Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 726 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 726 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/01/2025
Oggetto: Ici
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26551/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
Contro
Comune di Bergamo, in persona del sindaco p.t., Rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale della Lombardia n. 1524/2022 depositata il 15 aprile 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 dicembre 2024
FATTI DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di quattro avvisi di accertamento (n. 20121456, 20131051, 20144703, 2015243) emessi dal comune di Bergamo (d’ora in poi controricorrente) nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi ricorrente) per il parziale pagamento dell’Imu relativa agli anni 2012-2015 su fabbricati.
La questione su cui verte il presente giudizio riguarda la materia dell’e senzione prevista per i fabbricati rurali e strumentali all’esercizio dell’attività agricola ; in particolare, la questione verte: a) sui requisiti richiesti per qualificare un immobile come rurale e, dunque, rilevanti ai fini dell’esenzione Imu ; b) sul l’efficacia dell’ annotazione di ruralità inserita in catasto, in particolare, se essa abbia gli stessi effetti dell’ inserimento nelle categorie A6 -D10.
La CTP ha rigettato i ricorsi, dopo averli riuniti, e la CTR ha confermato la decisione di primo grado, per quello che rileva in questa sede, sulla base delle seguenti ragioni:
-la disciplina prevista per l’Imu riconosce l’agevolazione «per i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all’art. 9, comma 3 bis , del decreto legge 30 dicembre 1993, n, 557», secondo cui «ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali», compresi i fabbricati destinati alla conservazione dei prodotti agricoli, quelli adibiti ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell’azienda, nonché i fabbricati ad uso ufficio dell’azienda agricola ;
-se l’annotazione di ruralità costituisce elemento decisivo, ai fini dell’esenzione per l’Ici, ciò non vale per l’Imu che prevede l’esenzione solo per i fabbricati strumentali : va operata una distinzione tra fabbricati rurali a destinazione abitativa, esclusi
dalle citate disposizioni in tema di Imu, e quelli di natura strumentale (Cass. n. 23386/2021);
-nel caso in esame oggetto del contendere sono due unità, sub 701 e 702, classificate catastalmente in categoria A/7, quali abitazioni in villini, la cui strumentalità non è stata provata in giudizio;
-con riferimento ai dipendenti, per uno di essi, il rapporto di lavoro si riferisce al 2009, anno non oggetto del giudizio, per l’altr a, si tratta di un’addetta alle pulizie e custode, dunque, con svolgimento di mansioni non rientranti tra le attività agricole dell’azienda;
-non è stato neppure provato che i due immobili siano stati utilizzati per la conservazione dei prodotti agricoli e quale ufficio dell’azienda agricola .
La ricorrente propone ricorso fondato su quattro motivi, il Comune si è costituito con controricorso e ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla estraneità al giudizio della stessa ricorrente per carenza di legittimazione passiva a ricevere gli avvisi di accertamento impugnati. Il requisito di ruralità viene attribuito dall’Agenzia del territorio , che ha la funzione di classamento e di attribuzione delle rendite catastali, e, quindi, annotato nei registri immobiliari. Ne consegue, secondo la ricorrente, che il controricorrente avrebbe dovuto, prima dell’emissione degli atti impositivi in contestazione , impugnare l’attribuzione catastale vigente e dimostrare l’assenza dei requisiti di ruralità.
Sostiene, inoltre, che gli immobili oggetto del giudizio siano classificati come rurali e che la strumentalità sia una qualità oggettiva del fabbricato che deriva dal requisito del fabbricato.
1.1. Deve preliminarmente essere esaminata l ‘eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente.
Ci si duole della mancanza di specificità dei motivi di ricorso che si realizzerebbero in un’istanza di nuova valutazione dei fatti già esaminati dai giudici di merito.
Tale eccezione è infondata, in quanto le censure contenute in ricorso, ad eccezione della quarta di cui si tratta più avanti, riguardano contestazioni in diritto e vertono su interpretazioni giuridiche delle norme da applicare nel caso di specie.
1.2. Il primo motivo riguardante la questione del difetto di legittimazione passiva alla pretesa impositiva è infondato.
Il Collegio rileva che nel presente giudizio vi era, sia la legittimazione attiva a richiedere l’imposta dell’odierno controricorrente, quale ente impositore Imu, il quale nello specifico ha agito proprio sul presupposto della categoria A7 di non ruralità disconoscendo l’annotazione, sia la legittimazione passiva dell’odierna ricorrente, quale contribuente. Correttamente, del resto, la stessa ricorrente, con l’atto introduttivo del presente giudizio, aveva chiamato in causa l’odierno controricorrente impugnando gli avvisi Imu.
Il provvedimento di attribuzione della rendita catastale, all’epoca dei fatti di causa, era di pertinenza dell’Agenzia del territorio e tale atto, una volta divenuto definitivo, vincolava, non solo, il contribuente, ma anche l’ente impositore, tenuto ad applicare l’imposta unicamente sulla base di quella rendita, costituente il presupposto di fatto necessario ed insostituibile per tutta l’imposizione fiscale che la legge a tale dato commisura. Il
comune è, dunque, privo di autonoma legittimazione nella causa relativa alla rendita catastale (Cass., Sez. 5, n. 9203/2007, Rv. 598180 – 01; Sez. 5, n. 10571/2010, Rv. 613062 – 01; Sez. 5, n. 3226/2021, Rv. 660645 -02), ma qui si verte in tema di imposizione Imu in ordine alla quale la legittimazione del Comune non è dubitabile, al pari di quella -passiva -della società.
Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione di legge della sentenza nella parte in cui ha ritenuto inammissibile l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, in quanto tardiva, potendo, viceversa, la stessa essere proposta in ogni stato e grado di giudizio.
Il secondo motivo è assorbito, stante l’accoglimento del primo motivo, alle cui ragioni si rinvia.
Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione all’art. 9 , comma 3 bis , del d.l. n. 557 del 1993 per aver il Comune di Bergamo negato la ruralità dell’immobile in presenza dell’ annotazione di ruralità nei Registri Immobiliari. Afferma la ricorrente che il dato oggettivo derivante dai dati catastali costituisce un requisito sufficiente ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, ex art. 9, comma 3 bis , del d.l. n. 557 del 1993.
3.1. Il motivo è fondato.
Sotto la vigenza della previgente imposta Ici, per tale tipo di fabbricati era prevista una causa di esclusione ai sensi dell’art. all’art. 23, comma 1 bis , del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, conv. in l. 27 febbraio 2009, n. 14.
Nel caso in esame viene, invece, in considerazione l’imposta municipale propria (IMU) introdotta (in via sperimentale
dall’anno 2012) dal d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214.
Con riferimento ai fabbricati connotati da ruralità, la disciplina ha istituito il regime di favore, delineato dall’art. 13, comma 8, cit. che forma oggetto della domanda proposta dalla contribuente. Nel caso in esame, oggetto del contendere sono due unità immobiliari, sub 701 e 702, classificate catastalmente in categoria A7, quali abitazioni in villini, con la seguente nota inserita nelle visure catastali: « dichiarata sussistenza dei requisiti di ruralità ex art. 2, comma 6, D.M. 26/7/12 con richiesta prot.
bg0179000 del 18/10/2013». Riguardo ad essi la ricorrente nel ricorso introduttivo ha affermato fossero adibiti ad abitazione dei dipendenti dell’azienda agricola.
3.2. Per un necessario inquadramento normativo, si ricorda brevemente quanto segue.
L’art. 7, comma 2 -bis , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il termine del 30 settembre 2011, poi prorogato al 30 settembre 2012) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante la presenza nell’immobile dei requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1994, n. 133, e modificato dall’art. 42bis del d.l. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n.
222, «in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda».
In seguito, l’art. 13, comma 14bis , del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha stabilito che le domande di variazione di cui al predetto d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, producessero «gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo».
L’art. 1 del d.m. 26 luglio 2012 ha disposto, poi, che: «Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133».
L’art. 2, comma 5 -ter , del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, ha stabilito che: «Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis , del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi
dell’articolo 7, comma 2bis , del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda».
Si tratta, infatti, di disposizioni che disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da ICI, sulla base di una procedura ad hoc , che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (Cass., Sez., n. 29864/2020; Cass., Sez. 5, n. 29283/2021; Cass., Sez. 5, n. 10002/2022; Cass., Sez. 5, n. 10894/2022).
A decorrere dal 2014 è stata stabilita, poi, l’esenzione, ai sensi del comma 708, dell’ art. 1, della l.n. 147/2013, secondo cui: «A decorrere dall’anno 2014, non è dovuta l’imposta municipale propria di cui all’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, relativa ai fabbricati rurali ad uso strumentale di cui al comma 8 del medesimo articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011».
3.3. Con riferimento al connotato della ruralità è stato affermato che, in tema d’ICI, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale, per cui l’immobile che sia
iscritto come “rurale”, con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. n. 557 del 1993 (conv., con modif., in l. n. 133 del 1994), non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23, comma 1bis , del d.l. n. 207 del 2008 (conv., con modif., nella l. n. 14 del 2009, n. 14) e dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992, mentre, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che richieda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato (Cass., Sez. 5, n. 10283/2019, Rv. 653370 -01, Sez. 5, n. 7930/2016, Rv. 639626 -01; nello stesso senso già in tema di Ici, Sez. U, n. 18565/2009, Rv. 609281 – 01).
Giova ribadire (in proposito Cass. Sez. 5, n. 22674/2024, Rv. 672272 -01) che la stessa conclusione deve essere riaffermata alla luce dell’ulteriore ius superveniens (d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106; d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214; d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124), che ha attribuito al contribuente la facoltà di presentazione di domanda autocertificata di variazione catastale per l’attribuzione delle categorie di ruralità A/6 e D/10, con effetto per il quinquennio antecedente (Cass., n. 7930/2016 cit.; Cass., Sez. 5, n. 21094/2019).
Con riferimento, poi, all’autocertificazione è stato chiarito che il quadro normativo, ivi comprese le disposizioni regolamentari di cui al d.m. 26 luglio 2012, porta ad escludere l’automaticità del riconoscimento della ruralità per effetto della mera autocertificazione se il relativo procedimento non si sia concluso
con la relativa annotazione in atti, come sottolineato anche dalla Corte costituzionale (ord. n. 115 del 2015) (Cass., Sez. 6 – 5, n. 26617/2017, Rv. 646421 -01, Sez. 5, n. 3226/2021, Rv. 660645 -01).
In linea con tale indirizzo, da ultimo è stato precisato, in modo del tutto condivisibile (Cass., Sez. 5, Sez. 5, n. 22009//2024, Rv. 672248 -01 e n. 22031/ 2024, alla cui analitica ricostruzione normativa si rimanda) che gli effetti retroattivi del riconoscimento di ruralità presuppongono l’apposizione di una specifica annotazione in atti che costituisce l’unico dato rilevante ai fini del riconoscimento della ruralità, risultando superate le originarie previsioni normative che correlavano un siffatto effetto ad una variazione del classamento catastale.
L ‘arresto da ultimo citato , nell’affermare l’indispensabilità dell’annotazione negli atti catastali, ai fini della regolarità del procedimento rivolto al riconoscimento della ruralità, ha sottolineato come anche il suo mancato riconoscimento si risolve nella registrazione, «mediante specifica annotazione», del relativo «provvedimento motivato del direttore dell’Ufficio provinciale dell’Agenzia del territorio», in forza della previsione di cui all’ art. 5, comma 2, del d.m. Economia e Finanze del 26 luglio 2016.
Con gli arresti da ultimo richiamati è stato chiarito che l’evoluzione normativa della materia ha portato all’emersione, ai fini del riconoscimento della ruralità e «fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo», di una «specifica annotazione» quale modalità di inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità» (d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 14-bis, e d.m. 26 luglio 2012, cit.); annotazione della quale è stata prevista, come anticipato, la
pubblicità (su richiesta dell’interessato) nei casi di «iscrizione o cancellazione di ogni annotazione riferita alla ruralità», fermo restando l’obbligo dichiarativo (secondo procedura docfa) nelle diverse ipotesi di «un nuovo classamento e rendita» (per acquisto o perdita dei requisiti di ruralità).
3.4. Da quanto esposto si può concludere che, nel caso di specie, i due immobili che non avevano il corrispondente classamento, in quanto confluivano nella categoria A/7, erano tuttavia connotati dal requisito della ruralità, in quanto portavano un’a nnotazione catastale in tal senso (per i l contenuto dell’annotazione v. punto 3.1 della presente ordinanza). Per essi il procedimento volto al riconoscimento del carattere di ruralità, infatti, risulta concluso regolarmente in conformità alla disciplina normativa costituita dall’art. 7, commi 2 -bis , 2ter e 2quater , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, conv. in l. 12 luglio 2011, n. 106, dall’art. 13, commi 14 e 14bis , del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214, e dal d.m. 26 luglio 2012, sopra richiamata.
Alla luce di quanto sopra esposto, è da escludere che nel presente giudizio, avente ad oggetto l’Imu , potesse essere nuovamente messo in discussione il requisito di ruralità risultante dal catasto.
3.5. Deve, dunque, al riguardo essere formulato il seguente principio di diritto: «In tema di esenzione Imu per le abitazioni e i fabbricati strumentali all’attività agricola non iscritti nella categoria catastale A/6, e D/10 l’annotazione del requisito di ruralità, nelle forme previste dall’art. 5 del d.m. Ministero Economia e Finanze 26.7.2016 , equivale all’attribuzione del requisito di ruralità con applicazione degli effetti retroattivi disciplinati dall’art. 2, comma 5 -ter del d.l. n. 102 del 2013, conv. in l. n. 124 del 2013».
Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5, c.p.c., l’omesso esame dei documenti che comproverebbero la strumentalità dei fabbricati.
Il motivo deve essere ritenuto assorbito, stante l’accoglimento del terzo motivo di ricorso.
Dall’accoglimento del ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata. Non si rappresenta la necessità di ulteriori accertamenti in fatto e, pertanto, la Corte può decidere la causa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso. Le spese dell’intero giudizio devono essere compensate, in quanto l’orientamento di legittimità sugli effetti dell’annotazione catastale si è consolidato in corso di causa.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo, assorbiti il secondo e il quarto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso il 3 dicembre 2024