Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5678 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5678 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
Oggetto: IVA -esenzione -l’art. 10, comma 1, n.22, d.P.R. n. 633/72 -principio di diritto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1735/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa congiuntamente e disgiuntamente dall’ Avv. NOME COGNOMEP.e.cEMAIL e dall’Avv. NOME COGNOMEP.e.c. EMAIL, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo difensore in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, n.4470/67/2016 depositata in data 17/8/2016, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 4 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, veniva parzialmente accolto l’appello proposto da ll’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Mantova n. 19/2/14, che aveva accolto il ricorso introduttivo della società RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA per l’ anno di imposta 2007.
Le riprese traevano origine da una verifica fiscale nei confronti della società relativa a più periodi d’imposta tra cui quello oggetto del presente processo, i cui esiti confluivano in p.v.c. redatto in data 5.8.2009 dalla Guardia di Finanza. L’atto impositivo, per quanto qui interessa, conteneva due rilievi, uno relativo ad emolumenti fuori busta corrisposti ai dipendenti della società, ed uno relativo alla mancata applicazione dell’IVA alle operazioni di trasporto fluviale di persone effettuate dalla società sul fiume Mincio e sui laghi di Mantova, non qualificabili ai fini dell’imposta armonizzata come trasporto urbano esente ex art.10, comma 1, n.14, d.P.R. 633/1972, né come visita di un parco ai fini dell’art.10, comma 1, n.22, d.P.R. 633/1972. Il giudice d’appello , in parziale riforma della sentenza resa dal giudice di prime cure, respingeva il ricorso introduttivo per quanto concerneva l’IVA , escludendo che le operazioni economiche contestate fossero esenti.
Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione la contribuente, affidato a tre motivi che illustra con memoria ex art.380-
bis.1 cod. proc. civ., cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso in cui espressamente presta quiescenza con riferimento al rilievo per emolumenti fuori busta.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art.360, primo comma, n.3 cod. proc. civ., si deduce la violazione e falsa applicazione da parte della sentenza impugnata delle norme di cui all’art. 10, comma 1, n. 14) del d.P.R. n. 633/1972, degli artt. 1678 e 1679 cod. civ. e degli artt. 1 e 8 della L. 15/01/1992, n. 21, nella parte in cui la Commissione Regionale «sembra voler assimilare il concetto civilistico di trasporto di cui all’art. 1678 cod. civ. a quello del trasporto urbano di cui all’art. 10, n. 14), del d.P.R. n. 633/72 » giungendo al mancato riconoscimento in capo alla ricorrente dell’esenzione IVA.
Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi espressa a riguardo dal giudice.
Il giudice non assimila affatto le due nozioni di trasporto, civilistica e tributaria, ma le tiene distinte, affermando che, a differenza della prima, la seconda considera urbani i trasporti «effettuati nel territorio di un determinato Comune ovvero tra Comuni distanti non oltre 50 km l’uno dall’altro » (cfr. p.2 sentenza). Inoltre, la sentenza cala nel concreto quest’ultima nozione escludendo che la fattispecie concreta possa essere sussunta in un’ipotesi di mobilità urbana, sia per la stagionalità dell’ero gazione del servizio sia per gli orari di prestazione del servizio e per la finalità turistica.
L’inammissibilità del motivo per non aver colto la ratio rende anche inconducenti i riferimenti nella memoria illustrativa ad una pluralità di fonti interpretative della nozione di trasporto, incluso quello all’art.36 bis del d.l. n. 50 del 2022, conv. dalla l. n. 91 del 2022 come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, prospettazione peraltro accompagnata a una serie di circostanze fattuali, circa le prestazioni erogate in aggiunta a quelle di trasporto,
che in parte non si evincono né dalla lettura della sentenza né del ricorso.
3. Con il secondo motivo la ricorrente, in rapporto all’art.360, primo comma, n.3 cod. proc. civ., deduce la violazione e falsa applicazione da parte della sentenza impugnata degli artt. 10, comma 1, n. 14), e 12 del d.P.R. n. 633/1972, sempre con riferimento alla mancata applicazione in capo alla ricorrente dell’esenzione IVA prevista dall’art. 10, comma 1, n. 14) del d.P.R. n. 633/1972 . Il giudice non avrebbe esaminato, con riferimento a tale profilo, il rilievo formulato dall’Agenzia nell’accertamento per cui è causa, riproposto dall’Ufficio nel suo atto di appello, con cui ha contestato il regime di esenzione ex art. 10, comma 1, n. 14) del d.P.R. n. 633/72 applicato dalla ricorrente poiché « l’attività svolta dalla parte non configura una mera attività di trasporto, ma, di fatto, dà luogo ad una fattispecie complessa ed articolata nella quale il trasferimento del cliente nei luoghi previsti nel programma è solo strumentale all’offerta di servizi con finalità turistico-ricreative» (pag. 4, avviso di accertamento).
4. Il motivo è inammissibile non avendo la contribuente interesse a far valere il mancato esame di un ulteriore profilo di contestazione sollevato nei propri confronti dall’Amministrazione finanziaria. Inoltre, l’applicabilità dell’art. 10, comma 1, n. 14) del d.P.R. n. 633/72 è stata radicalmente esclusa dal giudice per altra assorbente ragione, come visto nello sviluppo del primo motivo, non utilmente censurata con il precedente mezzo di impugnazione.
5. Con il terzo motivo di ricorso, ex art.360, primo comma, n.3 cod. proc. civ., si prospetta la violazione e falsa applicazione della norma di cui all’art. 10, comma 1, n. 22) del d.P.R. n. 633/1972 e degli artt. 1, 2, 134, 136 e 142 del d.lgs. 22/01/2004, n. 42 in combinato disposto con l’ art. 9 della Costituzione da parte della sentenza impugnata, per aver mancato di riconoscere alle operazioni contestate l’esenzione IVA prevista dall’art. 10, comma 1, n. 22) del d.P.R. n. 633/1972 trattandosi di escursioni guidate fluviali in parco naturale (parco del Mincio), area protetta e parte del patrimonio culturale.
Il motivo è infondato in quanto in diritto la fattispecie non è sussumibile nel disposto della norma da ultimo menzionata, per le ragioni che seguono.
6.1. Occorre prendere le mosse dall ‘art. 10 rubricato ‘ Operazioni esenti dall’imposta’ , comma 1, n. 22) del d.P.R. del 26/10/1972 n. 633 ( Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto) il quale, nel testo ratione temporis vigente, prevede che sono esenti IVA «le prestazioni proprie delle biblioteche, discoteche e simili e quelle inerenti alla visita di musei, gallerie, pinacoteche, monumenti, ville, palazzi, parchi, giardini botanici e zoologici e simili».
6.2. L’esenzione dettata dall’art. 10 , comma 1, punto n.22, del d.P.R. n. 633/72 dall’imposta armonizzata è una disposizione agevolativa ossia rientra nel novero di quelle disposizioni tributarie che riducono le imposte e le tasse rispetto a quanto previsto in via ordinaria. Esse possono assumere diverse forme: deduzioni o detrazioni fiscali, crediti d’imposta, esenzioni fiscali, regimi fis cali di vantaggio o, come nel caso in esame riduzione delle aliquote d’imposte. Tali norme costituendo un’eccezione alla regola, possono essere concesse solo a determinate condizioni ed in casi specificamente previsti, sono di stretta interpretazione, in particolare in materia di imposte armonizzate e risorse propria dell’Unione Europea , (v. in materia di IVA sull’interpretazione della sesta direttiva CGUE sentenza 18 gennaio 2001, in causa C-83/99, Commissione/Spagna , punti 18 e 19 e, specificamente sulle aliquote IVA ridotte, CGUE 18 marzo 2010 in causa C-3/09, RAGIONE_SOCIALE , punto 15; in materia di accise, v. anche CGUE, 1 ottobre 2009, in causa C-552/08, Agrar , punto 53 e giurisprudenza ivi citata).
6.3. L’agevolazione in esame, consistente nell’applicazione di un’aliquota IVA del 10% e perciò inferiore a quella ordinaria, riguarda le prestazioni caratteristiche di enti con finalità culturali, come si evince dall’elenco contenuto nella norma degli enti (es. biblioteche…) e dalle attività educative e culturali menzionate (es. visita di musei, gallerie,
pinacoteche, …giardini botanici…), elenco espressamente non esaustivo («e simili»).
L’esemplificazione delinea la ratio della norma, nel significato proprio delle parole secondo la connessione di esse (art.12, comma 1, disp. prel. cod. civ.) che chiaramente individua un nucleo di enti e di attività senza scopo di lucro come i destinatari del beneficio.
6.4. Inoltre, non solo lo scopo perseguito dagli enti e alla base dell’esenzione IVA dev’essere non commerciale e di carattere eminentemente educativo e culturale, ma vanno distinte le singole prestazioni.
In tal senso depone ancora l’interpretazione letterale, dal momento che il legislatore specifica che non sono esenti IVA tutte le prestazioni svolte da tali enti culturali, ma solo le loro ‘prestazioni proprie’. L’ulteriore restrizione toglie ogni dubbio sul significato complessivo che il legislatore attribuisce all’art. 10, comma 1, punto n.22, del d.P.R. n. 633/72 . Gli enti che fruiscono dell’esenzione devono essere senza finalità di lucro e perseguire la diffusione del patrimonio artistico, storico e ambientale, con esclusione dunque delle società commerciali e degli imprenditori. A ciò si aggiunge che, comunque, le singole prestazioni esentate dall’imposta sono solo quelle prive di finalità di lucro.
6.5. Deve pertanto dedursi che secondo la norma in esame possono godere d ell’ esenzione dall’imposta solo enti senza finalità di lucro, che e nella misura in cui perseguono la diffusione del patrimonio artistico, storico ed ambientale, e solo per prestazioni prive di scopo di lucro.
In tal senso ex art.384 u.c. cod. proc. civ. va corretta la motivazione espressa dal giudice d’appello, che giunge alla esatta conclusione di ritenere non applicabile alla fattispecie l’art. 10, comma 1, punto n.22, del d.P.R. n. 633/72 seppure attraverso considerazioni non rilevanti circa l’ampiezza e la delimitazione del parco nello specifico caso.
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono la soccombenza, regolate come da dispositivo .
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 5.900 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del d.P.R. n.115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4.12.2024