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Esenzione TARI: quando si paga la quota fissa?

Una società che produce prevalentemente rifiuti speciali (imballaggi terziari) e li smaltisce autonomamente ha diritto all’esenzione TARI solo per la parte variabile del tributo. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13455/2024, ha stabilito che la quota fissa della TARI resta sempre dovuta, in quanto copre i costi generali del servizio di gestione dei rifiuti a beneficio dell’intera collettività, a prescindere dall’effettivo utilizzo del servizio pubblico di raccolta.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione TARI per rifiuti speciali: la quota fissa è sempre dovuta

L’esenzione TARI per le aziende che producono e smaltiscono autonomamente i propri rifiuti speciali è un tema di grande attualità, che spesso genera contenziosi tra contribuenti ed enti locali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 13455 del 15 maggio 2024, ha fornito un chiarimento fondamentale, stabilendo un principio netto: l’esenzione si applica solo alla parte variabile del tributo, mentre la quota fissa resta sempre dovuta.

I fatti del caso

Una società operante nel settore delle rappresentanze si opponeva a un avviso di pagamento TARI emesso da un Comune, sostenendo di avere diritto a un’esenzione totale o parziale. L’azienda dimostrava che, su una vasta area dei propri locali, venivano prodotti in via continuativa e prevalente esclusivamente rifiuti speciali, in particolare imballaggi terziari. Questi rifiuti non venivano conferiti al servizio pubblico, ma smaltiti autonomamente e a proprie spese tramite ditte specializzate.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione alla società, escludendo dalla tassazione le superfici destinate alla produzione di tali rifiuti. Il Comune, ritenendo errata tale decisione, ha proposto ricorso in Cassazione.

La distinzione chiave nell’esenzione TARI

La Corte di Cassazione ha analizzato la struttura della TARI, ricordando che essa si compone di due parti distinte:

1. La Quota Variabile: Calcolata in base alla quantità di rifiuti che si presume vengano prodotti, è la parte destinata a coprire i costi diretti del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento. Se un’azienda dimostra di non produrre rifiuti urbani ma solo rifiuti speciali, che smaltisce in autonomia, non utilizza di fatto questo servizio. Di conseguenza, è corretto esentarla dal pagamento di questa quota.

2. La Quota Fissa: Questa componente non è legata alla produzione effettiva di rifiuti, ma copre i costi generali e indivisibili del servizio a beneficio dell’intera collettività. Include gli investimenti per le infrastrutture, gli ammortamenti degli impianti, i costi amministrativi e di spazzamento delle strade. Il presupposto di questa quota è il semplice possesso o la detenzione di locali potenzialmente idonei a produrre rifiuti, a prescindere dal fatto che vengano conferiti al servizio pubblico.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha rigettato i primi tre motivi di ricorso del Comune, confermando che i rifiuti derivanti da imballaggi terziari sono classificati come speciali e non possono essere assimilati a quelli urbani tramite regolamento comunale. Pertanto, l’esenzione dalla quota variabile era legittima.

Tuttavia, la Cassazione ha accolto il quarto motivo di ricorso, ritenendo fondata la pretesa del Comune sul pagamento della quota fissa. Secondo i giudici, esentare totalmente un’impresa dalla TARI solo perché smaltisce in proprio i rifiuti speciali sarebbe irrazionale. L’azienda, infatti, beneficia comunque dei servizi indivisibili che la quota fissa finanzia (come la pulizia delle strade o la gestione generale delle infrastrutture ambientali) e occupa un immobile che, per sua natura, rappresenta un potenziale carico per la gestione dei rifiuti a livello comunale.

Il principio stabilito è che tutti i possessori di locali all’interno del territorio comunale devono contribuire ai costi di investimento e di disponibilità del servizio, indipendentemente dall’utilizzo diretto dello stesso. La quota fissa serve a garantire la copertura integrale dei costi del servizio, come previsto dalla legge (L. 147/2013).

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione fissa un punto fermo per le imprese: la dimostrazione di produrre e smaltire autonomamente rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani consente di ottenere l’esenzione dalla sola quota variabile della TARI. La quota fissa, invece, rimane dovuta in quanto legata non alla produzione di rifiuti ma al possesso di superfici che beneficiano indirettamente dell’esistenza di un servizio di igiene urbana. Questa decisione impone alle aziende una valutazione attenta della propria posizione tributaria, distinguendo nettamente le due componenti del tributo per evitare futuri contenziosi.

Un’azienda che produce e smaltisce autonomamente solo rifiuti speciali deve pagare la TARI?
Sì, ma solo in parte. Secondo la Corte di Cassazione, l’azienda ha diritto all’esenzione dalla quota variabile del tributo (legata ai costi di raccolta e smaltimento), ma è comunque tenuta a versare per intero la quota fissa, che copre i costi generali e indivisibili del servizio.

I Comuni possono decidere con un proprio regolamento di assimilare gli imballaggi terziari (rifiuti speciali) ai rifiuti urbani?
No. La normativa nazionale vieta questa assimilazione. La Corte di Cassazione ha chiarito che i regolamenti comunali che prevedono diversamente sono illegittimi e devono essere disapplicati dal giudice tributario.

Perché la quota fissa della TARI è dovuta anche se non si utilizza il servizio di raccolta comunale?
La quota fissa è dovuta perché non remunera il servizio di raccolta puntuale, ma finanzia i costi indivisibili del servizio di gestione dei rifiuti a beneficio dell’intera collettività. Si basa sul mero presupposto del possesso o della detenzione di locali potenzialmente idonei a produrre rifiuti, e copre costi come investimenti in impianti, ammortamenti e la pulizia generale del territorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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