Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21146 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21146 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
La ricorrente proponeva ricorso per cassazione avverso detta sentenza, con atto notificato al RAGIONE_SOCIALE di Bentivoglio in data 19 dicembre 2017, articolando sette motivi di impugnazione, depositando poi memoria in data 16 febbraio 2024 ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
Il RAGIONE_SOCIALE di Bentivoglio notificava in data 29 gennaio 2018 (lunedì) controricorso, depositando poi memoria ex art. 378 cod. proc. civ. il 15 febbraio 2024, con cui chiedeva il rigetto dell’impugnazione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione (indicato in ricorso con il n. 2, essendo gli argomenti svolti al n. 1 un preliminare inquadramento ai temi discussi, volto a rappresentare che l’esenzione richiesta opera quale contrappeso all’obbligo comunitario di provvedere in proprio allo smaltimento dei rifiuti speciali) la ricorrente, dopo aver chiarito che è pacifica la natura dei rifiuti (imballaggi terziari) prodotti dalla società nel suddetto magazzino, ha contestato, con riferimento all’art. 360, primo comma, num . 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e 16, comma 1, reg. comunale Tarsu, nella parte in cui il Giudice di appello ha negato che, per le specifiche caratteristiche e destinazione del bene, ivi si producessero esclusivamente rifiuti speciali.
Di contro, la società ha sostenuto, che la ragione fondativa dell’esenzione non sta nella struttura e nella destinazione del locale, quanto nella produzione continuativa e prevalente di rifiuti speciali e che l’inciso « di regola », contenuto nella previsione dell’art. 62, comma 3, d.lgs. cit., equivale « a ‘non esclusivamente’ o a ‘misura non preponderante’ » (v. pagina 7 del ricorso), vale a dire una formazione del rifiuto non occasionale, marginale, giacchè « una diversa interpretazione equivarrebbe a rendere del tutto inconsistente la possibilità legale di esenzione, perché è ben difficile immaginare un luogo, per quanto caratteristicamente industriale, in cui non si formino anche, sia pure in lieve misura, rifiuti tipicamente urbani» (v. pag. n. 7 del ricorso).
Sotto tale profilo, la ricorrente ha considerato irrilevante la presenza umana, la quale produce su dette superfici una quota di rifiuti assimilabili agli urbani del tutto marginale e non apprezzabile.
Con la seconda censura (n. 3 del ricorso) la contribuente ha dedotto, con riguardo all’art. 360, primo comma, n um. 3, cod. proc. civ., la falsa applicazione del secondo periodo dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e dell’art., 20 -bis del reg. comunale Tarsu, rimproverando al Giudice dell’appello di aver erroneamente combinato la previsione dell’art. 62, comma 3, seconda parte, d.lgs. 15 novembre 1992,
507 con quella dell’art. 20 -bis reg. comunale, senza considerare che la prima di dette disposizioni « contempla una riduzione di superficie tassabile per quelle situazioni, da individuare per categoria di attività, in cui si producono tanto rifiuti speciali quanto rifiuti conferibili al servizio pubblico e non sia agevole individuare le rispettive localizzazioni o proporzioni », mentre il menzionato art. 20bis non individua categorie di attività produttive di rifiuti speciali, ma « si rivolge indistintamente a tutti i produttori di imballaggi terziari e prevede una riduzione della tassa » (v. pag. nn. 9 e 10 del ricorso), considerando detta previsione priva di base normativa, non attuativa, ma confliggente con la totale esclusione impositiva prevista dal primo periodo dell’art. 62, comma 3, d.lgs. cit. per chi, di regola, produce rifiuti speciali e dall’art. 195, comma 2, lett. e ), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 per chi avvia a recupero gli scarti di imballaggio terziario.
Con la terza doglianza (n. 4 del ricorso) l’istante ha lamentato, con riferimento all’art. 360, primo comma, n um. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 195, comma 2, lett. e ), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, assumendo che erroneamente il Giudice regionale aveva ritenuto assorbita la questione, ribadendo, invece, che la mancata emanazione dei relativi decreti attuativi non sarebbe ostativa all’immediata applicazione della disposizione normativa, che, nella sua perentorietà, non esige alcuna regolamentazione attuativa ed è pertanto immediatamente operativa, giacchè il divieto di applicare tariffe per imballaggi (terziari) avviati al recupero autonomamente non richiede alcuna norma regolamentare che ne attui il disposto, come riconosciuto da varia giurisprudenza di merito ed amministrativa, nonché dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 248 del 24 luglio 2009 e come riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione per il divieto di assimilazione degli imballaggi terziari previsto dal decreto Ronchi, anche in mancanza dei decreti attuativi.
Con la quarta ragione (n. 4 del ricorso) di contestazione l’istante ha dedotto, con riferimento all’art. 360, primo comma, n um. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame circa il fatto decisivo per il giudizio costituito dalla totale assenza del servizio pubblico in ordine ai rifiuti, diversi dagli imballaggi terziari, prodotti nel magazzino, considerando sfornita di prova
la diversa allegazione del RAGIONE_SOCIALE, aggiungendo sul punto che il sistema è basato sul duplice criterio della prevalenza e dell’unicità, per cui chi provvede per il rifiuto prevalente è chiamato a farlo per la totalità dei rifiuti prodotti.
Con il quinto motivo (n. 6 del ricorso) di impugnazione la società ha eccepito, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per «errore di fatto: supposizione di fatto incontrastabilmente escluso » (v. pag. n. 14 del ricorso), rappresentando che, diversamente da quanto opinato dal Giudice d’appello, era pacifico ed incontroverso che nessuna risposta negativa era stata fornita alla società sulla richiesta di esenzione avanzata dalla stessa.
La ricorrente ha, quindi, precisato sul punto che «Sulla violazione dell’art. 19 del d.lgs. 546/92 per aver attribuito alla lettera comunale del 09.08.05 il valore di atto da impugnare a pena di decadenza, prevale nella specie la supposizione di un fatto a tal punto inesistente tra le parti in causa da non essere neppure controverso. La rilevanza e gravità dell’inficiante vizio determina pertanto la nullità della sentenza ai seni dell’art. 360 1n.4 cpc.» (v. pagina n. 16 del ricorso).
Con la sesta censura (n. 7 del ricorso) la contribuente ha dedotto, in relazione al canone di cui all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per omesso esame delle questioni di legittimità costituzionale concernenti:
-il contrasto dell’art. 62 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 con gli artt. 3, 23, 24, 41, 43, 53, 76, 97, 117 Cost., se interpretato nel senso della legittimità della tassa, nonostante l’obbligo di provvedere in proprio allo smaltimento e/o al recupero dei rifiuti speciali prodotti;
-il contrasto dell’art. 195, comma 2, lett. e ), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 195, con l’art. 3 Cost, se interpretato nel senso di distinguere il trattamento tra magazzini a seconda che rientrino o meno nei parametri ivi considerati.
Con la settima ragione di impugnazione (n. 8 del ricorso) l’istante ha, infine, eccepito, con riguardo all’art. 360, primo comma, num., 4 cod.
proc. civ., la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., per omesso esame del contrasto del dritto interno con le norme europee in tema di concorrenza, liberalizzazione dei servizi e tutela ambientale, come desunti dagli artt. 56, 59, 101, 103, 106, 113, 119, 120, 191 2 , del Trattato sull’Unione europea, 14 direttiva n. 2008/98/CE: Costi , 1, direttiva 94/CE: Fine , 7 della direttiva n. 94/62/CE: Sistemi di restituzione, raccolta e recupero , 15 direttiva 94/62/CE: Strumenti economici, avanzando, altresì, richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, affinchè stabilisca se le menzionate norme del Trattato e le direttive « si debbano interpretare nel senso che laddove gli operatori economici siano tenuti a provvedere a proprie spese al recupero o allo smaltimento dei rifiuti speciali in genere e in particolare degli imballaggi terziari, senza poter far capo al servizio pubblico, e siano altresì vincolati a partecipare al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE corrispondendo il relativo contributo, non consentano a uno Stato membro di imporre ulteriori prelievi connessi alla privativa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti» (v. pag. 19 del ricorso)..
Va preliminarmente disattesa l’istanza di riunione del presente procedimento con quello contrassegnato con il n. NUMERO_DOCUMENTO di ruolo generale, formulata dalla società con il ricorso, giacchè detto giudizio è stato deciso con sentenza di questa Corte n. 33422 del 27 dicembre 2018, che ha dichiarato l’inammissibilità dei ricorsi cumulativamente proposti dalla contribuente contro tre sentenze relative alla medesima imposta in esame, concernente però i diversi anni di imposta 2007/2008/2009.
8.1. Del pari, la non sovrapponibilità delle questioni poste con i motivi di ricorso in esame rispetto alle censure avanzate dalla società nel giudizio recante il n. 26957/2017 del ruolo generale, proposto sempre contro il RAGIONE_SOCIALE di Bentivoglio e per la medesima tassa (TARSU), sia pure per un diverso anno di imposta, sconsiglia la riunione dei giudizi, prevalendo la finalità di assicurare una trattazione mirata allo specifico oggetto del contendere, restando, in ogni caso, l’esigenza sottesa alla richiesta di riunione assicurata dall’esame e dalle decisioni dei due giudizi all’esito della medesima udienza.
8.2. Sempre, in via preliminare, va respinta l’eccezione di giudicato avanzata dal RAGIONE_SOCIALE di Bentivoglio nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ., basata sulla pronuncia n. 33422 del 27 dicembre 2018 di questa Corte, che ha dichiarato inammissibili i ricorsi cumulativi contro le (tre) sentenze della Commissione regionale resa tra le stesse parti, per i pregressi (2007, 2008 e 2009) anni di imposta ed asseritamente concernenti le medesime questioni, rendendo così definitive le predette sentenze nn. 1, 2 e 3 del 9 gennaio 2012 delle Commissioni tributarie regionali nella parte in cui hanno stabilito che « per il magazzino che genera anche rifiuti speciali la TARSU deve essere determinata detraendo le spese sostenute dalla società per lo smaltimento dei rifiuti speciali nei modi e nei termini previsti dall’art. 20 -bis del Regolamento approvato dal RAGIONE_SOCIALE di Bentivoglio» (così nella citata memoria).
L’effetto utile del giudicato risulta, infatti, impedita dalla seguente osservazione.
La decisione dei predetti Giudici di merito – da quel che risulta dal succinto resoconto fornito dalla difesa del RAGIONE_SOCIALE, ma anche dai contenuti della sentenza n. 33422 del 27 dicembre 2018 di questa Corte -si è fondata su di una valutazione giuridica circa la riconduzione della fattispecie alla previsione dell’art. 20 -bis del regolamento comunale e, dunque, alla sua regolamentazione.
Va allora dato seguito all’orientamento, più volte espresso da questa Corte, secondo cui il giudicato può formarsi ed essere invocato solo sulle circostanze che hanno costituito oggetto di apprezzamenti di fatto e non anche su questioni giuridiche.
Difatti, l’attività interpretativa delle norme compiuta da un giudice e, più in generale, lo scrutinio di questioni giuridiche, in quanto consustanziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può mai costituire limite all’attività esegetica esercitata da un altro giudice, dovendosi richiamare a tal proposito il distinto modo in cui opera il vincolo determinato dalla efficacia oggettiva del giudicato ex art. 2909 cod. civ. rispetto a quello imposto, in altri ordinamenti giuridici, dal principio dello ” stare decisis ” (cioè del-precedente giurisprudenziale vincolante”), che non
trova riconoscimento nell’attuale ordinamento processuale (così Cass., Sez. V, 7 aprile 2022, n. 11331, che richiama Cass., Sez. 5, 21 ottobre 2013, n. 23723; Cass., Sez. 5, 15 luglio 2016, n. 14509 e Cass., Sez. T., 1° giugno 2021, n. 15215 e, da ultimo, Cass., Sez. T., 5 marzo 2024, n. 5882).
Va ancora premesso che la controversia ha ad oggetto l’unico magazzino inserito nel blocco 3.2. dell’interposto bolognese del RAGIONE_SOCIALE di Bentivoglio, come chiaramente emerge dalle conclusioni che a tale magazzino si riferiscono (v. pagina 19 del ricorso ‘magazzino in oggetto di mq 2996’) nonché dallo svolgimento del fatto in cui si precisa che il blocco 2.2 venne rilasciato nel 2010 (qui si discorre di TARSU 2011), la cui attività venne trasferita al blocco 3.2, di mq. 2996 (v. pagina n. 1 del ricorso).
Si tratta di «un magazzino di lavorazione dei plichi di merce autotrasportata » (v. memoria ex art. 378).
I primi quattro motivi di ricorso vanno esaminati unitariamente, in quanto connessi e possono essere riassunti nel modo che segue.
10.1. Primo motivo (n. 2 del ricorso per quanto sopra chiarito).
Secondo la contribuente, risultando pacifica la produzione di imballaggi terziari nel suddetto magazzino, l’inciso ‘di regola’ contenuto nell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 andrebbe inteso come equivalente a ‘non esclusivamente o in misura preponderante’, nel segno di un criterio di prevalenza, altrimenti la disposizione non avrebbe senso e l’ipotesi di esenzione resterebbe del tutto teorica, essendo difficile immaginare un luogo, in cui sia pure in lieve misura, non si formino anche rifiuti tipicamente urbano. Da qui, poi, l’assoluta irrilevanza della presenza umana ed il rilievo che la ragione fondativa dell’esenzione non è la struttura e/o destinazione del locale, ma la produzione continuativa e prevalente dei rifiuti speciali.
10.2. Secondo motivo (n. 3 del ricorso) .
A dire della ricorrente, l’art. 62, comma 3, secondo periodo, d.lgs. citato contempla una riduzione di superfice tassabile, per categorie di attività, nelle ipotesi in cui si producono tanto rifiuti speciali quanto rifiuti conferiti al servizio pubblico e non sia agevole individuare le rispettive localizzazioni o proporzioni, mentre l’art. 20 -bis del regolamento comunale non individua categorie, ma si rivolge indistintamente ai produttori di imballaggi terziari e prevede una riduzione della tassa, che non ha, quindi, base normativa e che confligge con la previsione del primo periodo dell’art. 62, comma 3, che prevede la totale esenzione per chi produce rifiuti speciali.
10.3. Terzo motivo (n. 4 del ricorso).
L’art. 195 cod. amb. (che prevede il diritto all’esenzione a chi avvia a recupero gli imballaggi secondari e terziari) è norma sostanziale di natura ambientale e non tributaria, ha natura perentoria e non necessita di decreti attuativi.
10.4. Motivo quarto (n. 5 del ricorso) .
La ricorrente assume la totale assenza del servizio pubblico in relazione ai rifiuti prodotti nel magazzino, osservando sul punto che, in base al principio di prevalenza ed unicità, chi assolve all’obbligo di smaltire il rifiuto prevalente adempie al relativo onere anche per quelli residui.
10.5. Si tratta di motivi che non possono ricevere seguito per le seguenti ragioni.
10.5.1. Questa Corte, con orientamento consolidato ed anche da ultimo ribadito, ha ritenuto che « la nozione di «superficie ove si formano di regola rifiuti speciali» ( d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, comma 3) va interpretata nel senso che l’esclusione dalla tassa riguarda la sola «parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano solo rifiuti speciali» (Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 4 aprile 2012, n. 5377; v., altresì, Cass., 24 luglio 2014, n. 16858)» (così Cass. Sez. I, 23 gennaio 2024, n. 2268 e, nello stesso senso, Cass., Sez. T., 14 marzo 2022, nn. 8205 e 8022, anche Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2015, n. 4793; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2016, nn. 4792 e 4793 e Cass., Sez. T., 24 luglio 2023, n. 22192 ).
Ancora più nettamente si è ribadito « il principio secondo cui l’esclusione della tassa opera per «la sola parte della superfice in cui (ndr. a regime Tarsu), per struttura e destinazione, si formano esclusivamente rifiuti speciali (Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2015, n. 4793; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2016, nn. 4792 e 4793)» (così Cass., Sez. T. 23 aprile 2020, nn. 8088 e 8089 e, nello stesso senso, Cass., Sez. T., 14 marzo 2022, nn. 8205 e 8022)» (cfr. Cass., Sez. T., 16 ottobre 2023, nn. 28730, 28729, 28663, 28661 ed anche Cass., Sez. T., 28 marzo 2023, nn. 8753 e 8754).
Nel medesimo senso: in base alla «disciplina stabilita per i rifiuti speciali (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3), la tassa è esclusa per la sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali . Ciò non comporta, che tali categorie di rifiuti (imballaggi terziari) siano, di per sè, esenti dalla TARSU, ma che ad esse si applica la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo l’esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali (Cass. n. 4793 del 15.12.2015; Cass. nn. 4792 e 4793 del 2016)» (v. Cass., Sez. T., 10 aprile 2019, n. 10014).
La Corte ha, poi, chiarito la diversità di regime applicabile alla TARSU rispetto alla Tari, osservando « in tema di TARI, l’esenzione dal tributo, a differenza del previgente regime (art. 62, comma 3, d. lgs. 15 novembre 1993, n. 507) che lo correlava a «quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti» (v. Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 24 luglio 2014, n. 16858; Cass. 4 aprile 2012, n. 5377), è ora prevista per quella parte di superficie ove i rifiuti speciali si formino «in via continuativa e prevalente» ed a condizione che i produttori (tenuti a provvedere a proprie spese)» (cfr. Cass. Sez. T, 14 novembre 2023, n. 31702 e Cass. Sez. T, 14 novembre 2023, n. 31617, Cass. Sez. T, 14 novembre 2023, n. 31665, Cass. Sez. T, 14 novembre 2023, n. 31649, Cass. Sez. T, 14 novembre
2023, n. 31626 e nello stesso senso Cass., Sez. T., 31 luglio 2023, n. 23137; Cass., Sez. T., 25 luglio 2023, n., 22333).
Con riferimento, poi, ai magazzini, questa Corte ha riconosciuto l’assoggettamento alla tassa « dei magazzini destinati allo stoccaggio di semilavorati e/o prodotti finiti connessi a lavorazioni produttive di rifiuti assimilati, dei magazzini di attività commerciali, dei magazzini relativi alla logistica, dei magazzini di deposito di merci e/o mezzi di terzi» (così, anche da ultimo , Cass., Sez. T., 28 marzo 2023, nn. 8753 e 8754; Cass., Sez. T, 30 marzo 2023, n. 9032) » (cfr. Cass., Sez. T., 16 ottobre 2023, n. 28701 e, nello stesso senso, Cass., Sez. T., 31 luglio 2023, n. 23137; Cass., Sez. T., 25 luglio 2023, n. 22333) .
Alla luce di tali reiterati principi, va allora osservato, in relazione ai motivi di impugnazione che:
-l’inciso « di regola » indica l’ordinarietà della produzione del rifiuto, vale a dire ciò che abitualmente, di norma, di consueto si forma, il che non è in antitesi con una produzione di soli rifiuti speciali (in tal senso dovendo intendersi il richiamo all’esclusività della produzione dei rifiuti speciali contenuto nella citate pronunce) che si formano su quella parte di superfice dedicata, laddove il riferimento alla struttura ed alla destinazione del locale è un esplicito dato normativo volto a rappresentare l’ordinaria funzione operativa dell’unità immobiliare oggetto di tassazione; in tale direzione, il disposto normativo di cui all’art. 62, comma 3, non può essere ritenuto equivalente o sovrapponibile a quello di cui all’art. 1, comma 649, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 dettato in tema di Tari, in cui il riferimento alla prevalenza ed alla continuità allude, invece, ad una formazione del rifiuto speciale, in modo costante, pressochè ininterrotta, sulla superfice dell’unità immobiliare occupata ed in misura preponderante, utilizzando quindi un duplice criterio di natura temporale (in via continuativa) e quantitativo (in via prevalente), in luogo della mera abitualità della formazione del rifiuto speciale.
Dunque, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente, la pacifica produzione di rifiuti speciali (imballaggi terziari) nel predetto magazzino (blocco 3.2) non può legittimare la richiesta di totale esenzione
dal pagamento della tassa sull’intera superficie del locale, giacchè «l a disposizione eccettuativa del citato art. 62, comma 3, del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507 non riguarda tipologie di locali, bensì “parti di superfici” », laddove, per principio generale, «Ogni edificio che si trovi sul territorio comunale, cioè, è normativamente considerato come potenzialmente idoneo, per le attività che vi si potrebbero svolgere, a produrre rifiuti urbani » . (cfr. Cass., Sez. T., 12 luglio 2022, n. 21957).
Va, pertanto, ribadito che «La produzione di imballaggi terziari non giustifica la totale detassazione dei locali laddove questa si accompagni alla produzione di rifiuti assimilati » e che « Nel caso in cui la produzione di imballaggi terziari avvenga in modo congiunto con altri rifiuti assimilati il contribuente non ha diritto alla detassazione totale ma come si è visto alla riduzione della superficie tassabile » e che « La tassa è dovuta indipendentemente dal fatto che l’utente utilizzi il servizio » (v. Cass., Sez. T., 15 gennaio 2019, n. 703 cit.), il che rende non concludente, ai fini di quanto previsto dall’art. 62, comma 3, il riferimento al criterio della prevalenza del rifiuto speciale (imballaggio terziario), siccome non operante nella fattispecie in esame.
10.5.2. Non è condivisibile nemmeno la tesi secondo cui la previsione dell’art. 20 -bis del regolamento comunale confliggerebbe con quella dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507.
La predetta norma statale prevede che «Nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il comune può individuare nel regolamento categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l’attività viene svolta».
Il secondo periodo del citato articolo 62, comma 3, contempla una riduzione di superficie tassabile per quelle situazioni da individuare per categoria di attività in cui si producono tanto rifiuti speciali, quanto rifiuti
conferibili al servizio pubblico in modo però non distinguibile e paragonabile, tanto da non essere agevolmente individuabili, discorrendosi in tali ipotesi di rifiuti promiscui.
L’art. 20 -bis del regolamento comunale (rubricato ‘riduzioni ai produttori di imballaggi terziari’) prevede, invece, che «è riconosciuta una riduzione della tassa ai produttori di imballaggi terziari pari ai costi sostenuti per lo smaltimento degli stessi visto il divieto di immetterli nel normale circuito di raccolta rifiuti. La riduzione è comunque concessa nel limite massimo dell’80% del tributo relativo all’area su cui vengono prodotti rifiuti di cui al predetto comma. Lo sgravio o il rimborso è concesso al consuntivo e solo nel caso in cui si sia dimostrato l’effettivo costo sostenuto per lo smaltimento degli imballaggi attraverso idonea documentazione da presentare all’ufficio tributi entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello di riferimento».
Ora, va osservato che, contrariamente a quanto argomentato dalla società, detta ultima previsione contempla la categoria di attività produttiva di rifiuti speciali, individuandola in quella che forma imballaggi terziari, con una puntualizzazione, quindi, ben maggiore rispetto alla generica indicazione dell’attività produttiva di rifiuti non assimilabili sul presupposto della pacifica natura speciale di detto rifiuto, a prescindere dall’attività imprenditoriale che lo produce.
L’art. 20 -bis del regolamento non può, poi, considerarsi, ex se, confliggente ed in contrasto con la previsione dell’art. 62, comma 3, secondo periodo, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, per il solo fatto di prevedere una riduzione tariffaria in luogo di una riduzione di superfice.
Va sul punto, innanzitutto, ribadito che la menzionata norma statale diversamente da quanto opinato dalla difesa della società con argomento su cui fonda l’intero motivo -non prevede un esonero totale dall’imposizione, ma come sopra esposto – solo per quella parte di superfice in cui, di regola, si formano rifiuti speciali allo smaltimento dei quali è tenuto a provvedere il contribuente.
In tale prospettiva, la disposizione secondaria risulta, al fondo, orientata a conseguire la medesima finalità della norma primaria, essendo diretta a non gravare il contribuente, che provvede allo smaltimento in proprio dei rifiuti speciali, del costo ulteriore della relativa tassazione.
Ciò che muta è solo il modello operativo, giacchè che la disposizione regolamentare applica il criterio della congrua (sino all’80%) riduzione della tassazione sulla complessiva area (senza precisazioni di sorta) in cui si producono imballaggi terziari, con ciò realizzando effetti analoghi a quelli della riduzione della superficie tassabile di cui al citato art. 62, utilizzando, alla fine, un parametro conciliabile con detta ultima previsione e consentaneo alla stessa finalità.
Non sono state, del resto, allegate eventuali differenze ricadenti sulla tassazione finale, tali da poter giustificare l’invocata illegittimità della previsione regolamentare, per cui correttamente, la Commissione regionale ha affermato che detta previsione è in sintonia con la norma statale, per poi negare, alla fine e nella concretezza del caso, la riduzione, non avendo la società inviato la documentazione indicata nella disposizione regolamentare.
10.5.3. Non ha pregio nemmeno la dedotta violazione dell’art. 195, comma 2, lett. e ), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
Detta norma prevede, ai fini che interessano, che « Per gli imballaggi secondari e terziari per i quali risulti documentato il non conferimento al servizio di gestione dei rifiuti urbani e l’avvio a recupero e riciclo diretto tramite soggetti autorizzati, non si applica la predetta tariffazione».
La disposizione prevede, quindi, la non applicabilità della tariffa TARSU per la produzione di rifiuti speciali non assimilabili ed avviati al recupero dalla contribuente, ma tale prescrizione non può ritenersi violata da una disposizione regolamentare che prevede la riduzione della tassa a favore dei produttori di imballaggi terziari in misura pari al costo sostenuto per il loro smaltimento ( rectius avviso al recupero).
Con tale previsione, infatti, il RAGIONE_SOCIALE ha assicurato il sostanziale esonero dal pagamento della tariffa per quelli speciali, laddove il limite
dell’80% di riduzione, non oggetto di contestazione, risulta essere stato programmaticamente volto a sostenere il costo del servizio di raccolta dei rifiuti urbani, tenuto conto della formazione nel magazzino anche di tali scarti.
10.5.4. Va, inoltre, osservato che risulta inammissibile e comunque non ha fondamento neanche il quarto motivo di impugnazione, con cui la contribuente ha lamentato l’omesso esame della circostanza concernente la mancata effettuazione del servizio pubblico in relazione ai rifiuti prodotti nel citato magazzino.
Il rigetto della domanda della contribuente riposa, infatti, sulla accertata circostanza del mancato invio della documentazione prevista dall’art. 20 -bis del reg. comunale volta a dimostrare l’effettivo costo sostenuto per l’attività di smaltimento; in tal modo il Giudice regionale ha dato per scontato che l’attività di raccolta non fosse stata eseguita e che non dovesse essere effettuata dal RAGIONE_SOCIALE, negando tuttavia la riduzione prevista dal regolamento in assenza della relativa documentazione giustificativa.
Non ha, dunque, senso lamentare l’omesso esame della mancata effettuazione del servizio e sotto tale profilo il motivo non sembra cogliere le ragioni essenziali della decisione sfavorevole alla contribuente, rivelandosi, inoltre, anche infondato per l’implicito riconoscimento della mancata effettuazione del servizio di raccolta dei rifiuti speciali.
Risulta inammissibile anche la quinta (n. 6 ricorso) censura con cui la società ha eccepito, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per aver supposto l’esistenza di un fatto incontrastabilmente escluso dalle parti, costituito dalla risposta del RAGIONE_SOCIALE alla richiesta di detassazione avanzata dalla contribuente (con conseguente definitività del diniego), ritenuto sussistere dal Giudice regionale, ma che non risulta essere mai stato emesso.
L’istante lamenta, quindi, che – diversamente da quanto opinato dal Giudice regionale – il RAGIONE_SOCIALE non aveva fornito alcuna risposta alla
richiesta di detassazione avanzata dalla società, costituendo questa circostanza incontroversa tra le parti.
Il motivo non può ricevere seguito per tali concorrenti ragioni.
11.1. Per come prospettato nel ricorso («supposizione di fatto incontrastabilmente escluso»; v. pagina n. 14 del ricorso), l’errore di fatto dedotto avrebbe dovuto essere fatto valere con il rimedio della revocazione ai sensi dell’art. 395, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., essendo stato dedotto che la menzionata circostanza (l’assenza di risposta negativa da parte del RAGIONE_SOCIALE e quindi di un provvedimento di diniego alla richiesta di detassazione) era incontroversa tra le parti.
In tal senso, infatti, anche da ultimo, le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che «Il controllo dell’attività del giudice di merito, nel momento percettivo del dato probatorio nella sua oggettività è affidato alla revocazione» di cui all’art. 395, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., la cui « chiave di volta è il sostantivo «supposizione riferita ad un fatto», nel senso che «il giudice di merito non conosce del fatto, ma lo suppone contro una cartesiana evidenza bidirezionale, trattandosi di un fatto che è incontrastabilmente escluso o positivamente stabilito» e detta « nella consultazione degli atti» (così Cass. Sez. Un., 5 marzo 2024, n. 5792).
Il RAGIONE_SOCIALE ha eccepito nelle proprie controdeduzioni l’inammissibilità del motivo, assumendo che il dedotto travisamento del fatto avrebbe dovuto essere denunciato ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. per omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, aggiungendo che « stante la prospettazione contenuta nel ricorso, la ricorrente avrebbe dovuto semmai promuovere il giudizio per revocazione ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4., c.p.c. oppure eccepire la violazione dell’art. 19 D.Lgs. 546/92 (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.), qualora avesse ritenuto non impugnabile ‘la risposta negativa’ (sia pure implicita) del RAGIONE_SOCIALE ‘sulla richiesta di esenzione’, considerata,
invece, definitiva dalla C.T.R. ‘ per mancata impugnazione ‘» (così a pagina n. 10 delle controdeduzioni).
La difesa della ricorrente, a fronte della predetta eccezione, ha nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ., ribadito che «Nella vertenza in oggetto non è emerso dunque alcun diniego di detassazione, tanto meno definitivo, né mai potrebbero essere impugnabili a pena di decadenza eventuali dinieghi impliciti. Su tale punto non v’è divergenza tra le parti. È stata l’impugnata sentenza a trascinare inopinatamente in questo giudizio un diniego di detassazione in realtà sollevato (senza risultato) in un parallelo giudizio riguardante altra impresa e diverso magazzino» .
E tutto ciò, per assumere assunto che:
-«Non ricorre pertanto l’ipotesi di cui al n. 5) dell’art. 360 cpc, perché non risulta un ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’».
-« neppure ricorrono gli estremi di cui al n. 4) dell’art. 395 cpc, perché l’ipotizzato diniego di detassazione non impugnato, pur sfociato nella erronea negazione della necessità di un accertamento preventivo al ruolo, non ha costituito un punto su cui le parti abbiano avuto da controvertere, non appare incontrastabilmente escluso in base ad immediata ed obiettiva evidenza, e comunque non è stato determinante per l’esito del giudizio, non essendo state tratte in concreto le conseguenze derivabili dall’errata supposizione»;
-«E ciononostante l’errore nel giudicare definitivo l’asserito diniego, e di conseguenza non necessario il previo accertamento, c’è stato: per rimuoverlo, eventualmente mediante pronuncia nel merito ai sensi dell’art. 384 2 cpc, non v’era che lo strumento di cui al n. 4) dell’art. 360 1 cpc.»;
«Del resto, affiancare a un ricorso per cassazione, non rinunciabile per la generalità dei motivi prospettati, un ulteriore giudizio di revocazione sarebbe stato ultroneo anche per ragioni di economia processuale»;
«Svanito il diniego di detassazione e la sua impossibile definitività, resta pienamente in piedi la nullità del ruolo in difetto di previo avviso di accertamento e la conseguente violazione dell’art. 72 del d.lgs. 507/93».
11.2. Il suesposto apparato argomentativo disvela, in realtà, il tentativo di correggere il tiro rispetto alla prospettazione offerta nel ricorso nella parte in cui, con la citata memoria, la difesa della società ha negato l’ipotesi di un errore revocatorio, pur avendo dedotto nel motivo di ricorso il vizio di supposizione da parte del Giudice regionale di una circostanza di fatto incontrastabilmente esclusa, che, per quanto sopra esposto, è riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 395, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.
Peraltro, nella memoria si assume contraddittoriamente rispetto al motivo di ricorso (fondato -lo si ripete -«sulla supposizione di fatto incontrastabilmente escluso»; v. pagina n. 14 del ricorso) l’ipotizzato diniego di detassazione non impugnato « non appare incontrastabilmente escluso in base ad immediata ed obiettiva evidenza, e comunque non è stato determinante per l’esito del giudizio, non essendo state tratte in concreto le conseguenze derivabili dall’errata supposizione», per poi lamentare che «Svanito il diniego di detassazione e la sua impossibile definitività, resta pienamente in piedi la nullità del ruolo in difetto di previo avviso di accertamento e la conseguente violazione dell’art. 72 del d.lgs. 507/93», con ciò individuando per la prima volta in sede di memoria illustrativa e, quindi, in termini inammissibili -il vizio di legge derivato dalla predetta errata supposizione.
11.3. In tali termini, il motivo si rivela -come anticipato inammissibile -dovendo darsi atto della novità della censura concernente la dedotta violazione dell’art. 72 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, siccome non contemplata nel ricorso, ma inserita nella citata memoria, dovendo osservarsi che la ricorrente non ha coltivato nei motivi di impugnazione la questione della nullità del ruolo e della cartella per la mancata adozione di previo avviso di accertamento, assumendo invece chiaramente che «Sulla violazione dell’art. 19 del d.lgs. 546/92 per aver attribuito alla lettera comunale del 9/08/05 il valore di atto da impugnare a pena di decadenza,
prevale nella specie la supposizione di un fatto a tal punto inesistente tra le parti da non essere neppure controverso», aggiungendo che «La rilevanza e gravità dell’inficiante vizio determina pertanto la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ.» (v. pagina n. 16 del ricorso).
11.4. Va solo aggiunto che il motivo è da considerare inammissibile anche ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., avendo la citata sentenza delle Sezioni unite di questa Corte chiarito che « se l’errore è frutto di un’omessa percezione del fatto essa è censurabile ex art. 360, n. 5 c.p.c. se si riferisca a fatti, ovvero ex art. 360, n. 4, c.p.c. ove si tratti di omesso esame di fatti processuali», laddove, nella specie, la circostanza fattuale dell’assenza di risposta da parte del RAGIONE_SOCIALE alla richiesta di detassazione e, con essa, di un implicito diniego integra un fatto sostanziale.
Vanno disattesi anche il sesto e settimo (indicati in ricorso con i nn. 7 ed 8) motivo di impugnazione.
Si tratta delle questioni di legittimità costituzionali e di dedotta contrarietà delle suindicate disposizioni nazionali con le menzionate norme europee, poste dalla contribuente e che il Giudice regionale ha erroneamente ritenute assorbite nella decisione favorevole all’ente.
Trattasi, in realtà, di omessa pronuncia, alla quale, però, può porsi rimedio, ai sensi dell’art. 384, quarto comma, cod. proc. civ., integrando la motivazione della sentenza, ove non occorrano accertamenti in fatto e le questioni poste siano di natura squisitamente giuridica così integrando la decisione mediante l’enunciazione delle ragioni che la giustificano in diritto (cfr., tra le tante, da ultimo, Cass., Sez. T, Cass., 23 gennaio 2024, n. 2294)..
12.1. Quanto alle denunciate questioni di incostituzionalità degli artt. 62 e 72 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e 195, comma 2, lett. e), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, deve rilevarsene l’infondatezza.
Va, infatti, ribadito che «L’opzione legislativa di prevedere l’applicazione del tributo, nei termini illustrati dalle disposizioni richiamate, in ipotesi di
produzione di imballaggi terziari, anche laddove non è previsto il servizio pubblico di smaltimento, ha carattere discrezionale, giustificandosi in funzione di contemperamento tra la necessità di tutela ambientale, di salvaguardia del flusso tributario, e dell’autonomia di gestione dei servizi pubblici da parte della Pubblica Amministrazione, conseguendone la manifesta infondatezza della relativa eccezione di incostituzionalità con riferimento agli artt. 3, 23, 24, 41, 43, 53,76, 97, 111, 113 e 117 Cost. La gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio è disciplinata nei termini indicati dalle norme richiamate sia per prevenire e ridurre l’impatto sull’ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela, sia per garantire il funzionamento del mercato e prevenire l’insorgere di ostacoli negli scambi, nonchè distorsioni e restrizioni alla concorrenza, secondo i principi dettati dal legislatore comunitario» (così, Cass., Sez. T., 15 gennaio 2019, n. 703).
12.2. Non sussiste nella specie nemmeno la dedotta violazione delle norme europee su concorrenza, liberalizzazione dei servizi, tutela ambientale e del principio di derivazione comunitaria del chi inquina paga, basata sul rilievo che la rivendicata esenzione totale dal pagamento della tassa per la produzione di rifiuti speciali costituisce un doveroso contrappeso all’obbligo di provvedere in proprio (v. punto n. 1 del ricorso, da pagina n. 2).
Va sul punto osservato che, unitamente a quanto sopra già evidenziato, che nella fattispecie in rassegna non vi è stata assimilazione degli imballaggi terziari in oggetto, ma riduzione della tassa in base al citato criterio dell’art. 20 -bis del reg, comunale, che vale ad assicurare, nel delineato contesto di produzione di rifiuti promiscui e nella logica di una determinazione forfettaria della tassa, quel contrappeso rivendicato dalla contribuente, sottraendo dall’importo dell’imposizione fiscale (nella misura massima dell’80%, percentuale questa come detto – non contestata) il costo sostenuto per lo smaltimento ( scilicet: avvio a recupero) dei rifiuti, così ponendosi in linea con l’esigenza di prevenire e ridurre l’impatto sull’ambiente di tali rifiuti ed assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente, nonchè garantire il funzionamento del mercato ed evitare l’insorgere di ostacoli agli scambi, nonchè distorsioni e restrizioni alla
concorrenza” ai sensi della direttiva 94/62/CE (art. 34, comma 1). (cfr., in arg., Cass., Sez. T., 10 aprile 2019, n. 10014 cit.).
Con riguardo, infine, alla compatibilità della disciplina in tema di rifiuti con il principio di derivazione comunitaria del ” chi inquina paga “, va ricordato che questa Corte:
« ha già affermato (Cass. civ. sez. V n. 28676/2018; Cass. civ. sez. V. n. 2202/2011), che: “in tema di TARSU, la disciplina contenuta nel D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 sulla individuazione dei presupposti della tassa e sui criteri per la sua quantificazione non contrasta con il principio comunitario “chi inquina paga”, sia perché è consentita la quantificazione del costo di smaltimento sulla base della superficie dell’immobile posseduto, sia perché la detta disciplina non fa applicazione di regimi presuntivi che non consentano un’ampia prova contraria, ma contiene previsioni (v. artt. 65 e 66) che commisurano la tassa ad una serie di presupposti variabili o a particolari condizioni” ;
ha altresì precisato che “Tali pronunce hanno preso in esame, ritenendoli dirimenti in ordine all’esclusione della violazione del principio in esame, le sentenze CGUE 24.6.08 in causa C-188/07 e 16.7.09 in causa C254/08 (…)” e che “nella valutazione di conformità della disciplina nazionale al principio evincibile dall’art. 15 lett. a), della direttiva 2006/12 (già desumibile dall’art. 11 della direttiva 75/442), la CGUE ha affermato che (…) “in definitiva, “il metodo di calcolo basato sulla superficie di immobile posseduto non è, di per sé, contrario al principio “chi inquina paga” recepito dall’art. 11 della direttiva 75/442″” (così Cass. Sez. V, 3 dicembre 2019, n. 31461 e nello stesso senso, da ultimo; Cass., Sez. VI/T, 23 maggio 2022, n. 16556, nonché Cass., Sez. T. 4 maggio 2023, n. 11717)» (così Cass., Sez. T, 2 agosto 2023, n. 23584).
12.3. Anche con riferimento alla richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione va ribadito che tale strumento « presuppone il dubbio interpretativo su una norma comunitaria, che non ricorre allorchè l’interpretazione sia autoevidente oppure il senso della norma sia già stato chiarito da precedenti pronunce della Corte, non rilevando, pertanto, il profilo applicativo di fatto, che è rimesso al giudice
nazionale a meno che non involga un’interpretazione generale ed astratta “(Cass. n. 15041 del 2017). Nella specie, i principi enunciati dalla Corte e la piana lettura delle norme non giustificano dubbi interpretativi tali da determinare il rinvio ai sensi dell’art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia Europea » (così, Cass., Sez. T., 15 gennaio 2019, n. 703).
Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e di liquidano nella misura indicata in dispositivo.
Va, infine, dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida a favore del RAGIONE_SOCIALE di Bentivoglio nella misura di 2.500,00 € per competenze, oltre accessori e 200,00 € di spese vive.
Dà dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 febbraio 2024.