottenere un riesame dei fatti già accertati dai giudici di merito. La Corte di legittimità non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della motivazione, che in questo caso è stata ritenuta adeguata.

Le conclusioni

La sentenza n. 16609/2025 rappresenta un importante monito per le imprese. La localizzazione fittizia della sede legale all’estero per godere di regimi fiscali più vantaggiosi è una pratica rischiosa che l’ordinamento contrasta con forza. La decisione chiarisce che il principio della prevalenza della sostanza sulla forma si applica in modo trasversale a tutto il sistema tributario. L’esterovestizione, una volta provata, rende la società un soggetto passivo a tutti gli effetti residente in Italia, con l’obbligo di adempiere a tutti gli oneri fiscali, IVA inclusa, come qualsiasi altra impresa nazionale. Di conseguenza, il ricorso della società è stato rigettato, con condanna al pagamento delle spese processuali.

Che cosa si intende per esterovestizione?
Per esterovestizione si intende la situazione in cui una società, pur avendo la propria sede legale all’estero, ha di fatto la sede della sua amministrazione e l’oggetto principale della sua attività in Italia. In questi casi, la società viene considerata fiscalmente residente in Italia.

Il principio dell’esterovestizione si applica anche ai fini IVA?
Sì. La sentenza afferma che l’accertamento dell’esterovestizione di una società comporta che essa sia considerata stabilita nel territorio dello Stato. Di conseguenza, le operazioni di vendita nei suoi confronti da parte di un fornitore italiano sono considerate cessioni interne e sono soggette a IVA, non potendo beneficiare del regime di non imponibilità per le esportazioni.

Chi deve provare che una vendita a una società di San Marino è una vera esportazione?
L’onere della prova spetta al cedente italiano (la società contribuente). Per dimostrare l’effettività dell’operazione e beneficiare dell’esenzione IVA, è necessario fornire la prova documentale che i beni hanno lasciato il territorio italiano, come ad esempio la fattura restituita con il timbro a secco dell’ufficio tributario di San Marino.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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