Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28181 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 28181  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6376/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
 contro
SGROI NOME, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE
-controricorrente-
 avverso  SENTENZA  di  COMM.  TRIB.  REG.  SICILIA  SEZ.  DIST. RAGIONE_SOCIALE n. 7149/2021 depositata il 09/08/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La CTR della Sicilia, con la sentenza n. 7149/2/2021, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’impugnazione proposta dalla contribuente NOME COGNOME avverso avviso di accertamento n. 101/522, ricevuto il 13 gennaio 2015, emesso dal
Comune di RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’omessa denuncia della tassa rifiuti  (Tarsu/Tares) per gli anni 2009, 2010, 2011, 2012 e 2013, relativamente dell’unità immobiliare di proprietà della contribuente adibita a commercio al dettaglio ed ubicata all’interno del “RAGIONE_SOCIALE“.
1.1. I giudici di appello, nel richiamare l’art. 10 del Regolamento n. 19/C del 17/05/2002, nonché gli artt. 184, 188 e 198 del dl.gs. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) e l’art. 62 del d.lgs. 507/93, assumevano che la contribuente si era attenuta alla convenzione stipulata con la società che gestiva, per conto del Comune RAGIONE_SOCIALE, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, da ciò derivando la illegittimità della richiesta impositiva ai fini TARSU poiché il RAGIONE_SOCIALE aveva provveduto a propria cura e spese allo smaltimento dei rifiuti prodotti dai consorziati tramite conferimento a soggetti abilitati per lo smaltimento dei rifiuti speciali.
Contro detta sentenza propone ricorso per cassazione, sulla base di  quattro  motivi  illustrati  con  successiva  memoria,  il  Comune  di RAGIONE_SOCIALE.
La contribuente resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’ente impositore deduce, ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 62, d.lvo n. 507/93, dell’art. 24 del regolamento Tarsu, dell’art. 14, comma 10 del d.l. n. 201 del 06.12.2011  convertito  nella  legge  214/2011  e  de ll’art. 8 del regolamento  TARES  lamentando  che  erroneamente  il  giudice  di secondo grado aveva ritenuto che la contribuente doveva rimanere esente dal pagamento della tassa rifiuti, in assenza dell’assolvimento degli obblighi dichiarativi.
Con il secondo motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.,  violazione e/o illegittima interpretazione dell’art. 63, comma 3, d.lvo. n. 507/93, dell’art. 11 del regolamento TARSU, dell’art. 14, comma  7  del  d.l.  n.  201  del  06.12.2011  convertito  nella  legge
214/2011 assumendo che la CTR, erroneamente, aveva ritenuto, sia pure implicitamente, che il RAGIONE_SOCIALE fosse soggetto passivo ai fini della tassa rifiuti dovuta per gli spazi utilizzati dai singoli consorziati. 3. Con il terzo motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza sotto il profilo della violazione degli artt. 36, 61 d.lvo n. 546/92 e 118 disp. att. c.p.c. atteso che il giudice di secondo grado non aveva illustrato la motivazione della sentenza di primo grado e le ragioni per cui aveva ritenuto di non condividerla, rendendo impossibile la individuazione delle ragioni a fondamento della decisione.
Con il quarto motivo deduce nullità della sentenza, ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. sotto il profilo della violazione degli artt. 23 e 54 ed ancora 36 d.lvo n. 546/92, non avendo i giudici di secondo grado  in  alcun  modo  esaminato  le  controdeduzioni  depositate dall’Amministrazione comunale, omettendo, pure, di dare atto della costituzione della stessa.
Osserva questo Collegio che è fondato il primo motivo di ricorso, con carattere assorbente rispetto alle altre censure.
Va premesso che come chiarito da questa Corte (vedi Cass. 26201/2018): «In base all’art.63, comma 3 d.lgs. 507/93: “Nel caso di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento della tassa dovuta per i locali ed aree scoperte di uso comune e per i locali ed aree scoperte in uso esclusivo ai singoli occupanti o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo”. Questa disposizione è stata interpretata dalla Corte di legittimità (sent.1848/10) nel senso che: “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, per i “centri commerciali integrati” (e i locali in multiproprietà), soggetti passivi sono coloro che occupano o detengono i locali in uso esclusivo, mentre chi gestisce i servizi comuni è responsabile in solido, come si desume
dall’art. 63 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, il quale contrappone colui dal quale “la tassa è dovuta” (comma 1) a colui che ne “è responsabile” (comma 3), nonché dal soppresso comma 4 del medesimo articolo, che prevedeva l’obbligo del responsabile di presentare al Comune l’elenco dei singoli occupanti, all’evidente scopo di consentire all’amministrazione di perseguire il debitore. Il gestore dei servizi comuni all’interno del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è dunque responsabile in solido – con singoli detentori dei locali in uso esclusivo – per il pagamento della Tarsu».
6.1. Con successiva sentenza n. 12745 del 23 maggio 2018, la S.C. ha  ribadito  che,  in  caso  di  locali  in  multiproprietà  e  di  centri commerciali  integrati, il  gestore  dei  servizi  comuni  all’interno  del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è responsabile ‘in solido’ con i singoli detentori dei locali in uso esclusivo per il pagamento della Tarsu.
6.2.  Pertanto,  sebbene  la  contribuente  svolgesse  la  sua  attività all’interno di un RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la stessa doveva considerarsi ex art.  63  d.lvo  507/93  soggetto  passivo  ai  fini  della  tassa  rifiuti (Tarsu e Tares), e come tale avrebbe dovuto presentare personalmente  la  dichiarazione  al  fine  di  essere  eventualmente esonerata dal pagamento del tributo.
Secondo l’art. 62 del d.lvo n. 507/93 (disposizione applicabile alla fattispecie in esame), la tassa è dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse dalle aree a verde, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in maniera continuativa e nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. (comma 3).
Proprio in ragione del fatto che l’esclusione dal pagamento del tributo costituisce una eccezione rispetto alla regola secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale, secondo quanto desumibile dal dettato di cui all’art. 63 commi 2 e 3 d.lgs. 507/1993, in generale, tanto le deroghe alla tassazione, quanto le riduzioni delle superfici e tariffarie, non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di variazione (cfr., tra le tante, Cass., 7 luglio 2022, n. 21490, che richiama Cass., 13 agosto 2004, n. 15867, cui adde Cass., 17 settembre 2019, n. 23059; Cass., 3 marzo 2010, n. 5036; Cass., 15 aprile 2005, n. 7915; v., altresì, Cass., 23 febbraio 2018, n. 4602; Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 31 luglio 2015, n. 16235; nonché Cass., 12 dicembre 2019, n. 32741, cit. ed anche Cass., Sez. T., 13 febbraio 2023 n. 4397 e Cass. 20 febbraio 2023, n. 5293 ed i riferimenti giurisprudenziali ivi contenuti).
7.1. Come chiarito in ricorso dell’ente impositore, del resto, la necessità che le circostanze esonerative fossero preventivamente indicate nella denuncia, e dunque in sede amministrativa, si ricava, oltre che dalle disposizioni normative, dall’art. 24 del regolamento TARSU del Comune di RAGIONE_SOCIALE, al terzo comma, che così disponeva: ‘L’intassabilità dei rifiuti speciali, tossici e/o nocivi, decorre, comunque, dall’anno successivo a quello in cui i soggetti interessati hanno provveduto ad inoltrare richiesta documentata alla Ripartizione Tributi, 18 ai sensi dell’art. 6 del citato D. P. R. e alle osservanze delle incombenze contenute nell’art. 3, sub 3 della legge 476/88’.
 Dal  momento  che  sussiste  certezza  fattuale  della  mancata presentazione della denuncia sulle superfici esenti (come evincibile dalla sentenza di primo grado richiamata nonché dalle affermazioni
della medesima contribuente contenute nel controricorso, ove la stessa ha ribadito di non averla mai presentata, ritenendola semplicemente non necessaria in caso di rifiuti speciali di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e di assenza di servizio comunale), non avendo la stessa alcun diritto all’esenzione, neanche per la produzi one di rifiuti speciali non assimilati, in difetto della necessaria istanza, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, la sentenza va cassata.
Non  essendo  necessari  ulteriori  accertamenti  di  fatto  (art.  384, secondo  comma,  c.p.c.),  la  causa  può  essere,  quindi,  decisa  nel merito con il rigetto del ricorso originario di parte contribuente.
8.1. In applicazione del principio della soccombenza, la contribuente va condannata al pagamento delle spese del giudizio di appello (e non anche quelle del giudizio di primo grado nel quale il comune non si è costituito) nonché di quelle del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo di parte contribuente; condanna NOME COGNOME a rifondere al Comune di RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di appello liquidate in euro 2.000,00 oltre oneri accessori, se dovuti, come per legge, nonché quelle del giudizio di legittimità liquidate in euro 1.800,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge, se dovuti.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, in data 10 settembre 2025 .
Il Presidente NOME COGNOME