Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8595 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8595 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12897/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Roma, alla INDIRIZZO (C.F.: P_IVA, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante Dott. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, nato a Reggio Calabria il 23.7.1961 e residente in Roma, alla INDIRIZZO, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, nato a Roma il 2 luglio 1962 (C.F.: CODICE_FISCALE; pec: EMAIL; fax: NUMERO_TELEFONO), ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
Roma Capitale (C.F.: P_IVA), in persona del sindaco in carica pro tempore NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso gli uffici
Avviso accertamento Tares/Tari – Dichiarazione Tari
dell’Avvocatura Capitolina siti in Roma, INDIRIZZO rappresentata e difesa nel corso del presente giudizio dall’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; fax: NUMERO_TELEFONO; pecEMAIL), in virtù di procura speciale alle liti in calce al controricorso;
– controricorrente –
-avverso la sentenza 5073/3/2021 emessa dalla CTR Lazio il 11/11/2021 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Roma Capitale proponeva appello avverso la sentenza con la quale la CTP di Roma aveva accolto il ricorso (compensando le spese perché la società non aveva presentato la dichiarazione Tari) della RAGIONE_SOCIALE contro un avviso di accertamento Tares/Tari per gli anni 2013-2017 e per il primo semestre 2018, per omessa dichiarazione della superficie imponibile di mq 96 relativa all’occupazione di un locale sito alla INDIRIZZO
La CTR del Lazio accoglieva il gravame, affermando che, in assenza della dichiarazione prevista dall’art. 8, comma 6, del Regolamento Tari (di cui alla deliberazione A.C. del 20.3.2015, n. 12), in ordine alla mancata produzione di rifiuti speciali non assimilabili agli urbani, la contribuente non poteva beneficiare dell’esenzione dall’imposta e, quanto alle sanzioni, che andava applicato il principio del cumulo giuridico di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 472/1997.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi. Roma Capitale ha resistito con controricorso. In prossimità dell’adunanza camerale la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, commi 641, 642, 649 e 684, l. n. 147/2013, 62 d.P.R. n. 507/1993 e 8 Regolamento Tari di Roma Capitale (approvato con
deliberazione A.C. del 18.7.2014, n. 33, e modificato con deliberazione A.C. del 20.3.2015, n. 12), per aver la CTR ritenuto che la dichiarazione Tari rappresentasse una condicio sine qua non per beneficiare dell’esenzione dall’imposta, laddove si era in presenza di una fattispecie di esclusione ex lege .
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 Cost., 36, comma 2, n. 4), d.lgs. n. 546/1992, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 4), c.p.c. e 62 d.lgs. n. 546/1992, per aver la CTR reso una motivazione apparente a manifestamente illogica, ritenendo che la dichiarazione di cui all’art. 8, comma 6, del regolamento comunale costituirebbe la condicio sine qua non per godere del diritto alla non tassazione della superficie accertata, laddove si trattava di un onere meramente formale e non previsto a pena di decadenza.
Il secondo motivo, da trattare prioritariamente ai sensi del secondo comma dell’art. 276 c.p.c., è infondato.
E’ ormai noto come le Sezioni Unite (sentenza n. 8053 del 2014) abbiano fornito una chiave di lettura della riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, nel senso di una riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con conseguente denunciabilità in cassazione della sola “anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione. E’ stato altresì precisato che (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso
obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111, sesto comma, Cost.), e cioè dell’art. 132, sesto comma, n. 4, c.p.c. (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’ iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata (cfr. Cass. nn. 2876/2017 e 1461/2018).
Orbene, nel caso di specie, la CTR, con motivazione congrua sul piano logicoformale e senz’altro al di sopra del cd. minimo costituzionale, ha affermato che, in assenza della dichiarazione prevista dall’art. 8, comma 6, del Regolamento Tari (di cui alla deliberazione A.C. del 20.3.2015, n. 12), in ordine alla mancata produzione di rifiuti speciali non assimilabili agli urbani, la contribuente non poteva beneficiare dell’esenzione dall’imposta, rappresentando la detta dichiarazione condicio sine qua non per godere del diritto alla non tassazione.
Il primo motivo è infondato, sia pure rendendosi necessario correggere la motivazione resa dalla CTR.
Rappresenta un principio ormai consolidato quello secondo cui la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), in virtù dell’art. 62, primo comma, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, che costituisce previsione di carattere generale, è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti (ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni); ne consegue che sia le deroghe alla tassazione indicate dal secondo comma del medesimo art. 62 (<>), sia le riduzioni delle tariffe stabilite dal successivo art. 66 non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denunzia originaria o in quella di variazione (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 3772 del 15/02/2013).
Invero, il presupposto della tassa di smaltimento dei rifiuti ordinari solidi urbani, secondo l’art. 62 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti: l’esenzione dalla tassazione di una parte delle aree utilizzate perché ivi si producono rifiuti speciali, come pure l’esclusione di parti di aree perché inidonee alla produzione di rifiuti, sono subordinate all’adeguata delimitazione di tali spazi ed alla presentazione di documentazione idonea a dimostrare le condizioni dell’esclusione o dell’esenzione; il relativo onere della prova incombe al contribuente (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 17703 del 02/09/2004; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 13086 del 01/06/2006, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 17599 del 29/07/2009). In applicazione di questo principio, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11351 del 06/07/2012 ha confermato la sentenza impugnata che, in relazione ad un locale adibito al ricovero dell’automezzo privato del proprietario, aveva ritenuto applicabile la tassa in assenza della prova dell’inidoneità dell’immobile a produrre rifiuti e di apposita dichiarazione all’Autorità in ordine a tale circostanza.
In particolare, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), spetta al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che pertanto non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione dell’art. 62, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1993, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all’amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria (nella specie, l’occupazione di aree nel territorio
comunale), per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato (oltre all’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 70 del d.lgs. n. 507 del 1993) un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 21250 del 13/09/2017; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 2623 del 27/01/2023).
La TARSU è dovuta, a norma dell’art. 62 del d.lgs. n. 507 del 1993, per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte (a qualsiasi uso adibite, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni) e dei locali e delle aree che, per la loro natura o il particolare uso cui sono stabilmente destinate, o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità, non possono produrre rifiuti: tali esclusioni non sono, tuttavia, automatiche, perché ponendo la norma una presunzione iuris tantum di produttività, superabile solo dalla prova contraria del detentore dell’area, dispone altresì che le circostanze escludenti la produttività e la tassabilità siano dedotte “nella denuncia originaria” o in quella “di variazione”, e siano debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione. L’art. 66 del d.lgs. cit. contempla, diversamente, dei temperamenti dell’imposizione per le situazioni che obiettivamente possono comportare una minore utilizzazione del servizio, come nel caso dell’uso stagionale o non continuativo in situazioni che danno luogo ad una riduzione percentuale della tariffa, risultanti dalla licenza rilasciata dai competenti organi per l’esercizio dell’attività, regolando in modo peculiare la fattispecie e ponendo a carico del contribuente un onere di dichiarazione e di prova delle situazioni fattuali (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 31460 del 03/12/2019).
4.1. Anche a voler dare per non contestato che la odierna contribuente producesse, nell’esercizio di attività sanitaria (cfr., comunque, in tal senso la documentazione anagrafica, la planimetria dell’immobile e l’autorizzazione n. 98 rilasciata dal Comune di Roma in data 23.9.2002
appunto per l’esercizio dell’attività medica), prevalentemente (producendo solo in misura trascurabile rifiuti urbani), negli anni oggetto di imposizione, rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani, non incide sulla conclusione cui si è pervenuti la circostanza che solo a partire dal periodo di imposta 2015 (e, quindi, senza portata retroattiva), a seguito delle modifiche introdotte con la deliberazione A.C. n. 33 del 2015, il Regolamento Tari di Roma Capitale, con il comma 6 dell’art. 8, <>, pone a carico del contribuente l’onere di <>.
Invero, a voler prestare adesione alla tesi della contribuente, secondo cui i rifiuti da essa prodotti non rientrano nei menzionati commi 3 e 4, bensì nel secondo comma dell’art. 8 , una volta che, con la deliberazione A.C. n. 33 del 2015 (che ha introdotto il riportato comma 6), è stata altresì eliminata, con decorrenza dall’anno d’imposta 2015, la fattispecie in precedenza contemplata dalla lett era g) del comma 2 dell’art. 8, rappresentando le ipotesi di esclusione ex lege della tassa fattispecie tassative, non vi sarebbe una disciplina regolamentare di quella in esame.
Del resto, il comma 6 in precedenza riprodotto è stato introdotto, con la deliberazione di Assemblea Capitolina n. 12 del 20 marzo 2015, contestualmente all’abolizione della fattispecie sub g) dell’art. 8, laddove nella versione introdotta con la deliberazione n. 33 del 2014 non era regolamentato l’onere di denuncia per il quale, per l’effetto, occorreva guardare alla disciplina statuale.
Deve, quindi, ritenersi che, in difetto di una regolamentazione specifica a livello locale, trovi applicazione la disciplina normativa generale, in precedenza riportata.
Permane, pertanto, i n quest’ultima evenienza, ex ante un ‘obbligo dichiarativo’, non essendo sufficiente il solo onere di dimostrare ex post la tipologia di rifiuti prodotti in prevalenza e l’avvenuto smaltimento in proprio degli stessi nel rispetto del d.P.R. n. 254/2003.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 2.410 ,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 27.3.2025.