Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16866 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16866 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18533/2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Taranto alla INDIRIZZO (P.I.: P_IVA), in persona dell’Amministratore Unico NOME COGNOME nato a Taranto il 16 ottobre 1972 (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE del foro di Taranto, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso (indirizzo di posta elettronica certificata: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, con sede legale in Taranto alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME e Presidente del Consiglio di Amministrazione Dott. NOME COGNOME (C.F.:
Avviso accertamento Tosap – Area destinata a parcheggio – Devoluzione gratuita impianti
CODICE_FISCALE, e RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), con sede legale in Perugia alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore e Presidente del Consiglio di Amministrazione Dott. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentate e difese dall’A vv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; fax: NUMERO_TELEFONO; p.e.c.: EMAIL), in virtù di mandato a margine del controricorso;
-controricorrenti -ricorrenti incidentali –
-avverso la sentenza n. 3725/2017 emessa dalla CTR Puglia in data 14/12/2017 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La concessionaria per il Comune di Taranto RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza con la quale la CTP di Taranto aveva accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso un avviso di accertamento Tosap per l’anno 2007 relativa ad un’area adibita a parcheggio pertinenziale ad un complesso sportivo.
La CTR della Puglia, previa riunione con altro gravame avente ad oggetto analoga sentenza emessa in tema di avviso di accertamento Tosap per l’anno 2008, accoglieva l’appello, affermando che l’area tassata era stata destinata a parcheggio degli autoveicoli dei fruitori del centro sportivo polifunzionale e, quindi, sottratta all’uso da parte dell’intera collettività, che l’accesso all’area era consentito solo a coloro che corrispondevano il prezzo, evidentemente finalizzato al perseguimento di un utile lucrativo da parte della contribuente, e che l’atto di concessione non prevedeva alcuna devoluzione gratuita di impianti al Comune al termine della concessione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di cinque motivi. La RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale fondato su tre motivi.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente principale invoca la cessazione della
materia del contendere per aver il Comune, con note nn. 74667 del 6.5.2016 e 142140 del 15.9.2016, dopo aver affermato la insussistenza, sin dall’origine del contratto di project financing , dei presupposti applicativi della Tosap, disposto che il concessionario incaricato della riscossione del tributo interrompesse la riscossione nei suoi confronti, rinunciando agli eventuali giudizi tributari ancora pendenti.
1.1. Preliminarmente, va evidenziato che, non essendovene cenno nella sentenza impugnata, la ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale avesse tempestivamente sollevato la relativa questione.
La richiesta (non potendosi configurare come un vero e proprio motivo di doglianza) è, in ogni caso, destituita di fondamento, se solo si considera che la declaratoria di cessazione della materia del contendere presuppone che la controversia sia stata definita con accordo transattivo stragiudiziale, laddove, nel caso di specie, si è in presenza, a tutto concedere, di un proposito manifestato stragiudizialmente dalla Direzione Tributi del Comune di Taranto alla concessionaria incaricata della riscossione del tributo, non tradottosi né in un atto transattivo né in una istanza di rinuncia al giudizio pendente.
A tacer del fatto che, alla stregua delle ulteriori note i cui stralci sono stati trascritti dalla concessionaria a pagina 4 del controricorso, il Comune di Taranto ha, dapprima (con la nota n. 155926 del 12.10.2016), proposto di attendere la definizione dei contenziosi in corso e, poi (con nota n. 159945 del 18.10.2016), rimesso ogni definitiva valutazione ai difensori incaricati.
Con il secondo motivo la ricorrente principale rileva la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 39 d.lgs. n. 507/1993, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che l’area era ricompresa nell’ambito della concessione da essa stipulata con il Comune di Taranto per la gestione, previa ristrutturazione, riqualificazione e adeguamento, di un complesso sportivo polifunzionale.
2.1. Il motivo è infondato.
Invero, la destinazione al conseguimento di un utile economico, e non al
servizio pubblico indifferenziato della collettività, non è certo esclusa dalla previsione, nel corpo dell’atto di concessione (all’art. 5), di un corrispettivo per l’utilizzazione del parcheggio interno della struttura sportiva per assicurare l’equilibrio economico-finanziario della gestione a fronte del maggior investimento (per la ristrutturazione, la riqualificazione e l’adeguamento del complesso sportivo polifunzionale) posto a carico della contribuente.
Del resto, ai sensi, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, artt. 38 e 39, il tributo è dovuto non soltanto in relazione alla limitazione o sottrazione all’uso normale e collettivo di parte del suolo pubblico, ma anche in relazione all’utilizzazione particolare ed eccezionale di cui esso rappresenta il corrispettivo, indipendentemente da quella limitazione, e cioè per una pura e semplice correlazione con l’utilità particolare diversa dall’uso della generalità. Ne consegue che l’occupazione di un’area pubblica, destinata a parcheggio dall’ente proprietario (o titolare di un diritto reale su di essa) mediante concessione, va assoggettata a tassazione in capo al concessionario, con riferimento all’area posseduta in forza della concessione stessa – e secondo il regime tariffario dettato dal citato d.lgs. n. 507 del 1993, artt. 45 e 46, rispettivamente per le occupazioni temporanee e permanenti – atteso, peraltro, che la predeterminazione delle tariffe di parcheggio e gli oneri gravanti sul concessionario non valgono ad escludere lo specifico vantaggio di quest’ultimo. Infatti egli, con la gestione del parcheggio, esercita una tipica attività d’impresa, alla quale è naturalmente connesso il fine lucrativo (cfr. Cass. Sentenze n. 17591 del 29/07/2009, n. 18550 del 04/12/2003 e, più di recente, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16946 del 2012). Nel caso di specie, è incontestato che l’area sottoposta a tassazione è riservata ai clienti del complesso sportivo e, soprattutto, che il corrispettivo dovuto per il suo utilizzo viene versato alla contribuente, e non al Comune.
Senza tralasciare che l’assoggettamento alla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) non è incompatibile con la concessione in uso di beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile di un ente
territoriale, configurandosi il canone concessorio come il corrispettivo dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici, e quindi come un quid ontologicamente diverso dalla tassa, dovuta per la sottrazione del bene all’uso pubblico cui è ordinariamente destinato (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19841 del 15/09/2009).
3. Con il terzo motivo la ricorrente principale denuncia la violazione dell’art. 49, lett. a), d.lgs. n. 507/1993, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che sussisteva un’ipotesi di esenzione dalla Tosap in quanto la convenzione da essa stipulata con il Comune di Taranto rappresentava un vero project financing per la realizzazione di opere strutturali necessarie per la funzionalità dell’intero complesso sportivo polifunzionale, ivi inclusa l’area esterna dest inata a parcheggio, con la conseguenza che le opere erano state realizzate per conto del Comune.
3.1. Il motivo è infondato.
In materia di Tosap, ove l’ente pubblico abbia dato in concessione a privati un’area pubblica da destinare al parcheggio di autoveicoli, l’imposta si applica nel caso in cui l’atto di concessione abbia ad oggetto l’area stessa e non la gestione del servizio di parcheggio e di riscossione dei relativi incassi, poiché solo nel primo caso è ravvisabile il presupposto impositivo, rappresentato dall’occupazione di spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile, con conseguente sottrazione della relativa superficie all’uso collettivo, mentre nel secondo caso si verifica solo un’occupazione temporanea ad opera del singolo automobilista e non del gestore che, operando quale sostituto dell’ente comunale nello sfruttamento del bene per l’esazione delle entrate, non può essere considerato soggetto passivo d’imposta (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 18670 del 03/07/2023). In particolare, nel caso di area del demanio comunale, appartenente alla rete viaria della città, adibita a parcheggio di autoveicoli, in conce ssione a società privata, rileva in concreto se quest’ultima occupi l’area, sottraendola all’uso pubblico, integrando, così, il presupposto della TOSAP (come nel caso di specie), ovvero se ad essa società sia soltanto
attribuito quale sostituto dell’ente nello sfruttamento dei beni – il mero servizio di gestione del parcheggio, con il potere di esazione delle somme dovute dai singoli per l’uso, quale parcheggio dei loro veicoli, dell’area pubblica a ciò destinata dal comune, dovendosi ravvisare, in tal caso, un’occupazione temporanea ad opera del singolo e non della concessionaria, con esenzione di quest’ultima dalla tassazione in forza dell’art. 49, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 507 del 1993, salvo che dall’atto di concessione non emerga una diversa volontà pattizia (Cass., Sez, Ordinanza n. 18102 del 21/07/2017).
Del resto, in tema di TOSAP, poiché ai fini dell’esenzione dall’imposta di cui all’art. 49, del d.lgs. n. 507 del 1993, devono sussistere sia il requisito soggettivo, dato dalla natura di ente pubblico non economico del soggetto agente, sia il requisito oggettivo, costituito da un’occupazione effettuata nel perseguimento di una delle finalità tipiche indicate dalla norma stessa, detta esenzione non spetta in caso di occupazione di suolo pubblico al fine di ricavarne un utile economico, dal momento che trattasi di attività posta in essere in difetto del requisito oggettivo della immediata finalità pubblica (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 386 del 10/01/2022).
A tal proposito, va ricordato che il presupposto impositivo della Tosap è costituito, ai sensi degli artt. 38 e 39 del d.lgs. n. 507 del 1993, dalle occupazioni, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche soprastanti e sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni e delle Province, che comporti un’effettiva sottrazione della superficie all’uso pubblico, essendo in proposito irrilevanti gli atti di concessione o di autorizzazione relativi all’occupazione, salvo che sussista una delle ipotesi di esenzione previste dall’art. 49 del cit. decreto (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 28341 del 05/11/2019).
Solo qualora risulti (sulla base di un’indagine rimessa al giudice di merito) che il concessionario agisce quale mero sostituto dell’ente nello sfruttamento dei beni, viene a mancare il presupposto della tassazione, avuto riguardo all’esenzione soggettiva prevista per gli enti territoriali dall’art. 49, comma primo, lett. a), del d.lgs. n. 507 del 1993, salvo che
dall’atto di concessione non emerga una diversa volontà pattizia (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19841 del 15/09/2009; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14424 del 15/06/2010 e Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 4078 del 18/02/2020), laddove, nella fattispecie in esame, la gestione del complesso sportivo è stata affidata alla concessionaria in proprio.
Va, pertanto, ribadito il principio secondo cui l’esenzione prevista per lo Stato e per gli altri enti pubblici dall’art. 49, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 507 del 1993, postula che l’occupazione sia ascrivibile al soggetto esente, sicché ove la stessa avvenga ad opera della società concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica, alla stessa non spetta l’esenzione, senza che assuma rilevanza che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione, tenuto conto delle finalità lucrative dell’attività d’impresa svolta da una società di capitali (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11886 del 12/05/2017; Cass., Sez. 6 5, Ordinanza n. 19693 del 25/07/2018).
Con il quarto motivo la ricorrente principale denunzia la violazione dell’art. 49, lett. e), d.lgs. n. 507/1993, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che, ai sensi dell’atto di concessione, era prevista la devoluzione gratuita al Comune di Taranto dell ‘impianto adibito a servizio pubblico (centro sportivo polifunzionale) alla fine della concessione.
4.1. Il motivo è infondato.
Com’è noto, la particolare ipotesi di esonero di cui alla lett. e) dell’art. 49 d.lgs. n. 507/1993 è subordinata alla previsione, nella convenzione originaria o in una pattuizione successiva (e non in un atto unilaterale della società), della devoluzione gratuita al Comune, al termine del rapporto, degli impianti adibiti ai servizi pubblici.
In particolare, l’occupazione di suolo pubblico per la gestione di un acquedotto, svolta nell’ambito di un rapporto di concessione di pubblico servizio, è esente da tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), ai sensi dell’art. 49, lett. e), del d.lgs. n. 507 del 1993, ove l’occupazione sia effettuata dalla società appaltatrice con gli impianti adibiti
al servizio e sia prevista, nello statuto o successivamente, la devoluzione, al termine del rapporto concessorio, degli impianti utilizzati ad un ente pubblico territoriale (beneficiario del gettito del tributo), sia esso -indifferentemente – un Comune o una Provincia (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 15247 del 12/09/2012).
Orbene, nel caso di specie, la contribuente si limiterà, al termine del rapporto concessorio, a restituire al Comune di Taranto il centro sportivo, che è già di proprietà dell’ente pubblico territoriale e che sarà stato oggetto di attività di mera manutenzione straordinaria a cura e spese della concessionaria, non risultando (e, comunque, non avendo la contribuente dedotto) che vi siano impianti da quest’ultima realizzati che verranno devoluti gratuitamente al Comune.
Senza tralasciare che oggetto dell’imposizione è l’area esterna adibita a parcheggio (e non anche il centro polisportivo al cui interno sono situati gli impianti), la quale non integra, per quanto detto nell’analizzare il secondo motivo, gli estremi di un impianto adibito a servizio pubblico.
Con il quinto motivo la ricorrente principale deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento all’art. 49, lett. e), d.lgs. n. 507/1993, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., per aver la CTR omesso di esaminare, ai fini del riconoscimento dell’ese nzione invocata, la previsione della devoluzione gratuita al Comune di Taranto dell’impianto adibito a servizio pubblico (centro sportivo polifunzionale) alla fine della concessione.
5.1. Il motivo è infondato.
Invero, non è configurabile l’omissione di pronuncia denunciata, avendo la CTR preso espressa posizione sulla questione affermando che l’atto di concessione non prevedeva alcuna devoluzione gratuita di impianti al Comune al termine della concessione. In particolare, la Commissione ha posto in rilievo che la convenzione alla base della concessione prevedeva, all’art. 38, la sola ‘riconsegna delle opere al termine della concessione’, nulla prevedendo relativamente all’area parcheggi e, men che meno, alla cessione di impianti relativi.
Con il primo motivo del ricorso incidentale la concessionaria deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 324 c.p.c., e 36, 49, 50 e 51, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR rigettato implicitamente la sua eccezione di giudicato interno relativo alla mancata impugnazione della circostanza concernente la sussistenza del presupposto impositivo.
6.1. Il motivo è inammissibile.
Invero, la concessionaria ha omesso, in violazione del principio di autosufficienza, di trascrivere, almeno nei suoi passaggi maggiormente significativi, le controdeduzioni depositate dalla contribuente in sede di appello, al fine di porre questo Collegio nelle condizioni di scrutinare la fondatezza del proprio assunto. Di contro, sembrerebbe da un passaggio a pagina 6 del controricorso che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe, con le dette controdeduzioni, ribadito la mancanza del presupposto impositivo.
Senza tralasciare che è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto dalla parte totalmente vittoriosa in ordine alla domanda oggetto del giudizio e diretto ad ottenere una pronuncia di inammissibilità dell’appello, esperito dalla controparte, in luogo del rigetto dello stesso (Cass., Sez. 6 – 3, Sentenza n. 4981 del 14/03/2016).
Con il secondo motivo la concessionaria denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost., 132, secondo comma, n. 4), c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 1, comma 2, 36, comma 2, nn. 2 e 4, 49 e 61 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 36 0, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR omesso di rilevare la formazione del giudicato interno e di esporre i motivi per i quali lo stesso non si sarebbe realizzato.
7.1. Il motivo è inammissibile, siccome, come correttamente affermato dalla stessa concessionaria nell’esposizione del precedente motivo, la CTR ha ‘implicitamente rigettato l’eccezione di giudicato interno che la Società resistente aveva dedotto con propr ie memorie illustrative’.
Con il terzo motivo la ricorrente incidentale lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e 56 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR rilevato d’ufficio la
inammissibilità, per tardiva riproposizione in appello, delle questioni relative alla sussistenza del presupposto di imposta e della ipotesi di esenzione di cui all’art. 49, lett. e), d.lgs. n. 507/1993, rimaste assorbite nella decisione di primo grado.
8.1. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.
Non è revocabile in dubbio che nel processo tributario, improntato a criteri di speditezza e concentrazione, la volontà dell’appellato di riproporre le questioni assorbite, pur non occorrendo a tal fine alcuna impugnazione incidentale, deve essere espressa, a pena di decadenza, nell’atto di controdeduzioni da depositare nel termine previsto per la costituzione in giudizio (vale a dire, entro 60 giorni dal giorno in cui il ricorso è stato notificato), e non può essere manifestata in atti successivi, che esplicano una funzione meramente illustrativa (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 17950 del 19/10/2012 ; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 26830 del 18/12/2014 e Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 12937 del 22/06/2016).
Tuttavia, dalla pronuncia di rigetto nel merito, anziché di inammissibilità della doglianza, non deriva alcun pregiudizio processuale a carico della concessionaria.
E’ noto che, in tema di impugnazioni, l’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c. postula la soccombenza nel suo aspetto sostanziale, correlata al pregiudizio che la parte subisca a causa della decisione da apprezzarsi in relazione all’utilità giuridica che può derivare al proponente il gravame dall’eventuale suo accoglimento (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13395 del 29/05/2018; conf. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 38054 del 29/12/2022).
Del resto, la ricorrente non ha neppure dedotto quale risultato utile e giuridicamente apprezzabile conseguirebbe da una pronuncia di inammissibilità, anziché di rigetto nel merito.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, entrambi i ricorsi non meritano accoglimento.
La soccombenza reciproca giustifica la compensazione integrale delle spese del presente giudizio.
rigetta entrambi i ricorsi;
compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio; ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di entrambe le parti dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 13.6.2025.