Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30346 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30346 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22787/2024 R.G. proposto da : ROMA CAPITALE, con l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE), con l’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di II grado del LAZIO n. 2102/2024 depositata il 02/04/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con riferimento all’anno 2015, la RAGIONE_SOCIALE ha provveduto al pagamento dell’IMU, relativamente agli immobili per i quali sussisteva l’assoggettamento all’imposta, per un ammontare complessivo di € 391.318,00, ritenendo di non assoggettare ad IMU, nell’anno 2015, l’immobile sito in INDIRIZZO, allora iscritto al catasto al foglio 405, particella 99, destinato all’attività di istruzione svolta dalla RAGIONE_SOCIALE (poi, RAGIONE_SOCIALE, Scienze RAGIONE_SOCIALE e Lingue).
In data 28.12.2020 il Comune di RAGIONE_SOCIALE Capitale ha notificato all’RAGIONE_SOCIALE odierna controricorrente, a mezzo del servizio postale, l”avviso di accertamento esecutivo in rettifica’ ai fini dell’IMU per l’anno 2015, n. 6994, con il quale ha rideterminato l’IMU complessivamente dovuta in € 417.805,85 e richie sto il pagamento di € 26.487,85 a titolo di tributo, di € 13.243,93 per sanzioni, di € 385,14 per interessi. Secondo il Comune, per le unità immobiliari possedute il contribuente aveva presentato dichiarazione IMU, ma era emerso che per le unità dichiarate esenti non possedeva i requisiti di esenzione previsti dal D.M. 19 novembre 2012 n. 200.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato tempestivo ricorso (RGR 4829/2021) alla Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE
La Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. n. 7533/33/2022, depositata il 23.6.2022, ha accolto il ricorso.
RAGIONE_SOCIALE Capitale ha interposto appello, e la Corte di gravame, con la sentenza in epigrafe meglio indicata, lo ha respinto, osservando che nell’immobile non veniva svolta alcuna attività commerciale e che il corrispettivo richiesto dagli studenti rispetto al costo effettivo per il
medesimo servizio reso dallo stato era notevolmente inferiore con conseguente mancanza del carattere commerciale dell’immobile.
Avverso la suddetta sentenza di gravame RAGIONE_SOCIALE Capitale ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
Successivamente la parte controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare va respinta l’eccezione della controricorrente, la quale deduce l’inammissibilità del ricorso per l’esistenza di un precedente giudicato.
Si tratta infatti di decisione, quella invocata al fine del giudicato, relativa a diverso tributo (TASI), che non si ritiene estendibile alla presente fattispecie: nel processo tributario, l’efficacia espansiva del giudicato esterno non ricorre quando i separati giudizi riguardano tributi diversi, trattandosi di imposte strutturalmente differenti, anche se la pretesa impositiva è fondata sui medesimi presupposti di fatto (Cass. 11/09/2024, n. 24416 (Rv. 672209 – 01)).
Va disattesa anche l’eccezione inerente all’inammissibilità perché si tratterebbe di richiesta di valutazione del fatto: tale affermazione non trova riscontro nel contenuto dei motivi, che sono viceversa incentrati sulla errata applicazione delle norme.
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 1, del decreto legislativo n. 504/1992 in combinato disposto con l’art. 2697 c.c. e delle norme connesse e/o correlate nell’accezione compatibile con la decisione adottata dalla Commissione Europea il 19 dicembre 2012 e con la sentenza resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il 6 novembre 2018, cause riunite c-622/16 p – c-623/16 p, c624/16, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.).
3.1. L’Amministrazione contesta che la Corte abbia violato la normativa vigente, in particolare l’art. 7, comma 1, del D.lgs. 504/1992, in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., nonché i principi stabiliti dalla Commissione Europea e dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in materia di aiuti di Stato, quanto la Corte avrebbe erroneamente riconosciuto il carattere non commerciale dell’attività universitaria, basandosi su documenti generali e astratti come bilanci e rendicontazioni, senza che l’RAGIONE_SOCIALE avesse fornito una prova concreta della natura esente dell’attività. Inoltre, viene contestata la valutazione secondo cui i corrispettivi richiesti agli studenti, pur inferiori ai costi sostenuti dallo Stato, potessero ritenersi ‘simbolici’. Per l’Amminist razione, rette comprese tra 1.950 e 6.200 euro, o con un costo medio di oltre 3.400 euro, non possono in alcun modo essere considerate simboliche ai fini dell’esenzione fiscale, mentre l’esenzione è legittima solo se l’attività è svolta a titolo gratuito o dietro pagamento di un importo del tutto irrisorio.
Il motivo è fondato e va accolto.
4.1. Nella decisione di gravame vi è invero un evidente contrasto con orientamenti consolidati di legittimità in materia in ordine ai seguenti fondamentali profili, come richiesti da giurisprudenza consolidata per poter fruire del beneficio dell’esenzione :
la necessaria compresenza, ai fini dell’esenzione I CI invocata ex art. 7 c. 1 lett. I d.lgs. 504/92 (valevole anche per la disciplina IMU) di un requisito soggettivo (qui non in discussione) e di un requisito oggettivo dato dallo svolgimento con modalità non commerciali dell’attività scolastica;
l’accollo del relativo onere probatorio in capo al contribuente che l’esenzione deduca in deroga alla regola di generale contribuzione;
la necessità che questa prova muova da dati, non formali, statutari o comunque aprioristici, bensì dalla dimostrazione delle concrete
modalità di svolgimento dell’attività nel periodo considerato e dei loro effettivi contenuti economici;
l’esigenza che l’attività didattica venga espletata (anche e proprio in ragione dei vincoli UE: decisione 2013/284/UE della Commissione, del 19 dicembre 2012) a titolo gratuito ovvero a fronte di corrispettivi sostanzialmente simbolici (per la cui nozione si rinvia, in particolare, a Cass.n. 27821/23 e n. 3674/19);
il carattere indicativo e non dirimente dei parametri di cui al DMef 200/12 (che richiama esso stesso il requisito della simbolicità dei corrispettivi: art. 4 co. 3^ lett. c)), così come del rapporto su di esso instaurabile tra costo medio per studente (CMS) e corrispettivo medio percepito (CM);
la irrilevanza del risultato della gestione e, in particolare, del fatto che nell’esercizio considerato questa sia stata in pareggio o in perdita (Cass. n. 34311/22).
4.2. Il valore determinate delle circostanze, rilevate dal giudice di appello, che nell’immobile non veni sse svolta alcuna attività commerciale (ulteriore) e che il corrispettivo richiesto dagli studenti rispetto al costo effettivo per il medesimo servizio reso dallo stato era notevolmente inferiore al costo medio, da cui si fa derivare la mancanza del carattere commerciale dell’immobile, non è condivisibile.
4.3. L’RAGIONE_SOCIALE invoca difatti la percezione di rette inferiori alla metà dei costi ministeriali come dimostrazione della non commercialità, ma tali importi -pur più bassi -non risultano irrisori o simbolici, né tali da escludere una parziale copertura dei costi di gestione (Cass. 28/06/2024, n. 17875, in tema di ICI, ma con principio estendibile anche all’IMU) .
4.4. In tal senso questa Corte si è del resto pronunciata più volte sulla questione della valutazione dell’ammontare del corrispettivo ai fini dell’esenzione dell’imposta sugli immobili (ICI nella fattispecie), in ipotesi di servizio reso dietro pagamento di somme non simboliche da
enti aventi natura soggettiva di carattere non commerciale, stabilendo (Cass. 09/02/2024, n. 3674), con riferimento alle rette scolastiche, che ‹‹7.5. in conformità a quanto ritenuto da Cass. 27821/2023 va confermato il principio di diritto secondo cui: ‘per corrispettivo simbolico, ai fini dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 per l’attività didattica ed in base ai criteri dettati dalla decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, deve intendersi quello caratterizzato da un irrisorio, marginale, del tutto residuale ammontare, in termini tali da non potersi porre in relazione con il servizio reso, così presentandosi come corrispettivo di natura meramente formale, tale da rendere la prestazione più prossima ad una erogazione gratuita, che a quella sotto remunerata rispetto agli standard medi’».
4.5. Pertanto, secondo i consolidati criteri interpretativi della giurisprudenza di legittimità, i dati forniti dalla parte non sono idonei a dimostrare la sussistenza delle condizioni richieste per l’esenzione, che deve quindi essere negata
4.6. Alla luce delle argomentazioni che precedono il motivo è fondato e va accolto.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. , ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.
5.1. Nello specifico, RAGIONE_SOCIALE Capitale contesta che la RAGIONE_SOCIALE non abbia fornito alcuna prova concreta che gli immobili oggetto dell’accertamento fossero effettivamente destinati allo svolgimento di attività didattiche con modalità non commerciali, come richiesto dalla normativa sull’esenzione IMU. La Corte di Giustizia Tributaria di II grado, secondo l’amministrazione, avrebbe mal applicato l’onere probatorio, attribuendo indebitamente l’esenzione in assenza di riscontri oggettivi e disattendendo le richieste i struttorie dell’ente. Inoltre, sarebbe stata necessaria una rigorosa verifica del requisito
oggettivo dell’attività, non desumibile da elementi generici come bilanci o statuti, ma solo da prove concrete che dimostrino la finalità solidaristica e l’assenza di modalità imprenditoriali.
5.2. Il motivo è assorbito dall’accoglimento del precedente , atteso che la motivazione del giudice del gravame fa riferimento al solo fatto che nell’immobile non si svolgesse alcuna ulteriore attività di natura commerciale e che il corrispettivo richiesto agli studenti, essendo sensibilmente inferiore al costo del servizio erogato dallo Stato, escluderebbe il carattere commerciale dell’immobile, non può essere condivisa, con evidente rigetto implicito di ogni altra doglianza.
Se interpretata sotto diverso profilo, invece, la censura si paleserebbe come affetta da inammissibilità, atteso che in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione’ Cass. 07/09/2022, n.26367)
In ragione della fondatezza del primo motivo -assorbito il secondo -la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c .p.c. con il rigetto del ricorso originario della contribuente.
In una valutazione complessiva del giudizio, si ritiene sussistere giustificati motivi per compensare le spese di ambedue i gradi di giudizio di merito.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso della contribuente.
Compensa le spese di merito.
Condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.305,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, il 14/11/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME