Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29263 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29263 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16101/2021 R.G. proposto da :
COMUNE DI MESSINA , rapp . e dif. dall’AVV_NOTAIO;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
Avverso la SENTENZA della COMM.TRIB.REG. MESSINA n. 6999/2020 depositata il 02/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 La presente vicenda processuale attiene all’applicazione della TARSU per gli anni 2010 e 2011 a un esercizio commerciale situato nel RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
2 La società RAGIONE_SOCIALE (di seguito più brevemente anche solo SBM o intimata) impugnava la cartella di pagamento per Euro 28.756,00, sostenendo che i rifiuti prodotti nel centro commerciale fossero da considerarsi “speciali non pericolosi non assimilabili agli urbani” e che, in base all’art.10 del Regolamento RAGIONE_SOCIALE del
17.5.2002 e all’art. 62 del D.Lgs. 507/93, essi dovessero essere smaltiti autonomamente dai produttori. La società eccepiva inoltre l’esistenza di un giudicato esterno derivante da una sentenza favorevole a un altro consorziato del medesimo centro commerciale.
3 La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso della RAGIONE_SOCIALE, rilevando che la società non aveva dimostrato di aver indicato le superfici riservate alla produzione di rifiuti speciali.
4 Avverso siffatta pronunzia la RAGIONE_SOCIALE proponeva appello alla Commissione Tributaria Regionale che lo accoglieva, ritenendo applicabile l’art. 10 del Regolamento RAGIONE_SOCIALE del 2002 e il comma 3 dell’art. 62 del D.Lgs. 507/93 con conseguente esclusione della TARSU per i rifiuti prodotti nel centro commerciale, oltre ad affermare l’esistenza di un giudicato esterno conforme a siffatto accertamento.
5 Il Comune di RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza della Commissione Tributaria Regionale davanti alla Corte di Cassazione, affidandosi a tre motivi.
6 In prossimità dell’adunanza camerale la ricorrente depositava memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente assume la violazione e falsa applicazione (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) degli artt. 10 e 11 del regolamento del Comune RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per la disciplina del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani approvato con delibera n. 19/C del 17.5.2002 e dell’art. 11 del regolamento del Comune RAGIONE_SOCIALE per l’applicazione della Tassa Rifiuti Solidi Urbani n. 22 del 30.3.1995.
1.1 In particolare, assume l’erronea applicazione dell’art. 10 del Regolamento RAGIONE_SOCIALE del 17.5.2002, che esclude dalla
qualificazione di rifiuti solidi urbani quelli derivanti da strutture commerciali costituite da ipermercati con annesso centro commerciale integrato. Secondo il Comune, tale norma non è applicabile ai centri commerciali composti da esercizi autonomi, con eventuale affidamento ad un consorzio tra gli stessi costituito per la gestione delle spese comuni, come accertato dalla CRT in riferimento al RAGIONE_SOCIALE, in cui è sita l’attività commerciale della società intimata. La Commissione avrebbe interpretato estensivamente la norma, violando il principio di stretta interpretazione delle disposizioni tributarie.
1.2 Inoltre, il Comune richiama, a sostegno dell’assoggettamento della società intimata al pagamento della TARSU, l’art. 11 del medesimo Regolamento, che precisa che sono assimilati ai rifiuti urbani e quindi soggetti al pagamento della TARSU le attività di vendita al dettaglio, fatta eccezione per gli ipermercati con annesso centro commerciale integrato, ribadendo che vi è una generale assoggettabilità degli esercizi commerciali alla TARSU e che la esclusione è solo per particolari ipotesi ben specificate e limitatamente ad esse.
Con il secondo motivo, lamenta, quale violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) l’erronea applicazione dell’art. 62 del D.Lgs. 507/93 da parte della Commissione Tributaria Regionale nella parte in cui ha ritenuto che i rifiuti prodotti dalla SBM fossero “speciali non assimilabili agli urbani” e quindi esclusi dalla TARSU. Il Comune sostiene che i rifiuti prodotti dagli esercizi commerciali del RAGIONE_SOCIALE non rientrino nella categoria di rifiuti speciali, tossici o nocivi, né possano essere assimilati a quelli derivanti da ipermercati con annesso centro commerciale integrato. Inoltre, richiama l’art. 63 del D.Lgs. 507/93, che individua i singoli occupanti dei locali come soggetti passivi dell’imposizione TARSU.
Con il terzo motivo lamenta, l’erronea e falsa
applicazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 324 e 346 c.p.c. (art. 360 comma 1 n.3 c.p.c.) nella misura in cui la sentenza di 2° grado ha erroneamente qualificato come giudizio intercorrente tra le stesse parti un precedente giudizio intercorrente tra altro esercizio commerciale pur appartenente al medesimo consorzio, ritenendo esistente l’efficacia espansiva di un giudicato espresso dalla precedente sentenza sul presupposto che si tratti di giudizio tra le medesime parti e relativo al medesimo rapporto giuridico.
Il primo motivo e il secondo motivo, da trattarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono fondati.
Con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE lamenta, in sostanza, il c.d. vizio di sussunzione, inquadrabile nel paradigma del n. 3 dell’art. 360 c.p.c. (v. Cass. sez. 5, ord. 16.5.20234, n. 13228; Cass. sez. 5, ord. 3.3.2023, n. 6459), in relazione all’accertamento, non sindacabile nel presente giudizio di legittimità, compiuto dalla sentenza impugnata che, nonostante avesse accertato che la RAGIONE_SOCIALE fosse ‘titolare di un’unità commerciale sita all’interno del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in cui tutti gli esercizi commerciali si sono costituiti in un consorzio, al fine di concorrere alla gestione delle spese comuni.’, aveva ritenuto sussumibile siffatta fattispecie concreta nella fattispecie astratta di cui all’art.10 del Regolamento RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che esclude dalla qualificazione di rifiuti urbani e quindi dall’assoggettabilità dal pagamento della TARSU quelli derivanti da strutture commerciali costituite, però, da ipermercati con annesso centro commerciale integrato, non assimilabile, in ragione dell’accertamento in fatto compiuto dal giudice di 2° grado, al centro commerciale in cui è sita l’unità commerciale del preteso soggetto passivo del tributo, ancorché sia stato costituito un consorzio tra tutti gli esercenti del centro commerciale per la gestione delle spese comuni.
5.1 Orbene, con due distinte pronunce di questa Corte (vedi Cass. Sez. V, Sent. 13/4/23 n.9949 e Cass. Sez. V, Sent.
13/4/2023 n.9933) che si sono occupate specificamente dell’ambito applicativo dell’art.10 del regolamento del Comune di RAGIONE_SOCIALE citato, si è chiarito, per quanto qui interessa, che non sono assimilabili ai rifiuti solidi urbani, sotto il profilo qualitativo, quelli speciali, non pericolosi, derivanti da strutture commerciali costituite da ipermercato e annesso centro commerciale integrato che, però, sono strutture da tenere distinte dai centri commerciali non integrati, né annessi ad un ipermercato.
5.2 In particolare, secondo le pronunce sopra citate, a cui il Collegio ritiene di dare continuità, ‘…la mancata assimilazione opera solo in presenza di strutture commerciali caratterizzate dalla compresenza di un ipermercato con il quale si definisce l’attività commerciale della grande distribuzione svolta in un ambito di ampia dimensione -e da un centro commerciale. Tale interpretazione è frutto del chiaro tenore letterale della norma che fornisce la definizione di “strutture commerciali”, identificandole in quelle composte da un ipermercato “e annesso” centro commerciale “integrato” termini, quest’ultimi che rendono evidente la necessaria compresenza di un ipermercato e di un centro commerciale.’.
5.3 La CRT, nella sentenza impugnata, pur avendo accertato, con valutazione non sindacabile nella presente sede, che la società intimata fosse ‘titolare di un’unità commerciale sita all’interno del RAGIONE_SOCIALE, in cui tutti gli esercizi commerciali si sono costituiti in un consorzio, al fine di concorrere alla gestione delle spese comuni.’ -ossia di un esercizio sito in un mero centro commerciale, né integrato né annesso ad un ipermercato – ha falsamente applicato l’art.10 citato che prevede, invece, per quanto qui interessa, che la qualificazione di non assimilabilità ai rifiuti solidi urbani di quelli speciali non pericolosi, operi soltanto con riferimento a quelli prodotti da un ipermercato con annesso centro commerciale integrato, ossia da una struttura commerciale di
natura diversa rispetto a quella accertata nel caso concreto dal giudice di merito.
5.4 In ragione dell’inapplicabilità dell’ipotesi di cui all’art.10 citato alla fattispecie concretamente accertata, il Giudice di appello ha, quindi, violato l’art.11 del medesimo regolamento che precisa che sono assimilati ai rifiuti urbani e quindi soggetti al pagamento della TARSU, tra le altre, le attività di vendita al dettaglio, fatta eccezione per gli ipermercati con annesso centro commerciale integrato, ribadendo che vi è una generale assoggettabilità degli esercizi commerciali alla TARSU, salvo ben precisate ipotesi di esclusione.
5.5. Non vi è, quindi, motivo per mandare esente la SBM dal pagamento della tassa individuale TARSU in ragione dello svolgimento di attività di vendita al dettaglio, ancorché all’interno del centro commerciale RAGIONE_SOCIALE, in considerazione dell’assimilabilità dei rifiuti prodotti da tale esercizio a quelli solidi urbani ai sensi del citato art.11 , dovendosi escludere, per quanto sopra esposto, che ricorra l’ipotesi di un ipermercato con annesso centro commerciale integrato.
5.6 Va da sé che l’erronea applicazione degli art. 10 e 11 del Regolamento del Comune di RAGIONE_SOCIALE comporta la conseguenziale erronea applicazione dell’art. 62 del D. Lgs. 507/92 operata dalla sentenza impugnata nell’escludere dalla superficie tassabile quella parte di essa ove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti.
5.7 A tale proposito, per quanto sopra esposto, i rifiuti prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE non possono rientrare nella ipotesi di cui all’art. 62 D. Lgs n. 507/1993 perché non possono essere classificati rifiuti speciali non pericolosi non assimilabili agli urbani in quanto, come detto, tali rifiuti sono prodotti all’interno di un centro commerciale
e non di una struttura commerciale costituita da un ipermercato e annesso centro commerciale integrato.
5.8 Il che rende del tutto irrilevante che la stessa abbia provveduto autonomamente, tramite l’adesione al consorzio che gestisce i servizi comuni del centro commerciale, allo smaltimento dei rifiuti tramite una società privata, posto che l’intimata non possiede i requisiti per poter usufruire della esenzione del pagamento della TARSU.
5.9 Del resto, l’assoggettamento dell’esercizio commerciale gestito dall’intimata all’interno del centro commerciale di cui si è scritto, trova conferma nell’art.63 del D.Lgs. 507/1993 che, pur precisando che in caso di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento della tassa dovuta per i locali ed aree scoperte di uso comune e per i locali ed aree scoperte di uso esclusivo ai singoli occupanti o detentori, mantiene fermi nei confronti di tali occupanti e detentori gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree scoperte in uso esclusivo.
Anche il terzo motivo è fondato.
6.1 A tale proposito è sufficiente evidenziare che costituisce affermazione costante nella giurisprudenza di legittimità che, in relazione all’eccezione di giudicato esterno, la preclusione del giudicato operi nel caso di giudizi identici – per soggetti, causa petendi e petitum – ma nei soli limiti dell’accertamento delle questioni di fatto e non anche in relazione alle conseguenze giuridiche (v. Cass. n. 20029/11; n.5727/18; n.26457/17, n.14303/17; n.20257/15; 21395/17).
6.2 Nella sentenza impugnata la RAGIONE_SOCIALE non ha fatto buon governo di siffatto principio, accogliendo l’eccezione di giudicato esterno formulato dalla RAGIONE_SOCIALE in relazione alla sentenza Tributaria Provinciale n. 612/11/10, divenuta definitiva a seguito di mancata
impugnativa dell’ente, emessa in un giudizio introitato da altro consorziato, la società RAGIONE_SOCIALE, e relativa a TARSU 2005, 2006 e 2007, considerandola erroneamente intervenuta tra le stesse parti del presente giudizio.
L’evidente difetto di identità soggettiva dal lato della società contribuenti depone per l’assenza della pretesa preclusione, considerato che ciascun consorziato ha una propria distinta soggettività che non risulta superata dalla partecipazione al consorzio per la gestione dei locali e delle aree comuni del centro commerciale ove sono ubicate le rispettive unità commerciali.
Sicché, anche sotto profilo la sentenza si appalesa erronea per violazione della norma di cui all’art.2909 c.c. che presuppone che l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato sia intervenuto fra le stesse parti, i loro eredi o aventi causa.
In definitiva, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e, non necessitando ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito con rigetto dell’originario ricorso della RAGIONE_SOCIALE in ragione della piena legittimità dell’atto impositivo impugnato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate per ciascun grado e per il giudizio di legittimità, come in dispositivo.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione ai tre motivi dedotti e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso della RAGIONE_SOCIALE avverso la cartella di pagamento impugnata.
condanna l’intimata al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di merito e di quelle di legittimità, che liquida per il primo grado in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di
legge; per il secondo grado in Euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge; per il presente giudizio di legittimità in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, il 30/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME