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Esenzione Tarsu per enti religiosi: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un ente religioso che chiedeva l’annullamento di un avviso di accertamento per la Tarsu. La sentenza stabilisce che l’esenzione Tarsu per enti religiosi è applicabile solo ai locali specificamente destinati al culto e non produttivi di rifiuti, con l’onere della prova a carico del contribuente. Inoltre, ha confermato la validità dell’atto emesso da un raggruppamento di imprese, anche se una società svolgeva attività di supporto senza essere iscritta all’albo specifico, e ha ribadito la legittimità della motivazione ‘per relationem’ se l’atto richiamato è già noto al contribuente.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione Tarsu per enti religiosi: la Cassazione fissa i paletti

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande interesse: l’esenzione Tarsu per enti religiosi. La decisione chiarisce in modo netto i presupposti per beneficiare dell’agevolazione fiscale e affronta importanti questioni procedurali relative alla legittimità degli atti di accertamento emessi da Raggruppamenti Temporanei di Imprese (RTI). Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere i limiti dell’esenzione e gli oneri probatori a carico dei contribuenti.

I Fatti di Causa

Un noto monastero si era visto recapitare un avviso di accertamento relativo alla Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) per l’anno 2012. Ritenendo di aver diritto all’esenzione in quanto ente di culto, aveva impugnato l’atto davanti alla Commissione Tributaria. La Commissione Tributaria Regionale, tuttavia, aveva dato ragione all’ente riscossore, riformando la decisione di primo grado. Secondo i giudici d’appello, l’esenzione non poteva essere concessa poiché una successiva disposizione regolamentare più favorevole non era applicabile retroattivamente e, soprattutto, l’ente religioso non aveva fornito prova sufficiente che le superfici tassate fossero esclusivamente destinate al culto e non anche ad altre attività, come l’alloggio dei religiosi.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’ente religioso ha portato il caso davanti alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su tre motivi principali:
1. Violazione di legge sull’esenzione: Sosteneva che l’intero immobile, in quanto ‘luogo integralmente di clausura’, dovesse essere considerato luogo di culto e quindi beneficiare dell’esenzione, anche alla luce di una successiva e più chiara normativa regolamentare.
2. Nullità dell’atto per difetto di requisiti del riscossore: Contestava la validità dell’accertamento perché una delle società facenti parte del Raggruppamento Temporaneo di Imprese incaricato della riscossione era priva dell’iscrizione all’apposito Albo ministeriale, requisito ritenuto indispensabile per legge.
3. Nullità per difetto di motivazione: Lamentava che l’avviso di accertamento fosse nullo perché si limitava a richiamare un precedente avviso bonario di pagamento senza allegarlo né riprodurne il contenuto essenziale.

L’Esenzione Tarsu per enti religiosi e l’onere della prova

La Corte ha respinto il primo motivo, chiarendo un principio fondamentale: l’esenzione Tarsu per enti religiosi non è automatica né estesa a tutto il complesso immobiliare. Essa è strettamente legata al principio comunitario ‘chi inquina paga’ e si applica solo a quei locali che, per loro natura e uso specifico, sono ‘incapaci di produrre rifiuti’. L’esenzione è limitata ai luoghi strettamente destinati all’esercizio del culto (es. la chiesa, la cappella), escludendo aree destinate ad altre funzioni, come gli alloggi o le attività connesse. La Corte ha sottolineato che l’onere di provare la sussistenza di tali condizioni grava interamente sul contribuente, che deve dimostrare in modo specifico quali superfici siano effettivamente e unicamente adibite al culto. Una generica affermazione, come quella di essere un ‘luogo di clausura’, non è sufficiente.

La legittimità del Raggruppamento di Imprese nella riscossione

Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Cassazione ha svolto un’approfondita analisi sulla disciplina dei Raggruppamenti Temporanei di Imprese (RTI) negli appalti pubblici. Ha chiarito che, nel contesto di un RTI ‘verticale’ o ‘misto’, è necessario distinguere tra attività principali (accertamento e riscossione) e attività secondarie (di supporto). Nel caso di specie, la società non iscritta all’Albo svolgeva compiti meramente complementari e di supporto, mentre le attività principali erano affidate alle società in possesso dei requisiti. La Corte ha stabilito che, secondo la normativa applicabile all’epoca dei fatti (ratione temporis), il requisito soggettivo dell’iscrizione all’Albo non era richiesto per le imprese che svolgevano unicamente attività secondarie. Tale interpretazione è peraltro coerente con il diritto dell’Unione Europea, che consente a un operatore economico di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti all’interno di un raggruppamento per svolgere compiti specifici.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso. Sull’esenzione Tarsu per enti religiosi, ha ribadito la sua interpretazione restrittiva, legandola alla concreta capacità di produrre rifiuti e ponendo in capo all’ente l’onere di una prova puntuale e specifica, che nel caso in esame è mancata. Per quanto riguarda la legittimità dell’agente della riscossione, la Corte ha valorizzato la distinzione tra prestazioni principali e secondarie all’interno di un RTI, concludendo che il requisito dell’iscrizione all’Albo è richiesto solo per le imprese che svolgono effettivamente le funzioni di accertamento e riscossione, non per quelle con compiti di mero supporto, almeno secondo la normativa vigente all’epoca. Infine, sul difetto di motivazione, la Corte ha ritenuto il motivo manifestamente infondato. Ha applicato il consolidato principio secondo cui la motivazione per relationem è pienamente valida quando l’atto richiamato (in questo caso, l’avviso bonario) sia stato precedentemente e ritualmente notificato al contribuente, il quale ne ha quindi già ‘integrale e legale conoscenza’. Non è pertanto necessaria una nuova allegazione.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre tre importanti conclusioni pratiche. In primo luogo, gli enti religiosi che intendono beneficiare di esenzioni sui tributi locali devono essere pronti a fornire una prova rigorosa e dettagliata dell’uso esclusivo dei locali per finalità di culto e della loro inidoneità a produrre rifiuti. In secondo luogo, la validità degli atti emessi da RTI dipende dalla corretta ripartizione dei ruoli: i requisiti soggettivi stringenti, come l’iscrizione ad albi speciali, sono richiesti solo per chi svolge le attività principali oggetto dell’appalto. Infine, viene confermata la legittimità della prassi della motivazione per relationem, a condizione che il contribuente sia già stato messo in condizione di conoscere l’atto richiamato, semplificando l’azione amministrativa ma garantendo comunque il diritto di difesa.

Un ente religioso è automaticamente esente dal pagamento della tassa sui rifiuti (Tarsu) per tutti i suoi immobili?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’esenzione si applica solo ed esclusivamente alle aree specificamente destinate all’esercizio del culto che siano provatamente incapaci di produrre rifiuti. L’onere di fornire questa prova dettagliata ricade interamente sull’ente contribuente.

Un atto di accertamento fiscale è nullo se una delle società del raggruppamento incaricato della riscossione non è iscritta all’albo specifico?
Non necessariamente. Secondo la sentenza, se la società non iscritta svolge unicamente attività secondarie e di supporto, e non le attività principali di accertamento e riscossione, l’atto impositivo resta valido, in quanto i requisiti soggettivi specifici devono essere posseduti solo dalle imprese che eseguono le prestazioni principali.

È valido un avviso di accertamento che motiva le sue ragioni rinviando a un altro atto non allegato?
Sì, la motivazione ‘per relationem’ è considerata valida se il documento a cui si fa rinvio è stato già legalmente notificato al contribuente in precedenza. In tal caso, non è necessario allegarlo nuovamente, poiché si presume che il destinatario ne abbia già piena conoscenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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