Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5038 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5038 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
Vittime del dovere- Pensione- Esenzione Irpef-art. 3, comma 2, l. n. 206/2004- Decorrenza-1.1.2027
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15556/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il medesimo in INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell ‘Umbria n. 184/2023, depositata in data 24/05/2023, notificata in data 30/05/2023;
udita la relazione tenuta nell’adunanza camerale del 21 gennaio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Dagli atti di causa emerge che al ricorrente è stato riconosciuto lo status di «vittima del dovere» come da decreto del Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, n. 559/C/3856/FU/S.E. emesso in data 7 ottobre 2020.
In forza di tale status e dell ‘ entrata in vigore della legge n. 232 dell’11 dicembre 2016 che all’art . 1, comma 211, prevede «A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai trattamenti pensionistici spettanti alle vittime del dovere e ai loro familiari superstiti, di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, alla legge 20 ottobre 1990, n. 302, e all’articolo 1, commi 563 e 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano i benefici fiscali di cui all’articolo 2, commi 5 e 6, della legge 23 novembre 1998, n. 407, e dell’articolo 3, comma 2, della legge 3 agosto 2004, n. 206, in materia di esenzione dall’imposta sui redditi», egli formulava istanza di rimborso delle ritenute Irpef operate sulla pensione per gli anni 2017, 2018, 2019, 2020, poiché a partire dal 1 maggio 2021 già percepiva la pensione senza ritenute Irpef.
Formatosi il silenzio rifiuto, la Commissione Tributaria Provinciale di Perugia accolse la domanda.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘Umbria rigettò l’appello dell’ Agenzia delle Entrate, fondato sulla tesi della natura non retroattiva del decreto di riconoscimento dello status di vittima del dovere, da cui conseguiva la spettanza dell’esenzione solo a far data dal 7/10/2020, data di emissione del provvedimento amministrativo; in particolare i giudici dell’appello evidenziavano che il dato testuale della norma rende chiaro che è la legge stessa ad attribuire lo status di vittima del dovere, qualora ricorrano i presupposti individuati dalla
norma stessa, in quanto ricollega tale status direttamente alla contrazione di infermità per causa di servizio, per cui il provvedimento amministrativo di riconoscimento dello status , per contro, è finalizzato solo a valutare la ricorrenza dei predetti requisiti e, quindi, ha evidentemente natura ricognitiva e non costitutiva di uno status , sicuramente preesistente. Osservavano peraltro che la Corte di cassazione a sezioni unite, pronunciandosi in materia di riparto di giurisdizione, ha affermato il principio secondo cui in relazione ai benefici di cui all’art. 1, comma 565, della l. n. 266 del 2005 in favore delle vittime del dovere, il legislatore ha configurato un diritto soggettivo, e non un interesse legittimo, con conseguente assenza di discrezionalità in capo alla P.A. (Cass., S.U., n. 16451/2020).
Del resto, ad avviso dei giudici di appello, lo stesso tenore letterale del decreto conferma questa conclusione laddove afferma che il De Felice «è riconosciuto vittima del dovere» e rileva altresì il fatto che il lasso di tempo di tre anni intercorso fra la domanda di riconoscimento dello status ed il provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo, è da ascrivere esclusivamente a ritardi della p.a., di cui non può subire conseguenze negative il contribuente.
Né, infine, tale conclusione era ostacolata dalla tesi della irretroattività in via generale di tutti i provvedimenti amministrativi; tesi che, peraltro, viene argomentata con analogia al principio di irretroattività delle leggi, poiché la giurisprudenza del Consiglio di Stato, invece, riconosce la possibilità di provvedimenti amministrativi retroattivi, purché vi sia la preesistenza dei presupposti di fatto e di diritto richiesti per l’emanazione dell’atto.
Contro tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, affidato a un motivo.
Il contribuente resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 21/01/2025, per la quale il contribuente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 211, della l. n. 232/2016 e dell’art. 3 della l . n. 206/2004, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e denuncia l’errata decisione della CGT di secondo grado di aver riconosciuto al contribuente l’esenzione IRPEF, accogliendo la relativa istanza di rimborso, anche per il periodo antecedente all’adozione del provvedimento di riconoscimento dello status di vittima del dovere, atteso che è solo da tale momento -e non prima – che il contribuente può godere di tale beneficio; ciò prescinde dalla natura costitutiva o ricognitiva del provvedimento relativo allo status in quanto è comunque solo quest’ultimo a determinare il presupposto dell’agevolazione fiscale.
2. La l. n. 266/2005, nel ridefinire ed ampliare la nozione di vittime del dovere, originariamente prevista dall’art. 3 della l. n. 466/1980, ha previsto le vittime del dovere (art. 1, comma 563) e i soggetti equiparati alle vittime del dovere (art. 1, comma 564). Più precisamente, come già ritenuto da questa Corte (Cass., Sez. U., 24/02/2022, n. 6214), essa ha individuato, nel comma 563, talune attività che, ritenute dalla legge pericolose, nel caso in cui abbiano comportato l’insorgenza di infermità, possono automaticamente portare ad attribuire alle vittime i benefici quali vittime del dovere; ha elencato, nel comma 564, i soggetti equiparati , ossia coloro che non abbiano riportato le lesioni o la morte in una delle attività enumerate nelle lettere dalla a) alla f) sopra richiamate – che il legislatore ha ritenuto per loro natura pericolose, ma in altre attività che pericolose lo fossero o lo fossero diventate per circostanze eccezionali.
La legge ha altresì programmato una progressiva estensione in favore di (entrambe) tali categorie dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo (art. 1, comma 562), rinviando in primo luogo ad un regolamento per disciplinare le modalità di corresponsione delle provvidenze .
Il regolamento è stato emanato con il d.P.R. n. 243/2006 che ha provveduto all’estensione di taluni benefici e provvidenze.
In materia fiscale, (alcuni de) i benefici sui trattamenti pensionistici previsti dalle norme in tema di vittime del terrorismo sono stati estesi dall’art. 1, comma 211, della l. n. 232/2016, a decorrere dall’1/01/2017 (su tale specifico punto v. Cass. 11/ 07/2023, n. 1978; Cass. 25/10/2023, n. 29549; Cass. 05/10/2023, n. 28051); in particolare la disposizione ha esteso (entrambi) i benefìci fiscali di cui all’art. 2, commi 5 e 6, della l. n. 407/1998, e quelli di cui all’art. 3, comma 2, della l. n. 206/2004, in materia di esenzione dall’imposta sui redditi, che è il beneficio oggetto di causa.
La specifica questione rilevante nel caso di specie è data dalla rilevanza, ai fini della decorrenza del diritto all’esenzione Irpef, normativamente attribuito alle vittime del dovere a far data dall’1/01/2017, del decreto di riconoscimento di tale status e cioè se il diritto spetti dal momento del decreto (tesi erariale) o, ferma la necessità del decreto di riconoscimento, spetti invece dal momento della sussistenza dei presupposti del riconoscimento (tesi del contribuente, sostanzialmente accolta dalla CTR).
2.1. Questa Corte ha già evidenziato che, in relazione ai benefici di cui all’art. 1, comma 565, della l. n. 266 del 2005 in favore delle vittime del dovere, quello configurato dal legislatore è un diritto soggettivo e non un interesse legittimo, in quanto, in presenza dei requisiti richiesti, i soggetti prima indicati, o i loro familiari superstiti, hanno una posizione giuridica soggettiva nei confronti di un’amministrazione
pubblica priva di discrezionalità in ordine alla decisione di erogare o meno le provvidenze ed in ordine alla misura delle stesse (Cass. S.U. n. 16451/2020 da ultimo).
Deve quindi condividersi la decisione della CTR laddove ha ritenuto il provvedimento in questione avere natura meramente ricognitiva.
Non appaiono invece condivisibili le considerazioni esposte dall’Agenzia nel ricorso .
E’ certamente vero che il riconoscimento dello status è condicio sine qua non degli specifici diritti che esso conferisce ma tale affermazione è irrilevante nel caso di specie, posto che tale status risulta incontestatamente esser stato riconosciuto al contribuente.
Nè giova alla tesi erariale il precedente costituito da Cass. n. 35831/2022, pure invocato; chiamata a decidere se la decorrenza iniziale del termine per il rimborso, ex art. 21 d.P.R. n. 546 del 1992, fosse la data del riconoscimento dello status di vittima del terrorismo o la successiva riliquidazione della pensione, la Corte ha ritenuto che «il presupposto per la restituzione va individuato non nel provvedimento di riliquidazione, con il quale è stata rideterminato l’importo della pensione a partire dal 26.8.2004, ma nel provvedimento in cui è stato riconosciuto al contribuente lo status di vittima del terrorismo», facendo evidentemente riferimento a un rimborso di quanto indebitamente versato in precedenza.
Tali conclusioni appaiono in linea con la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 17440/2022) che ha esaminato anche la questione se la categoria di «vittima del dovere» tipizzata dall’art. 1, commi 563564, l. n. 266/2005, costituisca uno status e sia come tale imprescrittibile, salva, in quel giudizio, la questione della prescrizione dei ratei delle prestazioni assistenziali previste dalla legge.
In tale decisione ha anzitutto ricordato, al riguardo, che, interpretando le disposizioni citate, le Sezioni Unite di questa Corte
hanno già chiarito che esse istituiscono un diritto di natura prevalentemente assistenziale volto a prestare un ausilio a chi abbia subito un’infermità o la perdita di una persona cara a causa della prestazione di un servizio in favore di amministrazioni pubbliche da cui siano derivati particolari rischi, il quale non rientra nello spettro di diritti e doveri che integrano il rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, ma si colloca fuori e va al di là di tale rapporto, contrattualizzato o meno che esso sia, potendo riguardare anche soggetti che con l’amministrazione non abbiano un rapporto di lavoro subordinato ma abbiano in qualsiasi modo svolto un servizio (così Cass. S.U. n. 23300/2016, in motivazione, testualmente ripresa da Cass. S.U. n. 22753/2018). Si tratta quindi di provvidenze che trovano causa nella morte o nell’infermità permanente che abbia attinto quanti, anche indipendentemente da un rapporto d’impiego con una pubblica amministrazione, abbiano prestato un servizio a beneficio della collettività da cui siano derivati e concretizzati in loro danno particolari rischi: e dunque, come può senz’altro aggiungersi in relazione alle fattispecie espressamente tipizzate dalla lettera dei commi 563 e 564 dell’art. 1, l. n. 266/2005, di un servizio che a sua volta costituisce adempimento di un dovere nell’interesse della collettività (art. 2 Cost.) esplicitando che non si possono non ravvisare nella situazione giuridica istituita dal legislatore tutti i presupposti dello status , nello specifico senso di cui dianzi s’è detto: valendo la categoria di vittima del dovere a differenziare una particolare categoria di soggetti al fine di apprestare loro un insieme di benefici previsti dalla legge e riepilogati dall’art. 4, d.P.R. n. 243/2006.
Si è evidenziato che, nel sistema così delineato, la domanda dell’interessato deve considerarsi pur sempre condicio sine qua per il riconoscimento della condizione di vittima del dovere, che concerne una situazione soggettiva imprescrittibile, ma che tale imprescrittibilità
dell’azione volta all’accertamento dello status di vittima del dovere non si estende ai benefici economici che in tale status trovano il loro presupposto.
Tali considerazioni conducono al rigetto del ricorso erariale.
Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.
Poichè risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30/05/2002, n. 115.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese di lite in favore di NOME COGNOME, spese che liquida in euro 7.200,00 per compensi, oltre spese forfettarie al 15 per cento, euro 200,00 per esborsi, ed accessori.
Così deciso in Roma in data 21 gennaio 2025.