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Esenzione TARSU enti religiosi: la Cassazione decide

Un istituto religioso ha impugnato un avviso di accertamento per la tassa sui rifiuti (TARSU) relativo a un vasto complesso immobiliare. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25734/2025, ha affrontato temi cruciali come l’ambito dell’esenzione TARSU per gli enti con finalità di culto e assistenza, l’onere della denuncia per beneficiare delle agevolazioni e i limiti del potere del giudice. La Corte ha confermato che l’esenzione è limitata alle aree destinate esclusivamente al culto e che il contribuente deve sempre presentare una denuncia per specificare tali aree. Tuttavia, ha accolto il ricorso dell’istituto su un punto procedurale, riducendo la superficie tassabile poiché il giudice d’appello aveva superato la richiesta del Comune stesso, violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione TARSU per Enti Religiosi: La Cassazione detta le regole

L’applicazione dell’esenzione TARSU (Tassa sui Rifiuti) per gli immobili di proprietà di enti religiosi e assistenziali è spesso fonte di contenzioso tra contribuenti e amministrazioni comunali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali su due aspetti chiave: l’onere della prova a carico del contribuente e i limiti del potere del giudice d’appello. La decisione sottolinea come, anche in presenza di un diritto all’agevolazione, il rispetto delle procedure formali, come la presentazione della denuncia, sia indispensabile. Al contempo, ha sanzionato un errore procedurale del giudice che aveva imposto un carico fiscale superiore a quello richiesto dallo stesso Comune.

I Fatti del Caso

Un istituto religioso si è visto notificare da un Comune un avviso di accertamento per il pagamento della TARSU per gli anni dal 2008 al 2012, relativo a un complesso immobiliare di oltre 7.000 mq, per un importo superiore a 500.000 euro.

L’istituto ha contestato l’atto, sostenendo di aver diritto a un’esenzione per le aree destinate ad attività di culto e assistenza. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale ha accolto parzialmente il ricorso, riducendo la superficie tassabile a circa 1.200 mq.

Il Comune ha presentato appello e la Commissione Tributaria Regionale (CTR) ha riformato la decisione, aumentando la superficie tassabile a oltre 5.800 mq. Secondo la CTR, l’esenzione spetta solo ai luoghi di culto in senso stretto e l’istituto non aveva mai presentato l’apposita denuncia TARSU, un adempimento necessario per consentire al Comune di verificare il diritto all’esenzione.

Contro questa sentenza, l’istituto ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su quattro motivi.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i motivi di ricorso, accogliendone solo uno, ma decisivo per l’esito della controversia.

Limiti all’esenzione TARSU e Obbligo di Denuncia

La Corte ha respinto i primi due motivi del ricorso, confermando principi consolidati in materia. In primo luogo, ha chiarito che l’esenzione TARSU prevista dai regolamenti comunali per gli enti con finalità di assistenza e beneficenza non è automatica né totale. Le norme, interpretate correttamente, limitano il beneficio alle sole aree destinate esclusivamente al culto religioso. Per le altre attività, anche se non lucrative e con finalità altruistiche, la tassa è dovuta. La Corte ha ritenuto che la CTR avesse correttamente applicato questo principio.

In secondo luogo, e di fondamentale importanza pratica, i giudici hanno ribadito che il contribuente che intende beneficiare di un’esenzione, anche solo parziale, ha l’onere di presentare un’apposita denuncia all’ente impositore. Non è sufficiente invocare l’esenzione in sede di giudizio. La denuncia è un atto indispensabile per informare l’amministrazione e permetterle di effettuare le dovute verifiche. L’omissione di questo adempimento impedisce di fatto il riconoscimento del beneficio.

Vizi di Motivazione e il Principio del ‘Chiesto e Pronunciato’

La Cassazione ha rigettato anche il terzo motivo, relativo a un presunto difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, ritenendolo inammissibile per ragioni processuali.

Il punto di svolta è arrivato con l’analisi del quarto motivo. L’istituto aveva lamentato che la CTR avesse determinato una superficie tassabile (5.812 mq) superiore a quella che lo stesso Comune aveva richiesto nel suo atto di appello (5.504 mq). Questo comportamento viola l’articolo 112 del codice di procedura civile, noto come principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che vieta al giudice di andare oltre le richieste delle parti.

La Corte ha ritenuto questo motivo fondato, accogliendolo.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione finale sulla base di un principio procedurale cardine. Mentre le argomentazioni dell’istituto sulla sostanza del diritto all’esenzione sono state respinte perché in contrasto con la giurisprudenza consolidata (che richiede una dichiarazione formale e interpreta restrittivamente le esenzioni), l’errore del giudice d’appello è stato considerato fatale. Il giudice di secondo grado, nel riformare la sentenza, era vincolato dalla domanda del Comune appellante. Avendo quest’ultimo chiesto l’accertamento per una superficie di 5.504 mq, il giudice non poteva condannare l’istituto al pagamento di una tassa calcolata su una superficie maggiore (5.812 mq). Questo vizio, definito di ultrapetizione, ha portato alla cassazione della sentenza impugnata su questo specifico punto.

Le Conclusioni

La Corte, accogliendo il quarto motivo, ha cassato la sentenza e, potendo decidere direttamente nel merito senza necessità di ulteriori accertamenti, ha rideterminato la superficie tassabile nella misura richiesta dal Comune in appello, ovvero 5.504 mq. La decisione offre due importanti lezioni pratiche:
1. Per gli enti che svolgono attività meritevoli, è cruciale non trascurare gli adempimenti formali. La presentazione di una corretta e tempestiva denuncia dei tributi, specificando le aree per cui si richiede l’esenzione, è un passaggio obbligato per veder riconosciuto il proprio diritto.
2. Nel processo tributario, così come in quello civile, i principi procedurali sono inderogabili. Un errore del giudice, come la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, può portare all’annullamento della sua decisione, anche se le sue argomentazioni nel merito fossero state corrette. In questo caso, un errore procedurale ha garantito al contribuente un ‘risparmio’ fiscale significativo.

Un ente con finalità di culto e assistenza è automaticamente esente dalla tassa sui rifiuti (TARSU)?
No. Secondo la Corte, l’esenzione è applicabile solo alle aree e ai locali destinati esclusivamente al culto religioso in senso stretto, non all’intero complesso immobiliare, anche se l’ente svolge attività assistenziali e senza scopo di lucro.

È obbligatorio presentare la denuncia TARSU per beneficiare di un’esenzione parziale?
Sì. La Corte ha ribadito che il contribuente ha l’onere di presentare una denuncia all’amministrazione comunale, indicando specificamente le aree per le quali si chiede l’esclusione o l’esenzione. L’omessa denuncia impedisce al Comune di verificare il diritto e, di conseguenza, al contribuente di ottenere il beneficio.

Può un giudice tributario condannare un contribuente a pagare più di quanto richiesto dal Comune nel suo atto di appello?
No. La Corte ha stabilito che il giudice è vincolato dalla domanda della parte. Determinare una superficie tassabile superiore a quella richiesta dal Comune nel suo appello costituisce una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.) e comporta l’illegittimità della sentenza su quel punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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