LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Esterovestizione e IVA: la sede effettiva vince

La Corte di Cassazione ha confermato un avviso di accertamento IVA nei confronti di una società italiana che si avvaleva di un’entità sammarinese. Secondo i giudici, il fenomeno dell’esterovestizione si applica anche ai fini IVA: se la sede di direzione effettiva è in Italia, la società è considerata residente fiscalmente nel territorio dello Stato, indipendentemente dalla sede legale estera.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esterovestizione e IVA: la Sede Legale non Basta, Conta Quella Effettiva

Il fenomeno dell’esterovestizione, ovvero la fittizia localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, è un tema cruciale nel diritto tributario. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per determinare la residenza fiscale e, di conseguenza, gli obblighi IVA, non conta la sede legale formale, ma il luogo dove l’impresa è effettivamente gestita. Analizziamo questo caso, che offre importanti spunti di riflessione per le aziende che operano a livello internazionale.

I Fatti del Caso

Una società italiana operante nel settore produttivo veniva raggiunta da un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione Finanziaria contestava operazioni imponibili ai fini IVA non dichiarate. Al centro della vicenda vi era lo schema operativo adottato dalla contribuente: i beni prodotti in Italia non venivano venduti direttamente sul mercato nazionale, ma ceduti a una società con sede legale nella Repubblica di San Marino. Quest’ultima, a sua volta, li rivendeva in Italia tramite una rete di agenti, facendo apparire le operazioni come esportazioni non imponibili.

Le indagini della Guardia di Finanza avevano però svelato una realtà diversa. La società sammarinese, sebbene formalmente estera, era di fatto amministrata e diretta dall’Italia. Apparteneva allo stesso gruppo economico della società italiana e il suo amministratore era la stessa persona. La sua attività principale, la commercializzazione dei beni prodotti in Italia, era interamente localizzata nel territorio italiano. L’Agenzia delle Entrate ha quindi riqualificato la società sammarinese come “esterovestita”, ritenendola fiscalmente residente in Italia e assoggettando a IVA le operazioni contestate.

La Questione Giuridica e i Motivi del Ricorso

La società contribuente, dopo la soccombenza nei primi due gradi di giudizio, ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Omessa pronuncia: La presunta mancata valutazione da parte dei giudici di merito dell’eccezione sulla carenza di motivazione dell’avviso di accertamento.
2. Violazione delle norme sulla prova: L’errata applicazione delle norme sull’onere della prova, sostenendo che l’Ufficio non avesse fornito prove adeguate a sostegno dei rilievi.
3. Inapplicabilità dei criteri TUIR all’IVA: Il motivo centrale, con cui si contestava l’applicazione dei criteri previsti dall’art. 73 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) per determinare la residenza fiscale ai fini IVA. Secondo la ricorrente, essendo la società sammarinese già soggetto passivo IVA nel suo Paese, non poteva essere considerata residente in Italia.

La Decisione della Cassazione sull’Esterovestizione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la validità dell’accertamento. I giudici hanno chiarito in modo definitivo come il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, cardine del concetto di esterovestizione, si applichi pienamente anche in materia di Imposta sul Valore Aggiunto.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato le argomentazioni della società punto per punto. Innanzitutto, ha chiarito che l’eccezione di omessa pronuncia era infondata, poiché la decisione di merito, entrando nel vivo della questione dell’esterovestizione, aveva implicitamente rigettato le doglianze sulla motivazione dell’atto impositivo.

Sul tema della prova, i giudici hanno ribadito che la valutazione degli elementi probatori è competenza dei giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, se non per vizi logici o giuridici che nel caso di specie non sussistevano.

Il cuore della motivazione risiede però nel terzo motivo. La Cassazione ha stabilito che la nozione di “soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato”, ai sensi della normativa IVA (art. 7 d.P.R. 633/1972), si fonda sul concetto di “sede effettiva”. Quest’ultima, in linea con la giurisprudenza nazionale e unionale (richiamando sentenze come Cadbury Schweppes), coincide con il luogo dove vengono adottate le decisioni essenziali per la gestione dell’impresa.

Se emerge dalle risultanze istruttorie che una società, pur avendo sede legale all’estero, ha la sua sede di direzione effettiva in Italia, essa deve essere considerata fiscalmente residente in Italia. Di conseguenza, tutte le attività imprenditoriali svolte nel territorio italiano sono soggette a imposizione, inclusa l’IVA. Il fatto che la società fosse soggetto passivo IVA a San Marino è irrilevante, poiché l’accertamento dell’esterovestizione attrae la soggettività passiva nel nostro Paese.

Conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio consolidato: nella lotta all’elusione fiscale, il dato fattuale prevale su quello formale. La localizzazione della “sede effettiva” è l’elemento chiave per determinare la residenza fiscale di una società, con implicazioni dirette sia per le imposte sui redditi sia per l’IVA. Le imprese che operano con strutture societarie transfrontaliere devono prestare la massima attenzione a garantire che la sede legale corrisponda al luogo dove l’attività direttiva viene effettivamente e autonomamente esercitata. In caso contrario, il rischio è quello di vedersi contestare un’ipotesi di esterovestizione, con conseguente recupero delle imposte evase, sanzioni e interessi.

I criteri per la residenza fiscale previsti per le imposte sui redditi valgono anche per l’IVA?
Sì. La Corte di Cassazione afferma che il concetto di ‘sede effettiva’, ovvero il luogo di direzione e gestione dell’impresa, utilizzato per determinare la residenza ai fini delle imposte dirette (TUIR), è applicabile anche per stabilire se un soggetto è fiscalmente residente in Italia ai fini IVA.

Cos’è l’esterovestizione e come si dimostra?
L’esterovestizione è la creazione fittizia di una sede legale all’estero, di solito in un paese a fiscalità privilegiata, mentre l’attività di direzione e gestione reale rimane in Italia. Si dimostra attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti basate su elementi di fatto, come il luogo in cui vengono prese le decisioni strategiche, la nazionalità degli amministratori, e il luogo dove si svolge l’attività principale.

Una società già soggetta a IVA in un altro Stato può essere considerata fiscalmente residente in Italia?
Sì. Secondo la sentenza, il fatto che una società sia registrata come soggetto passivo IVA in un altro Stato (in questo caso, San Marino) non è sufficiente a escludere la sua residenza fiscale in Italia se viene provato che la sua ‘sede effettiva’ si trova sul territorio italiano. L’assoggettamento a IVA in Italia è una diretta conseguenza dell’accertamento della sua natura ‘esterovestita’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati