Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22012 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 22012 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 31/07/2025
Tarsu Tia Tares Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26751/2020 R.G. proposto da Monastero Santa Maria in Gerusalemme delle Clarisse Cappuccine dette ‘ Le T rentatré’ (94093360637), in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente – contro
Raggruppamento Temporaneo di Imprese tra Agenzia delle EntrateRiscossione (11210661002), Ge.RAGIONE_SOCIALE (05946940631) e RAGIONE_SOCIALE (03408010639), in persona del Responsabile della Gestione e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, dott.
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 218/19/2020, depositata il 7 gennaio 2020, della Commissione tributaria regionale della Campania; Udita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 22 gennaio 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che la
Corte accolga il secondo motivo di ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 218/19/2020, depositata il 7 gennaio 2020, la Commissione tributaria regionale della Campania ha accolto l’appello proposto dal Raggruppamento Temporaneo di Imprese tra Agenzia delle Entrate-Riscossione, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE così pronunciando in riforma della decisione di prime cure che aveva accolto l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso in relazione alla TARSU dovuta dalla contribuente per gli anni 2011 e 2012.
1.1 -A fondamento del decisum , il giudice del gravame ha rilevato che:
diversamente da quanto statuito dal giudice del primo grado di giudizio, doveva ritenersi irrilevante che del raggruppamento temporaneo di imprese facesse parte la RAGIONE_SOCIALE – che era sprovvista del requisito soggettivo costituito dall’iscrizione all’ Albo per l’accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali (d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 53) -perché detto requisito andava ascritto alle imprese raggruppate che avevano svolto «le attività principali di accertamento e di riscossione» dei tributi, laddove alla «RAGIONE_SOCIALE risultano affidati compiti e servizi meramente
complementari», e «non risultando né allegato, né documentato, che l’avviso impugnato sia riferibile alla suddetta RAGIONE_SOCIALE»;
a fronte di quanto dedotto dal contribuente, in ordine alla destinazione delle superfici sottoposte a tassazione «al culto ed alla preghiera», risultava che «l’immobile in contestazione si compone anche di ambienti destinati ad alloggio delle religiose ed alla vita di comunità (stanze, refettorio, servizi, cucina ed altro), per i quali l’esenzione tributaria non trova giustificazione in nessuna norma di legge»;
in relazione alla disposizione di cui al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, ed a quella regolamentare ratione temporis vigente, doveva escludersi ogni equiparazione ai locali destinati al culto di quelli diversamente «destinati all’alloggio ed alla clausura delle Suore Clarisse Cappuccine» così venendo in rilievo «ambienti destinati alla normale vita quotidiana delle religiose sono idonei a produrre rifiuti».
-Il Monastero Santa Maria in Gerusalemme delle Clarisse Cappuccine dette ‘Le Trentatré’ ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi.
Il Raggruppamento Temporaneo di Imprese tra Agenzia delle Entrate-Riscossione, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, ed ha depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– In via preliminare di rito, deve ribadirsi il principio di diritto secondo il quale, in tema di rappresentanza processuale, l’art. 1, comma 8, del d.l. n.193 del 2016, conv. con modif. dalla l. n. 225 del 2016, ed il Protocollo 22 giugno 2017, intervenuto tra l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) e l’Avvocatura generale dello Stato, non sono applicabili rispetto ad un raggruppamento temporaneo di imprese di tipo misto, con RAGIONE_SOCIALE quale mandataria, quando la procura ad litem
al difensore viene rilasciata, previa autorizzazione della stessa AdEr, dal legale rappresentante di una impresa mandante, atteso che il potere di rappresentanza, anche processuale, spetta alla mandataria esclusivamente nei confronti della stazione appaltante e per le operazioni e gli atti dipendenti dall’appalto, ma non si estende anche nei confronti dei terzi estranei a quel rapporto, quale nella specie la contribuente (Cass., 2 ottobre 2024, n. 25925).
2. -Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 11 delle disp. prel. cod. civ., al regolamento Tari del Comune di Napoli approvato con delibera consiliare n. 17, del 30 marzo 2017, ed al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, artt. 62, comma 1, 65 e 68.
Si assume, quindi, che -pur dovendosi ritenere consentita, anche alla luce delle disposizioni statutarie (l. 27 luglio 2000, n. 212), la retroattività di disposizioni di natura interpretativa e, ad ogni modo, un’interpretazione evolutiva che tenga conto della «evoluzione normativa emanata dallo stesso Ente impositore, nell’identica (o quanto meno analoga) materia» – nella sostanza, la disposizione regolamentare sopravvenuta altro non contemplava se non una mera specificazione casistica (secondo esemplificazione) delle nozioni di «luoghi di culto», e di «luoghi strettamente connessi ai luoghi di culto», esemplificazione che, pertanto, doveva ritenersi suscettibile di applicazione al di là della specifica disposizione regolamentare introdotta che, peraltro, nemmeno contemplava una qualche disciplina transitoria.
Soggiunge il ricorrente che, nella fattispecie, veniva in considerazione «un luogo integralmente di clausura» da intendersi quale luogo di culto in senso proprio cui, peraltro, un precedente di
legittimità aveva finito col ricondurre l’esenzione prevista in tema di ICI.
2.1 -Il motivo di ricorso -che pur prospetta profili di inammissibilità -è destituito di fondamento, e va senz’altro disatteso.
2.2 -Rileva, innanzitutto, la Corte che, al fondo delle questioni di diritto poste dal motivo di ricorso, si rinviene la deduzione inerente alla destinazione funzionale delle superfici sottoposte a tassazione, deduzione che non reca alcuna esplicitazione delle connotazioni tipologiche del bene («un luogo integralmente di clausura») e che intercetta l’accertamento in fatto del giudice del gravame che, come anticipato, ha rilevato che «l’immobile in contestazione si compone anche di ambienti destinati ad alloggio delle religiose ed alla vita di comunità (stanze, refettorio, servizi, cucina ed altro), per i quali l’esenzione tributaria non trova giustificazione in nessuna norma di legge», trattandosi dunque di «ambienti destinati alla normale vita quotidiana delle religiose sono idonei a produrre rifiuti».
Il rilievo in questione -che già rende ex se evidente come, sotto il velo della censura di violazione di legge, si solleciti un riesame delle conclusioni cui il giudice del gravame è pervenuto in completa anomia di riferimenti alla effettiva destinazione funzionale del bene sottoposto a tassazione -deve, poi, essere coniugato coi condivisibili arresti cui la Corte è pervenuta in tema di Tarsu, essendosi statuito che:
i Comuni, nel rispetto (imprescindibile) del principio comunitario «chi inquina paga» – «sicché non potrebbe trovare spazio una norma regolamentare che esenti dal pagamento della Tarsu locali che sono invece idonei alla produzione dei rifiuti» – possono prevedere (sulla base del combinato disposto di cui al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, artt. 62, comma 2, e 70) «che gli edifici adibiti a culto religioso siano esenti dal pagamento di imposta e come tali indicati nella denuncia o nella successiva variazione, non essendo sufficiente la mera
classificazione catastale, né, se il contribuente non assolve all’onere di preventiva informazione tramite denuncia, la circostanza della destinazione a culto può essere fatta valere nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo» (Cass., 23 maggio 2022, n. 16645);
– la disposizione di cui alla l. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16 (alla cui stregua «… si considerano comunque …. attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana») ha natura programmatica e -diversamente da quanto avvenuto con riferimento all’ICI , secondo disposizioni di stretta interpretazione e, con ciò, non suscettibili di interpretazione estensiva del loro àmbito applicativo -non ha trovato applicazione a riguardo della TARSU (Cass., 21 giugno 2017, n. 15407; Cass., 31 maggio 2017, n. 13740; Cass., 14 marzo 2012, n. 4027; v. altresì, tra le stesse parti, Cass., 7 dicembre 2021, n. 38984).
2.3 -Per di più, va soggiunto, dell’evocata disposizione regolamentare viene riprodotta una sola frazione del contenuto precettivo (« … i locali destinati al culto, intendendosi per tali anche quelli strettamente con-nessi alle attività di culto (es. cori, cantorie, narteci, sacrestie, aree di clausura) …», così che la Corte nemmeno viene posta nella condizione di verificarne la legittimità (alla stregua del più complessivo contesto regolativo) ed in relazione al presupposto normativo dell’esenzione (da interpretare secondo un contenuto conforme al cennato principio comunitario), presupposto che, come anticipato, e ben rilevato nella gravata sentenza, si correla a locali e aree «che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e
debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione» (art. 62, comma 2, cit.; v. altresì, tra le spesse parti, Cass., 5 novembre 2021 n. 32001).
3. -Il secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.m. 11 settembre 2000, n. 289, art. 2, comma 2, ed alla determina dell’Ente RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE del 3 agosto 2018, deducendo il ricorrente che -tenuto conto degli orientamenti emersi in via di prassi (delibera ANAC n. 498 del 10 maggio 2017), e nella stessa giurisprudenza amministrativa, illegittimamente il giudice del gravame aveva ritenuto irrilevante la mancata iscrizione di RAGIONE_SOCIALE nell’Albo per l’accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali (d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 53), atteso che dal difetto di un siffatto requisito soggettivo avrebbe dovuto ritenersi conseguire la nullità dell’atto impositivo in quanto emesso da un Raggruppamento Temporaneo di Imprese «composto anche da soggetti privi degli imprescindibili requisiti di legge», tenuto (anche) conto della citata determina con la quale era stata soppressa dalla convenzione di concessione « … l’attività di riscossione coattiva della TARSU per gli anni 2010, 2011 e 2012 …» .
-Nemmeno questo motivo può trovare accoglimento.
4.1 -Occorre premettere che il fondo della questione esaminata dalla gravata sentenza ha natura ancipite in quanto può porsi -con riferimento al legittimo esercizio del potere impositivo -sotto un duplice profilo ed a riguardo, innanzitutto, della illegittimità di una concessione operata in difetto di specifico requisito di legge e, pertanto, suscettibile di disapplicazione da parte del giudice tributario; come ripetutamente rilevato dalla Corte, difatti, il potere-dovere del giudice tributario di disapplicare gli atti amministrativi costituenti il presupposto dell’imposizione – potere che è espressione del principio
generale, di cui alla l. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, allegato E, dettato dall’interesse, di rilevanza pubblicistica, all’applicazione in giudizio di tali atti solo se legittimi (d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, comma 3) -può essere esercitato, anche d’ufficio, indipendentemente dall’avvenuta impugnazione dell’atto avanti al giudice amministrativo – posto che il potere in questione non è escluso dalla inoppugnabilità del provvedimento che concerne la tutela degli interessi legittimi e non quella dei diritti soggettivi (v. Cass., 23 maggio 2019, n. 14039; Cass., 15 febbraio 2007, n. 3390; Cass. Sez. U., 22 marzo 2006, n. 6265; Cass., 18 agosto 2004, n. 16175; Cass., 11 maggio 2002, n. 6801) e sempreché la legittimità dell’atto non sia stata affermata dal giudice amministrativo nel contraddittorio delle parti e con autorità di giudicato (Cass., 23 maggio 2019, n. 14039, cit.; Cass., 2 aprile 2015, n. 6788; Cass. Sez. U., 2 dicembre 2008, n. 28535; Cass., 15 febbraio 2007, n. 3390, cit.; Cass. Sez. U., 22 marzo 2006, n. 6265, cit.).
Sotto distinto profilo, poi, il difetto di potere impositivo può rimanere correlato al suo concreto esercizio in quanto riconducibile -posta la legittimità del provvedimento concessorio secondo la concreta articolazione della lex specialis della gara -a soggetto che ne risulti sprovvisto siccome violati gli stessi limiti dell’attività assentita in concessione.
4.2 -Per quel che qui rileva, il d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 ( ratione temporis ) disponeva nei seguenti termini:
-«……..
I regolamenti, per quanto attiene all’accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate, sono informati ai seguenti criteri:
……..
b) qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, a:
i soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53, comma 1; ……………» ;
«Presso il Ministero delle finanze è istituito l’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni» (art. 53, comma 1; v., altresì, il d.m. 11 settembre 2000, n. 289 recante il relativo regolamento).
4.3 -La Corte ha già avuto modo di rilevare che:
la disciplina del Raggruppamento Temporaneo di Imprese portata dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 37 (v. poi, negli stessi sostanziali termini, il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 48) distingue due tipi di raggruppamento, quello orizzontale (quando, per i servizi e le forniture tutte le imprese riunite eseguono la medesima prestazione) e quello verticale (quando, invece, per i servizi e le forniture, la mandataria esegue la prestazione principale e le mandanti eseguono le prestazioni secondarie), essendo, inoltre, consentito anche il raggruppamento c.d. misto, che è un raggruppamento verticale in cui l’esecuzione delle singole prestazioni (per i servizi e le forniture) viene assunta da subassociazioni di tipo orizzontale;
«come ribadito anche dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. St. nn. 435/2005, 2294/2002, 2580/2002), in via generale, in caso di partecipazione alla gara – indetta per l’aggiudicazione di appalto di servizi – di imprese riunite in raggruppamento temporaneo, come nel caso di specie, occorre distinguere nettamente fra i requisiti tecnici di carattere oggettivo (afferenti in via immediata alla qualità del
prodotto o servizio che vanno accertati mediante sommatoria di quelli posseduti dalle singole imprese), dai requisiti di carattere soggettivo (che devono essere posseduti singolarmente da ciascuna associata), tanto che può verificarsi l’ipotesi di concorrente che, sebbene fornito di tutti i requisiti di qualificazione, non sia in grado di offrire uno specifico servizio per la cui erogazione avrebbe, in astratto, tutti i titoli in termini di capacità organizzativa, di controllo e di serietà imprenditoriale»;
«secondo un principio di fondo del sistema, tali certificazioni costituiscono, infatti, un requisito tecnico di carattere soggettivo e devono essere possedute da ciascuna delle imprese associate a meno che non risulti che esse siano incontestabilmente riferite unicamente ad una parte delle prestazioni eseguibili da alcune soltanto delle imprese associate (cfr. Cons. St. nn. 1459/2004, 2569/2002)»;
«più volte, pertanto, è stato ribadito che sul piano sostanziale la certificazione di qualità, diretta a garantire che un’impresa è in grado di svolgere la sua attività almeno secondo un livello minimo di qualità accertato da un organismo a ciò preposto, è un requisito che deve essere posseduto da tutte le imprese chiamate a svolgere prestazioni tra loro fungibili (cfr., ex plurimis , Cons. St., nn. 4668/2006, 2756/2005, 2569/2002, 5517/2001)»;
«il consolidato orientamento del Giudice amministrativo è stato peraltro costantemente condiviso e ribadito, per parte sua, anche dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, ad esempio nel parere precontenzioso n. 254 del 10.12.2008, laddove la medesima Autorità ha chiarito come nei raggruppamenti “il requisito soggettivo” in parola debba essere “posseduto” da tutte le imprese chiamate a svolgere prestazioni tra loro fungibili» (così Cass., 30 novembre 2022, n. 35338 cui adde Cass., 6 dicembre 2024, n. 31391; Cass., 8 giugno 2023, n. 16261).
4.3.1 -Come, allora, ben rilevato dal giudice del gravame, nulla escludeva, nella fattispecie, che l’affidamento dei servizi in questione avvenisse dietro distinzione tra attività principali e attività secondarie (di cd. supporto); e che, per queste ultime, non risultasse necessaria l’iscrizione all’Albo (v. in questo senso v. Cass., 6 dicembre 2024, n. 31391, cit.).
La stessa giurisprudenza amministrativa, difatti, aveva rimarcato anche nella prospettiva della necessaria ricorrenza del requisito dell’iscrizione in un albo speciale (Albo per l’accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali) qual prescritta, ai fini dell’affidamento a terzi dei servizi di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi, dal d.lgs. n. 446 del 1997, art. 53 (Albo disciplinato, poi, dal d.m. 11 settembre 2000, n. 289) – la distinzione tra concessione (in senso proprio) di un pubblico servizio e affidamenti (in convenzione) di attività di supporto (alla gestione, accertamento e riscossione delle entrate tributarie) che, – non comportando «la delega al privato della potestà pubblicistica» (che rimane di pertinenza dell’Ente impositore), – si risolvono in prestazioni (meramente) strumentali rispetto alle quali «il controllo e la responsabilità su tutte le attività di accertamento e riscossione rimane in capo alla stazione appaltante, attraverso l’utilizzo di modelli da questa predisposti, nonché attraverso il controllo e l’assunzione di responsabilità da parte del funzionario responsabile del Comune su tutte le attività svolte dall’aggiudicataria» (così che «il potere tributario resta di pertinenza del Comune» cui fanno capo «la titolarità degli atti e la riscossione delle entrate derivanti dal servizio»; v. Tar Roma, sez. II, 10 maggio 2016, n. 5470; Tar Bari, 24 marzo 2016, n. 424; Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 2015, n. 1999; Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2014, n. 1421).
E, con riferimento alla natura dei Raggruppamenti Temporanei di Imprese, si è, per l’appunto rilevato che (solo) in relazione ad un
affidamento di servizi per il quale la legge di gara non distingue tra prestazioni principali e secondarie, limitandosi ad elencare le attività dedotte in contratto, non può essere ammessa la partecipazione di raggruppamenti temporanei di imprese di tipo “verticale”, con la conseguenza che, potendo operare in tale contesto solo dei raggruppamenti di tipo “orizzontale” (nei quali, “gli operatori economici eseguono il medesimo tipo di prestazione”), i partecipanti alla gara avrebbero dovuto essere in possesso di tutti i requisiti – nessuno escluso – previsti dalla lex specialis per eseguire le prestazioni oggetto dell’appalto, relativamente alle quali assumono indistintamente responsabilità solidale (Consiglio di Stato, sez. V, 7 ottobre 2020, n. 5936; Consiglio di Stato, sez. V, 5 aprile 2019, n. 2243; Consiglio di Stato, sez. V, 7 dicembre 2017, n. 5772).
4.3.2 – Ai fini in discorso, la distinzione tra attività principali e attività secondarie -in tema di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi -deve ritenersi venuta meno, con la conseguente necessità di iscrizione all’Albo previsto dall’art. 53, cit. (in apposita sezione) anche per lo svolgimento di attività di supporto, solo a seguito dell’attuazione della l. 27 dicembre 2019, n. 160, art. 1, comma 805 (secondo il cui disposto «Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo le procedure di cui all’articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le disposizioni generali in ordine alla definizione dei criteri di iscrizione obbligatoria in sezione separata dell’albo di cui al medesimo articolo 53 per i soggetti che svolgono esclusivamente le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate») ad opera
del d.m. 13 aprile 2022, n. 101 (v., difatti, Tar Liguria, sez. I, 15 novembre 2023, n. 935).
5. -D’altra parte, la superfluità dell’iscrizione all’albo ministeriale di imprese associate per l’esclusivo svolgimento di attività secondarie o accessorie rispetto alle attività di accertamento e riscossione dei tributi trova positivo riscontro nella stessa disciplina del diritto unionale.
5.1 – Difatti, in base alle direttive n. 2014/23/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 (sull’aggiudicazione dei contratti di concessione) e n. 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 (sugli appalti pubblici) – di cui il c.d. «codice dei contratti pubblici» costituisce attuazione nel diritto interno -le forme di partecipazione aggregata, caratterizzate dal raggruppamento di persone fisiche, persone giuridiche o enti pubblici, «compresa qualsiasi associazione temporanea di imprese, che offra sul mercato la realizzazione di lavori e/o di un’opera, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi» – forme che il diritto unionale riconduce alla soggettività di un unico «operatore economico» ex art. 5, n. 2, della citata direttiva 2014/23/UE e art. 2, § 1, n. 10), della citata direttiva n. 2014/24/UE -non escludono affatto -quand’anche sia effettivamente riscontrabile una permanente alterità soggettiva tra gli enti a vario titolo coinvolti nell’affidamento e nell’esecuzione del servizio pubblico – la possibilità che un soggetto faccia valere i requisiti, in materia tanto di capacità economica e finanziaria, quanto di capacità tecniche e professionali , propri di altro soggetto, con il quale si correli appunto nell’ambito di un affidamento unitario e coordinato.
Così, l’art. 38 della citata direttiva 2014/23/UE (con riguardo alla «Selezione e valutazione qualitativa dei candidati») stabilisce che, «ove
opportuno e nel caso di una particolare concessione, l’operatore economico può affidarsi alle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica dei suoi rapporti con loro» (§ 2); e che «(s)e un operatore economico vuole fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, deve dimostrare all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore che disporrà delle risorse necessarie per l’intera durata della concessione, per esempio mediante presentazione dell’impegno a tal fine di detti soggetti», fermo restando che «l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore può richiedere che l’operatore economico e i soggetti in questione siano responsabili in solido dell’esecuzione del contratto» (§ 2, cit.).
E tanto in linea con il predicato del precedente art. 26, che, con particolare riguardo ai «raggruppamenti di operatori economici, comprese le associazioni temporanee», dispone nei seguenti termini: «Ove necessario, le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori possono precisare nei documenti di gara le modalità con cui gli operatori economici ottemperano ai requisiti in materia di capacità economica e finanziaria o di capacità tecniche e professionali di cui all’articolo 38, purché ciò sia giustificato da motivazioni obiettive e proporzionate. Gli Stati membri possono stabilire le condizioni generali relative all’ottemperanza a tali modalità da parte degli operatori economici. Eventuali condizioni per l’esecuzione di una concessione da parte di tali gruppi di operatori economici diverse da quelle imposte a singoli partecipanti sono giustificate da motivazioni obiettive e proporzionate» (§ 2).
Analogamente, l’art. 63 della citata direttiva n. 2014/24/UE (con riguardo allo «Affidamento sulle capacità di altri soggetti») prevede che « un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi»; e che «se un
operatore economico vuole fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, dimostra all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno assunto da detti soggetti a tal fine», fermo restando che «se un operatore economico si affida alle capacità di altri soggetti per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria, l’amministrazione aggiudicatrice può esigere che l’operatore economico e i soggetti di cui sopra siano solidalmente responsabili dell’esecuzione del contratto» (§ 1); nonchè che: «le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente stesso o, nel caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici di cui all’articolo 19, paragrafo 2, da un partecipante al raggruppamento» (§ 2).
5.2 – Queste disposizioni sono state interpretate in senso ampio dalla giurisprudenza unionale la quale ha rimarcato che l’art. 63, § 1, della citata direttiva n. 2014/24/UE «conferisce a qualsiasi operatore economico il diritto di fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi, al fine di soddisfare le varie categorie di criteri di selezione elencati all’articolo 58, paragrafo 1, di detta direttiva e riportati nei paragrafi da 2 a 4 di tale articolo» (Corte Giust., 26 gennaio 2023, causa C-403/21, RAGIONE_SOCIALE vs. RAGIONE_SOCIALE, par. 72 – in senso analogo: Corte Giust., 10 ottobre 2013, RAGIONE_SOCIALE vs. Provincia di Fermo, causa C-94/12, §§ 29 e 33; Corte Giust., 7 settembre 2021, causa C-927/19, “Klaipedos regiono atlieku tvarkymo centras” UAB, § 150); nonché che il combinato disposto degli artt. 38, § 1 e 2, e 26, § 2, della citata direttiva 2014/23/UE «deve essere interpretato nel senso che un’amministrazione aggiudicatrice non può, senza violare il principio di proporzionalità garantito dall’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, di
detta direttiva, esigere che ciascuno dei membri di un’associazione temporanea di imprese sia iscritto, in uno Stato membro, nel registro commerciale o nell’albo professionale ai fini dell’esercizio dell’attività di noleggio e leasing di automobili e autoveicoli leggeri» (Corte Giust., 10 novembre 2022, causa C-486/21, Sharengo najem in zakup vozil d.o.o. vs. Mestna obcina Ljubljana, § 104).
In particolare, si è osservato (Corte Giust., 10 novembre 2022, causa C-486/21, cit.), con riguardo all’art. 38 della citata direttiva 2014/23/UE, che «la disposizione in parola non può essere interpretata nel senso che impone a un operatore economico di fare unicamente ricorso al contributo di soggetti che possiedono ciascuno l’abilitazione all’esercizio della medesima attività professionale. Infatti, per ipotesi, un operatore economico che fa affidamento sulle capacità di altri soggetti cerca vuoi di potenziare capacità di cui già dispone ma, eventualmente, in quantità o qualità insufficienti, vuoi di dotarsi di capacità o di competenze di cui non dispone. Sarebbe pertanto sproporzionato, in particolare in quest’ultima ipotesi, esigere che tutti i membri di un’associazione temporanea di imprese siano abilitati all’esercizio dell’attività professionale oggetto della concessione. Infatti, il principio di proporzionalità, che è segnatamente garantito dall’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2014/23 e che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, impone che le norme stabilite dagli Stati membri o dalle amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni di detta direttiva non vadano oltre quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi previsti da quest’ultima” (§§ 100-101), a meno che non ricorrano “motivazioni obiettive e proporzionate”» (§ 102).
5.3 -In definitiva, la disciplina unionale consente che il raggruppamento temporaneo, come unico “operatore economico”, ai fini della partecipazione alla procedura di aggiudicazione, possa
beneficiare delle capacità riferibili alle singole imprese associate e che ciascuna delle imprese associate possa usufruire delle capacità riferibili alle altre nell’ambito unitario del raggruppamento temporaneo nei rapporti esterni con l’amministrazione aggiudicatrice.
In tal modo, si realizza un fenomeno di reciproca e vicendevole osmosi tra le singole imprese associate, da un lato, e tra queste e il raggruppamento temporaneo nel suo complesso, dall’altro lato, in modo che le capacità dell’una siano paritariamente condivise con le altre e siano cumulativamente imputate al raggruppamento temporaneo nella relazione corrente con l’amministrazione aggiudicatrice, fermi restando i poteri di verifica e di adeguamento che sono riservati a quest’ultima dall’art. 63 della citata direttiva n. 2014/24/UE.
Né tale peculiarità è esclusa dall’istituzione di «elenchi ufficiali di imprenditori, di fornitori, o di prestatori di servizi riconosciuti» o dalla previsione di una «certificazione da parte di organismi di certificazione conformi alle norme europee in materia di certificazione di cui all’allegato VII» (art. 64, par. 1), essendo stato contemplato dalla citata direttiva n. 2014/24/UE l’adeguamento delle «condizioni di iscrizione negli elenchi ufficiali» e di «quelle di rilascio di certificati da parte degli organismi di certificazione» all’articolo 63 «per le domande di iscrizione presentate da operatori economici facenti parte di un raggruppamento e che dispongono di mezzi forniti loro dalle altre società del raggruppamento» (art. 64, § 2), obbligando «detti operatori in tal caso (a) dimostrare all’autorità che istituisce l’elenco ufficiale che disporranno di tali mezzi per tutta la durata di validità del certificato che attesta la loro iscrizione all’elenco ufficiale e che tali società continueranno a soddisfare, durante detta durata, i requisiti in materia di selezione qualitativa previsti dall’elenco ufficiale o dal certificato di cui gli operatori si avvalgono ai fini della loro iscrizione».
Per cui, ciò che rileva in tale contesto è il legame associativo, con reciproca vincolatività, tra le imprese munite e le imprese sprovviste del titolo abilitativo all’esercizio dell’attività qualificata, che viene in tal modo a concentrarsi – ai soli fini della partecipazione alla procedura selettiva – in capo al raggruppamento temporaneo nella veste di unico operatore economico «che offra sul mercato la realizzazione di lavori e/o di un’opera, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi».
6. -Sotto, poi, il distinto profilo del concreto esercizio del potere impositivo -qual correlabile alla paternità dell’avviso di accertamento -il giudice del gravame ha (anche qui) ben specificamente accertato come la società non iscritta al cennato Albo (la RAGIONE_SOCIALE fosse rimasta estranea all’adozione dell’avviso di accertamento ( v. Cass., 6 dicembre 2024, n. 31391, cit.).
6.1 – La Corte, difatti, ha avuto modo di rilevare che le disposizioni secondo le quali le imprese in Raggruppamento Temporaneo devono conferire, con un unico atto, mandato collettivo speciale con rappresentanza all’impresa mandataria, con conferimento di procura al legale rappresentante dell’operatore economico mandatario – così che al mandatario «spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto, anche dopo il collaudo, o atto equivalente, fino alla estinzione di ogni rapporto» (d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, art. 37, commi 14, 15 e 16) sono finalizzate ad agevolare l’amministrazione appaltante nella tenuta dei rapporti con le imprese appaltatrici ma non si estendono anche nei confronti dei terzi estranei a quel rapporto, atteso che la presenza di tale mandato collettivo non determina un centro autonomo di imputazione giuridica (art. 37, comma 17, cit.; v. Cass., 2 ottobre 2024, n. 25925, cit.; Cass., 29 dicembre 2011, n. 29737; Cass., 20
maggio 2010, n. 12422; v., altresì, Consiglio di Stato, V, 5 aprile 2019, n. 2243; Consiglio di Stato, Ad. plen., 13 giugno 2012, n. 22).
E, in particolare, si è rimarcato che tanto il potere gestorio dell’impresa mandataria quanto il potere rappresentativo del legale rappresentate della stessa non derivano direttamente dalla legge, ma dalla designazione dell’impresa mandataria liberamente e volontariamente effettuata dalle imprese raggruppate, così che -non operando, in ambito negoziale di diritto privato, il principio delegatus delegare non potest -non sussistono ragioni per restringere l’operatività degli ordinari principi della rappresentanza negoziale con riferimento al rilascio di procure da parte del legale rappresentante dell’impresa mandataria ( Cass., 27 aprile 2016, n. 8407).
6.2 -Del tutto inconferente rimane, da ultimo, la deduzione relativa alla determina dell’Ente appaltante (RAGIONE_SOCIALE) del 3 agosto 2018 perché -inidoneo ex se un siffatto provvedimento ad incidere sulle fattispecie ad effetti già esauriti (in conformità ai limiti, ed alle condizioni, del potere assentito in concessione) -per come dallo stesso ricorrente dedotto la determina concerneva « … l’attività di riscoss ione coattiva della TARSU per gli anni 2010, 2011 e 2012 …», non dunque l’attività di accertamen to del tributo che qui viene in considerazione.
7. -Col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 111, sesto comma, Cost., al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, nn. 2, 3 e 4, all’art. 132, secondo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ. ed all’art. 118 d.a. cod. proc. civ., deducendo, in sintesi, che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare sulle specifiche eccezioni (nemmeno riportate in sentenza) che -proposte col ricorso introduttivo del giudizio e legittimamente riproposte, in difetto di ogni soccombenza, con le controdeduzioni depositate nel giudizio di appello
-involgevano la legittimità dell’esercitata pretesa impositiva con riferimento alla sua estinzione -per prescrizione e maturata decadenza -al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento che, oltretutto, recava duplicazione della pretesa a rigua rdo dell’anno 2012 alla concreta determinazione del tributo – sotto i profili della estensione della superficie sottoposta a tassazione e delle relative destinazioni d’uso (dunque, della tariffa applicata) – e, da ultimo, alla misura delle sanzioni applicate.
7.1 – Il quarto motivo reca la riproposizione della denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 111, sesto comma, Cost., al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, nn. 2, 3 e 4, all’art. 132, secondo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ. ed all’art. 118 d.a. cod. proc. civ., questa volta sotto il parametro del sindacato di legittimità di cui al l’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ribadendo il ricorrente come dal l’omessa indicazione in sentenza delle eccezioni di parte sia conseguito (anche) il relativo omesso esame da parte del giudice del gravame.
-Il terzo motivo di ricorso -dal cui esame consegue l’assorbimento del quarto motivo -è fondato e va accolto.
8.1 -Va premesso che, in effetti, la pronuncia di prime cure ebbe ad accogliere l’impugnazione dell’atto impositivo dietro esame, in via assorbente, dell’eccezione di nullità dell’atto in quanto il Raggruppamento Temporaneo di Imprese non risultava iscritto all’Albo per l’accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali (d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 53) con conseguente difetto di «legittimazione attiva ai fini della liquidazione e accertamento delle entrate di Province e Comuni» e «nullità assoluta» delle «attività di liquidazione e accertamento … poste in essere nei confronti dei contribuenti».
In un siffatto contesto decisorio venivano (così) in considerazione eccezioni che non erano state «oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure» (Cass. Sez. U., 12 maggio 2017, n. 11799; v., altresì, Cass. Sez. U., 24 maggio 2007, n. 12067) e che, pertanto, andavano semplicemente riproposte (in controdeduzioni) davanti al giudice del gravame (d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 56).
E, peraltro, la Corte – nel confermare che la devoluzione al giudice del gravame dell’eccezione respinta in primo grado, formulata dalla parte comunque vittoriosa, esige la proposizione dell’appello incidentale -pur ha precisato che, se la parte ripropone detta eccezione contestando la statuizione sul punto, può procedersi alla sua riqualificazione, in applicazione del principio dell’idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo, tenuto anche conto che, nel contenzioso tributario, l’appello incidentale non deve essere notificato, ma è contenuto nelle controdeduzioni, depositate nel termine di costituzione dell’appellato, venendo così ad affievolirsi la distinzione tra appello incidentale, riproposizione dei motivi e difesa del resistente (Cass., 31 gennaio 2022, n. 2805; Cass., 24 giugno 2021, n. 18119).
8.2 – Nella fattispecie, poi, la parte ha dato compiutamente conto della proposizione delle eccezioni di cui al motivo di ricorso in esame, e della relativa devoluzione al giudizio di appello, eccezioni che -avuto riguardo al relativo contenuto che implica accertamenti in fatto non desumibili dai decisa di merito -non possono ritenersi (nemmeno per implicito) esaminate atteso che il decisum della gravata sentenza ha attinto (solo) le due questioni involgenti, rispettivamente, la legittimità dell’atto impo sitivo, sotto il profilo del legittimo esercizio del potere da parte del concessionario, e la ricorrenza di fattispecie di esenzione.
9. -Disattesi i primi due motivi di ricorso, dall’accoglimento del terzo consegue la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio della
causa, anche per la disciplina delle spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia con riferimento all’eccezioni di parte non esaminate.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto, e rigetta il primo ed il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 gennaio 2025.