Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18910 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18910 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23138/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende -controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA-NAPOLI n. 2406/2016 depositata il 15/03/2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
In data 15 gennaio 2012, l’associazione professionale RAGIONE_SOCIALE , di cui era legale rappresentante COGNOME NOME , era attinta dall’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, a mezzo del quale, in riferimento all’anno di imposta 2008, venivano recuperati a tassazione ai fini dell’IVA e dell’IRAP omessi ricavi per un totale di euro 732.889.
Il COGNOME, in proprio e nella qualità sociale, proponeva ricorso nanti la CTP di Napoli, che lo dichiarava inammissibile.
Il COGNOME proponeva appello nanti la CTR della Campania, che l’accoglieva in parte, limitatamente cioè al recupero dell’IRAP, osservando, in motivazione, rispetto al recupero dell’IVA, quanto segue:
in seguito all’incasso della somma di euro 732.889, successiva al fallimento della RAGIONE_SOCIALE, l’Ufficio, in assenza di ulteriori chiarimenti della parte, ha legittimamente recuperato a tassazione, ai sensi degli artt. 39 e 41 del DPR 600/73, i ricavi omessi, dai quali, in ossequio ai principi sanciti dalla Suprema Corte, è stata edotta una percentuale forfettaria di costi, nella misura del 25% , determinando un reddito finale di euro 549.667.
La rivalutazione e gli interessi liquidati in sede di giudizio di ammissione al passivo l fallimento devono ritenersi
accessori del corrispettivo e, quindi, soggetti a tassazione .
Per quanto attiene l’IVA, le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione non rientrano tra quelle esenti dall’imposta, ai sensi dell’art. 10, n. 18 del DPR 633/72, poiché dagli atti risulta che il contribuente e l’associazione di cui era componente, utilizza i macchinari messi a disposizione dalla RAGIONE_SOCIALE per cui le prestazioni rese non erano limitate solo alla diagnostica, ma anche agli accertamenti risultanti dalle attrezzature cliniche.
Il COGNOME propone ricorso per cassazione con due motivi; resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia: violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 41 DPR n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
1.1. La sentenza impugnata merita censura perché ha ritenuto legittimo il recupero ‘in assenza di ulteriori chiarimenti della parte’. In tal guisa, essa ‘ha disconosciuto il dato per cui, pur in presenza di una condotta non collaborativa della parte interessata, in sede contenziosa non può prescindersi dal rispetto dei generali principi in tema di onere della prova , di talché offerti validi elementi di supporto -alla stregua di quanto si dirà in appresso -a sostegno della dedotta riconducibilità RAGIONE_SOCIALE prestazioni relative ai corrispettivi per cui è causa l regime ex art. 10, n. 18, DPR 600/1973, competeva alla Amm.ne erariale dimostrare, in tutto o in parte, il contrario’.
1.2. Il motivo è infondato.
A fronte della contestazione di ricavi del tutto omessi, l’Ufficio ha proceduto secondo la metodologia del cd. accertamento induttivo puro, con conseguente onere in capo alla parte di contestare la pretesa, in specie sotto il profilo della sottrazione RAGIONE_SOCIALE operazioni rilevanti all’IVA ‘sub specie’ della ricorrenza di un’ipotesi di esenzione.
Invero, l’esenzione è un’eccezione alla regola della generale applicabilità dell’IVA (cfr., nella giurisprudenza di legittimità, Sez. 5, n. 25440 del 12/10/2018, Rv. 650802 -01, cui ‘adde’, nella giurisprudenza unionale, a mero titolo d’esempio, CGUE 10 settembre 2002, causa C -141/00, COGNOME, punto 28; ID, 5 giugno 1997, causa C -2/95, SDC, punto 28), sicché trova applicazione il sedimentato principio a termini del quale ‘chi vuole fare valere una forma di esenzione o di agevolazione qualsiasi deve provare, quando sul punto vi è contestazione, i presupposti che legittimano la richiesta della esenzione o della agevolazione’ (cfr., tra le innumerevoli, Sez. 6 -5, n. 23228 del 04/10/2017, Rv. 646307 -01).
Talché, a fronte dell’affermazione della CTR, corretta o meno nel merito, secondo cui il COGNOME non avrebbe fornito la prova della ricorrenza di un’ipotesi di esenzione, la censura di detta affermazione mediante la deduzione che spetterebbe all’Ufficio la prova dell’imponibilità è destituita di fondamento, ben potendo l’Ufficio limitarsi a dedurre la suddetta regola della generale applicabilità dell’IVA.
Con il secondo motivo si denuncia: violazione e falsa applicazione dell’art. 10, n. 18, DPR n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.; violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.; ‘violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato’ ed ‘in subordine
omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 n. 5 c.p.c.’.
2.1. ‘ corrispettivi illegittimamente assoggettati ad IVA rappresentano -alla stregua di quanto ampiamente documentato nella acconcia fase di merito -il recupero di una datata creditoria vantata a fronte RAGIONE_SOCIALE prestazioni di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rese negli anni 1988 -1990 (cfr. sentenza del tribunale di Napoli 7067/07 all. B pag. 4 di 11 al ricorso di primo grado) nei riguardi di una struttura sanitaria privata (segnatamente la RAGIONE_SOCIALE, ovvero quella che, all’epoca, si caratterizzava per essere il più sviluppato presidio clinico privato dell’intero Mezzogiorno), già operante in regime di convenzionamento con il SSN e di poi RAGIONE_SOCIALE . Orbene risulta dalla sentenza in argomento che il corrispettivo per le prestazioni in questione era stato convenuto in misura proporzionale al fatturato della struttura convenzionata nei riguardi della RAGIONE_SOCIALE, giusta contratto del 01/02/1988 e patto aggiuntivo del 02/01/1990 (cfr. pag. 5 di 11 della sentenza in parola), laddove era risultato in maniera inequivoca, all’esito dell’attività istruttoria espletata, che a fronte di una creditoria complessiva era reliquata, detratti gli importi già percepiti, una residua creditoria per Lit. 634.717.269, pari ad euro 327.804,11, somma poi maggiorata di rivalutazione monetaria ed interessi ‘.
2.2. Preliminarmente è a rilevarsi che il motivo, ancorché formulato in maniera cumulativa, mediante cioè la contemporanea deduzione di eterogenei paradigmi censori, si sottrae a rilievi di inammissibilità, poiché la pedissequa illustrazione consente comunque di isolare ed identificare l’unica censura in effetti dedotta, consistente nella falsa applicazione dell’art. 10, n. 18, DPR n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., avendo la CTR, seguendo l’impostazione del motivo, bensì correttamente individuato la norma applicabile, ma erroneamente
affermato, alla stregua dell’accertamento in fatto compiuto, l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’ipotesi di esenzione in essa codificata. Né, in ragione di ciò, può ritenersi che il motivo scivoli verso la non consentita richiesta di una riedizione del giudizio di merito, essendo invece incentrato sulla portata applicativa dell’astratta previsione di legge.
2.3. Sotto altro profilo, deve altresì escludersi che il motivo incorra in difetto di autosufficienza.
Esso, invero, richiama e riassume la sentenza resa dal tribunale di Napoli n. 7067/07, attestante che il credito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE attiene a prestazioni di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rese negli anni 1988 -1990 in favore di quest’ultima. Siffatti riferimenti a detta sentenza, debitamente localizzata tra le produzioni nei giudizi di merito, sono pertinenti e puntuali, contenendo anche l’indicazione RAGIONE_SOCIALE pagine rilevanti.
Esso, altresì, richiama una CTU, ‘esperita nel corso del giudizio di opposizione’, attestante l’ammontare del credito ‘de residuo’ rispetto a pregressi pagamenti. Anche tale riferimento è corredato di localizzazione ed indicazione RAGIONE_SOCIALE pagine rilevanti.
Tanto basta ad escludere – diversamente da quanto eccepito in controricorso – alcun difetto di autosufficienza.
2.4. Un tanto consente di procedere alla disamina del motivo.
2.5. Esso è fondato.
2.5.1. L’art. 10, n. 18), DPR n. 633 del 1972 prevede l’esenzione dall’IVA per ‘le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del testo unico RAGIONE_SOCIALE leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro RAGIONE_SOCIALE finanze’.
Parallelamente, l’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva IVA prevede che, ‘fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione RAGIONE_SOCIALE esenzioni previste in appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso: c) le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE professioni mediche e paramediche quali sono definite dagli Stati membri interessati’.
2.5.2. La nozione di ‘prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona’ ex art. 10, n. 18), DPR n. 633 del 1972, ancorché, come quella di ‘prestazioni mediche’ ex art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva IVA, debba essere interpretata restrittivamente in ragione della natura eccezionale dell’esenzione rispetto alla già richiamata regola generale dell’assoggettamento ad IVA di qualsivoglia prestazione di servizi, tuttavia non può pretermettere il fine sociale, medesimamente meritevole di speciale tutela in entrambi gli ordinamenti, interno ed unionale, di facilitare il generalizzato accesso alle cure mediche, riducendo le spese a carico di chi ne ha bisogno .
2.5.3. Siffatto fine presuppone che l’esenzione dall’IVA, in funzione della riduzione RAGIONE_SOCIALE spese, sia correlato a prestazioni riguardanti, in ultima analisi, la cura della persona.
2.5.4. Pertanto, in sintesi, sia la nozione, meramente interna, di ‘prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona’ sia quella corrispondente, di fonte propriamente unionale,
di ‘prestazioni mediche’ devono essere interpretate, bensì rigorosamente, con conseguente divieto di operazioni ermeneutiche estensive e men che meno francamente analogiche, ma cionondimeno comunque in tensione teleologica con gli obiettivi sociali perseguiti sia nell’ordinamento interno che in quello unionale.
2.5.5. In linea con tale prospettiva, v’è dunque da rilevare che già in epoca non più recente la Corte di giustizia dell’Unione europea – relativamente alla ‘questione se l’esame genetico che un medico svolge ai fini della ricerca della paternità rientri nella nozione di ‘prestazioni mediche’, ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva’ -aveva concluso (non senza rammentare che, ‘eccetto la versione italiana, tutte le versioni d si riferiscono solo alle prestazioni mediche relative alla salute RAGIONE_SOCIALE persone in particolare le versioni tedesca, francese, finlandese e svedese utilizzano la nozione di trattamenti terapeutici o di cure per la persona’) nel senso che ‘la nozione di ‘prestazioni mediche’ non si presta ad una interpretazione che includa interventi medici diretti ad uno scopo diverso da quello della diagnosi, della cura e, nella misura del possibile, della guarigione di malattie o di problemi di salute’ (CGUE, 14 settembre 2000, causa C -384/98, D., punti 16 -18).
Successivamente la Corte di giustizia, sul fondamento del superiore insegnamento, ha avuto modo di precisare che ‘le prestazioni che non perseguono siffatto scopo terapeutico devono, tenuto conto del principio dell’interpretazione restrittiva di ogni disposizione diretta ad introdurre un’esenzione dall’imposta sulla cifra d’affari, essere escluse dal campo di applicazione dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva (CGUE, sentenza D., punto 19). Ne consegue che possono beneficiare di un’esenzione ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva IVA solo le prestazioni mediche effettuate all’infuori dell’ambito
ospedaliero, nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE professioni mediche e paramediche, a fini preventivi, diagnostici o terapeutici, escludendo le altre attività relative alle cure generiche e alle prestazioni di economia domestica’ (CGUE, sentenza Kluger, punti 39 e 40).
Fermo quanto innanzi, tuttavia, ‘anche se da giurisprudenza deriva che le ‘prestazioni mediche’ devono avere uno scopo terapeutico, non ne consegue necessariamente che lo scopo terapeutico di una prestazione debba essere inteso in un’accezione particolarmente rigorosa (v., in tal senso, sentenza Commissione/Francia, cit., punto 23). Infatti, dal punto 40 della citata sentenza Klüger risulta che le prestazioni mediche effettuate a fini profilattici possono beneficiare di un’esenzione ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva. Anche nel caso in cui appaia che le persone che sono state oggetto di esami o di altri trattamenti medici a carattere profilattico non soffrono di alcuna malattia o anomalia di salute, l’inclusione di tali prestazioni nella nozione di ‘prestazioni mediche’ è conforme all’obiettivo di ridurre il costo RAGIONE_SOCIALE spese sanitarie, che è comune tanto all’esenzione prevista dall’art. 13, n. 1, lett. b), della sesta direttiva che a quella prevista dallo stesso numero, lett. c) (v. sentenze citate Commissione/Francia, punto 23, e COGNOME, punto 29)’ (CGUE, sentenza Peter d’Ambrumenil, punto 58).
In effetti, precedentemente, la Corte di giustizia era intervenuta con riferimento alla nozione di ‘operazioni strettamente connesse’ alle prestazioni mediche di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva IVA affermando: ‘ gli Stati membri esonerano l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse ‘) ed in relazione a fattispecie non dissimile a quella oggetto di giudizio, riguardante l’assoggettamento o meno ad IVA della ‘trasmissione di un prelievo, a scopo di analisi, dal laboratorio che ha effettuato tale prelievo ad un altro laboratorio’ (in un quadro di contratti ‘a
forfait’ nel cui ambito ‘il laboratorio specializzato fattura direttamente al paziente le analisi effettuate sul prelievo trasmessogli dal laboratorio che proceduto al prelievo, le quali non erano] soggette ad IVA. Il laboratorio che effettuato il prelievo fattura il relativo importo al paziente, laddove neppure tale prestazione soggetta ad IVA. Per contro, soggetti ad IVA gli onorari di trasmissione corrisposti dal laboratorio che ha proceduto alle analisi al laboratorio che ha effettuato il prelievo’.
La Corte di giustizia aveva dato continuità all’assunto secondo cui ‘una prestazione dev’essere considerata accessoria ad una prestazione principale quando essa non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore’ (così già CGUE, 25 febbraio 1999, causa C -349/96, CPP, punto 30), traendone congruamente la seguente conclusione: ‘Nel caso di specie, per il paziente è indifferente che il laboratorio che effettua il prelievo proceda anche alle analisi, ovvero demandi tale incarico ad un altro laboratorio pur restandone responsabile verso il paziente, od ancora – in relazione al tipo di analisi effettuate – sia costretto a trasmettere il prelievo ad un laboratorio specializzato’; a venire in rilievo è ‘l’obbligo – in quest’ultimo caso – di trasmettere’, senza che in contrario conti il fatto che ‘la trasmissione del prelievo costituisca una prestazione distinta’, poiché ciò ‘non esclude che essa possa essere considerata come strettamente connessa alle analisi ai sensi della sesta direttiva’ (CGUE, sentenza Commissione c. Francia, punti 10, 15 e 27 -29).
Il momento di sintesi – maturatosi in riferimento all’ipotesi di esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva IVA – si esprime nell’insegnamento a termini del quale ‘le prestazioni mediche effettuate per un fine diverso da quello di tutelare, vuoi mantenendola vuoi ristabilendola, la salute RAGIONE_SOCIALE
persone non possono, secondo questa stessa giurisprudenza, beneficiare dell’esenzione prevista all’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva’ (fermo ‘che, alla luce della loro finalità, l’assoggettamento di tali prestazioni all’IVA non è contrario all’obiettivo di ridurre il costo RAGIONE_SOCIALE spese sanitarie e di rendere queste ultime maggiormente accessibili ai singoli’): ragion per cui, in ultima analisi, ‘è lo scopo della prestazione medica che determina se quest’ultima debba essere esentata dall’IVA; pertanto, se una prestazione medica viene effettuata in un contesto che permette di stabilire che il suo scopo principale non è quello di tutelare, vuoi mantenendola vuoi ristabilendola, la salute, ma piuttosto quello di fornire un parere richiesto preventivamente all’adozione di una decisione che produce effetti giuridici, l’esenzione prevista all’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva non si applica a tale prestazione’ (CGUE, sentenza Peter d’Ambrumenil, punti 59 e 60).
2.5.6. A completamento del quadro che precede, pare utile rammentare che, in armonia con il riferito insegnamento della Corte di giustizia, secondo cui ‘le ‘prestazioni mediche’ devono avere uno scopo terapeutico’, ma questo non necessariamente deve ‘essere inteso in un’accezione particolarmente rigorosa’, questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare che l’esenzione dell’art. 10, comma 1, n. 18, DPR n. 633 del 1972 ‘spetta anche se la relativa fattura sia rilasciata al paziente da società che organizzi le prestazioni sanitarie e non dal professionista abilitato di cui la stessa si avvale (e che fattura a tale soggetto giuridico la propria prestazione), avendo la Corte di Giustizia CE interpretato la disciplina comunitaria di cui la predetta norma costituisce recepimento (art. 13, parte A, della sesta direttiva del Consiglio della Comunità europea del 17 luglio 1977, n. 388 ) nel senso che l’esenzione non dipende dalla forma giuridica del soggetto che fornisce le prestazioni mediche o
paramediche, dal momento che la legge non vieta l’organizzazione e l’erogazione di tali prestazioni da parte di una società mediante professionisti abilitati, avendo il beneficio fiscale una valenza oggettiva’ (Sez. 5, n. 21703 del 22/10/2010, Rv. 615412 -01).
2.5.6.1. Per quanto di ragione, anche gli atti di prassi paiono allineati alle conclusioni innanzi esposte.
Viene segnatamente in linea di conto già la circ. Min. Fin. 3 agosto 1979, n. 25, parte III (ribadita sul punto dalla circ. Min. Fin. 14 aprile 1983, n. 40), la quale, in riferimento alle ‘prestazioni sanitarie’, osserva:
Atteso il richiamo fatto dalla legge all’art. 99 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, rientrano nella previsione di esenzione, oltre alle prestazioni tipicamente sanitarie, quali quelle rese nell’esercizio della RAGIONE_SOCIALE e chirurgia, della veterinaria e della farmacia, anche le attività sanitarie ausiliarie svolte da levatrici, assistenti sanitarie vigilatrici e da infermiere diplomate.
Il beneficio fiscale si applica, inoltre, alle prestazioni rese nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE arti ausiliarie RAGIONE_SOCIALE professioni sanitarie, quali quelle dell’odontotecnico, ottico, meccanico ortopedico ed ernista e dell’infermiere abilitato o autorizzato, compresi i capi bagnini degli stabilimenti idroterapici e i massaggiatori.
Attesa la formulazione della norma, i richiami legislativi in essa contenuti e le finalità sociali che si intendono perseguire, si precisa che fruiscono della esenzione anche le prestazioni rese da laboratori radiologici e da laboratori di analisi mediche e di ricerche cliniche, in qualsiasi forma organizzati (ad esempio società di persone o di capitali, enti, ecc.) e indipendentemente dal fatto che siano diretti da medici, chimici o biologi.
Ciò nella considerazione che le cennate prestazioni, in quanto rese a scopo di accertamento diagnostico, hanno diretto rapporto con l’esercizio RAGIONE_SOCIALE professioni sanitarie.
2.5.7. Deve, in estrema sintesi, enunciarsi il seguente principio di diritto:
In tema di esenzione dall’IVA RAGIONE_SOCIALE ‘prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona’, ai sensi dell’art. 10, n. 18), DPR n. 633 del 1972, la relativa nozione, in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea riguardante le ‘prestazioni mediche’ ex art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva IVA, deve essere intesa alla stregua di interventi medici diretti esclusivamente ad uno scopo terapeutico, ‘sub specie’ di diagnosi, cura e, nella misura del possibile, guarigione della persona, sebbene tale scopo non coincida di per sé con un’accezione particolarmente rigorosa; pertanto, avuto riguardo all’obiettivo sociale di ridurre il costo RAGIONE_SOCIALE prestazioni medico -sanitarie, che l’esenzione persegue sia nell’ordinamento unionale che in quello interno, beneficiano di essa -a condizione che sia rispettato il requisito soggettivo di cui all’art. 99 r.d. n. 1265 del 1934, espressamente richiamato dall’art. 10, n. 18), DPR n. 633 del 1972, ed alla conseguente disciplina di attuazione (decr. intermin. 17 maggio 2002 e decr. min. 29 marzo 2001) -anche le operazioni strettamente connesse alle prestazioni di cui si tratta, quando siffatte operazioni non costituiscono per i fruitori un fine a sé stante, bensì il mezzo per giovarsi nelle migliori condizioni del servizio principale, consistente nell’erogazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni medesime.
La CTR ha fatto evidente malgoverno dei superiori enunciati.
Essa scrive – con un’affermazione per vero di assai difficile lettura -che ‘le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione non rientrano tra quelle esenti dall’imposta poiché dagli atti risulta che il contribuente e l’associazione di cui era componente, utilizza i macchinari messi a disposizione dalla RAGIONE_SOCIALE per cui le prestazioni rese non erano limitate solo alla diagnostica, ma anche agli accertamenti risultanti dalle attrezzature cliniche’.
3.1. In tal guisa, essa dimostra di aver totalmente pretermesso che le ‘prestazioni’ per cui è causa -di per sé, contraddittoriamente, definite ‘sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione’ eppure esclude dall’esenzione – ben possono invece beneficiare dell’esenzione se ‘comunque’ finalizzate alla cura della persona, indipendentemente cioè dal fatto che lo siano in via ‘diretta’ ovvero solo ‘indiretta’ – e dunque solo ‘strumentale’, od ‘accessoria’ – rispetto alla prestazione immediatamente fruita dal paziente per indiscusso scopo terapeutico.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio affinché il nuovo giudice, in applicazione dei principi poc’anzi illustrati, determini in concreto, sulla base di tutti gli elementi disponibili, compresa la sentenza del tribunale di Napoli 7067/07 evocata in ricorso, lo scopo RAGIONE_SOCIALE prestazioni rese dallo RAGIONE_SOCIALE, individuando in ragione di essi il regime applicabile ai fini dell’IVA.
All’esito, avrà il medesimo altresì a definitivamente regolare tra le parti le spese, comprese quelle del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, e, per l’effetto, in relazione al motivo accolto, cassa la sentenza
impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì. 25 gennaio 2024.