Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2458 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5   Num. 2458  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25539/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato  in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE), domiciliato ex lege in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA – SEZ.DIST. SALERNO n. 3198/2016 depositata il 05/04/2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 pubblica dal  Consigliere  NOME  COGNOME , all’esito della udienza in pari data e sentite le parti
FATTI DI CAUSA
In data 24/10/2012 l’RAGIONE_SOCIALE Entrate notificava alla società contribuente RAGIONE_SOCIALE, con sede legale nei Paesi Bassi, un avviso di accertamento per recupero a tassazione della quota imponibile ex artt. 89 TUIR per l’anno 2007, nato da verifiche secondo cui vi erano presunzioni gravi e precise che la direzione della gestione della società provenisse dall’Italia, in quanto gli amministratori (trust RAGIONE_SOCIALE e il AVV_NOTAIO COGNOME di IEBV) sarebbero meri esecutori RAGIONE_SOCIALE decisioni adottate in Italia, ricorrendo altresì la presunzione ex art. 73 co. 5 bis TUIR in quanto il capitale sociale è posseduto al 100% dalla RAGIONE_SOCIALE di NOME, corrente in Avellino (avente ad oggetto la consulenza nella realizzazione e sviluppo di impianti energia eolica), società che si trova, appunto, in Italia.
 Veniva  esperito  inutilmente  la  procedura  di  accertamento  per adesione, quindi, l’impugnazione della contribuente veniva rigettata in primo grado con sent. n. 273/2013 della CTP di Avellino.
La contribuente ha impugnato tale decisione e l’appello è stato accolto  dalla  CTR  della  Campania -Sez.  Salerno,  con  la  sent.  n. 3198/2016.
Avverso detta sentenza ha proposto impugnazione l’ufficio, con ricorso ritualmente notificato fondato su tre motivi di impugnazione.
La contribuente -nel  frattempo divenuta RAGIONE_SOCIALE, con sede in Napoli – resiste con controricorso.
E’stata quindi fissata udienza pubblica per il 13/11/2024.
Nel corso di detta udienza la causa è stata discussa oralmente dal  solo  AVV_NOTAIO  NOME  AVV_NOTAIO.  Il  sostituto procuratore  AVV_NOTAIO,  che  in  precedenza aveva depositato memoria, ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
 Il  ricorso  proposto  dall’RAGIONE_SOCIALE  si  fonda  su  tre  motivi  che possono riassumersi così come segue:
Violazione e falsa applicazione dell’art 57 d.lgs. 546/92 e art. 21 septies  l.  241/1990,  in  relazione  all’art.  360  co.  1  n.  4  c.p.c.,  in quanto l’eccezione di mancato contraddittorio sarebbe stata svolta per la prima volta in appello;
Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 co. 7 l. 212/2000, in relazione all’art. 360 co, 1 n. 3 c.p.c., in quanto la norma sarebbe stata estesa erroneamente anche alle verifiche a tavolino, cioè non svolte presso la sede del contribuente
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 73 co. 3 e 5bis TUIR in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c.
Il primo motivo di ricorso risulta infondato.
Compulsando lo stralcio del ricorso introduttivo svolto dalla contribuente, infatti, ritualmente contenuto nell’odierno ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE nel rispetto del principio di autosufficienza, si nota, infatti, la frase ‘non c’è stato nessun contraddittorio’. Pur se in modo alquanto generico, pertanto, non può dirsi che una contestazione sul contraddittorio fra contribuente ed amministrazione finanziaria sia del tutto mancata nel giudizio di primo grado e sia stata inammissibilmente veicolata nel giudizio soltanto con l’atto di impugnazione.
3.  Sono invece fondati i motivi n. 2 e 3 proposti dalla ricorrente, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente.
La laconica motivazione della CTR della Campania -Salerno, sul punto, si limita ad affermare l’insufficiente dimostrazione probatoria dell’esterovestizione ‘e ciò in ragione del mancato contraddittorio tra Amministrazione e contribuente’; inoltre, dopo aver affermato in maniera apodittica, che la società appellante avrebbe dato prova di essere una società olandese, si limita a richiamare quale unico dato fondante, ritenuto ‘dirimente’, una semplice certificazione di residenza fiscale in Olanda della medesima società appellante.
Evidente,  perciò  il  duplice  errore  di  diritto  in  cui  è  incorsa  la sentenza qui oggetto di impugnazione.
Sotto un primo profilo, come rimarcato nella stessa memoria scritta del P.M., la sentenza ha esteso l’onere del contraddittorio a quella che è stata, in effetti, una mera verifica ‘a tavolino’, tale perciò da non richiedere necessariamente tale momento collaborativo/dialettico preventivo fra ufficio e contribuente.
Sez. U, sent. n. 24823 del 09/12/2015, Rv. 637605 -01, ha sul punto affermato che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino”. Tale affermazione, confermata anche da Sez. 6 – 5, ord. n. 11560 del 11/05/2018, merita di essere nuovamente ribadita da questo Collegio, posto che l’ambito di applicazione dell’art. 12, comma 7, l. 212/2000 è circoscritto, secondo testuale indicazione, agli accertamenti conseguenti ad “accessi”, “ispezioni” e “verifiche” fiscali nei locali del contribuente, nei quali l’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del
contribuente, alla diretta ricerca di elementi a lui sfavorevoli, deve trovare un bilanciamento nell’esigenza di contraddittorio preventivo.
Ma  anche  la  seconda  affermazione  della  sentenza  impugnata, secondo  cui  la  prova  dell’effettività  della  sede  olandese  della società RAGIONE_SOCIALE, sarebbe stata fornita in modo ‘dirimente’ da  un  mero  certificato  amministrativo  di  residenza  fiscale,  risulta erronea a frutto di superficiale valutazione.
Come è stato recentemente affermato, infatti, l’ipotesi della cd. esterovestizione ricorre quando una società, pur mantenendo nel territorio AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO la sede amministrativa, intesa quale luogo di concreto svolgimento dell’attività di direzione e gestione dell’impresa, localizza la propria residenza fiscale all’estero, al solo fine di fruire di una legislazione tributaria più vantaggiosa, e può essere dimostrata mediante presunzioni, purché gli indici della fittizia localizzazione, desumibili da tutti gli elementi indiziari acquisiti agli atti di causa, siano esaminati nel loro insieme, non atomisticamente, secondo i criteri della gravità, precisione e concordanza tali da trarre vigore l’uno dall’altro, completandosi a vicenda. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva desunto la fittizia localizzazione della residenza fiscale, valorizzando esclusivamente i documenti riguardanti il formale stabilimento della società all’estero, senza valutare le altre circostanze concrete, parimenti allegate). (Cass., Sez. 5, sent. n. 14485 del 23/05/2024).
In precedenza, anche Cass., Sez. 5, sent. n. 16697 del 21/06/2019,  ha  descritto il fenomeno,  stabilendo  che ricorre l’ipotesi  di  esterovestizione  allorché  una  società,  la  quale  ha  nel territorio  AVV_NOTAIO  AVV_NOTAIO  la  sede  dell’amministrazione,  da  intendersi come  luogo  in  cui  si  svolge  in  concreto  la  direzione  e  gestione dell’attività di impresa e dal quale promanano le relative decisioni,
localizzi la propria residenza fiscale all’estero al solo fine di fruire di una legislazione tributaria più vantaggiosa.
Orbene, nel caso di specie, l’amministrazione finanziaria, aveva fornito plurimi elementi atti a dimostrare presuntivamente l’esistenza del fenomeno, con particolare riferimento sia alle vicende che avevano condotto all’acquisto da parte della società RAGIONE_SOCIALE, con sede in Avellino, di società formalmente poste nei Paesi Bassi (anche attraverso una complessa operazione finanziaria con altra società avente sede nelle Antille olandesi), sia alla composizione dell’organo amministrativo, sia infine all’operatività della presunzione di cui all’art. 73, comma 5 bis, TUIR, in ragione della posizione di controllo totalitario rivestita.
Nessuno di tali elementi è stato però preso in considerazione dalla sentenza impugnata, la quale si è unicamente focalizzata su di un elemento  del  tutto  marginale  e  recessivo,  dal  punto  di  vista probatorio, quale  una  mera  certificazione di residenza  fiscale all’estero. E’quindi mancata  quella valutazione globale e  non atomistica  degli  elementi  probatori  in  atti,  rilevanti  al  fine  di disvelare l’esistenza del contestato fenomeno di esterovestizione.
Ne  consegue  che  la  sentenza  impugnata  deve  essere  cassata  in relazione  ai  motivi  accolti,  con  rinvio  alla  CTR  della  Campania -Salerno  (nel  frattempo  divenuta  Corte  di  Giustizia  Tributaria  di secondo grado) affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso attenendosi ai principi enunciati.
Il  giudice del rinvio provvederà altresì alla regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese, anche per il presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie il secondo ed il terzo; cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi accolti e  rinvia  alla  Corte  di  Giustizia  Tributaria  di  secondo  grado  della
Campania – Salerno, in diversa composizione, per un nuovo esame ed al fine di provvedere alla regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  del  13  novembre