Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31640 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31640 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3514/2023 R.G. proposto da:
A.RAGIONE_SOCIALEE.R. AZIENDA RAGIONE_SOCIALE L’ EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA DELLA PROVINCIA DI RIETI, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME e rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI RIETI, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE GIUSTIZIA TRIBUTARIA SECONDO GRADO LAZIO n. 5496/2022 depositata il 29/11/2022,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’A.T.E.R. della Provincia di Rieti ha impugnato l’avviso di accertamento TASI per l’annualità 2018, in relazione ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, a causa del disconoscimento dell’esenzione prevista dall’art. 13, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
2.Il ricorso è stato rigettato in primo grado.
L’appello della contribuente è stato rigettato. Nella sentenza della Commissione tributaria regionale si legge: «Questo collegio non ritiene meritevole di accoglimento la richiesta di esenzione degli alloggi di proprietà dell’Ente in quanto non è automatico se rientrino a pieno titolo nella classificazione di alloggi sociali così come disciplinati dall’ex art. 10 comma 3 DL 47/2014 convertito con modifiche nella legge 80/2014. In base a tale disposto si considerano alloggi sociali quelle unità immobiliari adibite ad uso residenziale realizzate da soggetti pubblici o privati che vengono concessi in locazione per ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi alle condizioni di mercato. E per riaffermare questo principio è fondamentale che essi siano adibiti ad abitazione principale per la quale è esclusa al momento qualunque tassabilità IMU. L’Ater non ha dimostrato concretamente tale circostanza cioè che gli alloggi sociali gestiti oltre ad avere i requisiti di alloggi sociali siano stati concretamente destinati a tale scopo. Gli altri motivi sono assorbiti.».
Avverso la sentenza di appello l’Ater di Rieti ha proposto ricorso per cassazione.
Il Comune di Rieti ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
5.La causa è stata decisa all’adunanza camerale dell’11 ottobre 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’Ater ha dedotto: 1) la n ullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., per violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., stante l’omessa pronuncia sul motivo di appello avente ad oggetto il rigetto della eccezione di nullità dell’avviso per carenza di motivazione; 2) la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., per violazione del disposto degli articoli 111 della Costituzione, 36, comma secondo n. 4) del d. Lgs. 546/1992, e 132 e 156 c.p.c., in relazione al dettato dell’articolo 360 n. 4 c.p.c., per irriducibile illogicità ed incoerenza della motivazione; 3) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell’art. 10, comma 3, del d.l. n. 47 del 2014, convertito in legge n. 80 del 2014, nonché degli artt. 1, comma 669, della legge n. 147 del 2013 (come sostituito dall’articolo 1, comma 14, della legge 208 del 2015), 13, comma 2° lett. b), del d.l. n. 201 del 2011, convertito con modificazioni in legge n. 214 del 2011 (come modificato dalla detta legge n. 147 del 2013), e 1, comma 2, d.m. 22 aprile 2008, avendo ritenuto requisito all’uopo necessario e non provato, ai fini dell’esenzione dalla t.a.s.i., che le unità abitative siano adibite ad abitazione principale; 4) la nullità, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., per violazione degli artt. 112 cod.proc.civ. e 24, 101 e 111 Cost. -in particolare del diritto di difesa e di quello al contraddittorio processuale; 5) l’ omesso esame di fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per non essere stato tenuto in conto dal giudice di secondo grado che «gli immobili costituivano fabbricati di civile abitazione, in locazione permanente e destinati ad alloggi sociali nella definizione datane dal Decreto del Ministro delle infrastrutture del 22 aprile 2008
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008), e che, come tali, beneficiavano dell’esenzione IMU di cui all’art. 13, comma 2° lett. b), del d.l. n. 201 del 2011, nel testo novellato dall’art. 1, comma 707, della legge 147/2013»; 6) l’omesso esame di fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per non essere stato tenuto in conto dal giudice di secondo grado, «sotto il profilo della mancata ammissione della C.T.U., del fatto discusso tra le parti e decisivo ai fini del giudizio che gli immobili costituivano fabbricati di civile abitazione in locazione permanente e destinati ad alloggi sociali nella definizione datane dal citato Decreto del Ministro delle infrastrutture del 22 aprile 2008, pur essendo tale accertamento tecnico senz’altro decisivo per il giudizio sul punto, tanto da essere stato richiesto da entrambe le parti in causa nel giudizio di primo grado e dall’A.T.E.R. anche nel giudizio di appello»; 7) la violazione degli artt. 24 Cost., 2697 cod. civ., 7, comma 5-bis, e 23 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché la falsa applicazione degli artt. 115 cod. proc. civ., 2727 e 2729 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente rigettato l’appello dal giudice di secondo grado, «dato che tale statuizione: (1°) ha onerato l’A.T.E.R. della prova dell’esenzione e, nello stesso tempo, non le ha consentito di esercitare il suo diritto di difesa sul punto mediante l’ammissione della C.T.U. richiesta da entrambe le parti in causa; (2°) non ha posto a fondamento della decisione gli elementi di prova in atti ed inoltre ha ritenuto fondato l’avviso di accertamento in mancanza di prova della sua fondatezza; (3°) non ha posto a fondamento della decisione i fatti non specificamente contestati dal Comune ed i documenti prodotti dall’A.T.E.R. circa l’esistenza dell’esenzione, dei quali era evidente la decisività; (4°) ha posto a fondamento della decisione mere deduzioni difensive per di più contestate, le quali non costituivano presunzioni e meno che mai avevano il carattere
della gravità, della precisione e della concordanza»; 8) la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunciarsi «sulla domanda subordinata dell’A.T.E.R. di dichiarazione di inapplicabilità delle sanzioni irrogate tenuto conto delle difficoltà interpretative del citato articolo 13 del d.l. 201/2011».
Il primo motivo, con cui si è dedotta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., per violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., stante l’omessa pronuncia sul motivo di appello avente ad oggetto il rigetto della eccezione di nullità dell’avviso per carenza di motivazione, è stato formulato in modo autosufficiente, stante la trascrizione e l’allegazione non solo degli atti processuali, ma anche dell’avviso di accertamento.
La censura è, però, infondata, in quanto la sentenza impugnata supera implicitamente l’eccezione avente ad oggetto la carente motivazione dell’avviso impugnato.
Va, difatti, ribadito che è configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di
legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Cass., Sez. 3, 8 maggio 2023, n. 12131).
Deve, peraltro, ribadirsi che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di ici (ma anche di i.m.u.), l’obbligo di motivazione degli avvisi va riferito ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche del tributo, mentre non comporta l’obbligo di indicare anche l’esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (Cass., Sez. V, 24 gennaio 2018, n. 1694). E analogo principio è destinato a valere in relazione alla t.a.s.i.
Il secondo motivo, che ha ad oggetto la incoerenza della motivazione, è infondato, atteso che il rigetto dell’appello è esaustivamente motivato e si fonda sulla ritenuta necessità, da parte della Corte di giustizia di secondo grado, della prova non solo della natura di alloggi sociali degli immobili, ma anche della loro effettiva destinazione, da parte dei conduttori, ad abitazione principale -prova che, al contrario, non sarebbe stata fornita dal contribuente.
Il terzo motivo, che concerne la negazione dell’esenzione in ragione della mancata dimostrazione dell’utilizzazione degli alloggi sociali come abitazioni principali, è fondato, con conseguente assorbimento di tutti i successivi motivi.
Occorre premettere che, nel caso in esame, l’avviso impugnato ha ad oggetto la t.a.s.i. per l’annualità 2018.
In ordine alla t.a.RAGIONE_SOCIALE. deve ricordarsi che, all’esito delle modifiche apportate dalla legge di stabilità del 2016 (legge n. 2008 del 2015, art. 1, comma 14), l’art. 1, comma 669, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) stabilisce che il presupposto impositivo della TASI è il possesso o la detenzione, a qualsiasi
titolo, di fabbricati e di aree edificabili, ad eccezione, in ogni caso, dei terreni agricoli e dell’abitazione principale, come definiti ai sensi dell’imposta municipale propria di cui all’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, conv. con modificazione nella legge n. 214 del 2011, escluse quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. Pertanto, contrariamente alla prospettazione difensiva del controricorrente, la disciplina rilevante, nella soluzione della presente controversia, non va ricercata nell’art. 1, comma 3, del d.l. n. 16 del 2014, conv. in legge n. 68 del 2014, o nell’art. 7, comma 1, lettere b), c), d), e), f), ed i) del d.lgs. n. 504 del 1992, dovendo piuttosto verificarsi se sussiste il presupposto impositivo della t.a.s.i. ai sensi dell’art. 1, comma 669, della legge di stabilità 2014: presupposto impositivo costituito -per quanto rileva in questa sede – dal possesso o dalla detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati ad eccezione dell’abitazione principale, come definita per l’i.m.u. dall’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, conv. con modificazioni nella legge n. 214 del 2011.
In definitiva, l’ambito applicativo della t.a.s.i., all’esito della legge di stabilità 2016 e, dunque, secondo la disciplina applicabile alla presente fattispecie ratione temporis , si è ristretto ed esclude gli immobili adibiti ad abitazione principale, la cui nozione va desunta dall’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, conv. in legge n. 214 del 2011.
Tale ultima disposizione (art. 13, comma 2) ricomprende nella nozione di abitazione principale, in virtù della lett. b, gli alloggi sociali assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) che abbiano le caratteristiche del decreto del Ministro delle Infrastrutture del 22 aprile 2008. Proprio in virtù di ciò, questa Corte ha recentemente affermato, in tema di i.m.u., che l’esenzione stabilita dall’art. 13, comma 2, lett. b, del d.l. n. 201 del 2011 (conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011), come modificato dall’art. 1, comma 707, della l. n. 147 del 2013, pur non
applicandosi a tutti gli alloggi assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP), si applica a quelli che hanno le caratteristiche di alloggio sociale, secondo i parametri stabiliti dal d.m. 22 aprile 2008, in quanto destinati a soddisfare la finalità pubblica di ridurre il disagio abitativo di soggetti e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di avere accesso alla locazione di alloggi nel libero mercato (Cass., Sez. 5, 23 maggio 2024, n. 14511).
Nell’applicazione di tale principio, sia ai fini dell’i.mu., sia ai fini della t.a.s.i., deve ulteriormente precisarsi che l’esenzione è subordinata all’adibizione dell’alloggio sociale ad abitazione principale dell’assegnatario, come si desume dal d.m. 22 aprile 2008, che esplicitamente configura l’alloggio sociale quale servizio abitativo finalizzato al soddisfacimento delle esigenze primarie. Del resto, ciò è stato ulteriormente ed esplicitamente confermato dal successivo art. 1, comma 741, lett. c, n. 3, della legge n. 160 del 2019, che precisa, in modo inequivoco, che sono considerati abitazioni principali i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008, adibiti ad abitazione principale.
Peraltro, per quanto riguarda in particolare la t.a.s.i., è proprio l’utilizzazione dell’immobile come abitazione principale ad escludere il presupposto impositivo.
La sentenza impugnata è incorsa, tuttavia, nella denunciata violazione di legge laddove ha onerato l’A.t.e.r. dell’onere della prova dell’utilizzazione, da parte dell’assegnatario, dell’alloggio sociale come abitazione principale. Difatti, la residenza anagrafica e la dimora abituale dell’assegnatario nell’alloggio sociale rientrano tra gli obblighi posti a carico di quest’ultimo ai fini dell’assegnazione, la cui inadempienza ne comporta la decadenza (vedasi, in questo senso, l’art. 13, comma 1, lett. b, della legge
reg. Lazio 6 agosto 1999, n. 12, che detta la ‘ Disciplina delle funzioni amministrative regionali e locali in materia di edilizia residenziale pubblica ‘). Ne consegue, pertanto, che la destinazione dell’alloggio sociale ad abitazione principale dell’assegnatario, quale requisito necessario ai fini della sua assegnazione, non richiede una prova ulteriore, ferma restando la possibilità, da parte dell’ente impositore, di fornire la prova dell’inadempimento, da parte dell’assegnatario, ai suoi obblighi di residenza e dimora e conseguentemente negare l’esenzione nel caso specifico in cui ciò avvenga.
In definitiva, a prescindere dalle regole sulla ripartizione dell’onere della prova, come cristallizzate dall’art. 2697 cod.civ. e, oggi, con specifico riferimento al processo tributario, dall’art. 7, comma 5 -bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, la destinazione dell’alloggio sociale ad abitazione principale non richiede una prova ulteriore rispetto alle caratteristiche tipizzate dal decreto ministeriale, essendo normalmente presupposta nella qualificazione stessa degli alloggi sociali (come unità immobiliari adibite ad uso residenziale in locazione permanente, la cui funzione di interesse generale è di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato) e nei requisiti previsti per l’assegnazione, anche dalla legislazione regionale e dalla normativa secondaria. In base a tali premesse il giudice di merito non può escludere la destinazione dell’alloggio sociale ad abitazione principale dell’assegnatario (destinazione che corrisponde alla situazione ordinaria e corrisponde all’ id quod plerumque accidit , alla luce del sistema normativo vigente) in base all’applicazione delle regole di ripartizione dell’onere della prova, ma deve verificare la specifica circostanza che allontani la situazione concreta da quella ordinaria (quale, ad esempio, l’inadempimento da parte dell’assegnatario degli obblighi di residenza e dimora, la cui allegazione e prova
ricadono sull’ente impositore, che ha interesse a negare l’esenzione).
5. L’accoglimento del terzo motivo comporta la cassazione della sentenza, con conseguente assorbimento di tutti gli altri motivi, che, peraltro, per la maggior parte, non sono pertinenti rispetto alla decisione che si è fondata sulla mancata prova della destinazione degli alloggi sociali in esame ad abitazione principale, mentre non vi è stata pronuncia sulle altre questioni legittimamente assorbite (fatta eccezione per la questione delle sanzioni). Risultano, quindi, assorbiti il quarto motivo, con cui si è denunciata la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., degli artt. 112 cod.proc.civ. e 24, 101 e 111 Cost., per l’omessa pronuncia sul diritto di difesa e sul contraddittorio processuale; il quinto motivo e sesto motivo, con cui si è denunciato l’ omesso esame di fatti decisivi, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., vertenti proprio sulla destinazione degli alloggi sociali ad abitazione principale; il settimo motivo, con cui si è denunciata la violazione degli artt. 24 Cost., 2697 cod. civ., 7, comma 5-bis, e 23 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché la falsa applicazione degli artt. 115 cod. proc. civ., 2727 e 2729 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in ordine alla ripartizione dell’onere della prova ed alla individuazione della prova raggiunta; l’ottavo motivo, con cui si è denunciata la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per l’omessa pronuncia «sulla domanda subordinata dell’A.T.E.R. di dichiarazione di inapplicabilità delle sanzioni irrogate tenuto conto delle difficoltà interpretative del citato articolo 13 del D.L. 201/2011».
6.In conclusione, rigettati i primi due motivi di ricorso ed assorbiti tutti gli altri, va accolto il terzo motivo di ricorso in virtù del
seguente principio di diritto: in tema di t.a.s.i., all’esito della legge di stabilità 2016, sono esclusi dall’imposizione gli immobili adibiti ad abitazione principale, come individuati dall’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, conv. con legge n. 214 del 2011, e, quindi, in virtù della lett. b ), letta alla luce del d.m. 22 aprile 2008 e dell’art. 1, comma 741, lett. b, n. 3, della legge n. 160 del 2019, gli alloggi sociali assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari, che abbiano le caratteristiche del citato decreto, senza che sia necessaria la prova della loro destinazione ad abitazione principale da parte dell’assegnatario, che è requisito stesso dell’assegnazione, ferma restando la possibilità, da parte dell’ente impositore, di fornire la prova contraria e, conseguentemente, di negare l’esenzione in siffatta evenienza .
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata ed il giudizio rinviato alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, a cui si demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte di cassazione:
accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due e assorbiti i residui, e cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, a cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio delll’11 ottobre 202 4.