Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18981 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18981 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere – rel.-
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 11/04/2025
IMU ART. 7, COMMA
1,. LETT. I ) D.LGS.
504/1992 – SCUOLA
PARITARIA –
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16177/2024 del ruolo generale, proposto
DALLA
CONGREGAZIONE FIGLIE DI NOSTRA RAGIONE_SOCIALE COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE – ente ecclesiastico di diritto pontificio -in persona del legale rappresentante pro tempore , Suor NOME COGNOME rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina da considerarsi poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
ROMA CAPITALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentate, Sindaco pro tempore, dr. NOME COGNOME rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina da
considerarsi poste in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE. Numero sezionale 2708/2025 Numero di raccolta generale 18981/2025 Data pubblicazione 11/07/2025
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 7519/9/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio depositata in data 28 dicembre 2023.
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 11 aprile 2025.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia sono gli avvisi di accertamento in atti con cui Roma Capitale chiese alla suindicata Congregazione il pagamento della somma di 10.879,63 €, oltre sanzioni, a titolo di IMU per l’anno d’imposta 2015, nonché dell’importo di 1.244,71 € a titolo di TASI per il medesimo anno di imposta, sempre in relazione all’unità immobiliare della contribuente adibita a scuola paritaria.
La Corte regionale rigettava gli appelli riuniti proposti dalla ricorrente contro le pronunce della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 36/2022 (in tema di TASI) e n. 5541/2022 (in tema di IMU).
Nello specifico, dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità in tema di esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i ), d.lgs. n. 504/1992 e, segnatamente, sul come intendere le modalità non commerciali dell’attività didattica, osservava che le « rette richieste dalla odierna appellante (ndr. 1.100/2.000 €) anche a volerle ritenere adeguatamente documentate attraverso la scarna produzione offerta, se pure certamente non improntate a criteri di economicità, non possono tuttavia essere ritenute così modeste da non potersi rapportare al comune concetto di remunerazione di servizio reso» (così nella sentenza impugnata),
Numero sezionale 2708/2025
per cui negava l’esenzione invocata e respingeva anche le censure concernenti le sanzioni applicate. Numero di raccolta generale 18981/2025 Data pubblicazione 11/07/2025
Avverso tale pronuncia la Congregazione RAGIONE_SOCIALE Nostra Signora della Neve proponeva ricorso per cassazione notificandolo in data 11 aprile 2024, formulando tre motivi d’impugnazione, depositando in data 28 marzo 2025 memoria ex art. 380bis .1., c.p.c.
Roma Capitale resisteva con controricorso depositato il 6 luglio 2024.
Con ordinanza del 30 ottobre 2024 il Consigliere delegato ha proposto la definizione agevolata dell’art. 380 -bis. c.p.c.
Con istanza depositata in 9 dicembre 2024 la ricorrente ha chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. in ragione dell’omessa pronuncia sulla preliminare eccezione di nullità degli avvisi di accertamento per carenza di motivazione, espressamente avanzata nei motivi di appello.
1.1. La censura non è fondata.
Va, infatti, richiamato il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo
di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. n. 20718/2015; Cass. n. 29191/2017; Cass. n. 24155/2017; Cass. n. 16254/2012; Cass. n. 11756/2006; Cass. n. 20311/2011; Cass. n. 17956/2015; Cass., n. 7662/2020; Cass. 34372/2024). Numero di raccolta generale 18981/2025 Data pubblicazione 11/07/2025
In tale direzione si è ritenuta configurabile la decisione implicita di una questione o di una eccezione quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; con la conseguenza che la reiezione implicita di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Cass. n. 12131/2023, richiamata da Cass. n. 25710/2024).
2. Con la seconda ragione di contestazione, l’ente territoriale ha dedotto, in relazione 360, primo comma, num. 3., c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7, comma 1, lett. i ), d.lgs. n. 504/1992, come vigente a seguito della disciplina introdotta dal d.l. 1/2012 convertito dalla legge n. 27/2021, nonché del d.m. n. 200/2012 e 26 giugno 2014, rimproverando al Giudice regionale di aver ritenuto soggetto ad imposizione TASI ed IMU l’unità immobiliare destinata a scuola paritaria sulla scorta di un opinabile concetto di importo simbolico della retta in luogo del criterio oggettivo e certo stabilito dal decreto ministeriale del 26 giugno 2014, che ha approvato il modello di dichiarazione
Numero sezionale 2708/2025
telematica IMU per gli enti non commerciali con le relative istruzioni, prevendo, per le attività didattiche, l’esclusione della natura commerciale dell’attività, laddove il corrispettivo medio percepito dall’ente sia inferiore o uguale al costo medio per studente quale pubblicato sul sito internet del MIUR, come chiarito anche dalla giurisprudenza della Corte di legittimità (Cass. n. 3443/2021). Numero di raccolta generale 18981/2025 Data pubblicazione 11/07/2025
Nella specie -ha proseguito l’istante il corrispettivo medio richiesto dalla Congregazione era stato di 2.100,00 €, come tale inferiore di oltre la metà rispetto a quello medio ministeriale (pari a 4.641,00 € per la scuola per l’infanzia e di 6.624,00 € per la scuola secondaria), aggiungendo sul punto che occorreva considerare anche altre componenti economiche della gestione e cioè che l’ammontare complessivo delle rette (pari a 598.290 €) non copriva nemmeno il costo del personale (pari a 675.700 €), generando in disavanzo cronico ed una perdita di esercizio, legati al rischio imprenditoriale, ma caratterizzante la stessa attività condotta, in realtà, per storica utilità sociale.
2.1. La questione coinvolta con il motivo in esame ha costituito oggetto di varie pronunce di questa Corte, le cui riflessioni (elaborate sia in materia di ICI e che di IMU) si sono uniformate al il principio di diritto euro unitario del divieto di aiuti di Stato stabilito dall’art. 107 del TFUE, come chiarito dalla decisione della Commissione europea del 19 dicembre 2012.
Tale orientamento, in assenza di persuasivi argomenti contrari, va, anche nella presente sede, confermato.
2.2. Si ripetono, allora, le considerazioni anche da ultimo svolte con la pronuncia n. 31624/2024, ribadendo che la previsione dell’art. 7, comma 1, lett. i ), d.lgs. n. 504/1992 (nel testo progressivamente novellato dal d.l. 30 settembre 2005, n. 203, art.
7, comma 2bis , convertito, con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005, n. 281, dal d.l. convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248 ; dall’art. 91 -bis d.l. 24 gennaio 2012, n.1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e dall’art. 11bis d.l. 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13), espressamente richiamata, in tema di IMU, dal d.lgs. n. 23/2011, va applicata nell’accezione compatibile con la decisione adottata dalla Commissione Europea il 19 dicembre 2012 e con la sentenza resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il 6 novembre 2018 (cause riunite C-622/16 P – C-623/16 P, C-624/16), verificando, quindi, se l’attività sia stata o meno svolta a titolo gratuito e cioè dietro versamento di un importo simbolico a copertura di una sola frazione del costo effettivo del servizio. Numero di raccolta generale 18981/2025 Data pubblicazione 11/07/2025
2.3. La disposizione applicabile è quella dell’art. 4, comma 3, lett. c ), d.m. 19 novembre 2012, n. 200, nella parte in cui dispone che «l’attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con lo stesso.
Quanto alle istruzioni contenute per la compilazione di campi del quadro B della dichiarazione contenute nel d.m. 26 giugno 2014, va, invece, ricordato che questa Corte, sempre in materia di IMU (sebbene in relazione all’individuazione del soggetto passivo in caso di risoluzione anticipata del contratto di leasing , ove non consegua la riconsegna dal bene alla società concedente) ha chiarito che le istruzioni ministeriali non possono vincolare l’interpretazione del dato normativo (cfr. Cass. n. 13120/2022; Cass. n. 26057/2022; Cass., n. 7227/2020; Cass., n. 20977/2021; Cass. n. 29973/2019, cui adde Cass. n. 4952/2023).
Non solo. È stato anche chiarito che il citato d.m. 16 giugno 2014 ha pure introdotto parametri che si pongono in contrasto con la norma gerarchicamente superiore, contenuta nel d.m. 200/2012, richiamata dalla legge n. 1/2012 (cfr. Cass. 7998/2025). Numero di raccolta generale 18981/2025 Data pubblicazione 11/07/2025
2.4. L’imprescindibile punto di riferimento è, dunque, rappresentato dalla previsione normativa dell’art. 4, comma 3, lett. c ) d.m. 19 novembre 2012, che ha costituito diretta attuazione dell’art. 91, comma 3 -bis , d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 circa la determinazione dei «requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla lettera i ) del comma 1 dell’art. 7 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 come svolte con modalità non commerciali.
In tale direzione, lo scrutinio da compiere deve confrontarsi con gli indici stabiliti dalla predetta disposizione, secondo cui -lo si ripete -«l’attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con lo stesso» (cfr. art. 4, comma. 3, lett. c ), d.m. 19 novembre 2012, n. 200).
Ebbene, tale valutazione non può essere riducibile all’applicazione meccanica di un parametro (come il citato rapporto tra CM e CMS, di cui alle citate istruzioni) stabilito in via generale, una volta per tutte, come tale funzionale ad una elaborazione forfettaria del requisito, giacché, in termini del tutto diversi, il dato normativo obbliga ad una valutazione puntuale, non predeterminata, riferita alla specifiche condizioni in cui opera il singolo contribuente, delineando un accertamento fattuale basato sulla verifica dell’irrisorietà della retta, in ragione della sua inidoneità a porsi pure come larvata forma retributiva dell’attività didattica prestata, come precisato da questa Corte secondo cui «a fare il discrimine in questo caso è la retta (Cass.18831/2020; n. 3369/2019; Cass. n. 2019/13787, in motiv; Cass. 24308/2019;
Cass. n. 10754/2017; Cass. n. 10483 del 2016; n. 19773 del 2019; n. 13970 del 2016, massimate)» (così Cass. n. 4952/2023, che richiama anche Cass. n. 28578/2020, cui adde Cass. n. 17902/2024 e Cass. n. 17704/2024). Numero sezionale 2708/2025 Numero di raccolta generale 18981/2025 Data pubblicazione 11/07/2025
2.5. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito, con riferimento al d.m. 19 novembre 2012, n. 200 e con riguardo alla stessa nozione di attività non commerciale, come intesa dalla vincolante (v., tra le tante, Cass. n. 3443/2021) decisione della Commissione Europea (attività svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico), che la verifica di tale remunerazione dell’attività obbliga ad una valutazione puntuale, non predeterminata, riferita alle specifiche condizioni in cui opera il singolo contribuente, delineando un accertamento basato sulla verifica dell’irrisorietà della retta, che non deve assolvere a finalità anche parzialmente remunerative e la cui valutazione (di natura fattuale) costituisce l’elemento fondante ed irriducibile per il riconoscimento o meno dell’esenzione in oggetto (cfr. Cass. n. 18831/2020; Cass. n. 3369/2019; Cass. n. 13787/2019, in motivazione; Cass. n. 24308/2019; Cass. n. 10754/2017; Cass. n. 10483/2016; Cass. n. 19773/2019; Cass. n. 13970/2016; Cass. n. 9927/2023 e 9922/2023, che richiamano Cass., nn. 4945/2023 e 4952/2023 cit., cui adde Cass., Sez. T., n. 27821/2023).
In tale direzione, tale ultima pronuncia ha affermato il seguente principio di diritto: «per corrispettivo simbolico, ai fini dell’esenzione prevista dal d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i ), per l’attività didattica ed in base ai criteri dettati dalla decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, deve intendersi quello caratterizzato da un irrisorio, marginale, del tutto residuale ammontare, in termini tali da non potersi porre in relazione con il servizio reso, così presentandosi come corrispettivo di natura meramente formale, tale da rendere la
prestazione più prossima ad una erogazione gratuita, che a quella sotto remunerata rispetto agli standard medi» (così Cass. n. 27821/2023). Numero di raccolta generale 18981/2025 Data pubblicazione 11/07/2025
2.6. Principi questi ribaditi, anche da ultimo, da questa Corte, ulteriormente precisandosi che:
-«il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale” (Cass., Sez. 5, 2 aprile 2015, n. 6711)»;
«il riconoscimento del diritto all’esenzione, dunque, è legato all’accertamento di fatto relativo alle modalità di svolgimento attività sopra indicate», il che postula una verifica in concreto del presupposto oggettivo per l’esenzione dall’ICI e « rende privo di rilievo alcuno il richiamo al tenore delle disposizioni statutarie, in sé del tutto irrilevanti a fini che occupano »;
-« la verifica di tale remunerazione dell’attività “obbliga ad una valutazione puntuale, non predeterminata, riferita alle specifiche condizioni in cui opera il singolo contribuente, delineando un accertamento basato sulla verifica dell’irrisorietà della retta, in ragione della sua inidoneità a porsi pure come larvata forma retributiva dell’attività didattica prestata» (così Cass. n. 20971/2024).
2.7. In altri termini, la circostanza di conseguire o meno un guadagno e di pareggiare effettivamente i costi con i proventi risulta irrilevante se l’attività si connota economicamente e cioè per il fatto che i beni ed i servizi siano offerti al pubblico con prezzi non simbolici, non essendo sufficiente che vi sia l’idoneità, almeno tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio.
Numero sezionale 2708/2025
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2.8. Né può ritenersi l’equivalenza del concetto di corrispettivo simbolico con quello di corrispettivo inferiore rispetto alla media dei prezzi praticati nella zona, atteso che il corrispettivo puramente simbolico non è quello tenue o modesto, ma quello che, escludendo completamente il rapporto sinallagmatico, equivale alla sua assenza (cfr. Cass. n. 17902/2024 che richiama Cass. n. 8967/2020; Cass. n. 4066/2019; Cass. n. 37340/2021). Data pubblicazione 11/07/2025
2.9. Irrilevante risulta anche la finalità sociale e di pubblica utilità sodisfatta dall’attività didattica, trattandosi di profili che non incidono sul modo (commerciale o meno) con cui la predetta attività è stata svolta.
2.10. Nemmeno conta, di per sé, il disavanzo di bilancio, potendo essere condizionato da una pluralità di fattori e come tale non esclusivamente dipendente dall’ammontare delle rette, per cui non è capace di esprimere il concetto di corrispettivo simbolico, né dimostra che quest’ultimo sia stato determinato in assenza di relazione col costo effettivo del servizio, profilo questo che integra, invece, il parametro normativo di riferimento per stabilire il carattere non commerciale dell’attività didattica ai fini che occupano (cfr. Cass. n. 4952/2023 e Cass. n. 17704/2024 e le varie pronunce ivi menzionate).
2.11. Allo stesso modo, non assume rilievo significativo la rispondenza della retta scolastica ai limiti fissati in materia di ‘costo medio per studente’ per l’anno di riferimento secondo la tabella redatta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sulla base delle istruzioni per la compilazione del modello di dichiarazione a fini dell’IMU per gli enti non commerciali in allegato al d.m. 26 giugno 2014, non ponendosi detti criteri in armonia con quanto stabilito dalla decisione adottata dalla Commissione Europea il 19 dicembre 2012 e del d.m. 200/2012 (v., amplius , sul punto, Cass. n. 17704/2024) dovendo, piuttosto, ribadirsi che detta
remunerazione, quand’anche inferiore a quella di mercato, non può tuttavia reputarsi puramente simbolica nel senso sopra illustrato (v. Cass. n. 27821/2023 e Cass. n. 20971/2024 citate). Numero sezionale 2708/2025 Numero di raccolta generale 18981/2025 Data pubblicazione 11/07/2025
2.12. Tanto ricapitolato, va allora riconosciuto che la valutazione del Giudice regionale si è posta in linea con la giurisprudenza di questa Corte, avendo negato l’esenzione in ragione dell’apprezzamento fattuale circa la ritenuta non irrisorietà della retta nel senso sopra indicato, il che vale a rendere il motivo in esame inammissibile ai sensi dell’art. 360 -bis, primo comma, num.1, c.p.c.
Con la terza censura la contribuente ha dedotto, con riguardo al canone censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6, comma 2, d.lgs. n. 492/1997 e 8 d.lgs. n. 546/1992, nonché in relazione all’ art. 360 nn. 3 e 4, violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n 546/1992, «per aver respinto l’eccezione circa la nullità e/o inapplicabilità delle sanzioni in contrasto con le previsioni normative, in mancanza del relativo presupposto e con motivazione incomprensibile ovvero e comunque meramente apparente».
3.1. L’istante ha, in particolare, evidenziato le condizioni di obiettiva incertezza interpretativa sulla portata e sull’ambito dell’applicazione delle disposizioni in esame, tenuto anche conto delle istruzioni di cui al decreto ministeriale del 2014, alle quali si era attenuta, che pure avevano costituito oggetto di dibattito, segnalando sul punto anche il comportamento ondivago del Comune di Roma, che aveva parzialmente annullato, per un’altra scuola paritaria, analogo avviso, riconoscendo fondata l’esenzione.
La ricorrente ha, quindi, ritenuto che l’apparente motivazione offerta dalla Corte territoriale lasciasse «ampio spazio a critiche sotto più profili» (v. pagina n. 9 del ricorso).
3.2. Il motivo tradisce, nella sua seconda parte, la contraddittoria prospettazione di un radicale vizio di motivazione ed al tempo stesso la tesi dell’opinabilità della motivazione fornita dal Giudice regionale, il che vale a renderlo, a monte, inammissibile. Numero di raccolta generale 18981/2025 Data pubblicazione 11/07/2025
3.3. La censura merita, invece, accoglimento con limitato riferimento all’applicazione delle sanzioni.
Deve, infatti, darsi seguito al più recente, pure ribadito, orientamento di questa Corte secondo cui in tema di IMU e di TASI sussistevano obiettive condizioni di incertezza normativa con riferimento all’esenzione prevista per lo svolgimento di attività didattica in règime di scuola paritaria, con conseguente legittima disapplicazione delle sanzioni.
Ciò perché il presupposto dell’esenzione, correlato allo svolgimento dell’attività con modalità non commerciali, risultava specificamente definito, nelle istruzioni, allegate al d.m. 26 giugno 2014 (recante «Approvazione del modello di dichiarazione dell’IMU e della TASI per gli enti non commerciali, con le relative istruzioni»), secondo il criterio del rapporto tra corrispettivo medio percepito dal contribuente (CM) e costo medio per studente (CMS) rilevato dal Ministero su base nazionale, criterio già applicato, a sua volta, nel decreti ministeriali recanti disciplina dei contributi stanziati in favore delle scuole paritarie (v. l. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 636).
In tale contesto, la corretta e compiuta valutazione del presupposto dell’esenzione, in assenza di precedenti giurisprudenziali di legittimità e nella ricorrenza di difformi orientamenti interpretativi della giurisprudenza di merito, implicava un difficoltoso (e multilivello) confronto interpretativo con le disposizioni nazionali, di disciplina dei contributi pubblici previsti per le scuole paritarie, alla luce degli orientamenti emersi nella
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giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di finanziamento del sistema di insegnamento pubblico, orientamenti presupposti nella stessa decisione 2013/284/UE, del 19 dicembre 2012, della Commissione dell’Unione Europea (così Cass. n. 7998/2025, che richiama Cass. n. 5962/2025). Data pubblicazione 11/07/2025
L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata in relazione al motivo in esame, per quanto di ragione, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento del ricorso originario della contribuente limitatamente alle sanzioni applicate.
Le spese dell’intero giudizio vanno compensate, tra le parti, in ragione del parziale accoglimento del ricorso e tenuto conto della sopravvenienza, in corso di causa, della pertinente giurisprudenza di legittimità.
P.Q.M.
la Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, accoglie i ricorsi originari della contribuente limitatamente alle sanzioni applicate con gli impugnati avvisi di accertamento.
Compensa, tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 aprile 2025.
IL PRESIDENTE
NOME COGNOME