Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2268 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2268 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4016/2023 R.G. proposto da
NOME COGNOME, NOME NOME e NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio de ll’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Sindaco p.t. , con domicilio eletto in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvAVV_NOTAIO NOME COGNOME , rappresentato e difeso dall’avvAVV_NOTAIO NOME COGNOME e dall’avvAVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-controricorrente –
Tarsu Tia Tares Accertamento
avverso la sentenza n. 1425/2022, depositata il 7 dicembre 2022 e notificata in data 13 dicembre 2022, della Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Toscana;
Udita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 22 novembre 2023, dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udit o l’AVV_NOTAIO per il controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 1425/2022, depositata il 7 dicembre 2022 e notificata in data 13 dicembre 2022, la Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Toscana ha rigettato l’appello proposto dalla NOME COGNOME, NOME NOME e NOME COGNOME, SRAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di omesso pagamento emesso dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in relazione alla Tares dovuta dalla stessa appellante per l’anno 2013 .
Il giudice del gravame ha rilevato che dovevano condividersi le conclusioni cui era pervenuto il giudice del primo grado di giudizio «la cui fondatezza, sotto il profilo fattuale e normativo, non validamente contrastata da quanto dedotto dall’appellante » ed ha rimarcato che dette conclusioni trovavano riscontro negli approdi della giurisprudenza di legittimità, così che legittimamente doveva ritenersi esclusa da tassazione « l’area destinata a laboratorio ove si producono
rifiuti speciali» e non anche « l’area non destinata alla produzione ma collegata funzionalmente alla prima».
– NOME COGNOME, di NOME e NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 art. 14, comma 10, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, e deduce che:
operando essa esponente «nel settore della lavorazione delle lamiere d’acciaio » -con produzione di scarti industriali che costituiscono rifiuti speciali non assimilabili in quanto non presi in considerazione nemmeno dalla deliberazione del Comitato interministeriale del 27 luglio 1984 -il decisum del giudice del gravame si fondava « sull’errore consistente nell’aver ritenuto che l’opificio fosse composto da diverse sezioni, alcune delle quali adibite a deposito e magazzino» quando si trattava (diversamente) «di un capannone unico, senza suddivisione alcuna in magazzini e aree di stoccaggio»;
lo stesso Ente impositore aveva sottoposto a tassazione « l’intera superficie dell’opificio considerando le ‘aree’ indicate come magazzino come se fossero ‘stanze’ separate dall’attività di lavorazione industriale. In realtà, come risulta a dir poco evidente confrontando le fotografie allegate e la planimetria de llo stabile, il ‘magazzino’ altro non è che una superficie immaginaria adiacente al macchinario industriale che lavora il metallo e nel quale, semplicemente, viene appoggiata il rotolo di lamiera che viene poi successivamente lavorato»;
la gravata sentenza aveva confermato la decisione di prime cure che, però, si fondava «su un evidente errore concettuale, cioè che ci
fosse stato un accertamento d’ufficio sottoscritto dalla Contribuente, quando in realtà si trattava dell’originaria dichiarazione tassa rifiuti presentata nel 1999 (documento allegato quale doc. 3 al ricorso in appello r.g.a. n. 1039/2019) dove erano state indicate le superfici che compongono l’opificio e che sono adibite alla lavorazione industriali con espressa richiesta di esenzione di tali aree»;
-per di più, quand’anche la tassazione fosse stata operata in conformità alla dichiarazione presentata da essa esponente, il giudice del gravame avrebbe dovuto considerare che una siffatta dichiarazione rimaneva suscettibile di emenda e che la originaria denuncia era stata, per l’appunto, « emendata ed opposta in ogni sede dalla Società, che ha documentalmente dimostrato sia la natura del rifiuto prodotto sia l’intervenuto smaltimento a propria cura ».
Il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di «motivazione apparente della sentenza di appello» assumendo la ricorrente che la gravata sentenza -nel condividere la pronuncia di prime cure con una «espressione di stile che, nel giudizio di merito, deve essere accompagnata da una valutazione delle prove offerte dalle parti» – non aveva in alcun modo indicato «gli elementi di fatto da cui è stato tratto il convincimento della natura del capannone» né era entrata «nel merito, nemmeno minimamente, della natura dell’opificio della Ricorrente, laddove nel processo di merito era stato evidenziato che si tratta di un unico capannone NON diviso in magazzini e/o laboratori».
-Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
2.1 -Come anticipato, il giudice del gravame -dando applicazione alla disposizione di cui al d.l. n. 201 del 2011, art. 14, comma 10, cit. (alla cui stregua «Nella determinazione della superficie assoggettabile al tributo non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano di regola rifiuti speciali, a condizione che il produttore ne dimostri
l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.»), e richiamando, al riguardo, l’orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità -ha, in buona sostanza, ritenuto che il nesso di strumentalità, e di asservimento, che determina un collegamento funzionale con l’area produttiva, destinata alla lavorazione industriale, non esclude ex se l’applicazione del tributo per le superfici serventi (in particolare destinate a magazzino o deposito) non essendo stato previsto tale collegamento funzionale fra aree come causa di esclusione dalla tassazione (v., ex plurimis , Cass., 13 dicembre 2022, n. 36472; Cass., 22 dicembre 2016, n. 26725; Cass., 4 dicembre 2009, n. 25573; Cass., 30 luglio 2009, n. 17724; Cass., 18 dicembre 2003, n. 19461).
Per di più la Corte ha, più di recente, rimarcato che, tenuto conto della normativa posta dal d.l. n. 201 del 2011, art. 14, cit., ben possono trovare applicazione gli stessi principi di diritto posti dalla Corte con riferimento alla TARSU (Cass., 11 gennaio 2022, n. 532); così che lo stabilire se determinati locali di uno stesso edificio, benché destinati ad uffici, depositi, mostre ecc. e non propriamente all’attività produttiva, siano parimenti idonei, o meno, a produrre rifiuti speciali, costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito (Cass., 22 dicembre 2016, n. 26725; Cass., 11 agosto 2004, n. 15517; Cass., 17 febbraio 1996, n. 1242) e la nozione di «superficie … ove si formano di regola rifiuti speciali» (art. 14, comma 10, cit.; v. il previgente d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, comma 3) va interpretata nel senso che l’esclusione dalla tassa riguarda la sola «parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano solo rifiuti speciali» (Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 4 aprile 2012, n. 5377; v., altresì, Cass., 24 luglio 2014, n. 16858).
2.2 – A fronte, allora, di un decisum che, come appena rilevato, costituisce (mero) svolgimento di principi di diritto in più occasioni posti
dalla Corte, il motivo di ricorso non devolve alla Corte un sindacato sulla conformità a diritto della pronuncia resa dal giudice del merito ma tende ad intaccare lo stesso dato fattuale (l’elemento di fattispecie che consente la sua sussunzione nella disposizione normativa applicata) che, per l’appunto, ne costituisce il presupposto fondante (in tesi il difetto di autonomia di superfici unitariamente riconducibili al medesimo impianto produttivo).
Da ciò il profilo di inammissibilità delle censure articolate dalla ricorrente che, nella sostanza, devolve alla Corte una replicazione del giudizio di merito inteso quale riscontro dei dati fattuali costitutivi della fattispecie concreta.
Né di maggior concludenza rimane la prospettazione di un’erronea interpretazione dello stesso contenuto della dichiarazione presentata dalla contribuente a fini impositivi, atteso che anche qui la censura si prospetta, per un verso, come inconferente rispetto alla ratio decidendi della gravata sentenza e, per il restante, nei termini di una mera prospettazione di parte in quanto tale contrapposta a quella che la pronuncia impugnata ha condiviso confermando il decisum di prime cure.
-Nemmeno il secondo motivo di ricorso può trovare accoglimento.
3.1 – Come le Sezioni unite della Corte hanno statuito, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza
impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
Si è quindi ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599).
E la Corte ha rimarcato, altresì, che la sentenza pronunziata in sede di gravame è legittimamente motivata per relationem ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purchè il rinvio sia operato sì da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata (Cass., 5
agosto 2019, n. 20883; Cass., 5 novembre 2018, n. 28139; Cass., 25 ottobre 2018, n. 27112; Cass., 21 settembre 2017, n. 22022; Cass. Sez. U., 20 marzo 2017, n. 7074; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232).
3.2 -Come, allora, reso esplicito dai relativi contenuti, sopra ripercorsi, la motivazione della gravata sentenza dà, in effetti, conto delle ragioni che sono state poste a fondamento del decisum , e della autonoma valutazione delle stesse, e lo stesso motivo di ricorso -in buona sostanza incentrato sul difetto di riscontro dei dati fattuali della fattispecie concreta ricondotta alla disciplina posta dal d.l. n. 201 del 2011, art. 14, cit. -pretermette (del tutto) che alla motivazione in fatto della sentenza si correla il parametro del sindacato di legittimità previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. , ove dunque l’erroneo accertamento consegua dall’omesso esame di fatti decisivi devoluti al giudizio e, in quanto tali, oggetto di discussione tra le parti.
– Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 3.500,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 novembre 2023.