Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12902 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12902 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 14/05/2025
Tarsu Tia Tares Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5410/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (00266600105), in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL che la rappresenta e difende unitamente a ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; avvgiovannarizzardoEMAIL);
-ricorrente –
contro
Comune di Pozzolo Formigaro (P_IVA), in persona del suo Sindaco p.t. , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1064/1/17, depositata il 6 luglio 2017, della Commissione tributaria regionale del Piemonte;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 27 marzo 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 1064/1/17, depositata il 6 luglio 2017, la Commissione tributaria regionale del Piemonte ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso le impugnazioni di (quattro) avvisi di pagamento emessi dal Comune di Pozzolo Formigaro in relazione alla TARES (anno 2013) ed alla TARI (anni 2014 e 2015) dovute dalla contribuente.
1.1 -A fondamento del decisum , e per quel che qui rileva, il giudice del gravame ha considerato che:
la disposizione di cui alla l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 649 andava interpretata -nell’endiadi che aveva ad oggetto la produzione di rifiuti speciali «in via continuativa e prevalente» – nel senso che «i rifiuti speciali devono rappresentare la più parte di quelli derivanti dall’attività produttiva svolta su determinate aree, sempre tuttavia considerando che se vi è una prevalenza per complementarietà vi deve essere necessariamente una parte «minoritaria» di produzioni di rifiuti non speciali.»; a fronte, pertanto, di detta «promiscuità» nella produzione di rifiuti (speciali e urbani) doveva trovare applicazione la disposizione che contemplava riduzioni della quota variabile del tributo per rifiuti speciali avviati al riciclo dal suo produttore, così che «per la parte minoritaria il soggetto detentore dei locali deve comunque corrispondere il tributo all’ente locale.»;
la contribuente, peraltro, non aveva dato prova della produzione esclusiva di rifiuti speciali sulle superfici sottoposte a tassazione né, a fronte delle sue allegazioni, aveva offerto riscontro probatorio in ordine
al «come nell’area in contestazione all’epoca dei fatti di cui è causa fossero trattati questi prodotti e come gli stessi fossero rifiuti speciali da essa direttamente fatti smaltire.»;
-nemmeno poteva tenersi conto dell’invocato difetto di contestazione in quanto dette allegazioni involgevano fatti noti (solo) alla stessa contribuente;
-per di più, il Comune aveva precisato -in esito alla rideterminazione delle superfici tassabili -che doveva rimaner per ferma la tassazione della superfice destinata «ad uffici e deposito sulla quale, unitamente all’area scoperta di mq. 2.370, viene applicata la riduzione del 50% della parte variabile della tariffa», così che emergeva il difetto di prova dell’esclusiva produzione di rifiuti speciali su dette aree.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi; il Comune di Pozzolo Formigaro resiste con controricorso, ed ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2727 cod. civ., agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., alla l. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 6, comma 4, e 10, comma 1, ed alla l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 649;
-sulla premessa che vengono in considerazione «fatti noti» all’ente impositore -con riferimento, in specie, alla tipologia dell’attività svolta da essa esponente (quale operatore logistico) -si assume, in sintesi, che -consistendo l’attività svolta nel «disimballaggio e nella spedizione
di merce (caffè verde) verso gli impianti di lavorazione ed altre unità produttive (torrefazioni)» – i rifiuti prodotti non potevano che derivare «dal disimballaggio (carta e cartone e materiali misti)»;
né poteva dubitarsi che -per l’appunto, in via continuativa e prevalente -nel magazzino/deposito si producessero rifiuti da imballaggi terziari del cui recupero essa esponente si era occupata a proprio carico (così come comprovato con i prodotti Modelli unici di dichiarazione, cd. MUD);
1.2 -il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione della l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 649, primo e terzo periodo, nonché di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, deducendo la ricorrente che:
nella fattispecie -e diversamente da quanto rilevato dalla gravata sentenza in punto di produzione esclusiva di rifiuti speciali -essa esponente aveva dedotto che la detassazione del magazzino/deposito, e delle aree scoperte operative, conseguiva dallo stesso riconoscimento operato dall’Ente impositore a riguardo di superfici (anch’esse) detassate (in quanto produttive di rifiuti speciali non assimilabili), e posto che dette superfici si ponevano , per l’appunto, in rapporto di asservimento alle superfici produttive detassate;
contesto, questo, nel quale il cennato asservimento costituiva fatto noto all’Ente impositore in quanto le aree in questione risultavano deputate alla movimentazione, ed al deposito, di materie prime e merci trattate nell’impianto oggetto di detassazione .
-I due motivi -che vanno congiuntamente esaminati siccome connessi, e che pur prospettano profili di inammissibilità -sono destituiti di fondamento, e vanno senz’altro disattesi .
3. -Con riferimento alla Tares -ed alla disposizione di cui al d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 art. 14, comma 10, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, secondo il cui disposto «Nella determinazione della superficie assoggettabile al tributo non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano di regola rifiuti speciali, a condizione che il produttore ne dimostri l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.» – la Corte ha già avuto modo di rilevare che il nesso di strumentalità, e di asservimento, che determina un collegamento funzionale con l’area produttiva, destinata alla lavorazione industriale, non esclude ex se l’applicazione del tributo per le superfici serventi (in particolare destinate a magazzino o deposito) non essendo stato previsto tale collegamento funzionale fra aree come causa di esclusione dalla tassazione (v., ex plurimis , Cass., 23 gennaio 2024, n. 2268; Cass., 13 dicembre 2022, n. 36472; Cass., 22 dicembre 2016, n. 26725; Cass., 4 dicembre 2009, n. 25573; Cass., 30 luglio 2009, n. 17724; Cass., 18 dicembre 2003, n. 19461).
Per di più la Corte ha rimarcato che, tenuto conto della normativa posta dal d.l. n. 201 del 2011, art. 14, cit., ben possono trovare applicazione gli stessi principi di diritto posti dalla Corte con riferimento alla TARSU (Cass., 11 gennaio 2022, n. 532); così che lo stabilire se determinati locali di uno stesso edificio, benché destinati ad uffici, depositi, mostre ecc. e non propriamente all’attività produttiva, siano parimenti idonei, o meno, a produrre rifiuti speciali, costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito (Cass., 22 dicembre 2016, n. 26725; Cass., 11 agosto 2004, n. 15517; Cass., 17 febbraio 1996, n. 1242) e la nozione di «superficie … ove si formano di regola rifiuti speciali» (art. 14, comma 10, cit.; v. il previgente d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, comma 3) va interpretata nel senso che l’esclusione dalla tassa riguarda la sola «parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano solo rifiuti speciali» (Cass.,
13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 4 aprile 2012, n. 5377; v., altresì, Cass., 24 luglio 2014, n. 16858).
3.1 -Analoghi principi la Corte ha espresso, in parte, in tema di TARI, essendosi rilevato, come già statuito con riferimento alla TARSU, che:
il presupposto impositivo della TARI è costituito dalla disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e, dunque, la tassa è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, con una presunzione iuris tantum di produttività che può essere superata solo dalla prova contraria del detentore dell’area (Cass., 9 marzo 2020, n. 6551; Cass., 23 maggio 2019, 14037; Cass., 14 settembre 2016, n. 18054; Cass., 23 settembre 2004, n. 19173; Cass., 18 dicembre 2003, n. 19459);
tanto le deroghe alla tassazione quanto le riduzioni delle superfici e tariffarie non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di variazione (Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde Cass., 17 settembre 2019, n. 23059; Cass., 3 marzo 2010, n. 5036; Cass., 15 aprile 2005, n. 7915; v., altresì, Cass., 23 febbraio 2018, n. 4602; Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 31 luglio 2015, n. 16235; nonché, tra le stesse parti, Cass., 12 dicembre 2019, n. 32741, cit.).
3.2 – Quanto, invece, alla disposizione di cui alla l. n. 147 del 2013, art. 1, comma 649, cit., -secondo la quale «Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune
disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati. Con il medesimo regolamento il comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assi milazione …» , – la Corte ha rimarcato che l’esenzione dal tributo -che, a differenza del previgente règime (d. lgs. n. 507/1993, art. 62, c. 3) che lo correlava a quella parte di superficie «ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti» (v. Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 24 luglio 2014, n. 16858; Cass., 4 aprile 2012, n. 5377), è ora prevista per quella parte di superficie ove i rifiuti speciali si formino «in via continuativa e prevalente», ed a condizione che i produttori (tenuti a provvedere a proprie spese) «ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.», -integra, pur sempre, l’oggetto di un’allegazione il cui onere della prova grava sul contribuente che intende ottenere l’esenzione, in quanto, se è vero che l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazio ne tributaria grava sull’amministrazione, il diritto all’esenzione va provato dal contribuente, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (Cass., 16 aprile 2019, 10634; Cass., 5 settembre 2016, n. 17622; Cass., 24 luglio 2014, n. 16858; Cass., 6 luglio 2012, n. 11351; Cass., 9 marzo 2012, n. 3756; Cass., 14 gennaio 2011, n. 775).
3.3 -La disposizione appena sopra richiamata (art. 1, comma 649) ha, in effetti, una struttura tripartita in quanto contempla:
superfici che vengono detassate perché ivi «si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali» (sempreché oggetto di «trattamento in conformità alla normativa vigente» da parte del relativo produttore);
superfici di produzione di rifiuti speciali assimilati agli urbani, che usufruiscono di una riduzione della quota variabile del tributo in proporzione «alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati»;
(ancora una volta) superfici oggetto di detassazione perché costituite da «magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di … attività produttive» di rifiuti speciali non assimilabili (magazzini, questi, cui «si estende il divieto di assimilazione»).
Mentre, allora, – e diversamente da quanto ritenuto dal giudice del gravame la cui pronuncia va sul punto corretta -la formazione «continuativa e prevalente» di rifiuti speciali (non riconducibili al potere di assimilazione il cui legittimo esercizio ascriverebbe la superfice di produzione dei relativi rifiuti assimilati alla categoria della riduzione tariffaria) dà senz’altro titolo alla detassazione, il collegamento di magazzini di materie prime e di merci alle aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili deve risultare strettamente funzionale, ed esclusivo, di modo che non possa concepirsi una loro utilizzazione (e la loro stessa esistenza) in assenza di quelle aree di produzione dei rifiuti speciali ; e con la conseguenza che l’autonoma (ed ulteriore) produzione di rifiuti, per lo svolgimento di specifiche attività nei magazzini così considerati, ne ascriverebbe il règime a quello previsto nelle precedenti disposizioni (di detassazione o di riduzione tariffaria),
secondo la rispettiva connotazione qualitativa (di assimilabilità o meno) e quantitativa (in termini di continuità prevalente o meno) dei rifiuti (così) ulteriormente prodotti.
3.4 -Ne consegue, allora, che mentre debbono ritenersi inammissibili le censure che devolvono alla Corte un (non consentito) riesame del merito del giudizio – avuto riguardo ai rilievi svolti dalla gravata sentenza in punto tanto di difetto di prova della tipologia dei rifiuti prodotti, e del loro stesso trattamento in conformità alla normativa vigente, quanto di riconoscimento di una (mera) riduzione del tributo (della parte variabile della tariffa), – alla stessa stregua di detti rilievi destituita di fondamento rimane la censura di violazione di legge con riferimento al dedotto asservimento di superfici alle attività produttive che hanno comportato, nella fattispecie, la citata riduzione tariffaria.
Come la Corte ha in più occasioni precisato, difatti, la natura dei rifiuti prodotti -con gli stessi processi di lavorazione produttivi di rifiuti -non possono essere desunti ex se dalla natura dell’attività svolta dalla contribuente (Cass., 28 marzo 2023, n. 8753); e, come ben rilevato dal giudice del gravame, la non contestazione può operare (solo) in relazione ai fatti che rientrino nella sfera di dominio della parte processuale nei cui confronti si invoca (v., per tutte, Cass., 1 febbraio 2021, n. 2174).
-Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese processuali che liquida in € 5.513,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il proposto ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2025.