Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5003 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5   Num. 5003  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6399/2021 R.G. proposto da:
COGNOME  NOME,  COGNOME  BRUNA,  elettivamente  domiciliati  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato NOME  COGNOME (CODICE_FISCALE),  rappresentati  e  difesi  dall’avvocato  NOME  COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
 contro
RAGIONE_SOCIALE,  elettivamente  domiciliata  in  ROMA.  INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA), che ex lege la rappresenta e difende.
-controricorrente-
avverso  SENTENZA  di  COMM.TRIB.REG.  EMILIA  ROMAGNA  n.  861/2020 depositata il 18/08/2020.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il P.M. nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito l’AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udito l’Avvocato dello Stato , NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME impugnavano, con separati ricorsi, gli avvisi di liquidazione e gli avvisi di rettifica di valore notificati dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE relativamente all’operazione di conferimento in una società di diritto inglese, RAGIONE_SOCIALE, con sede a Londra, di beni immobili (fabbricati e terreni) dietro attribuzione di azioni per il corrispondete valore (euro 1.344.000,00), come da perizia giurata, al netto del diritto di abitazione vitalizio, giusta rogito, in data a28/1/2014, del AVV_NOTAIO, di Ferrara, che prevedeva anche l’accollo, da parte della conferitaria, RAGIONE_SOCIALE ultime due rate di un mutuo ipotecario gravante su alcuni immobili; le predette azioni venivano convertite in titoli al portatore fiduciariamente consegnati a società finanziarie inglesi.
Con gli avvisi di liquidazione l’RAGIONE_SOCIALE contestava l’applicazione dell’imposta di registro nella misura fissa (euro 200,00) di cui all’art. 4 della nota IV, parte I, lett. a) della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, pretendendo, invece, l’imposta di registro nella misura proporzionale, sul rilievo che la società non fosse inglese ma italiana, e con gli avvisi di rettifica contestava il valore di alcuni fabbricati e terreni, recuperando a tassazione la maggiore imposta di registro conseguentemente dovuta dai coobbligati contribuenti.
L’adita CTP di Ferrara accoglieva i ricorsi, pronunciando altrettante sentenze sostanzialmente identiche, nella quali si evidenziava che non v’era stato alcun contratto simulato avendo i contribuenti inteso utilizzare al meglio il loro patrimonio immobiliare, mantenendo il diritto di abitazione dell’appartamento in cui vivevano, che la società aveva sede a Londra e dai verbali emergeva che le riunioni degli organi sociali erano ivi tenute, che lo svolgimento di attività al di fuori del territorio nazionale non era stata provata dall’Ufficio a nulla rilevando la non consistenza degli incrementi patrimoniali intervenuti nel triennio intercorso tra il conferimento e l’accertamento stante piuttosto l’interesse a scommettere sull’andamento del mercato immobiliare e su eventuali varianti urbanistiche dei terreni conferiti, mentre, sulla rideterminazione di valore, il giudice di primo grado escludeva la decisività dei valori OMI.
La CTR della RAGIONE_SOCIALE Romagna, in accoglimento parziale dell’appello dell’RAGIONE_SOCIALE e respingendo quello incidentale dei contribuenti, evidenziava che l’Ufficio non aveva dedotto la natura simulata del contratto ma, come riportato negli avvisi, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro in misura non fissa bensì proporzionale, «la mancanza di una sede effettiva nel Regno Unito (oltre alla mera titolarità di una domiciliazione formale come sede legale) e l’assenza di qualsivoglia attività economica svolta nello stato dove è stata collocata la formale sede legale della società.»
Il giudice di appello, dopo aver ricostruito le motivazioni e gli effetti dell’operazione di ‘cartolarizzazione’ degli immobili tassata, concludeva nel senso che «un aumento di capitale effettuato da soggetti residenti all’interno del territorio italiano mediante conferimento ad una società di diritto inglese della proprietà di loro porzioni immobiliari appare – in modo incontrovertibile – uno strumento pienamente elusivo perché non rispondente ad altra ragione di natura economica se non il conseguimento di un indebito vantaggio fiscale.»
La sentenza della CTR riduceva, invece, il valore rettificato dall’Ufficio di alcuni terreni, siti in Rovigo, avuto riguardo ai dati ricavabili dagli atti comparativi presi a riferimento dall’Ufficio, e rideterminava così la maggiore imposta recuperata.
Avverso  la  sentenza  di  appello  i  contribuenti  hanno  proposto  ricorso  per cassazione affidato a quattro motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod.proc.civ., la violazione degli artt. 49, 52, 53, d.lgs. n. 546 del 1992, 335, 340, 361, cod.proc.civ., laddove la CTR ha ritenuto ammissibile l’appello cumulativo proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso le quattro sentenze emesse in distinti giudizi, non essendosi proceduto a riunione, nonostante riguardassero atti di diversa natura e autonomamente impugnabili, oggetto di «cause non legate tra loro da connessione oggettiva», non essendo previste impugnazioni collettive e cumulative.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod.proc.civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 4 della nota IV, parte I, lett. a) della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, alla stregua dell’art. 12, comma primo, RAGIONE_SOCIALE disp. prel. al cod.civ., sull’interpretazione della legge, laddove la CTR ha escluso l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa nonostante la disposizione invocata presupponga soltanto che la società destinataria del conferimento abbia «la sede legale o amministrativa» in altro Stato membro dell’Unione europea. Si ribadisce, al riguardo, che la società (RAGIONE_SOCIALE conferitaria «ha sede a Londra (Gran Bretagna), INDIRIZZO, da tempo iscritta alla Companies House, come documentalmente provato e neppure avversariamente contestato (…).»
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod.proc.civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 4 della nota IV, parte I, lett. a) della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, in rapporto all’art. 73, comma 3, d.P.R. n. 917 del 1986 e dell’art. 20, comma 1, d.P.R. n. 131 del 1986, laddove la CTR non ha considerato che la riqualificazione dell’atto di conferimento del 28/1/2014 ai fini dell’imposta di registro operata dall’Ufficio, avuto riguardo alla ritenuta esterovestizione della società, non sarebbe fiscalmente comunque smascherabile ex art. 20, d.P.R. citato, ancorché non
espressamente richiamato neppure dal giudicante, alla luce dell’interpretazione autentica data dall’art. 1, comma 1084, l. n. 145 del 2018, con l’avallo della Corte  Costituzionale  (sent.  n.  158/2020),  essendo  l’imposta  di  registro  una imposta d’atto e restando precluso nell’attività di interpretazione ogni riferimento ad elementi extratestuali.
Con il quarto motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod.proc.civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 4 della nota IV, parte I, lett. a) della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, 2697 comma primo, 2727, e 2729, cod.civ., laddove il giudice di appello ha ritenuto di poter dare ingresso ad elementi fattuali rispetto alla risultanza documentali dell’atto sottoposto a tassazione, avuto riguardo all’affermata possibilità del giudice tributario di accertare «caso per caso» ed anche in via indiziaria, l’effettività RAGIONE_SOCIALE sede estera ed il luogo di operatività della società conferitaria dei beni.
La prima censura è infondata.
I  ricorrenti  lamentano  che  la  CTR  dovesse  dichiara  inammissibile  il  gravame proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso  più sentenze della CTP di Ferrara relative ad atti distinti (gli avvisi di liquidazione e gli avvisi di rettifica di valore) riguardanti i due contribuenti (NOME COGNOME e NOME COGNOME), ancorché parti contraenti dell’unico atto tassato.
Va, tuttavia, richiamato l’indirizzo di legittimità (Cass. Sez. U., n. 3692/20009; Cass. n. 2102/2016; n. 22657/2014; n. 8075/2013; n. 11186/2010; 10499/2003 ed altre), in forza del quale, nel procedimento dinanzi alle commissioni tributarie, deve ritenersi ammissibile – in deroga alla regola generale di inammissibilità dell’impugnazione cumulativa – l’impugnazione, con un unico atto, di più sentenze relative a distinti procedimenti, allorquando le sentenze impugnate cumulativamente siano espressamente indicate, con manifestazione non equivoca della volontà di impugnarle tutte, sussista identità di parti e di rapporto giuridico d’imposta, pur se riferito a diverse annualità, sia ravvisabile l’identità RAGIONE_SOCIALE questioni di diritto poste a fondamento RAGIONE_SOCIALE decisioni formalmente distinte (sì da potersi configurare un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le controversie oggetto di ricorso).
Nel caso di specie, pur non vertendosi nell’ipotesi tipica e più ricorrente di plurime controversie concernenti identiche questioni incidenti su diversi periodi d’imposta, bensì in quella del medesimo rapporto impositivo contestato a soggetti passivi d’imposta coobbligati, sia nel momento iniziale della liquidazione della maggiore imposta dovuta nella misura proporzionale ordinaria anziché fissa, ed in quello successivo della rettifica di valore dei beni conferiti, da cui dipende la base imponibile, l’identità di ratio decisoria e di effetti che lega all’evidenza le plurime sentenze, consente di ritenere ammissibile l’impugnazione cumulativa, anche in mancanza di un’espressa previsione normativa, per ragioni di economicità dei giudizi e di coerenza degli stessi, evitando il simultaneus processus possibili conflitti di giudicati.
La seconda, terza e quarta censura possono essere esaminate congiuntamente in quanto, sia pure da prospettive censorie diverse e formulate in via gradata, si incentrano tutte sulle condizioni di applicabilità dell’agevolazione fiscale prevista dall’art. 4 della nota IV, parte I, della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, disposizione, intesa a favorire la libera circolazione dei capitali, che – ad avviso dei ricorrenti – fa riferimento in modo chiaro, tanto da non consentire diversa interpretazione, alla sede legale o alla sede amministrativa della società, in altro Stato membro dell’Unione europea.
La previsione recata dalla predetta nota IV, secondo cui l’imposta di registro si applica in misura fissa (di euro 200) per gli atti di conferimento di beni immobili a favore di società con sede legale o amministrativa in un altro Stato membro dell’Unione Europea, si confronta con i principi affermati con la Direttiva comunitaria del 12 febbraio 2008, n. 7, in base alla quale i conferimenti sono tassabili esclusivamente nello Stato membro nel cui territorio si trova la sede della direzione effettiva della società di capitali al momento dell’operazione.
Giova,  al  riguardo,  richiamare  una  recente  ordinanza  della  Corte  (Cass.  n. 5537/2023)  che,  in analoga fattispecie, ha affermato la legittimità del «disconoscimento, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, dello stabilimento della sede legale della società a Londra, la cui previsione è stata ritenuta del tutto fittizia e strumentale a conseguire un indebito vantaggio tributario, in assenza
di alcun collegamento effettivo della società con lo Stato estero, in cui non sussistono né uffici né personale e non è svolta alcuna operazione o attività.» In particolare, ad avviso della Corte «( r )icorre, pertanto, la cd. fattispecie della esterovestizione configurabile allorché una società, la quale ha nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione, da intendersi come luogo in cui si svolge in concreto la direzione e gestione dell’attività di impresa e dal quale promanano le relative decisioni, localizzi la propria residenza fiscale all’estero al solo fine di fruire di una legislazione tributaria più vantaggiosa (Sez. 5, n. 16697 del 21/06/2019, Rv. 654687 – 01).»
L’impugnata sentenza della CTR ha osservato che «( l’ )Ufficio dopo aver chiesto chiarimenti ed invitato il contribuente al contraddittorio e dopo aver ottenuto informazioni giudicate insufficienti» procedette al recupero della maggior imposta dovuta in misura ordinaria, in quanto, con riguardo ai beni facenti capo a RAGIONE_SOCIALE ed a RAGIONE_SOCIALE acquistate dal COGNOME e con immobili in Italia, «anche se l’oggetto principale della società estera ha notevole ampiezza, non può non essere evidenziato che la gestione RAGIONE_SOCIALE quote RAGIONE_SOCIALE due società nazionali, sotto il profilo territoriale implicano solo la partecipazione alle assemblee, per cui la società estera ben può svolgere la sua funzione, anche solo di holding, dall’estero.»
Ma,  prosegue  la  decisione,  con  riferimento  agli  altri  «immobili  cui  attiene l’attività imprenditoriale della società diviene necessaria la presenza analogamente localizzata, e nella specie nel territorio nazionale, al fine di gestire gli  affitti,  o  le  pratiche  di  costruzione  nel  caso  di  varianti  urbanistiche  che consentano l’edificabilità ai terreni, come nel caso di specie.»
Ed è proprio a tale situazione che il giudice di appello attribuisce decisività nel giudizio (negativo) espresso sul radicamento in Italia dell’attività di RAGIONE_SOCIALE, in relazione agli interessi perseguiti da cittadini italiani «all’epoca (come ad oggi) residenti in Italia, non individuandosi in buona sostanza sottese ragioni di convenienza economica che non fossero quelle di perseguire un regime fiscale più vantaggioso.» (in tema di c.d. esterovestizione, tra le altre, Cass. n. 16697/2019).
La  RAGIONE_SOCIALE  dell’RAGIONE_SOCIALE  Romagna  non  ha  mancato  di  rimarcare  che,  al  di  là  della considerazione  del  dato  formale  costituito  dalla  sede  della  società  in  Gran Bretagna, nella riformata decisione di primo grado, non era stata effettuata una reale «valutazione», ancorata cioè ad elementi oggettivi, «sul luogo dell’effettiva direzione organizzativa e amministrativa e sul luogo di svolgimento dell’attività economica della società.»
L’Amministrazione finanziaria, ad avviso del giudice tributario di secondo grado, ha fornito la prova che la previsione della sede legale della società a Londra fosse solo  fittizia  e  strumentale  a  conseguire  un  indebito  vantaggio  tributario,  non riscontrandosi alcun collegamento effettivo tra la società e lo Stato estero.
Ritiene il Collegio che le deduzioni difensive svolte nel ricorso per cassazione non colgano nel segno, perché non individuano alcun profilo di fallacità nell’iter logico e giuridico su cui si basa la sentenza impugnata, essendo l’accertamento della natura fittizia della previsione della sede sociale a Londra (c.d. esterovestizione) basato, per l’appunto, sulla «valutazione» di presunzioni (art. 2727 e ss.gg. cod.civ., avuto riguardo a circostanze fattuali acquisite al giudizio e sulle quali i contribuenti hanno avuto, nelle fasi di merito, ampia possibilità di prova contraria.
Sovviene il richiamo alla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 32642/2018) secondo cui l’art. 73, comma 3, d.P.R. n. 917 del 1986 (“ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi si considerano residente le società e gli enti che, per la maggior parte del periodo di imposta, hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato’) non è una regola sulla distribuzione dell’onere probatorio, ma una regola che pone una presunzione di esterovestizione in presenza di alcuni indici. In pratica la norma consente al Fisco di giovarsi di una presunzione per dimostrare che la società è solo apparentemente estera, ma in realtà opera in Italia. Il fatto che una norma consenta al Fisco di avvalersi di una presunzione non vuol dire che fa gravare l’onere della prova sulla controparte (che ovviamente, ma è questione diversa, ha semmai l’onere di vincere la presunzione); ha piuttosto proprio il significato contrario di assegnare tale onere al Fisco, consentendogli però di assolverlo
mediante una presunzione favorevole in presenza di alcuni indici. Altro discorso, si ripete, è che poi l’onere di vincere la presunzione gravi sul contribuente.» La sentenza impugnata, in nessuno passaggio motivazionale, inverte l’onere della prova gravante sul Fisco, prova in relazione alla quale i contribuenti, per superarla, potevano anch’essi avvalersi di presunzioni, allegando cioè circostanze di segno contrario, conformemente, del resto, all’orientamento della Corte per il quale è necessario l’accertamento in concreto della artificiosità della collocazione estera di una società – e la CTR parla, al riguardo, di accertamento ‘caso per caso’ – per poter ritenere che la sede effettiva, contrapposta alla sede legale, sia in Italia (Cass. n. 2869/2013).
I ricorrenti, in buona sostanza, sollevano questioni diverse da quella della erronea sussunzione, da parte del giudice di merito, sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione, concordanza), di fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, anche se il relativo ragionamento è censurabile, in base all’art. 360, comma primo, n. 3 cod.proc.civ. (e non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360), competendo alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma (art. 2729 cod.civ.), oltre ad essere applicata esattamente a livello di declamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete, che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta (Cass. n. 8053/2014) e richiamano, impropriamente, la disciplina sull’interpretazione degli atti di cui all’art. 20, d.P.R. n. 131 del 1986.
La documentazione  invocata dai ricorrenti, che riguarda il  formale stabilimento della società in Gran Bretagna ed i correlati adempimenti, è stata vagliata dalla CTR sia pure nel complesso degli ulteriori elementi desumibili dagli atti di causa, per comprendere la situazione effettiva della società, ed è risultata recessiva dal punto di vista della valenza probatoria, per cui l’accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito non può essere oggetto di rivisitazione in questa sede di legittimità.
Il  legislatore,  nel  riaffermare  la  natura  di  “imposta  d’atto”  dell’imposta  di registro, ha precisato che l’oggetto dell’imposizione deve essere coerente con la struttura di un  prelievo  sugli effetti giuridici dell’atto  presentato  per  la
registrazione,  senza  che  assumano  rilievo  gli  elementi  extratestuali  e  gli  atti collegati  privi  di  qualsiasi  nesso  testuale  con  l’atto  medesimo,  tuttavia,  non devono confondersi i distinti piani che compongono l’accertamento impositivo.
Nella fattispecie esaminata, invero, l’Ufficio si è limitato all’accertamento della insussistenza dei requisiti normativamente previsti dall’art. 4, nota IV, parte I, della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, per l’applicazione del beneficio ai conferimenti di immobili italiani in società estera e non viene in rilievo una riqualificazione contrattuale dell’atto sulla base di elementi extratestuali, ovvero in considerazione (unitaria) di negozi (formalmente) distinti ma da considerare collegati.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento in solido RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio  che liquida  in  euro  7.000,00  per  compensi,  oltre rimborso spese prenotate a debito.
Si dà atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater , della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 febbraio 2024.