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Esenzione TASI alloggi sociali: la Cassazione decide

Un’azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica ha contestato un avviso di accertamento TASI per i suoi immobili. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo un principio fondamentale per l’esenzione TASI alloggi sociali: l’uso come abitazione principale è presunto per legge. Di conseguenza, spetta al Comune, e non all’ente gestore, l’onere di provare il contrario per negare l’agevolazione fiscale. La sentenza del grado precedente è stata annullata con rinvio.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione TASI alloggi sociali: la Cassazione ribalta l’onere della prova

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio di diritto cruciale in materia di esenzione TASI alloggi sociali, ridefinendo l’onere della prova tra enti gestori e Comuni. La decisione chiarisce che la destinazione di tali immobili ad abitazione principale è una condizione presunta per legge, sollevando l’ente proprietario dal doverla dimostrare caso per caso. Vediamo nel dettaglio i fatti, il percorso giuridico e le importanti conclusioni di questa pronuncia.

I fatti di causa: un ente contro il Comune

Il caso ha origine dall’impugnazione, da parte di un’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (A.T.E.R.), di un avviso di accertamento per la TASI relativa all’annualità 2018. L’ente sosteneva il proprio diritto all’esenzione fiscale, assimilando gli alloggi sociali di sua proprietà ad abitazioni principali, come previsto dalla normativa.

Sia in primo grado che in appello, le corti tributarie avevano respinto le ragioni dell’ente. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale aveva motivato la propria decisione sulla base della mancata prova, da parte dell’A.T.E.R., che gli alloggi fossero concretamente e stabilmente utilizzati come residenza principale dagli assegnatari. Secondo i giudici di merito, l’esenzione non poteva essere automatica ma andava dimostrata fattualmente.

La decisione della Cassazione sull’esenzione TASI alloggi sociali

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la prospettiva, accogliendo il motivo di ricorso centrale dell’ente. I giudici supremi hanno chiarito che, ai fini TASI, la nozione di abitazione principale (esclusa dall’imposta) include espressamente gli alloggi sociali, a condizione che abbiano le caratteristiche definite dal D.M. 22 aprile 2008.

Il punto focale della sentenza è, tuttavia, un altro: la Corte ha affermato che la destinazione ad abitazione principale non è una circostanza di fatto da provare, ma un requisito intrinseco e necessario per l’assegnazione stessa dell’alloggio sociale. La legge regionale e nazionale, infatti, obbliga l’assegnatario a stabilire la propria residenza e dimora abituale nell’immobile, pena la decadenza dal beneficio.

Le motivazioni: L’inversione dell’onere della prova

La Corte ha spiegato che la destinazione a residenza principale è la situazione ordinaria e normale, legalmente presupposta dalla qualifica stessa di ‘alloggio sociale’. Di conseguenza, si verifica una vera e propria inversione dell’onere della prova. Non è l’ente gestore a dover dimostrare la legittima occupazione di ogni singolo immobile per ottenere l’esenzione TASI alloggi sociali, ma è l’ente impositore, ovvero il Comune, a dover fornire la prova contraria.

In altre parole, la presunzione di utilizzo come abitazione principale vale fino a prova contraria. Se il Comune intende negare l’esenzione, deve essere in grado di dimostrare che, in uno specifico caso, l’assegnatario ha violato i suoi obblighi e non risiede abitualmente nell’alloggio. Richiedere all’A.T.E.R. una prova ulteriore sarebbe contrario ai principi che regolano la ripartizione dell’onere probatorio, poiché si tratterebbe di dimostrare una circostanza già implicita nella natura stessa del rapporto di assegnazione.

Le conclusioni: Le implicazioni pratiche della sentenza

L’ordinanza ha conseguenze pratiche di grande rilievo. Innanzitutto, semplifica notevolmente la gestione fiscale per gli enti che amministrano il patrimonio di edilizia residenziale pubblica. Essi non saranno più gravati da un onere probatorio complesso e spesso difficile da soddisfare.

In secondo luogo, sposta l’attività di controllo sui Comuni, che dovranno attivarsi per verificare eventuali situazioni di irregolarità, allegando e provando l’inadempimento degli assegnatari agli obblighi di residenza. La decisione, cassando la sentenza precedente e rinviando il giudizio alla Corte di giustizia tributaria regionale, impone l’applicazione di questo principio, destinato a diventare un punto di riferimento per le future controversie in materia.

Gli alloggi sociali sono esenti dalla TASI?
Sì, la normativa esclude dall’imposizione TASI gli immobili adibiti ad abitazione principale. La definizione di abitazione principale include espressamente gli alloggi sociali assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari (o enti analoghi) che rispettano le caratteristiche definite dalla legge.

Chi deve provare che un alloggio sociale è usato come abitazione principale ai fini dell’esenzione TASI?
Nessuno, in quanto l’uso come abitazione principale è un requisito legale presunto per l’assegnazione stessa. L’onere della prova è invertito: spetta al Comune, che intende negare l’esenzione, dimostrare che l’assegnatario non risiede abitualmente nell’alloggio.

Cosa succede se un assegnatario non vive nell’alloggio sociale che gli è stato assegnato?
Se l’ente impositore (il Comune) riesce a provare che l’assegnatario non adempie al suo obbligo di residenza e dimora, può legittimamente negare l’esenzione fiscale per quell’immobile. L’inadempimento può inoltre portare alla decadenza dell’assegnazione secondo le norme regionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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