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Esenzione TARI rifiuti speciali: serve la denuncia

Una società industriale ha richiesto l’esenzione dal pagamento della TARI per le aree destinate alla produzione di rifiuti speciali, smaltiti autonomamente. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14663/2025, ha stabilito un principio fondamentale: per beneficiare dell’esenzione TARI rifiuti speciali, non è sufficiente dimostrare in sede di giudizio lo smaltimento autonomo. È indispensabile che il contribuente abbia preventivamente presentato al Comune una denuncia originaria o di variazione, specificando le aree da escludere dalla tassazione. In assenza di tale dichiarazione, la richiesta di esenzione non può essere accolta.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione TARI rifiuti speciali: la denuncia è un passo obbligato

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale per le imprese che producono scarti di lavorazione: l’esenzione TARI rifiuti speciali non è automatica. Anche se un’azienda provvede autonomamente allo smaltimento, per ottenere la riduzione della superficie tassabile è necessario un atto formale: la presentazione di una denuncia, originaria o di variazione, al Comune. Vediamo nel dettaglio i contorni di questa importante decisione.

I fatti di causa: la controversia sulla superficie tassabile

Una società operante nel settore industriale si è opposta a un avviso di accertamento relativo alla tassa sui rifiuti per l’anno 2015. L’azienda sosteneva che, della sua superficie totale di circa 1534 mq, solo 390 mq (destinati a uffici) producessero rifiuti urbani tassabili. La restante e più ampia porzione, pari a 1144 mq, era invece adibita ad attività produttiva e generava esclusivamente rifiuti speciali, che la società smaltiva in proprio tramite ditte specializzate. Di conseguenza, secondo l’impresa, quest’ultima area non doveva essere soggetta a tassazione.

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva respinto il ricorso della società. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo le ragioni dell’azienda e ritenendo provato, tramite contratti e perizie, l’avvenuto smaltimento autonomo. Il Comune, non accettando la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione.

L’esenzione TARI rifiuti speciali secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso del Comune, ritenendolo fondato e decisivo. Il punto centrale non è se l’azienda smaltisse o meno i rifiuti speciali in autonomia, ma come e quando tale circostanza sia stata comunicata all’ente impositore. I giudici hanno chiarito che le esenzioni e le riduzioni tariffarie non operano automaticamente.

Il principio dell’onere della dichiarazione

La normativa in materia (in particolare il D.Lgs. 507/1993) stabilisce che le circostanze che escludono la tassabilità di determinate aree, come la produzione di rifiuti speciali non assimilati agli urbani, devono essere esplicitamente dedotte dal contribuente.
Questo adempimento deve avvenire:

1. Nella denuncia originaria: al momento della prima dichiarazione ai fini della tassa rifiuti.
2. In una successiva denuncia di variazione: qualora le condizioni di utilizzo dei locali cambino nel tempo.

La società, in questo caso, aveva presentato una dichiarazione nel febbraio 2016 indicando come tassabile l’intera superficie di 1534 mq, senza mai presentare successive variazioni. Pertanto, la pretesa di esenzione sollevata per la prima volta in sede giudiziale è stata considerata tardiva e inammissibile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Nelle motivazioni, la Suprema Corte ha sottolineato che l’esclusione di aree dalla tassazione rappresenta un’eccezione alla regola generale, secondo cui tutti coloro che occupano immobili nel territorio comunale sono tenuti al pagamento del tributo. Come ogni eccezione, l’onere di provarne i presupposti ricade su chi intende beneficiarne.

L’irrilevanza della prova in giudizio senza una precedente dichiarazione

I giudici hanno spiegato che, sebbene l’amministrazione comunale abbia l’onere di provare il presupposto del tributo (l’occupazione dell’immobile), spetta al contribuente fornire all’ente le informazioni necessarie per ottenere l’esclusione di alcune aree. La prova dello smaltimento autonomo, portata solo nel corso del processo (ad esempio, tramite contratti o perizie tecniche), non può sanare la mancata presentazione della dichiarazione all’ente impositore.
La norma pone una presunzione iuris tantum (ovvero, superabile con prova contraria) di produttività di rifiuti su tutte le aree occupate. Tale presunzione, però, può essere vinta solo rispettando le modalità procedurali previste, ossia deducendo le circostanze escludenti nella denuncia e fornendo idonea documentazione.

Conclusioni: l’importanza della corretta comunicazione con l’ente

La decisione in commento è un monito per tutte le imprese: la gestione fiscale dei tributi locali richiede un approccio proattivo e formalmente corretto. Per ottenere l’esenzione TARI rifiuti speciali, non basta agire correttamente dal punto di vista ambientale (smaltendo i propri rifiuti), ma è fondamentale adempiere agli obblighi dichiarativi nei confronti del Comune. La presentazione della documentazione probatoria solo in fase contenziosa, senza una preventiva e formale comunicazione all’ente, non è sufficiente per ottenere il riconoscimento del proprio diritto all’esenzione.

È sufficiente dimostrare in giudizio di smaltire autonomamente i rifiuti speciali per ottenere l’esenzione dalla TARI?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’esenzione non è automatica e il contribuente ha l’onere di comunicare formalmente al Comune le aree produttive di rifiuti speciali, che si intendono escludere dalla tassazione, attraverso la denuncia originaria o una successiva denuncia di variazione.

A chi spetta l’onere di provare i presupposti per l’esenzione dalla tassa sui rifiuti?
L’onere della prova grava interamente sul contribuente. Sebbene l’amministrazione debba provare il presupposto generale dell’imposta (l’occupazione o detenzione di locali), spetta all’impresa che chiede l’esenzione dimostrare, e prima ancora dichiarare, l’esistenza delle condizioni specifiche per non pagare il tributo su determinate aree.

La pendenza di un altro giudizio tra le stesse parti per anni d’imposta diversi obbliga il giudice a sospendere il processo?
No. La Corte ha chiarito che non sussistono i presupposti per la sospensione necessaria del processo per il solo fatto che sia pendente un altro giudizio tributario tra gli stessi soggetti, qualora questo riguardi annualità d’imposta diverse dello stesso tributo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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