Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14663 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14663 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18114/2019 proposto da:
COMUNE di CAIVANO, in persona della Commissione Straordinaria per la gestione dell’Ente, nominata con DPR del 27/04/2018, composta dal Dott. NOME COGNOME, Dott. NOME COGNOME e dal Dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, giusta Deliberazione n. 75 del 02/05/2019, Determinazione n. 371 dell’08/05/2019 del Servizio Affari legali e contenzioso dell’Ente, e procura speciale rilasciata in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in Santa Maria Capua Vetere (CE), alla INDIRIZZO il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni di rito al numero di fax NUMERO_TELEFONO oppure all’indirizzo p.e.c. EMAIL
-ricorrente – contro
Avviso accertamento Tarsu -Denunciadichiarazione contribuente
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore Ing. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; pec: CODICE_FISCALE), con sede in Roma ed ivi elettivamente domiciliata al INDIRIZZO presso lo studio degli Avv.ti Prof. NOME COGNOME (C.F.:CODICE_FISCALE; pec: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO) e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; pec: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO), dai quali è rappresentata e difesa in virtù di delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
-avverso la sentenza 2224/7/2019 emessa dalla CTR Campania il 12/03/2019 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la sentenza n. 15772/2917 con la quale la CTP di Napoli aveva rigettato il ricorso da essa proposto contro un avviso di accertamento e liquidazione per Tarsu e Tia relativo all’anno d’imposta 2015, sostenendo che, della complessiva area dello stabilimento di mq. 1534, solo mq. 390 (occupati da uffici amministrativi) erano produttivi di rifiuti urbani o assimilabili e, come tali, erano tassabili, mentre i restanti mq. 1144 erano occupati e destinati ad attività produttiva e a deposito di mezzi strumentali a tale attività, producendo rifiuti speciali da essa autonomamente smaltiti tramite imprese abilitate.
La CTR della Campania accoglieva il gravame, affermando che la contribuente aveva dato prova, con l’allegazione dei contratti stipulati con le società specializzate e della relazione tecnica a firma dell’ing. COGNOME, di aver provveduto in proprio alla raccolta ed allo smaltimento dei rifiuti speciali, sicché, ricadendo i relativi oneri su di essa, i mq. 1144 non dovevano essere tassati.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Caivano sulla base di cinque motivi. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale la controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 295 e 337, secondo comma, c.p.c. e 39, n. 1-bis, d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR sospeso, dato il rapporto di pregiudizialità tra i due procedimenti, il giudizio in attesa della definizione, con sentenza passata in giudicato, di altro giudizio pendente relativo all’avviso di accertamento Tarsu-Tari n. 8054 per gli anni 2010-2013.
1.1. Il motivo è infondato.
In tema di contenzioso tributario, accanto alle limitate ipotesi di sospensione del processo, previste dall’art. 39 del d.lgs. n. 546 del 1992, opera anche la fattispecie di sospensione necessaria di cui all’art. 295 c.p.c., applicabile quando sia indispensabile effettuare un accertamento preventivo vincolante idoneo a risolvere, con efficacia di giudicato, l’oggetto della controversia. Ne consegue che non sussistono i presupposti per la sospensione necessaria del processo per il solo fatto che penda un altro giudizio tributario fra gli stessi soggetti, ma riguardante diverse annualità del medesimo tributo (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 18540 del 10/08/2010). Nel caso di specie, mentre il presente giudizio ha ad oggetto la Tari relativa all’anno 2015, il giudizio assunto come pregiudiziale si riferisce alla Tarsu dovuta per gli anni 2010-2013.
Senza dimenticare che la sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra due cause sia concreto ed attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale deve essere tuttora pendente, non giustificandosi diversamente la sospensione, che si tradurrebbe in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione, sicché, quando una sentenza sia impugnata in cassazione per non essere stato il giudizio di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, è onere del ricorrente provare che la causa pregiudicante sia pendente e resti presumibilmente tale sino all’accoglimento del ricorso, mancando, in difetto, la prova dell’interesse
concreto e attuale all’impugnazione, perché nessun giudice, di legittimità o di rinvio, può disporre la sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra causa non più effettivamente in corso (Cass., 19 novembre 2021, n. 35618; Cass., 21 ottobre 2019, n. 26716; Cass., 10 novembre 2015, n. 22878; Cass., 19 ottobre 2012, n. 18026; Cass., 16 settembre 2008, n. 23720; Cass., 1 agosto 2007, n. 16992).
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 62 e 70 d.lgs. n. 507/1993, 1, commi 646, 649, 684, 685, 686 e 688, l. n. 147/2013, 12 l. n. 212/2000, 4, 5 e 9 della Delibera di CS n. 52 del 23.9.2014, in relaz ione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che l’avviso di pagamento/liquidazione era stato notificato alla società contribuente sulla base della denuncia/dichiarazione presentata dalla stessa in data 17.2.2016 e che successivamente la medesima non aveva presentato alcuna domanda di variazione o integrativa della denuncia originaria (indicando la superficie in cui si formavano in via continuativa e prevalente rifiuti speciali non assimilati agli urbani), né aveva dimostrato di produrre rifiuti speciali non assimilati.
2.1. Il motivo è fondato.
In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e con riguardo alla norma, dettata dall’art. 62, comma terzo, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, secondo cui “nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali”, deve ritenersi che incombe all’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile. Infatti, pur operando anche nella materia in esame – per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale – il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione
della tassa è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, ex art. 70 del citato d.lgs. n. 507 del 1993) un onere di informazione, al fine di ottenere l’esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4766 del 09/03/2004; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 775 del 14/01/2011, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 627 del 18/01/2012, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16235 del 31/07/2015, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 5377 del 04/04/2012, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 21250 del 13/09/2017, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 2623 del 27/01/2023).
Ne consegue che la contribuente non poteva per la prima volta in sede giudiziale dedurre di produrre in una determinata area rifiuti speciali non assimilati a quelli urbani e di smaltirli autonomamente, vieppiù se si considera che, con dichiarazione presentata in data 17.2.2016 (cui non ha fatto seguito alcuna denuncia di variazione), aveva espressamente comunicato che l’area da sottoporre a tassazione aveva una superficie di mq. 1534 (vale a dire, proprio quella posta alla base dell’avviso di liquidazione impugnato nella presente sede).
Invero, la TARSU è dovuta, a norma dell’art. 62 del d.lgs. n. 507 del 1993, per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte (a qualsiasi uso adibite), ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni e dei locali e delle aree che, per la loro natura o il particolare uso cui sono stabilmente destinate, o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità, non possono produrre rifiuti: tali esclusioni non sono, tuttavia, automatiche, perché ponendo la norma una presunzione iuris tantum di produttività, superabile solo dalla prova contraria del detentore dell’area, dispone altresì che le circostanze escludenti la produttività e la tassabilità siano dedotte “nella denuncia originaria” o in quella “di variazione”, e siano debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19469 del 15/09/2014; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 31460
del 03/12/2019). In quest’ottica, a titolo esemplificativo, in tema di TARSU, il carattere stagionale dell’uso dei locali, ai fini della riduzione della tariffa, deve essere allegato e documentato dal contribuente in sede di denuncia originaria o in variazione dei presupposti della tassa ed, in difetto, la relativa circostanza non può essere fatta valere nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 14037 del 23/05/2019; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 3798 del 16/02/2018, con riferimento all’onere per il contribuente di indicare nella denuncia originaria o in quella di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità della stessa, in ragione della detenzione da parte di terzi, assolvendo poi in giudizio al relativo onere probatorio a proprio carico; cfr. altresì Cass., Sez. 5, Sentenza n. 3772 del 15/02/2013).
Lo stabilire se determinati locali di uno stesso edificio, benché destinati ad uffici, depositi, mostre ecc. e non propriamente all’attività produttiva, siano parimenti idonei, o meno, a produrre rifiuti speciali, costituisce, del resto, apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito (Cass., 22 dicembre 2016, n. 26725; Cass., 11 agosto 2004, n. 15517; Cass., 17 febbraio 1996, n. 1242).
Inoltre, l’esenzione dal tributo in tegra, pur sempre, l’oggetto di un’allegazione il cui onere della prova grava sul contribuente che intende ottenere l’esenzione, in quanto, se è vero che l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria grava sull’amministrazione, il diritto all’esenzione va provato dal
contribuente, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (Cass., 16 aprile 2019, 10634; Cass., 5 settembre 2016, n. 17622; Cass., 24 luglio 2014, n. 16858; Cass., 6 luglio 2012, n. 11351; Cass., 9 marzo 2012, n. 3756; Cass., 14 gennaio 2011, n. 775).
Da ultimo, tanto le deroghe alla tassazione quanto le riduzioni delle superfici e tariffarie non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti, come già detto, nella denuncia originaria o in quella di variazione (Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde Cass., 12 dicembre 2019, n. 32741; Cass., 17 settembre 2019, n. 23059; Cass., 3 marzo 2010, n. 5036; Cass., 15 aprile 2005, n. 7915; v., altresì, Cass., 23 febbraio 2018, n. 4602; Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 31 luglio 2015, n. 16235).
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 62 e 70 d.lgs. n. 507/1993, 1, commi 646, 649, 684, 685, 686 e 688, l. n. 147/2013, 12 l. n. 212/2000, 4, 5 e 9 della Delibera di CS n. 52 del 23.9.2014 e 2727 e 2 729 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR fondato il proprio convincimento sulla ‘relazione tecnica resa dall’ing. COGNOME, senza, tuttavia, indicare a quale delle due perizie prodotte (una in primo e un’altra i n secondo grado) avesse inteso far riferimento e senza spiegare le ragioni della sua decisività e della sua prevalenza rispetto alla dichiarazione Tari presentata dalla contribuente in data 17.2.2016, cui non aveva fatto seguito alcuna dichiarazione di variazione.
3.1 Il motivo rimane assorbito nell’accoglimento del precedente.
Con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR fondato la sua decisione su indizi (la relazione tecnica a firma dell’ing. COGNOME COGNOME) privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
4.1. Il motivo rimane assorbito nell’accoglimento del secondo motivo.
Con il quinto motivo il ricorrente denunzia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 195, comma 2, lett. e), e 198, comma 2, lett. g), d.lgs. n. 152/2006, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che, esercitando la potestà di normazione secondaria di cui al d.lgs. n. 507 del 1993, aveva adottato il regolamento Tari con delibera di C.S. n. 52 del 2014, disponendo, tra l’altro, l’assimilazione ai rifiuti urbani dei rifiuti (speciali) provenienti da att ività industriali, quale quella svolta dalla società contribuente.
5.1. Il motivo è infondato.
Invero, da un lato, non essendovene cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale avesse tempestivamente sollevato la relativa questione. Dall’altro lato, la questione dell’inapplicabilità, in difetto di provvedimenti attuativi, dell’art. 195, comma 2, lett. e), d.lgs. n. 152/2006 è superata dalla sopraggiunta approvazione dell’art. 1 l. n. 147 del 2013, il cui comma 649, alla prima parte, prevede che <>. In applicazione del principio iura novit curia , pertanto, l’erronea individuazione della normativa in concreto applicabile non avrebbe avuto ripercussioni sulla decisione finale.
E’ vero, infine, che, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, per effetto dell’art. 17, comma 3, della l. n. 128 del 1998, abrogativo dell’art. 39 della l. n. 146 del 1994, venendo meno l’assimilazione ope legis ai rifiuti urbani di quelli provenienti dalle attività artigianali, commerciali e di servizi, purché aventi una composizione merceologica analoga a quella urbana, secondo i dettagli tecnici contenuti nella deliberazione CIPE del 27 luglio 1984, risulta pienamente operativo l’art. 21, comma 2, lett. g), del d.lgs. n. 22 del 1997, attributivo ai Comuni della facoltà di assimilare o
meno ai rifiuti urbani quelli derivanti dalle attività economiche, sicché, a partire dall’annualità d’imposta 1997, assumono decisivo rilievo le indicazioni proprie dei regolamenti comunali circa l’assimilazione dei rifiuti provenienti dalle attività economiche ai rifiuti urbani ordinari (sicché, ove, ai sensi dell’art. 68, comma 2, lett. e), del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, a mezzo di regolamento comunale sia stata dichiarata l’assimilabilità di detti rifiuti a quelli urbani, il produttore deve essere assoggettato all’imposta, senza che assuma rilievo che egli, volontariamente, provveda a smaltirli in proprio; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 18988 del 16/07/2019). Ma è altrettanto vero che né in primo né in secondo grado risulta dedotto che il Comune abbia sollevato la relativa questione.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, in accoglimento del secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata, con conseguente rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il secondo motivo, rigetta il primo e il quinto e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in differente composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 23.1.2025.