Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7694 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7694 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 23/03/2025
Vittime del dovere-PensioneEsenzione Irpef-Art. 3, comma 2, l. n. 206/2004-Correlazione con evento-NecessitàEsclusione-Decorrenza 1.1.2017
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8619/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, che ha indicato indirizzo p.e.c. avvEMAIL
-controricorrente-
nonché
INPS, in persona del l.r.p.t., rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce al
contro
ricorso ed elettivamente domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale-
per la cassazione della sentenza n. 650/14/2023, resa dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, depositata il 16/02/2023;
udita la relazio ne tenuta nell’adunanza camerale del 21 gennaio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, godendo dello status di soggetto equiparato alle vittime del dovere, ai sensi dell’art. 1, comma 564, della l. n. 266/2005 in quanto aveva contratto infermità nel servizio svolto quale comandante della Polizia Municipale di Cislago, invocando la disposta equiparazione legislativa tra le vittime del dovere e le vittime della criminalità organizzata e del terrorismo , di cui all’art. 1, comma 211, della l. n. 232/2016, chiedeva il rimborso della maggior Irpef trattenuta sulla propria pensione per l’anno 2018 .
Notificato il diniego espresso, la Commissione Tributaria Provinciale di Como accolse il ricorso.
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettò l’appello della Agenzia delle Entrate .
Contro tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, affidato a un motivo.
Il contribuente resiste con controricorso, notificato anche all’I NPS, illustrato da successiva memoria.
L’INPS si difende con controricorso e propone ricorso incidentale adesivo affidato ad un motivo.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 21/01/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 211, della l. n. 232/2016, dell’art. 3, comma 2, della legge n. 206/2004, e dell’art. 2697 cod. civ., con riferimento alla ritenuta spettanza dell’esenzione Irpef in relazione a qualsiasi trattamento pensionistico corrisposto a soggetto rientrante nella categoria delle vittime del dovere; evidenzia in particolare che l’esenzione Irpef es tesa alle vittime del dovere dall’art. 1, comma 211, della l. n. 232/2006, vada riferita ai soli trattamenti pensionistici che trovino il loro presupposto nel particolare status di soggetto equiparato a vittima del dovere, come chiarito anche nel Messaggio INPS n. 3274 del 10/08/2017, e quindi in definitiva alle sole pensioni privilegiate correlate all’evento che aveva dato luogo al riconoscimento dello stato di soggetto equipara to; in tal senso deporrebbero sia l’interpretazione letterale, imposta dalla natura agevolativa dei benefici in parola, che l’interpretazione sistematica, dovendosi fare riferimento agli stessi trattamenti agevolativi previsti per le vittime del terrorismo; evidenzia infine che nel caso di specie la parte non aveva provato, come suo onere, di godere di trattamenti pensionistici privilegiati.
Con il ricorso incidentale, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., affidato ad un solo motivo, l ‘INPS deduce la v iolazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 211, della legge n. 232/2016, dell’art. 3, comma 2, della legge n. 206/2004 e dell’art. 2697 cod. civ., con riferimento alla ritenuta spettanza dell’esenzione Irpef in relazione a qualsiasi trattamento pensionistico corrisposto a soggetto rientrante nella categoria delle «vittime del dovere».
2. I ricorsi non sono fondati.
La l. n. 266/2005, nel ridefinire ed ampliare la nozione di vittime del dovere, originariamente prevista dall’art. 3 della l. n. 466/1980, ha previsto le vittime del dovere (art. 1, comma 563) e i soggetti
equiparati alle vittime del dovere (art. 1, comma 564). Più precisamente, come già ritenuto da questa Corte (Cass., Sez. U., 24/02/2022, n. 6214), essa ha individuato, nel comma 563, talune attività che, ritenute dalla legge pericolose, nel caso in cui abbiano comportato l’insorgenza di infermità, possono automaticamente portare ad attribuire alle vittime i benefici quali vittime del dovere; ha elencato, nel comma 564, i soggetti equiparati , ossia coloro che non abbiano riportato le lesioni o la morte in una delle attività enumerate nelle lettere dalla a) alla f) sopra richiamate – che il legislatore ha ritenuto per loro natura pericolose, ma in altre attività che pericolose lo fossero o lo fossero diventate per circostanze eccezionali.
La legge ha altresì programmato una progressiva estensione in favore di (entrambe) tali categorie dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo (art. 1, comma 562), rinviando in primo luogo ad un regolamento per disciplinare le modalità di corresponsione delle provvidenze .
Il regolamento è stato emanato con il d.P.R. n. 243/2006 che ha provveduto all’estensione di taluni benefici e provvidenze.
In materia fiscale, (alcuni de) i benefici sui trattamenti pensionistici previsti dalle norme in tema di vittime del terrorismo sono stati estesi dall’art. 1, comma 211, della l. n. 232/2016, a decorrere dall’1/01/2017 (su tale specifico punto v. Cass. 11/ 07/2023, n. 1978; Cass. 25/10/2023, n. 29549; Cass. 05/10/2023, n. 28051); in particolare la disposizione ha esteso (entrambi) i benefìci fiscali di cui all’art. 2, commi 5 e 6, della l. n. 407/1998, e quelli di cui all’art. 3, comma 2, della l. n. 206/2004, in materia di esenzione dall’imposta sui redditi.
2.1. I giudici di merito hanno ritenuto che il beneficio dell’esenzione dall’Irpef valga per la pensione di cui gode la persona riconosciuta
vittima del dovere o soggetto ad essa equiparato, come nel caso di specie, a prescindere dalla correlazione con l’evento che ha dato luogo a tale riconoscimento; in definitiva hanno ritenuto che si tratti di un beneficio di natura esclusivamente soggettiva.
2.2. La difesa erariale e quella dell’INPS , nel censurare tale interpretazione, ritengono invece che l’agevolazione dell’esenzione dall’Irpef valga solo per le pensioni attribuite in conseguenza dell’evento che ha dato luogo al riconoscimento dello status di vittima del dovere e quindi alle sole pensioni di privilegio; a tal fine fa riferimento alla necessità di un’interpretazione letterale delle norme rilevanti e fa leva altresì su una interpretazione di carattere sistematico, fondata sulla considerazione che il riconoscimento di tale ampia portata del beneficio determinerebbe un vantaggio più ampio in favore delle vittime del dovere rispetto a quello spettante alle vittime del terrorismo, andando quindi la norma, se interpretata in tal senso, ben oltre la programmata estensione; evidenzia altresì la necessità che le norme che prevedono agevolazioni fiscali non possano essere oggetto di interpretazione estensiva o di applicazione analogica.
2.3. Il motivo non è fondato, dovendosi dare continuità ad alcuni recenti arresti di questa Corte resi all’esito di udienza pubblica (Cass. 29/05/2024, nn. 15023, 15056, 15115, 15121).
In ordine alla lettera delle disposizioni rilevanti occorre osservare quanto segue.
L’art. 1, comma 211, cit. prevede, in primo luogo, l’estensione dei benefici ai trattamenti pensionistici spettanti alle vittime del dovere e ai loro familiari superstiti, di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, alla legge 20 ottobre 1990, n, 302, e all’art. 1, commi 563 e 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 .
Poiché nè la l. n. 466/1980 né la l. n. 302/1990 né, infine, l’art. 1, commi 563 e 564, della l. n. 266/2005, questi ultimi già sopra riportati,
prevedono alcun trattamento pensionistico ma regolano la nozione di vittime del dovere, gli istituti della cd. speciale elargizione e dell’assegno vitalizio nonché altri benefici, come l’esenzione dai ticket sanitari o il diritto di assunzione presso le pp.aa., deve evidentemente ritenersi che i richiami normativi operati siano funzionali esclusivamente a delimitare l’ambito dei destinatari dell’estensione e non dei trattamenti pensionistici beneficiati.
Ciò premesso, deve quindi evidenziarsi che la lettera dell’art. 1, comma 211, cit. estende i benefici, di cui si dirà, a tutti i trattamenti pensionistici , senza indicare alcuna necessaria correlazione della pensione con l’evento che ha determinato il riconoscimento dello status di vittima del dovere.
Né alcun argomento in tal senso si ricava dalle norme che regolano i benefici estesi, in particolare dall’art. 3, comma 2, della l. n. 206/2004.
La prima estensione (operata dal richiamo all’art. 2, commi 5 e 6, della l. n. 407/1998) riguarda l’esenzione dall’Irpef: a) del trattamento speciale di reversibilità corrisposto ai superstiti dei caduti; b) delle pensioni privilegiate dirette di prima categoria erogate ai soggetti di cui all’art. 1, comma 2, della stessa legge, che siano anche titolari dell’assegno di superinvalidità di cui all’articolo 100 del d.P.R. n. 1092/1973.
La seconda estensione (il beneficio previsto dall’art. 3, comma 2, della l. n. 206/2004 e che è quella rilevante nel caso di specie) riguarda la pensione maturata ai sensi del comma 1 che è esente dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) . È pacifico che anche in tal caso non vi sia un riferimento, ai fini dell’esenzione, al fatto che si tratti di pensione correlata al fatto che ha dato luogo al riconoscimento dello status.
Del resto il comma 1 dell’art. 3 della l. n. 206/2004, richiamato dal comma 2, nella formulazione dovuta alla novella operata dall’art. 1, commi 794 e 795, della l. n. 296/2006, prevede che A tutti coloro che hanno subito un’invalidità permanente di qualsiasi entità e grado della capacità lavorativa, causata da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice e ai loro familiari, anche superstiti, limitatamente al coniuge ed ai figli anche maggiorenni, ed in mancanza, ai genitori, siano essi dipendenti pubblici o privati o autonomi, anche sui loro trattamenti diretti, è riconosciuto un aumento figurativo di dieci anni di versamenti contributivi utili ad aumentare, per una pari durata, l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione, nonché il trattamento di fine rapporto o altro trattamento equipollente . L’aumento figurativo dell’anzianità, ulteriore e diverso beneficio rispetto all’esenzione Irpef, anche in tal caso non è relativo alla pensione maturata a seguito dell’evento lesivo.
La tesi dell’ufficio non appare pertanto supportata dalla lettera delle citate disposizioni; tale considerazione, del resto, esclude la validità del riferimento alla costante giurisprudenza di questa Corte secondo la quale le norme che prevedono agevolazioni tributarie non possano essere oggetto di interpretazione estensiva né analogica, poiché alla luce di quanto evidenziato non vengono in rilievo né l’una né l’altra.
2.4. Né appare deporre in senso diverso l’interpretazione sistematica proposta dalla difesa erariale laddove fa riferimento al rischio che l’interpretazione accolta dalla CTR attribuisca alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati un beneficio maggiore di quello spettante alle vittime del terrorismo, andando quindi ben oltre la programmata estensione ai primi dei benefici previsti per le seconde.
La piana lettura dell’art. 3, commi 1 e 2, della l. n. 204/2006 depone nel senso che l’esenzione, anche per le vittime del terrorismo,
concerna il trattamento pensionistico in quanto tale e neanche quello conseguito a seguito dell’aumento figurativo di cui al comma 1.
E tale conclusione è avallata anche dai documenti di prassi.
Infatti l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 29/07/2005, n. 108/E (richiamata anche dalla Circ. 19/10/2005, n. 113, dell’INPS), in sede di prima interpretazione della portata del beneficio, ebbe a ritenere che l’esenzione dell’art. 3, comma 2, vales se solo per la parte di pensione maturata in base all’aumento figurativo, diversamente dal beneficio previsto dall’art. 4 per le pensioni dirette in favore di chi avesse conseguito una invalidità pari o superiore all’80%, richiamando il parere reso il 10 settembre 2003 dalla Commissione Finanze della Camera dei Deputati.
Però, successivamente, con la risoluzione 01/12/2008, n. 453/E, la stessa Agenzia, richiamando la Direttiva P.C.M. 27/07/2007, ebbe a ritenere non solo che il beneficio spettasse sull’intero trattamento pensionistico e non sulla quota oggetto dell’aumento figurativo, ma anche che esso spettasse su tutti i trattamenti pensionistici goduti, deponendo in tal senso il dato letterale che, nel prevedere l’esenzione in esame, ne individua l’oggetto nella pensione di cui al comma 1 e cioè nella pensione che abbia goduto dell’aumento figurativo, e non nella quota di detta pensione dovuta all’aumento figurativo .
In secondo luogo, la modifica operata dal comma 794 della legge finanziaria per il 2007, dell’art. 3, comma 1, della legge n. 206 del 2004 medesima, ha sostituito, con riguardo al grado di invalidità, le parole «inferiori all’80 per cento» con quelle di «qualsiasi entità», con conseguente venir meno del trattamento fiscale di minor favore riservato alle pensioni corrisposte a fronte di una invalidità inferiore all’80 per cento.
In terzo luogo, la ratio legis sottesa alla normativa di cui alla l. n. 206/2004, è individuabile nell’intento di garantire alle vittime ed ai loro
familiari, anche superstiti, strumenti più adeguati di tutela e sostegno, in termini morali ed economici, che non siano meramente simbolici.
2.5. Le conclusioni raggiunte appaiono in linea non solo con la citata giurisprudenza che ha ritenuto la decorrenza dei benefici fiscali a far data dall’1/01/2017 (Cass. 11/07/2023, n. 19789; Cass. 25/10/2023, n. 29549; Cass. 05/10/2023, n. 28051 che ha in motivazione espressamente evidenziato che in tema pensionistico l’equiparazione tra le vittime del dovere e quelle della criminalità organizzata ed il terrorismo è stata effettivamente realizzata dal legislatore italiano da tale data), ma anche con la giurisprudenza di questa Corte che ha evidenziato che, ove alle vittime del dovere sia esteso uno dei benefici previsti per le vittime del terrorismo, la misura del beneficio debba essere analoga, per evitare ingiustificate disparità di trattamento (Cass., Sez. U., 27/03/2017, n. 7761, con richiami di giurisprudenza amministrativa) nonché con la considerazione espressa da Cass. 16/11/2016, n. 23300, secondo cui il diritto spettante alla vittima del dovere non rientra nell’ambito di quelli inerenti il rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti pubblici, potendo esso riguardare anche coloro che non abbiano con l’amministrazione un siffatto rapporto, ma abbiano in qualsiasi modo svolto un servizio, in quanto il comma 564 dell’art. 1 della legge n. 266/2005, ch e estende la disciplina dettata per i dipendenti pubblici (dal comma 563 e dalla legge n. 466/1980) anche a coloro che abbiano subito infermità dipendenti da causa di servizio, delinea un’area che si estende al di là del rapporto di impiego pubblico e che ingloba, ad esempio, i militari di leva, o che potrebbe estendersi a forme regolate di volontariato, prevedendo diritti anche in favore loro o dei familiari superstiti.
Concludendo, i ricorsi vanno respinti, dovendosi ribadire il principio di diritto in forza del quale «l’estensione, in favore delle vittime del dovere e dei soggetti equiparati, dell’esenzione dall’Irpef del
trattamento pensionistico, di cui all’art. 3, comma 2, della l. n. 206/2004, operata dall’art. 1, comma 211, della l. 232/2006, ha effetti dall’1/01/2017 e non è applicabile ai soli trattamenti pensionistici aventi causa dall’evento che ha dato luogo al ri conoscimento dello status medesimo».
Alla soccombenza segue condanna al pagamento delle spese di lite. Poichè risulta soccombente, in relazione al ricorso principale, una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30/05/2002, n. 115.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi; condanna l’Agenzia delle Entrate e l’INPS al pagamento delle spese di lite in favore di Seveso NOME COGNOME spese che liquida in euro 1.500,00 per compensi, per ciascuno, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie al 15 per cento, ed accessori, con distrazione in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi anticipatario.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ove previsto, da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma in data 21 gennaio 2025.