Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8993 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8993 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17563/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa nel presente giudizio dall’AVV_NOTAIO, con domicilio presso lo studio di quest’ultimo in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, come da procura speciale.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma INDIRIZZO, presso l’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, che la rappresenta e difende per legge.
-resistente- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 196/2015, depositata il 27 gennaio 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso; udito per la ricorrente l’AVV_NOTAIO;
udita per l’Avvocatura generale dello Stato l’AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
1. Risulta dalla sentenza impugnata che, a seguito di verifica fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, con sede legale e stabilimento in Romania, i verbalizzanti, con processo verbale di constatazione, pervennero alla conclusione, con riferimento alle imposte relative alle annualità dal 2005 al 2010, che la società verificata, fosse di fatto amministrata in Italia, presso la sede della società RAGIONE_SOCIALE, che aveva dismesso la produzione e si avvaleva RAGIONE_SOCIALE prestazioni della società controllata rumena, ravvisandosi pertanto un caso di esterovestizione di quest’ultima, la cui residenza fiscale sostanziale doveva ritenersi collocata sul territorio nazionale. L’Ufficio, pertanto, contestando l’omessa presentazione della dichiarazione d’imposta ed i ricavi non dichiarati, emise l’avviso di accertamento con il quale assoggettò a tassazione, ai fini Ires, per l’anno 2005, l’importo di € 45.397,00 a titolo di reddito imponibile determinato con metodo induttivo, per un’imposta di € 14.981,00 oltre ad interessi e sanzioni.
2. La RAGIONE_SOCIALE propose ricorso avverso l’avviso di accertamento, eccependo preliminarmente la decadenza dell’Amministrazione dal potere di accertamento, l’illegittimità dell’utilizzo del metodo di accertamento induttivo e, nel merito, sostenendo che la propria sede amministrativa ed operativa era effettivamente collocata in Romania. La Commissione tributaria provinciale di Arezzo respinse il ricorso, ritenendo infondata l’eccezione di decadenza e provato che l’attività direttiva della società rumena RAGIONE_SOCIALE si svolgeva in Italia, presso la sede della società RAGIONE_SOCIALE, in ragione di numerosi elementi indizianti, ovvero che: lo stesso Presidente del c.d.a. della RAGIONE_SOCIALE aveva dichiarato che la gestione dell’amministrazione della RAGIONE_SOCIALE era riconducibile alla sig.ra COGNOME ed al sig. COGNOME, entrambi dipendenti della RAGIONE_SOCIALE; nei personal computers della RAGIONE_SOCIALE erano stati rinvenuti files contenenti atti di impulso decisionale nei confronti della RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE; gli amministratori di quest’ultima erano residenti in Italia; la contabilità industriale della RAGIONE_SOCIALE era elaborata in Italia; la RAGIONE_SOCIALE fruiva del sostegno finanziario da parte della RAGIONE_SOCIALE, sotto forma di anticipo per future fatturazioni; i bilanci della RAGIONE_SOCIALE sono redatti in italiano ed elaborati in Italia; presso la RAGIONE_SOCIALE sono stati rinvenuti fogli di carta intestata della RAGIONE_SOCIALE con timbro di quest’ultima.
3. Proposto appello dalla contribuente, l’adita Commissione tributaria regionale della Toscana, con la sentenza di cui all’epigrafe, ha rigettato l’impugnazione, ritenendo a sua volta infondata l’eccezione di decadenza e concludendo che tra la RAGIONE_SOCIALE e la
RAGIONE_SOCIALE sussisteva in sostanza «un rapporto di carattere meramente strumentale/operativo, come peraltro pacificamente dichiarato ai verbalizzanti dal Presidente del C.d.A della RAGIONE_SOCIALE, piuttosto che un rapporto tra società controllante e società controllata, come invece sostenuto dalla parte contribuente.».
4. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, affidandolo a due motivi.
L ‘Amministrazione ha prodotto nota nella quale ha resistito al ricorso, ma non ha elaborato difese, manifestando solo l’intenzione di partecipare all’ eventuale udienza di discussione, come poi ha fatto, avvalendosi dell’Avvocatura dello Stato (cfr., ex plurimis , Cass. 25/01/2024, n. 2465).
Il AVV_NOTAIO generale, nella persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ha depositato requisitoria scritta, chiedendo di dichiarare inammissibile:
il primo motivo, perché non indica la norma o le norme procedimentale che si assumono violate e perché formula censure di merito in ordine alla sussistenza del presupposto fattuale -la sede dell’amministrazione in Italia- richiesto per ritenere la residenza nazionale della società ‘esterovestita’, a norma dell’art.73 t.u.i.r.;
il secondo motivo, poiché anch’esso diretto a contestare la sussistenza dei presupposti fattuali della ritenuta residenza fiscale in Italia della società e poiché la denuncia di insufficienza della motivazione è di per sé inammissibile.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo del ricorso è intitolato « Si ricorre a norma dell’art. 360, n. 4 c.p.c. per nullità dell’intero iter procedimentale.» ed è inammissibile, per plurime ragioni, ciascuna sufficiente ex se alla relativa declaratoria. Infatti, nel corpo del mezzo non viene individuata alcuna norma processuale della quale si assuma la violazione. Tanto meno viene dedotta la violazione di una norma sostanziale. Pertanto, nonostante la formale rubricazione come denunzia di un errore in procedendo , il motivo non può essere ricondotto né alla censura di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., né comunque ad alcuno degli altri vizi tassativamente indicati nel medesimo comma, ed è pertanto inammissibile. Infatti, il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche
previste dall’art. 360 cod. proc. civ., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata ( cfr. ex plurimis Cass. 14/05/2018, n. 11603; Cass.,Sez. Un., 08/11/2021, n. 32415). Inoltre, la lettura del corpo del mezzo evidenzia come, in realtà, esso ometta qualsiasi denunzia di un vizio ravvisabile nella sentenza impugnata, come invece è indispensabile in sede di legittimità, concentrandosi piuttosto sulla mera ripetizione assertiva (peraltro assolutamente generica e priva di riferimento agli atti sui quali dovrebbe fondarsi, quindi anche in contrasto con l’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ.) della tesi della contribuente circa il merito della controversia.
Il secondo motivo del ricorso è intitolato « Si ricorre a norma dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.» ed è anch’esso inammissibile, per plurime ragioni, ciascuna da sola idonea a condurre alla relativa declaratoria.
Invero la censura di cui al n. 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. non è ammissibile nelle fattispecie, quale quella sub iudice , nelle quali sia vigente ratione temporis il limite della c.d. ‘doppia conforme’ di cui all’art. 348 -ter , quinto comma, cod. proc. civ., posto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, ed applicabile ai giudizi d’appello introdotti prima dell’11 settembre 2012, trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della predetta legge di conversione e, a norma dell’art. 54, comma 2, dello stesso decreto, dies a quo per l’applicazione intertemporale de l limite all’impugnabilità.
A sua volta, lo stesso art. 348ter cod. proc. civ. è stato sì abrogato dall’art. 3, comma 26, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, ma – ai sensi dell’art. 35, commi 1 e 4 dello stesso d.lgs.- solo a decorrere dal 23 febbraio 2023 e relativamente alle impugnazioni proposte successivamente a tale data, ipotesi che non ricorre nel caso di specie.
Tanto premesso, nell’ipotesi di ‘doppia conforme’, il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 22/12/2016, n. 26774), ciò che non è accaduto nel caso di specie.
2.1. Peraltro, la censura è comunque inammissibile perché, lamentando che la sentenza non avrebbe tenuto conto di elementi esposti al fine di dimostrare che la
gestione ordinaria e continuativa avveniva in Romania, n on adempie l’onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., di specifica indicazione, a pena d’inammissibilità del ricorso, degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito. (Cass., 15/01/2019, n. 777; Cass., 18/11/2015, n. 23575; Cass., S.U., 03/11/2011, n. 22726).
Tale onere (ribadito ed aggravato, con l’inserimento altresì della necessaria illustrazione del contenuto rilevante degli stessi atti processuali e documenti, dall’ art. 3, comma 27, del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149, applicabile tuttavia ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023, ex art. 35, comma 5, del medesimo d.lgs.), anche interpretato alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte EDU, sez. I, 28 ottobre 2021, r.g. n. 55064/11, non può ritenersi rispettato qualora il motivo di ricorso non indichi specificamente i documenti o gli atti processuali sui quali si fonda; non ne riassuma il contenuto o ne trascriva i passaggi essenziali; né comunque fornisca un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui essi siano stati prodotti o formati (cfr. Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950; Cass. 14/04/2022,n. 12259; Cass. 19/04/2022, n. 12481; Cass. 02/05/2023, n. 11325).
Invero il mezzo, piuttosto che illustrare specificamente ( anche sotto l’indispensabile profilo della loro eventuale natura decisiva) singoli fatti storici che la sentenza impugnata avrebbe omesso di esaminare, si limita sostanzialmente ad elencare complessivamente e genericamente alcune circostanze, lamentando in realtà la diversa valutazione in fatto alla quale è pervenuto, motivando, il giudice del merito.
Ancora, il motivo è inammissibile in quanto denunzia altresì l’ ‘insufficienza’ della motivazione, fattispecie che esula dall’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis .
Lo stesso mezzo è comunque infondato là dove assume che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe « assolutamente illogica e contraddittoria quando afferma che l’onere probatorio “dell’esterovestizione” sarebbe stato assolto; si sostiene, paradossalmente, che l’attività continuativa e quotidiana e l’oggetto principale dell’impresa sarebbero state svolte in Italia!!», mentre a detta della ricorrente «non è affatto provato che la direzione amministrativa dell’azienda fosse in Italia; la RAGIONE_SOCIALE, cliente di riferimento della RAGIONE_SOCIALE, tutt’al più poteva chiedere che fossero portate avanti alcune specifiche linee di produzione che interessavano, poi, dal punto di vista commerciale.».
Ebbene, in seguito alla modifica dell’ art. 360, n. 5, cod. proc. civ. – novellato dall’art. 54, comma 1, lett.b), d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ratione temporis al presente giudizio) – il sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza può operare solo entro il “minimo costituzionale” (Cass. Sez. U, 7/4/2014, n. 8053, nonché, tra le altre, Cass. Sez. 3, 20/11/2015, n. 23828; Cass. Sez. 3, 5/7/2017, n. 16502), investendo esclusivamente le ipotesi di motivazione “meramente apparente”, configurabili, oltre che nel caso di “carenza grafica” della motivazione, quando questa, «benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento» (Cass., Sez. U, 3/11/2016, n. 22232), in quanto affetta da “irriducibile contraddittorietà” (Cass. Sez. 3,12/10/2017, n. 23940), ovvero connotata da “affermazioni inconciliabili” (Cass. Sez. L, ord. 25/6/2018, n. 16611), mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. 2, ord. 13/8/2018, n. 20721).
Nessuna RAGIONE_SOCIALE suddette ipotesi è ravvisabile nel caso di specie, in quanto l’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a fondamento della decisione, considerata nel suo complesso, risulta idonea a rendere conoscibile il percorso logico-giuridico coerente seguito dalla Commissione tributaria regionale. Percorso che si è tradotto nella ratio decidendi , la quale (a prescindere da ogni considerazione sulla validità del fondamento giuridico ad essa sotteso, non attinto nel ricorso a titolo di violazione di legge) è chiaramente identificabile nella valorizzazione della prova di una serie di fattori che, secondo la CTR, denotano l’esistenza in Italia della sede effettiva dell’amministrazione della contribuente, intesa come luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente, nel quale vengono adottate le decisioni essenziali concernenti la direzione generale della società e in cui sono svolte le funzioni di amministrazione centrale di quest’ultima, in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente, sebbene sussista in Romania uno stabilimento industriale.
Il giudice a quo , valorizzato pertanto il parametro della sede effettiva (come appena esposto), ha inoltre completato la ratio decidendi chiarendo che l’individuazione in Italia, presso la RAGIONE_SOCIALE, della sede della direzione effettiva della contribuente è stata accertata analizzando specificamente la relazione tra le due società e concludendo che il rapporto intercorso in concreto tra loro non coincide semplicemente con quello
astrattamente ipotizzabile tra controllante e controllata, ma in concreto ha assunto natura ‘strumentale/operativa’.
2.2. Negata pertanto la pretesa carenza assoluta di motivazione, deve escludersi che in questa sede di legittimità possa sindacarsi l’accertamento in fatto operato dal giudice d’appello, mirando, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito ( Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34476, ex plurimis ). Tanto meno l’accertamento di merito può essere sindacato sotto l’aspetto dell’adempimento o meno dell’onere della prova, atteso che, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 cod. civ. si configura soltanto nell’ipotesi (non sussistente nel caso di specie) in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 cod. proc. civ.(Cass. 23/10/2018, n. 26769, ex plurimis ).
Le spese di legittimità, relative all’attività difensiva svolta dalla resistente RAGIONE_SOCIALE in udienza, seguono la soccombenza.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE entrate le spese di lite, che liquida in euro 1.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 , se dovuto.
Così deciso in Roma il 22 marzo 2024