Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32036 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32036 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4087/2023 R.G. proposto da : COMUNE DI NAPOLI, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME (CODICE_FISCALE, NOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI NOME, elettivamente domiciliato in NAPOLI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende ed ai fini del presente giudizio domiciliata digitalmente al suo indirizzo pec:
EMAIL;
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA n. 5127/2022 depositata il 04/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. la C.T.P. di Napoli, con la sentenza n. 6220/14/2021, accoglieva, in parte, il ricorso proposto dall’Università degli Studi di Napoli Federico II avverso l’avviso in rettifica IMU, per l’anno 2014, n. 553045/36, notificato il 26 giugno 2020, con il quale il Comune di Napoli aveva richiesto un’integrazione di imposta (oltre sanzioni ed interessi) per l’importo complessivo di € 2.356.438,67 relativamente ad alcune delle complessive 243 unità immobiliari risultanti in possesso di detto Ateneo (in specie, in proprietà o uso perpetuo) elencate nel prospetto contenuto nello stesso avviso di rettifica. I primi giudici, nel rigettare le ulteriori contestazioni dedotte da parte contribuente, ritenevano che, per quanto concerneva gli immobili di cui ai numeri da 188 a 199 nonché quelli nn. 201 e 202 di cui all’accertamento, risultava che gli stessi erano stati concessi in godimento gratuito all’Università degli studi di Napoli Luigi COGNOME (ex SUN) ai sensi dell’art. 4 del D.M. del 25/03/1991 in attuazione della legge n. 245/1990 e, pertanto, non sussisteva, con riferimento a tali immobili, la legittimazione passiva dell’Università ricorrente e che, in ogni caso, l’ IMU non era dovuta in quanto gli immobili in questione utilizzati dalla ex RAGIONE_SOCIALE e da questa destinati allo svolgimento di attività didattiche con modalità non commerciali, sicchè operava l’esenzione di cui all’art.7, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 504/92; che parimenti, quanto agli immobili di cui ai numeri 153 e 170 nonché da 54 a 57, risultava che gli stessi erano tutti deputati allo svolgimento dell’attività istituzionale dell’Ateneo con modalità non commerciali con conseguente esenzione dal pagamento dell’IMU
ex art. 7, comma 1, lett. i) d.lgs. n. 504/92 cit. e che non era dovuto il tributo relativamente agli immobili di cui ai numeri 16, 25 e 26 siti in INDIRIZZO in quanto sub-concessi in godimento gratuito all’Azienda Ospedaliera Policlinico (AOU) a decorrere dal giorno 1/04/1995 come confermato dall’atto ricognitivo in data 16/3/2021 a firma del Direttore Generale dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e del Direttore Amministrativo dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II;
2. la C.T.R. della Campania, con la sentenza n. 5127/15/2022, depositata il 4 luglio 2022 e non notificata, rigettava l’appello proposto dal Comune ed accoglieva l’appello incidentale avanzato dall’Università degli Studi di Napoli Federico, in particolare precisando che: – le unità immobiliari indicate ai nn. da 188 a 199 e 201 e 202 erano quelle concesse in uso gratuito all’Università degli studi di Napoli Luigi Vanvitelli (ex S.U.N) a fini istituzionali ai sensi dell’art. 4 del D.M. del 25/03/1991 in attu azione della legge n. 245/1990 non più nella disponibilità/possesso dell’Ateneo ma in uso alla ex facoltà di medicina dell’Università Vanvitelli (ex S.U.N.) ed, in ogni caso, non andavano tassati a fini IMU ex art. 7, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 504/92 né in capo all’Ateneo né in capo alla ex SUN in quanto entrambi gli Atenei erano pubblici ed incardinati nell’ambito dello stesso Dicastero (MIUR) e svolgevano le loro attività in via strumentale e coordinata per assicurare la medesima funzione istituzionale (didattica/formativa) sul medesimo territorio (Regione Campania); – per quanto concerneva gli immobili indicati ai nn. 56, 57, 153, e 170, la documentazione fornita dimostrava il diritto dell’Ateneo all’esenzione IMU in quanto destinati allo svolgimento d ell’attività istituzionale dell’Ateneo con modalità ‘non commerciale’, come già affermato nella sentenza di primo grado; -gli immobili di cui nn. 16, 25 e 26 dell’atto impugnato occupati dall’istituto di credito Intesa San Paolo, ex Banco di Napoli, erano immobili che non erano nella disponibilità dell’Ateneo ma concessi in
uso all’AOU Federico II che -‘subentrata all’Ateneo’ – li aveva locati al Banco di Napoli come era dato evincere dai contratti di locazione allegati dalla parte al ricorso; – quanto agli immobili indicati ai nn. 69, 72, 105, 156, l’Università aveva eccepi to lo svolgimento dell’attività istituzionale con modalità ‘non commerciale’ comprovata nel presente giudizio con altra dichiarazione a firma del Rettore dell’Ateneo Federico II; -l’immobile indicato al n. 157 (INDIRIZZO, era quello concesso a titolo gratuito alla Regione Campania che vi aveva ivi collocato i propri uffici per l’Agenzia diritto allo Studio Universitario della Regione Campania RAGIONE_SOCIALE, come da delibera dell’Agenzia del demanio del 2011 allegato in atti, destinazione che risultava attestata da altra documentazione in atti; -relativamente all’immobile indicato al n. 110 (INDIRIZZO lo stesso corrispondeva, invece, ad un sub catastale inesistente (n.99 del Foglio 1, sez. Pennino) perché soppresso; gli immobili indicati ai nn. 55 e 70 corrispondevano, ciascuno, a cabina elettrica, per la quale, ai sensi dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 23/2011, al quale fa riferimento il comma 1, dell’articolo 13, del d.l. n. 201/2011, ed alla luce dei chiarimenti resi dall’Amministrazione finanziaria (Circolare n. 3/DF, del 18 maggio 2012), pacificamente, l’IMU deve essere assolta dall’Enel, quale soggetto del diritto reale di servitù sullo stesso, come da allegato la dichiarazione a firma del Rettore; gli immobili indicati ai nn. da 36 a 41 e da 178 a 186, nonché quelli indicati ai nn. 73; 108; 109; 111; 112; 165; 166; 168; 175; 176; 242; 243 erano quelli detenuti dall’Ateneo, ma non destinati allo svolgimento dell’attività istituzionale, perché locati (e quindi utilizzati ‘con modalità commerciale’ per i fitti riscossi) oppure occupati da studenti (da 178 a 186, in INDIRIZZO), su cui l’Ateneo aveva regolarmente dichiarato e regolarmente versato l’IMU nell’anno 2014 e per i quali, quindi, non vi era materia del contendere;
il Comune di Napoli ha proposto, sulla base di cinque motivi, ricorso per la cassazione della detta sentenza, cui ha resistito l’Università degli Studi di Napoli Federico II con controricorso, eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso ; 3. l’Università degli Studi di Napoli Federico II ha depositato memoria
ex art. 378 c.p.c. in data 12 settembre 2024.
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo (indicato in ricorso sub. C.1.) l’ente impositore ha lamentato, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 1, 2 e 3 del d.lgs. n. 504/1992, dell’art. 13, comm a 2, del d.l. n. 201/2011, con riferimento all’art. 4 del D.M. 25.3.1991;
1.1. ha assunto che Commissione Tributaria Regionale, aderendo alla tesi dell’Università Federico II, aveva erroneamente ritenuto che il ‘possessore’ degli immobili in esame, come tale soggetto passivo d’imposta dell’IMU, fosse l’Università Vanvitelli (ex S.U.N.) e non la Federico II, (come, invece, ritenuto dal Comune di Napoli) sebbene fosse pacifico -in quanto non contestato- che quest’ultimo Ateneo, rispetto agli immobili in questione, nel 2014 risultasse, in parte, ‘proprietario’ ed, in parte, titolare del diritto di ‘uso perpetuo’, come desumibile anche da due elenchi di immobili in atti, basando il proprio convincimento sul disposto di cui all’art. 4 del D.M. 25.3.1991 da cui sarebbe risultato che i beni in questione erano gravati da un diritto d’uso in favore dell’Università Vanvitelli e che l’Università Federico II non avrebbe avuto la possibilità di continuare a utilizzarli (a differenza del comodante che, ex art. 1804 c.c., può far cessare l’uso del comodatario), essendogli stata sottratta, ex lege , la disponibilità di tali immobili;
1.2. ha rilevato che, per contro, non era stata fornita la prova, mediante un atto formalmente e sostanzialmente idoneo allo scopo, che la Federico II, in forza del persistente proprio diritto di proprietà o diritto reale d’uso (solo in parte compresso da un concorrente
diritto d’uso della COGNOME, peraltro neppure perfezionato/formalizzato) non poteva ‘utilizzare’ gli immobili de quibus e che, per contro, essendo normativamente previsto l’utilizzo congiunto delle strutture dell’Università, in assenza della prevista convenzione e/o di qualsivoglia atto traslativo del diritto d’uso (ritualmente formalizzato/trascritto) che, individuando specificatamente alcune strutture, ne avesse trasferito il possesso alla COGNOME, la sentenza impugnata era da ritenere errata in punto di corretto accertamento del soggetto passivo d’imposta per gli immobili de quibus ;
2. con un secondo motivo (indicato sub. C.1. bis ) ha dedotto, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art. 7, comma 1, lett. i) del d.lgs.504/1992 in connessione con l’art. 3, comma 1, del medesimo d.lgs., assumendo che era errone a l’affermazione dei giudici di appello secondo cui, anche a volere ritenere la Università Federico II possessore (ex art. 13, comma 2, d.l. 6 dicembre 2011 n. 201), andava tenuto conto che trattavasi di immobili destinati allo svolgimento con modalità non commerciali di attività didattiche, per i quali spettava l’esenzione di cui all’art. 7, comma l, lett. i), d.lgs. n. 504/92 non avendo i giudici di appello considerato che, in merito alla possibilità di beneficiare della esenzione – ex art. 7, comma 1, lett. i) del d lgs. n. 504/1992 – nell’ipotesi di utilizzazione c.d. indiretta dei suindicati immobili, per finalità istituzionali, da parte di altro ente non commerciale (ossia l’Università Vanvitelli), la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte si era pronunciata, in via di principio, nel senso di escludere la possibilità di beneficiare di detta esenzione e ciò anche laddove l’utilizzazione indiretta avvenisse per finalità istituzionali e ad opera di enti non commerciali in quanto difetterebbe il requisito di cui alla lett. c), trattandosi di Atenei distinti e fra loro autonomi. Nella specie, dunque, non ricorrendo <> l’ Università Federico II non poteva beneficiare di tale esenzione;
3. con il terzo motivo (indicato sub. C.2.) ha rilevato, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’art. 7, comma 1, lett. i) del d.lgs. 504/1992 in connessione alla corretta applicazio ne dell’art. 2697, primo comma, c.c. e dell’art. 115, primo comma, c.p.c.;
3.1. ha assunto che relativamente agli immobili indicati ai nn. 56, 57, 153, e 170 i giudici di appello avevano erroneamente ritenuto che la documentazione fornita in atti comprovava il diritto dell’Ateneo all’esenzione IMU, trattandosi di locali destinati allo svolgimento dell’attività istituzionale dell’Ateneo con modalità ‘non commerciale’ non considerando, fra l’ altro, che: – gli immobili indicati al punto 54 e 57 del prospetto di liquidazione erano utilizzati rispettivamente quali punto ristoro ed alloggio del custode del dipartimento di farmacia; – l’immobile al punto 56 era un locale ad uso del dipartimento di farmacia ma per il quale non risultava indicata l’attività svolta ; – l’immobile al punto 153 veniva indicato come ingresso di INDIRIZZO; – l’immobile di INDIRIZZO (punto 170 del prospetto di liquidazione) era utilizzato con finalità tipicamente commerciali in quanto adibito a centro congressi ed in merito a quest’ultimo immobile il Comune aveva correttamente ritenuto di dover riconoscere l’esenzione dall’imposta per gli spazi in cui risultava esercitata attività istituzionale (immobile n. 171 del prospetto di liquidazione) mentre aveva ritenuto non spettante l’esenzione per la parte dell’immobile destinata a centro congressi (cespite n. 170 del prospetto di liquidazione), risultando di tal guisa evidente che la sentenza impugnata aveva violato il disposto di cui all’art. 2697 c.c. non avendo considerato che era onere dell’Ateneo appellante provare che l’attività istituzionale ( didattica) venisse da
esso svolta, in ognuno degli edifici in questione, con modalità non commerciali, prova nella specie non fornita in concreto;
4. con il quarto motivo (indicato sub. C.3.) ha rilevato, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’art. 7, comma 1, lett. i) del d.lgs. 504/1992 in connessione alla corretta applicazion e dell’art. 2697, primo comma, c.c. e dell’art. 115, primo comma, c.p.c. lamentando che i giudici di appello non avevano considerato che con riferimento alle unità immobiliari site alla INDIRIZZO ed individuate ai progressivi 16, 25 e 26 del prospetto di liquidazione, non era stato provato che su tali tre immobili la Federico II aveva trasferito altro diritto reale alla A.O.U. mentre la mera disponibilità di detti immobili da parte dell’A.O.U. non era giuridicamente qualificabile come una delle fattis pecie tassativamente previste dall’art. 3 del d.lgs. n. 504/1992, norma prevista per l’ICI e tutt’ora in vigore per l’IMU; 5. con il quinto motivo (indicato sub. D.) ha dedotto, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3. c.p.c., violazione o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’art. 7, comma 1, lett. i) del d.lgs. 504/1992 in connessione alla corretta applicazione dell’art. 2697, primo comma, c.c. e dell’art. 115, primo comma, c.p.c. lamentando che i giudici di appello non avevano considerato con riferimento agli immobili indicati ai nn. 69, 72, 105, 156, 157, 110, 55 e 70 del prospetto di liquidazione, per l’RAGIONE_SOCIALE ritenuti esenti da IMU beneficiando dell’esenzione dello stesso art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 504/92) in quanto da essa detenuti e destinati allo svolgimento dell’attività istituzionale, in realtà non risultava comprovato che gli stessi erano utilizzati esclusivamente per lo svolgimento di attività esentabili e, più precisamente: l’immobile al punto 69 era adibito a guardiania e centrale telefonica; – l’immobile al punto 72 era una cabina elettrica (locale tecnico); – l’ immobile di INDIRIZZO piano INDIRIZZO (immobile 105 del prospetto di liquidazione) veniva utilizzato per uffici contabili ed altre
attività diverse da quelle didattiche, come si evince dalla documentazione allegata; in proporzione alla parte utilizzata per finalità differenti da quelle indicate dal citato art. 7, era dovuta l’imposta; – con riferimento al cespite sub n. 157 del prospetto di liquidazione trattandosi di bene dato in uso alla Regione a titolo di godimento l’Ateneo era tenuto al pagamento della corrispondente imposta;
va, in primo luogo, disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla controricorrente dovendosi osservare che, diversamente da quanto vorrebbe sostenersi, non si tratta di motivi in toto inammissibili, perché i prospettati errori logico-giuridici non implicano affatto, sempre e comunque, la rivisitazione nella presente sede di legittimità di aspetti fattuali, quanto, prevalentemente, profili di stretta rilevanza tecnico-giuridica; inoltre, non può fondatamente sostenersi che essi siano sempre carenti del requisito di specificità ed autosufficienza, dal momento che, per lo più, proprio la natura prettamente giuridica delle doglianze in essi trasversalmente contenuta esclude che la loro illustrazione richiedesse (sempre) l’inserimento, la trascrizione o lo specifico richiamo di elementi diversi rispetto a quelli indicati e richiamati ed ulteriori dalla normativa asseritamente violata in rapporto alle domande ed eccezioni di parte (il cui atteggiarsi nel corso dei vari gradi del processo risulta, per lo più, pacifico tra le parti);
ciò rilevato osserva questo Collegio che i primi due motivi del ricorso – i quali possono essere esaminati congiuntamente in quanto fra loro connessi – sono privi di fondamento;
7.1. va premesso, sotto il profilo normativo, che la legge n. 245/1990 – Norme sul piano triennale di sviluppo dell’università e per l’attuazione del piano quadriennale 1986-1990 -ha così stabilito: art. 7. ‘1. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 4 e 6 si applicano anche al piano quadriennale di sviluppo dell’università 1986-1990, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 12 maggio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 111 del 15 maggio 1989. 2. Per le finalità di cui al comma 1, sono istituite ed attivate, con modifica statutaria, tutte le nuove strutture espressamente previste dal piano di cui al comma 1. Il Politecnico di Bari, la facoltà di magistero presso l’Università di Catania e la II Università di Napoli, sono istituiti con le modalità di cui agli articoli 8, 9 e 10. 3. Le università possono indicare, con delibera del senato accademico, sentito il consiglio di amministrazione per quanto concerne le risorse necessarie, le priorità nell’attivazione delle strutture e dei corsi previsti nel piano di cui al comma 1.4. Per la costituzione della facoltà con corsi attivati alla data di pubblicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1 del presente articolo e previste dal piano predetto quali strutture decentrate da altre università si applicano, nel caso in cui alle stesse non siano assegnati almeno cinque professori di ruolo di cui tre di prima fascia, le disposizioni di cui al comma 6 dell’art. 2′. Il successivo art. 10 (Istituzione della II Università di Napoli), a sua volta, ha stabilito: ‘1. È istituita, nell’area metropolitana di Napoli, la II Università. Essa è compresa fra quelle previste dall’art. 1, secondo comma, n. 1), del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore, approvato con regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592 e successive modificazioni e integrazioni. 2. Con decreto del Ministro, adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su parere conforme delle competenti commissioni parlamentari, sono dettate le disposizioni per disciplinare, secondo quanto previsto dagli articoli 2 e 4, la costituzione delle facoltà e l’attivazione dei relativi corsi di laurea nonchè le modalità attuative delle previsioni del piano quadriennale di sviluppo 1986-1990, ivi compreso lo scorporo dall’Ateneo Federico II di Napoli della I facoltà di medicina ed il passaggio della stessa alla II Università, con le relative dotazioni organiche, scientifiche, didattiche e strumentali. Il decreto deve comunque prevedere che
l’istituzione della II Università di Napoli avvenga contestualmente alla costituzione di più facoltà.’ In forza del successivo D.M. 25/09/1991 è stata previsto, all’art. 4, che: ‘ La facoltà di medicina e chirurgia con i relativi corsi di laurea è istituita a decorrere dall’anno accademico 1992-1993 scorporando dall’Ateneo “Federico II” la prima facoltà di medicina e chirurgia con tutte le relative dotazioni organiche, scientifiche, didattiche e strumentali. La seconda Università di Napoli subentra in tutti i rapporti giuridici facenti capo all’Università “Federico II” relativi al funzionamento della prima facoltà di medicina e chirurgia in atto alla data di inizio dell’anno accademico 1992-93. Fino all’apprestamento delle strutture da adibire a Policlinico della facoltà di medicina e chirurgia della seconda Università di Napoli, quest’ultima funzionerà nelle strutture attualmente utilizzate dalla prima facoltà di medicina e chirurgia dell’Università’ ‘Federico II”. Con apposita convenzione le due università disciplinano i reciproci rapporti in ordine alla gestione delle strutture utilizzate congiuntamente dalle due facoltà’;
7.2. orbene ancorché difetti, allo stato degli atti, la prova di uno specifico titolo avente natura costitutiva di un diritto reale (concessione «in gratuito e perpetuo uso») in favore dell’ex S.U.N., non può dubitarsi della correttezza della seconda ratio decidendi della C.T.R., anch’essa oggetto di censura;
7.3. invero questa Corte ha avuto modo di chiarire che, a certe e determinate condizioni, l’utilizzazione indiretta del bene può consentire il riconoscimento dell’esenzione in oggetto precisando, sia pure in relazione ad altra agevolazione, ma sulla scorta di un principio avente carattere generale, che «In tema di imposta comunale sugli immobili, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992 spetta non soltanto se l’immobile è direttamente utilizzato dall’ente possessore (nella specie, una fondazione di religione e di culto) per lo svolgimento di compiti istituzionali, ma anche se il bene, concesso in comodato gratuito, sia
utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25508 del 18/12/2015; richiamata, in motivazione, da Cass., Sez. 5 – Ordinanza n. 24308 del 30/09/2019 e da Cass. Sez. 5 -Sentenza n. 6795 dell’11/03/2020)» (così Cass., Sez. T, 12 maggio 2021, n. 12539, richiamata da Cass., Sez. T., 16 febbraio 2023, n. 4953). In tale direzione si è avuto modo di rimarcare che detto ordine di idee concerne l’ipotesi nella quale «il comodatario sostanzialmente utilizzi il bene in attuazione dei compiti istituzionali dell’ente concedente, con il quale sussista uno stretto rapporto di strumentalità che potrebbe definirsi “compenetrante”», ovverosia il caso «in cui l’immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente per lo svolgimento di un’attività meritevole prevista dalla norma agevolativa. In questo senso, quindi, si è rilevato che secondo un indirizzo giurisprudenziale che si è venuto affermando nella giurisprudenza della Corte, l’esenzione spetta non soltanto se l’immobile è direttamente utilizzato dall’ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali, ma anche se il bene, concesso in comodato gratuito, sia utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente (v., ora, la l. 30 dicembre 2023, n. 213, art. 1, comma 71, lett. A);
7.4. nella fattispecie in esame l’uso indiretto è fondato proprio sulle cennate disposizioni (l. n. 245 del 1990, art. 10; d.m. 25 marzo 1991, art. 4) che impongono, ex lege , una reciproca integrazione di attività funzionale alla costituzione della nuova Università, allo scorporo delle attività corrispondenti alla prima facoltà di medicina e chirurgia (con tutte le relative dotazioni organiche, scientifiche,
didattiche e strumentali, ed il subentro della II Università di Napoli in tutti i rapporti giuridici facenti capo all’Università “Federico II” relativi al funzionamento della prima facoltà di medicina e chirurgia) ed all’uso, relativamente alle attività o ggetto di scorporo, delle strutture utilizzate dalla prima facoltà di medicina e chirurgia dell’Università “Federico II’ e da destinare a Policlinico della facoltà di medicina e chirurgia della seconda Università di Napoli). Sebbene, dunque, il regime conv enzionale previsto, nella disciplina dell’uso, dal richiamato art. 4 del D.M. 25 marzo 1991 sembrerebbe escludere il possesso (del concessionario) fondato su di un diritto reale (di uso), è, quindi, indubbio che l’uso indiretto risponde all’esercizio di attività esenti da ricondurre alle sopra citate disposizioni e l’integrazione fra i due enti è ‘imposta’ a livello normativo con riferimento alle attività da dismettere ed ai beni da assumere in uso per lo svolgimento delle nuove attività. Tanto consente di escludere la fondatezza delle censure del Comune di Napoli con riferimento ai menzionati locali;
8. il terzo motivo è da ritenere inammissibile in quanto il Comune ricorrente, pur lamentando apparentemente una violazione di norme di legge, devolve all’esame della Corte una erronea ricognizione della fattispecie concreta (deducendo mere allegazioni in fatto sulla natura e destinazione di singole unità immobiliari) e, pertanto, finisce con il sollecitare un inammissibile riesame del merito del giudizio (vedi Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053). Come, difatti, questa Corte ha in più occasioni rimarcato, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa laddove l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito che è sottoposta
al sindacato di legittimità nei limiti delineati (ora) dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (v., ex plurimis, Cass., 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., 11 gennaio 2016, n. 195; Cass., 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. Sez. U., 5 maggio 2006, n. 10313; Cass., 11 agosto 2004, n. 15499). Invero la C.T.R., con motivazione logica, congrua e adeguata, valutato il tenore complessivo delle difese delle parti ed esaminata la documentazione versata in atti, ha ritenuto che trattavasi di immobili non assoggettabili ad IMU, ricostruzione che il Comune cerca di inficiare prospettando una rilettura delle complessive risultanze istruttorie né, per altro verso, la generica deduzione svolta sull’onere della prova è idonea ad inficiare l’accertamento in fatto della impugnata sentenza. Occorre ricordare che – la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c.. (Cass., 25 marzo 2022, n. 9695; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione), violazioni che nel caso di specie non appaiono ravvisabili;
il quarto motivo appare fondato per due ordini di ragioni, dovendosi ritenere configurabile la dedotta violazione di legge;
9.1. secondo quanto è dato leggere dalla sentenza impugnata la C.T.R. ha rilevato che « gli immobili ai nn. 16, 25 e 26 dell’atto
impugnato (occupati dall’istituto di credito Intesa San Paolo, ex Banco di Napoli), sono immobili che non sono nella disponibilità dell’Ateneo ma concessi in uso all’AOU Federico II che -‘subentrata all’Ateneo’ – li ha locati (al Banco di Napoli), come si evince dai contratti di locazione allegati dalla parte al ricorso. A riguardo sostiene il Comune che la proprietà resti sempre in capo all’ Ateneo, tenuto al pagamento dell’imposta. In realtà, per le ragioni già esposte, l’esenzione è applicabile anche in relazione a tali immobili, in quanto concessi in comodato gratuito all’AOU, ente non commerciale»;
9.2. orbene in relazione a tali beni il motivo appare fondato sotto un duplice profilo: in primo luogo la C.T.R. non ha accertato l’esatto e specifico titolo del possesso che legittima l’imposizione e l’individuazione della soggettività passiva ed, in seco ndo luogo, il riferimento alla concessione in comodato e, dunque, all’uso indiretto , qui non appare valutato in linea con i principi di diritto in materia a fronte del rilievo che le unità immobiliari erano state sfruttate commercialmente in quanto concesse in locazione all’esercente attività bancaria (attività commerciale);
10. il quinto motivo può trovare accoglimento nei limiti appresso specificati;
10.1. la C.T.R. ha rilevato che « ….quanto concerne la parte della pronuncia che ha respinto il ricorso, si condividono i documentati rilievi dell’Ateneo. In effetti, l’Università ha eccepito lo svolgimento dell’attività istituzionale con modalità ‘non commerciale’ negli immobili indicati ai predetti nn. 69, 72, 105, 156, comprovata nel presente giudizio con altra dichiarazione a firma del Rettore dell’Ateneo Federico II con una puntuale descrizione e specifica destinazione d’uso dei predetti immobili (nei vari dipartimenti)
comprensiva di planimetrie catastali. L’immobile indicato al n. 157 (INDIRIZZO, è quello concesso a titolo gratuito alla Regione Campania che vi ha ivi collocato i propri uffici per l’Agenzia diritto allo Studio Universitario della Regione Campania RAGIONE_SOCIALE, come da delibera dell’Agenzia del demanio del 2011 allegato in atti (sub doc.6 al ricorso). Detta destinazione risulta attestata nella dichiarazione a firma del Rettore…… ed altra conferma si rinviene nella pagina del sito dell’RAGIONE_SOCIALE ‘Patrimonio Immobiliare’ ove tra le note per il menzionato immobile si legge che ‘L’immobile è di proprietà dell’Agenzia del Demanio ed è stato assegnato all’ADISU Federico II (Oggi ADISURC)’. In ogni caso l’immobile è destinato allo svolgimento di attività esente IMU (didattica) ex art. 7, comma 1, lett. i), d.lgs. 504/92 sul piano oggettivo e risponde anche al requisito soggettivo di appartenenza di due enti non commerciali (Regione/Ateneo). L’immobile indicato al n. 110 (INDIRIZZO) corrisponde, invece, ad un sub catastale inesistente (n.99 del Foglio 1, sez. Pennino) perché soppresso e ciò risulta proprio dall’atto ricognitivo che l’Ateneo ha fatto redigere per notar COGNOME per identificare correttamente i sub catastali reali del cespite ubicato in INDIRIZZO su cui l’Ateneo ha del resto anche regolarmente pagato l’IMU. L’unità al sub 110 è inesistente per cui non potrebbe giammai identificare un cespite imponibile IMU come è stato confermato anche dalla dichiarazione a firma del Rettore in cui a m aggior comprensione del fatto è stato dichiarato che: ‘l’immobile indicato al n. 110 dell’avviso di liquidazione non è di proprietà dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, giusta atto notarile (…) con il quale è stato stralciato l’immobile in qu estione, in quanto erroneamente indicato nell’atto di acquisto del 15 dicembre 1984’ … Gli immobili indicati ai nn. 55 e 70 corrispondono, ciascuno, a cabina elettrica, per la quale, ai sensi dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 23/2011, al quale fa riferimento il comma 1, dell’articolo 13, del d.l. n. 201/2011, ed alla luce dei chiarimenti resi dall’Amministrazione
finanziaria (Circolare n. 3/DF, del 18 maggio 2012), pacificamente, l’IMU deve essere assolta dall’Enel, quale soggetto del diritto reale di servitù sullo stesso, come da allegato la dichiarazione a firma del Rettore »:
10.2. orbene le censure colgono nel segno nella misura in cui la mera dichiarazione unilaterale della parte contribuente non può sicuramente costituire prova di svolgimento di attività esente, con modalità non commerciali (rilievo che riguarda le unità immobiliari indicate ai nn. 69, 72, 105, 156) tenuto conto degli oneri probatori della parte contribuente che assume il diritto all’esenzione. Quanto all’immobile indicato al n. 157 (INDIRIZZO, in ragione dell’accertamento in fatto della C.T.R. in ordine alla circostanza che trattasi di immobile di proprietà dell’Agenzia del Demanio, concesso a titolo gratuito alla Regione Campania che vi ha ivi collocato i propri uffici per l’Agenzia diritto allo Studio Universitario della Regione Campania (risultando, quindi, ivi esercitata attività istituzionale collegata all’insegnamento universitario) va evidenziato che la censura del Comune ricorrente non mette in discussione né l’accertamento relativo all’attività in concreto ivi svolta né la titolarità del bene in capo al Demanio, con la conseguenza che sul punto la sentenza va confermata. Per quanto concerne, infine, le unità immobiliari nn. 55 e 70 la censura, invece, è fondata: a parte la contestazione relativa alla contestata assenza di prova della sussistenza di una servitù in favore di ENEL regolarmente trascritta, ciò non escluderebbe il titolo proprietario che fonda la soggettività passiva (in tema di servitù di uso pubblico vedi Cass., 30 settembre 2019, n. 24264; Cass., 22 maggio 2019, n. 13795);
11. in conclusione vanno accolti il quarto motivo e, per quanto di ragione (cioè con riferimento alle unità immobiliari indicate dalla C.T.R. ai nn. 69, 72, 105, 156, 55 e 70), il quinto motivo e vanno rigettati il primo, il secondo e dichiarata l’inammiss ibilità del terzo; in relazione ai motivi accolti la sentenza va cassata con rinvio alla
Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui va demandata anche la regolamentazione delle spese di questo grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo e, per quanto di ragione, il quinto motivo; rigetta il primo ed il secondo e dichiara inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo grado di giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in data