Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13415 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 13415 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 15/05/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15642/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COMUNE DI RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. LIGURIA n. 2204/2016 depositata il 15/12/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.L’Associazione versava l’importo per la Tarsu annualità 2013 pretesa dal RAGIONE_SOCIALE per una superficie di 105 mq anziché di mq 68. Successivamente, in data 7 settembre 2013 l’associazione chiedeva il rimborso per quanto pagato in eccesso, che l’amministrazione comunale negava sul rilievo che le superfici per mq63 non erano destinate a culto. L’ente impugnava il diniego, deducendo che i locali oggetto di tassazione sono adibiti al culto o sono locali tecnici, ed in quanto tali beneficiano della esenzione prevista dal Regolamento comunale in materia di Tarsu; eccepiva altresì che la tariffa applicata era impropria in quanto relativa a caserme e case di reclusione.
Il ricorso veniva accolto in primo grado.
Il RAGIONE_SOCIALE Azzurro proponeva appello, che la Commissione tributaria regionale della Liguria accoglieva, sul rilievo che l’esenzione spettava solo per il locale più grande ma non anche per i locali indicati in planimetria come secondari, attesa la natura promiscua della destinazione, tenuto conto della classificazione attribuita in virtù della pratica edilizia.
La contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione affidandosi a sei motivi. Non si è costituito il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Azzurro.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione egli artt. 62, comma 2, d.lgs. 30 dicembre 1993, n. 504, 9, comma 2, lett. e del regolamento Tarsu, degli artt. 6,9,11 e
14 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, nonché degli artt.3, 8, 19,20 della Costituzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod.proc.civ.
La ricorrente deduce che non sono consentiti trattamenti discriminatori nei confronti delle religioni diverse da quella cattolica e pertanto sono vietate speciali limitazioni o speciali gravami fiscali per le confessioni religiose e ciò a prescindere dalla circostanza che abbiano o meno stipulato un’intesa. In particolare, poi, assume che i giudici di merito non avrebbero giustificato l’esclusione della esenzione per la restante superficie.
2.- Con il secondo mezzo di ricorso, si denuncia la violazione dell’art. 132, primo e quarto comma, c.p.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c. per motivazione apparente, avendo il giudicante fondato la statuizione sul presupposto che i locali hanno una destinazione promiscua, trascurando del tutto di esplicitare le ragioni del suo convincimento, se non basandosi sulla categoria catastale attribuita al fabbricato in occasione della pratica edilizia presentata nell’anno 2003, ancorchè l’associazione avesse dedotto nel ricorso che la categoria catastale da prendere in considerazione era individuata nella concessione edilizia del 2007.
Con il terzo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 62 e 67 del D.lgs. 507 del 1993 nonché dell’articolo 9, comma 2, lett c) del regolamento Tarsu approvato con delibera di C.C. n. 52 del 28.09.1995. Deduce che il RAGIONE_SOCIALE nel suo regolamento Tarsu prevede l’esenzione dalla tassa per gli edifici adibiti al culto, in particolare per la parte dei locali strettamente connessi all’esercizio del culto, senza specificarne l’estensione o prevedere requisiti di prevalenza, stabilendo solo
Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c.
applicazione degli artt. 62 e 73 del D.lgs. 507 del 1993 nonché dell’articolo 9, comma 2, lett e) del regolamento Tarsu approvato con delibera di C.C. n. 52 del 28.09.1995; per avere il decidente attribuito alla definizione di data dalla medesima associazione ai locali di più modeste dimensione nella denuncia di variazione con allegata planimetria del 22.03.2012 il significato di un uso promiscuo, contraddicendo la dichiarazione dell’appuntato dei carabinieri e le risultanze delle foto allegate da cui era agevolmente inferibile che i locali cd. secondari avevano le medesime caratteristiche di quelli principali in quanto destinati al culto.
5.Con il quinto motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c p.c. per avere il giudicante fondato la sua decisione su .
Si obietta che sia dalla denuncia di variazione citata che dalla certificazione di agibilità del 19.03.2007 si evince che l’immobile era accatastato in cat. E/7, mentre i giudici territoriali hanno valorizzato la categoria attribuita all’edificio in corso d’opera nell’anno 2003 e non hanno tenuto in debito conto il riconoscimento operato dal medesimo ente locale che alla pagina 5 delle controdeduzioni ha evidenziato che la destinazione del locale caldaia è stata individuata solo successivamente alla presentazione della denuncia di variazione trasmessa in data 22.03.2012
6.Il primo motivo non coglie la ratio decidendi della pronuncia impugnata, atteso che l’esenzione dalla imposta non è stata negata interpretando la norma nel senso della sua applicazione alle sole comunità religiose che hanno stipulato un’intesa ai sensi dell’art. 8 comma 3 della Costituzione; bensì sulla base dell’uso promiscuo dei locali secondari.
La seconda censura è destituita di fondamento, atteso che non consta un’apparenza motivazionale, bensì un percorso
argomentativo che ben lascia cogliere la ratio decidendi in punto di esclusione dell’esonero dalla tassazione in ragione dell’uso promiscuo dei locali. Il percorso argomentativo è comprensibile e intellegibile. Come chiarito ancor di recente da questa Corte ‘In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico- giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito’ (v. Cass. 3819 del 2020). È stato messo, inoltre, in evidenza dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016) che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”.
Nel caso in esame, la CTR ha ritenuto che la definizione quale attribuita dall’ente a taluni locali, rispetto a quelli destinati al culto, li escludesse in quanto non strettamente connessi all’esercizio del culto, individuando nella nozione di la natura promiscua dell’uso, in virtù della categoria catastale attribuita dall’ente in occasione della pratica edilizia, ancorchè esclusi dalla contribuente dalla tassazione.
8. La terza e la quarta doglianza, con le quali si denuncia la violazione degli art. 62, 68 e 73 del d.lgs. 507/93 nonché dell’art. 9 del regolamento comunale non superano il vaglio di ammissibilità.
8.1. Nella presente fattispecie, si critica la valutazione del giudice come violazione degli artt. 62 e 73 d.lgs 504/93, norme che concernono l’intassabilità dei luoghi che per natura e che per destinazione non sono produttivi di rifiuti, tra i quali non sono individuabili i luoghi di culto, atteso che, diversamente da quanto disposto in materia di IMU e TASI, per il prelievo sui rifiuti, in assenza di espressa previsione contenuta nel Regolamento Comunale, la normativa nazionale non prevede esenzioni per i fabbricati (e loro pertinenze) destinati esclusivamente al culto.
L’unica violazione censurabile è data dall’art. 9 del regolamento comunale che prevede l’esenzione per i luoghi di culto; tuttavia, nel caso in esame, non è in discussione l’esenzione, ma la destinazione dei locali secondari alle attività di culto, valutazione che attinge al merito della questione non sindacabile in sede di legittimità.
8.2.Delineando l’ambito di esclusione dalla soggezione alla T.A.R.S.U., l’art. 62, comma 2, del d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507 dispone che: «2. Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione». Ancora, l’art. 68, comma 1 e comma 2, del d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507 stabilisce che: «1. 8.3.Per l’applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito regolamento che deve contenere: a) la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria; b) le modalità di applicazione dei parametri 4 di cui all’art. 65; c) la graduazione delle tariffe ridotte per particolari condizioni di uso di cui all’art. 66, commi 3 e 4; d) la individuazione delle fattispecie agevolative, delle relative condizioni e modalità di
richiesta documentata e delle cause di decadenza. 2. L’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione: a) locali ed aree adibiti a musei, archivi, biblioteche, ad attività di istituzioni culturali, politiche e religiose, sale teatrali e cinematografiche, scuole pubbliche e private, palestre, autonomi depositi di stoccaggio e depositi di macchine e materiale militari;(…)>>.,
8.3.L’art. 67 del d.lgs 504/1993 prevede che .
8.4.In attuazione di tale criterio, l’art. 9 del regolamento comunale per l’applicazione della T.A.R.S.U. ha disposto che: .
8.5.Assume la ricorrente di aver indicato con denuncia di variazione del 22 marzo 2012 le superfici tassabili corredandola da puntuale planimetria, allegando, nel giudizio di merito, una dichiarazione di un militare, tutti elementi probatori che non sarebbero stati valorizzati dal giudice di merito che ha valutato solo planimetria allegata alla pratica edilizia del 2003.
8.6. Tuttavia, in tema di scrutinio del ragionamento probatorio seguito dal giudice di merito, l’errore di valutazione nell’apprezzamento dell’idoneità dimostrativa del mezzo di prova non è sindacabile in sede di legittimità se non si
traduce in un vizio di motivazione costituzionalmente rilevante, (Cass. del 21/12/2022; Cass. ; Cass.
n. ).
8.7. Il giudice di merito nell’esprimere in sentenza il risultato della prova, è chiamato a selezionare da ogni elemento o mezzo di prova, ritualmente assunto, uno specifico contenuto informativo che, alla luce delle informazioni desunte dagli altri elementi e mezzi disponibili, utilizzerà nel comporre il ragionamento probatorio, in cui si articola la decisione. Orbene, è indubbio che l’attività di selezione di un dato informativo tra tutti i dati informativi astrattamente desumibili da un elemento o da un mezzo di prova, in quanto espressione del prudente apprezzamento del giudice di merito, è attività riconducibile in via esclusiva al sindacato del giudice di merito ed è estranea al sindacato della Corte di legittimità, con la conseguenza che non è denunciabile come vizio della decisione di merito. Parimenti indubbio è che la parte interessata non può più, una volta esaurito il corso dei giudizi di merito, ridiscutere in sede di legittimità le modalità attraverso le quali il giudice di merito ha valutato, dopo averlo selezionato, il materiale probatorio ai fini della ricostruzione dei fatti di causa. Tuttavia, in sede di legittimità, la parte interessata – oltre a poter denunciare l’omesso esame (da parte del giudice di merito) di specifici fatti (di ordine principale o secondario e comunque di carattere decisivo), che siano stati oggetto di contraddittorio processuale – può denunciare l’inesistenza di una informazione probatoria, che, proprio perché inesistente, illegittimamente è stata posta a fondamento della decisione di merito.
9.Aggiungasi che la omessa trascrizione o allegazione della denuncia di variazione e relativa planimetria rende il motivo inammissibile per difetto di autosufficienza ex art. 366 c.p.c.; il contenuto dei documenti su cui le doglianze sono fondate -documenti di cui non è indicato il contenuto (v. Cass. n.
28284/2020) -è indispensabile alla disamina delle censure articolate col motivo in parola, essendosi dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9 del regolamento comunale.
10. Parimenti inammissibile è il quinto mezzo di ricorso.
Per le considerazioni sopra esposte anche detto motivo rimette in discussione il potere valutativo delle prove del giudice di merito che ha valorizzato la pratica edilizia in cui si indicavano i locali che, ad avviso del RAGIONE_SOCIALE e della medesima CTR, in quanto luoghi secondari non erano destinati esclusivamente al culto.
Il nucleo centrale del motivo proposto dall’ente, infatti, concerne la fattispecie concreta oggetto di ricognizione da parte del giudice d’appello, mentre in rubrica si lamenta la violazione delle norme deputate a disciplinarne gli effetti giuridici, secondo quanto effettivamente voluto dalle parti, assumendosi che il giudicante avrebbe erroneamente valutato le prove allegate dalle parti.
Una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione” (Cass. n. 27000/2016; Cass. n. 1229/2019). Detta impostazione è stata ulteriormente cesellata dalla successiva Cass., Sez. Un., n. 20867/2020, da cui sono stati tratti due specifici principi: 1) (Rv. 659037 -01) “In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione
prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.”; e 2) (Rv. 659037 -02) “In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione”.
Orbene, la Corte – anche al netto di talune perduranti oscillazioni giurisprudenziali (v. ad es., Cass. n. 27847/2021) – ritiene di dover dare continuità a detto orientamento.
L’ultima censura denuncia l’omesso esame della denuncia di variazione e relativa planimetria.
In particolare, la ricorrente assume che dalla planimetria (e non dalla denuncia di variazione) si evincerebbe che i locali esclusi dalla tassazione sono il luogo di culto principale e quelli secondari oltre ad un locale caldaia.
11.1.In disparte la circostanza che il locale caldaia non è esente da tassazione, in quanto locale idoneo a produrre rifiuti, si reiterano le considerazioni sopra esposte in merito al difetto di autosufficienza del motivo per l’omessa trascrizione o allegazione dei due documenti di cui si lamenta il mancato esame valutativo.
11.2. E’ indubbio che l’attività di selezione di un dato informativo tra tutti i dati informativi astrattamente desumibili da un elemento o da un mezzo di prova, in quanto espressione del prudente apprezzamento del giudice di merito, è attività riconducibile in via esclusiva al sindacato del giudice di merito ed è estranea al sindacato della Corte di legittimità, con la conseguenza che non è denunciabile come vizio della decisione di merito. Parimenti indubbio è che la parte interessata non può più, una volta esaurito il corso dei giudizi di merito, ridiscutere in sede di legittimità le modalità attraverso le quali il giudice di merito ha valutato, dopo averlo selezionato, il materiale probatorio ai fini della ricostruzione dei fatti di causa.
11.3.Tuttavia, in sede di legittimità, la parte interessata può denunciare l’omesso esame (da parte del giudice di merito) di specifici fatti (di ordine principale o secondario e comunque di carattere decisivo), che siano stati oggetto di contraddittorio processuale.
11.4. Anche per detta censura, si osserva che .( S.U. n. 8077/2012; Cass. del 01/03/2022; del 19/04/2022). 12.Il ricorso va dunque respinto.
Non vi è luogo per provvedere alle spese di lite, stante la mancata esplicazione di attività difensiva del RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte
-rigetta il ricorso;
Si dà atto ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della legge n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione