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Esenzione TARI luoghi di culto: non è automatica

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito che l’esenzione TARI per i luoghi di culto non è automatica. Un’associazione religiosa si era opposta a un avviso di pagamento TARI emesso da un Comune, sostenendo il proprio diritto all’esenzione. La Corte ha chiarito che, per beneficiare dell’esclusione dal tributo, non è sufficiente la mera destinazione dell’immobile all’attività di culto. È invece necessario che il contribuente dimostri l’effettiva inidoneità dell’immobile a produrre rifiuti urbani. La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello, che aveva confermato l’esenzione senza un adeguato accertamento in fatto, rinviando la causa per un nuovo esame.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione TARI luoghi di culto: non basta la destinazione, serve provare la non produttività di rifiuti

L’esenzione TARI per i luoghi di culto è un tema di grande interesse per numerose associazioni ed enti religiosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che tale esenzione non è un diritto automatico legato alla semplice destinazione d’uso dell’immobile. Al contrario, spetta al contribuente dimostrare concretamente che l’immobile, per le sue caratteristiche e il suo utilizzo, non è in grado di produrre rifiuti urbani. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dall’impugnazione di un avviso di pagamento per la TARI (Tassa sui Rifiuti) da parte di un’associazione religiosa nei confronti di un grande Comune italiano. L’associazione sosteneva di aver diritto all’esenzione in quanto l’immobile in questione era destinato a sede legale e allo svolgimento di attività di culto.

Il contenzioso vedeva inizialmente l’associazione vittoriosa sia in primo che in secondo grado. Tuttavia, il Comune decideva di ricorrere per cassazione, lamentando un’errata applicazione della normativa e un difetto di motivazione da parte del giudice d’appello. In particolare, il Comune contestava il fatto che l’esenzione fosse stata riconosciuta sulla base di una presunzione, senza un accertamento effettivo sull’incapacità dell’immobile di produrre rifiuti. Inoltre, il giudice d’appello aveva fondato la sua decisione richiamando la motivazione di una sentenza emessa in un altro caso, una pratica nota come motivazione per relationem.

La decisione della Cassazione sull’esenzione TARI per i luoghi di culto

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Comune, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo giudice. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi: uno di natura procedurale, relativo alla motivazione della sentenza, e uno di natura sostanziale, riguardante i presupposti per l’esenzione dalla TARI.

La motivazione “per relationem”: un richiamo non sufficiente

In primo luogo, la Corte ha censurato il metodo con cui il giudice d’appello ha motivato la sua decisione. Richiamare integralmente la motivazione di un’altra sentenza, resa in una diversa controversia, non è sufficiente. Una motivazione per relationem è valida solo se il giudice riproduce i contenuti rilevanti e li sottopone a una valutazione critica autonoma, dimostrando di averli fatti propri nel contesto specifico della causa in esame. Nel caso di specie, il semplice rinvio a un precedente di merito è stato considerato una motivazione apparente, incapace di dar conto delle ragioni specifiche della decisione.

Il Principio “Chi Inquina Paga” e l’Onere della Prova

Sul piano sostanziale, la Corte ha ribadito che il presupposto della TARI è l’occupazione o la detenzione di locali e aree suscettibili di produrre rifiuti urbani. L’esenzione, pertanto, non può derivare dalla mera qualifica di un immobile come “luogo di culto”.

La normativa sulla TARI prevede esclusioni per le aree che, per loro natura o per il particolare uso, non possono produrre rifiuti. Tuttavia, queste esclusioni non sono automatiche. La legge istituisce una presunzione iuris tantum (relativa) di produttività di rifiuti per ogni immobile occupato. Spetta quindi al contribuente, che vuole beneficiare dell’esenzione, superare tale presunzione. Questo significa che l’associazione religiosa aveva l’onere di provare che il proprio immobile, a causa delle sue specifiche caratteristiche strutturali e delle modalità di utilizzo, era oggettivamente inidoneo alla produzione di rifiuti.

Le Motivazioni

La Corte ha sottolineato che un regolamento comunale precedente, che riconosceva una presunzione di esenzione per gli edifici di culto, era stato abrogato. Di conseguenza, a partire dal periodo d’imposta in questione, anche tali edifici sono soggetti alla regola generale, potendo beneficiare dell’esclusione solo in caso di accertata inidoneità alla produzione di rifiuti urbani. La destinazione a culto può essere un elemento di valutazione, ma solo se si traduce in una modalità di utilizzo che, di fatto, non genera spazzatura.

La valutazione deve essere concreta e non astratta. Il giudice di merito, al quale la causa è stata rinviata, dovrà quindi accertare in punto di fatto l’effettiva inidoneità dell’immobile a produrre rifiuti, basandosi su elementi oggettivi e prove fornite dal contribuente. La Corte ha anche chiarito che eventuali giudicati favorevoli all’associazione per annualità fiscali diverse non sono automaticamente estensibili, poiché la condizione di produttività dei rifiuti è variabile e deve essere accertata per ogni singolo periodo d’imposta.

Le Conclusioni

In conclusione, la pronuncia della Cassazione stabilisce un principio chiaro: l’esenzione TARI per i luoghi di culto non è un’agevolazione automatica. Per ottenerla, non è sufficiente invocare la natura religiosa dell’attività svolta. È indispensabile fornire la prova rigorosa che l’immobile, per le sue specifiche condizioni, non è suscettibile di produrre rifiuti. Questa decisione rafforza il principio comunitario “chi inquina paga” e pone l’onere della prova a carico del contribuente, richiedendo ai giudici di merito un accertamento fattuale approfondito e non basato su mere presunzioni.

Un luogo di culto è automaticamente esente dal pagamento della TARI?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’esenzione non è automatica. La mera destinazione di un immobile a luogo di culto non è sufficiente per giustificare l’esclusione dal tributo. L’esenzione è concessa solo se l’immobile è oggettivamente inidoneo a produrre rifiuti urbani.

Su chi ricade l’onere di provare che un immobile non produce rifiuti ai fini dell’esenzione TARI?
L’onere della prova ricade interamente sul contribuente. La legge presume che tutti i locali occupati o detenuti siano suscettibili di produrre rifiuti. Spetta quindi a chi richiede l’esenzione (in questo caso, l’associazione religiosa) dimostrare, con prove concrete, che il proprio immobile fa eccezione a questa regola generale.

Una sentenza che si limita a richiamare le motivazioni di un’altra decisione è valida?
No, non è valida se il richiamo è acritico e non personalizzato. Una motivazione ‘per relationem’ è legittima solo se il giudice riproduce i contenuti dell’atto richiamato e li fa oggetto di una propria valutazione critica e autonoma, in modo da rendere comprensibile il percorso logico-giuridico seguito per decidere il caso specifico. Un mero rinvio a un’altra sentenza costituisce una motivazione apparente, che rende nulla la decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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