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Esenzione IVA RSA: quando si applica? La Cassazione

Una società che gestisce una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) ha richiesto un rimborso IVA, sostenendo che i suoi servizi fossero esenti. Dopo decisioni favorevoli nei gradi inferiori, l’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha stabilito che per l’esenzione IVA RSA non basta basarsi su definizioni formali o convenzioni. È necessario un accertamento concreto per determinare se la prestazione sanitaria sia prevalente rispetto a quella di alloggio. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione basata su questo principio.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione IVA RSA: La Cassazione Stabilisce il Criterio della Prestazione Prevalente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande rilevanza per il settore socio-sanitario: il regime fiscale applicabile alle Residenze Sanitarie Assistenziali. La questione centrale riguarda l’esenzione IVA RSA, un beneficio che dipende non dalla qualifica formale della struttura, ma dalla natura concreta dei servizi offerti. La Suprema Corte ha stabilito un principio guida fondamentale: per determinare l’esenzione, è necessario valutare quale sia la prestazione prevalente tra quella sanitaria e quella di alloggio.

I Fatti del Caso: Dalla Richiesta di Rimborso al Ricorso in Cassazione

Una società che gestisce una Residenza Sanitaria Assistenziale per persone con disabilità si era vista negare un rimborso di credito IVA relativo all’anno 2011. La società aveva impugnato il diniego, ottenendo ragione sia in primo grado, presso la Commissione Tributaria Provinciale, sia in secondo grado, presso la Commissione Tributaria Regionale. Entrambi i giudici di merito avevano accolto le ragioni del contribuente.

Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate, non ritenendo corretta l’interpretazione normativa data dai giudici, ha presentato ricorso per cassazione. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, la Commissione Tributaria Regionale aveva errato nell’assimilare la RSA a un ente ospedaliero, le cui prestazioni sono esenti da IVA, sostenendo invece che dovesse essere equiparata a una casa di riposo, con un differente regime di esenzione basato principalmente sull’alloggio.

La Questione Giuridica: Esenzione IVA RSA tra Prestazioni Sanitarie e Assistenziali

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 10 del d.P.R. n. 633/1972, che elenca le operazioni esenti da IVA. In particolare, si confrontano due diverse ipotesi:

1. N. 19: Esenta le prestazioni di ricovero e cura rese da enti ospedalieri e cliniche convenzionate. Qui, la prestazione essenziale è quella sanitaria.
2. N. 21: Esenta le prestazioni di case di riposo, orfanotrofi e strutture simili. In questo caso, la prestazione essenziale è quella di alloggio e ospitalità, mentre le cure mediche sono considerate accessorie.

L’Agenzia delle Entrate ha sostenuto che la CTR avesse commesso un ‘vizio di sussunzione’, ovvero avesse applicato al caso concreto una norma sbagliata. Secondo il Fisco, il giudice di merito si era limitato a considerare la definizione di RSA fornita da una legge regionale, senza indagare in concreto quale fosse la natura prevalente dei servizi effettivamente erogati dalla struttura.

Il Criterio della Prestazione Prevalente

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso dell’Agenzia, ritenendolo fondato. Ha chiarito che la differenza tra le due ipotesi di esenzione (n. 19 e n. 21) risiede proprio nella diversa natura della prestazione ‘essenziale’. Mentre per ospedali e cliniche il fulcro è la cura sanitaria, per le case di riposo è l’alloggio, a cui possono aggiungersi servizi di assistenza e cura come prestazioni accessorie e solo eventuali.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha censurato la sentenza impugnata perché mancava un accertamento coerente con questo quadro normativo e giurisprudenziale. I giudici di merito avevano dato prevalenza a un dato formale, ovvero la definizione di RSA desumibile dalla legge regionale, che la descrive come una struttura che fornisce ‘ospitalità, prestazioni sanitarie, assistenziali e di recupero funzionale’.

Questo approccio, secondo la Cassazione, è errato. Il giudice non può fermarsi alla definizione legale della struttura, ma deve condurre un’indagine in concreto per stabilire la prevalenza del dato sanitario-assistenziale rispetto a quello puramente alloggiativo. La Corte ha sottolineato che distinguere tra le due tipologie di esenzione è cruciale e richiede un’analisi fattuale che nel caso di specie era mancata.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame. Il nuovo giudizio dovrà attenersi al principio di diritto enunciato: per decidere in merito all’esenzione IVA RSA, è indispensabile un accertamento di fatto sulla prevalenza della componente sanitaria rispetto a quella assistenziale e di alloggio.

Questa ordinanza ha un’importante implicazione pratica: le Residenze Sanitarie Assistenziali non possono dare per scontata l’esenzione IVA. Per beneficiarne, devono essere in grado di dimostrare, con elementi concreti, che la loro attività principale e prevalente è quella di natura sanitaria e di cura, e non quella di semplice ospitalità.

Una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) ha sempre diritto all’esenzione IVA?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’esenzione dipende dalla natura prevalente delle prestazioni fornite. Non è un diritto automatico legato alla qualifica di RSA, ma richiede una valutazione caso per caso.

Qual è il criterio per stabilire se i servizi di una RSA sono esenti da IVA?
Il criterio fondamentale è quello della ‘prestazione essenziale’. Il giudice deve accertare in concreto se prevalga l’aspetto sanitario e di cura (tipico di cliniche e ospedali) o quello di alloggio e ospitalità (tipico delle case di riposo).

Essere convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale è decisivo per l’esenzione IVA?
No. La Corte ha chiarito che il regime di convenzione non è l’elemento determinante ai fini della decisione. La valutazione deve basarsi sul contenuto effettivo e prevalente dei servizi resi, indipendentemente dalla presenza di una convenzione con il SSN.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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