Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14517 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14517 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso nr. 20061-2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME giusta procura allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME
-intimata- avverso la sentenza n. 86/2022 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del VENETO, depositata il 19/1/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/5/2024 dal Consigliere Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
RILEVATO CHE
il Comune di Montagnana propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale del Veneto aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 122/2020 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Padova in accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME avverso avvisi di accertamento IMU 2013 -2014 emessi dal Comune;
la contribuente è rimasta intimata
CONSIDERATO CHE
1.1. con unico motivo di ricorso il Comune ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 7, comma 2 bis, d.l. n. 70/2011 conv., dell’art. 13, comma 14bis d.l. n. 201/2011, conv. e del D.M. 26/7/2012 e lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente confermato la sentenza di primo grado riconoscendo la sussistenza della richiesta agevolazione fiscale relativa alla ruralità del fabbricato tassato, di proprietà della contribuente, sebbene tale fabbricato fosse accatastato in cat. C/2 e fosse privo di annotazione di ruralità, erroneamente affermando che la richiesta di inserimento, negli atti catastali, di tale annotazione, fosse un mero adempimento formale , la cui mancanza non impediva l’accesso al trattamento fiscale agevolato;
1.2. la censura è fondata;
1.3. va in primo luogo evidenziato che non ha alcuna rilevanza, nel caso in esame, la questione dello svolgimento o meno, nel fabbricato di cui trattasi, di attività diretta alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli in quanto l’esenzione dall’ IMU (così come dall’ICI) per i fabbricati di tipo rurale segue il criterio della determinazione catastale, nel senso che per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento
esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), e solo l’immobile che sia stato iscritto come rurale, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 del (convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto all’imposta, ai sensi del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1bis, (convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14) e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), al che consegue che, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, quest’ultimo restandovi, altrimenti, assoggettato (cfr. Cass. Sez. Un. n. 18565/2009, cui adde , secondo un orientamento del tutto consolidato, Cass., nn. 10283/2019, 11588/2017, 16737/2015, 5167/2014, 19872/2012);
1.4. il punto decisivo allora è che dal ricorso, dalla documentazione ad esso allegata, già prodotta nel merito e dalla sentenza di primo grado, ritualmente trascritta in parte qua nel ricorso, risulta che l’immobile di cui è causa non era annoverato nelle categorie catastali sopra mentovate fino all’annualità 20 19, quando la contribuente risulta aver proposto domanda di variazione catastale;
1.5. al riguardo va evidenziato che l’art. 7, comma 2-bis, del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il termine del 30 settembre 2011, poi prorogato al 30 settembre 2012) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante la presenza nell’immobile dei requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993 n. 557, convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 novembre 1994 n. 134, e modificato dall’art. 42-bis del D.L. 1 ottobre 2007 n. 159, convertito, con modificazioni, dalla
Legge 29 novembre 2007 n. 222, «in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda»;
1.6. in seguito, l’art. 13, comma 14-bis, del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011 n. 214 ha stabilito che le domande di variazione di cui al predetto D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, producessero «gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo»;
1.7. altresì, l’art. 1 del D.M. 26 luglio 2012 ha disposto quanto segue: «Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133»;
1.8. l’art. 2, comma 5-ter, del D.L. 31 agosto 2013 n. 102, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 ottobre 2013 n. 124, ha stabilito altresì quanto segue: «Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2-bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda»;
1.9. si tratta, infatti di disposizioni che disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da ICI (o IMU), sulla base di una procedura ad hoc , che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (cfr. Cass. 30 dicembre 2020, n. 29864; Cass., 21 ottobre 2021, n. 29283);
1.10. ciò posto, considerando che la domanda ex art. 7, comma 2-bis, del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011 n. 106, non può in nessun caso risalire ad un anno diverso dal 2011 (nel quale sono comprese tanto la data di entrata in vigore del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, quanto la data di entrata in vigore della Legge 22 dicembre 2011 n. 214, di conversione del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201), il quinquennio coperto dall’efficacia retroattiva dell’annotazione negli atti catastali della variazione conseguente alla presentazione di detta domanda è costituito dagli anni 2006, 2007, 2008, 2009 e 1010 (cfr. ex multis Cass. 10 gennaio 2014, n. 422; Cass., 25 novembre 2015, nn. 24019 e 24020; Cass. 6 luglio 2016, n. 13763; Cass 3 agosto 2016, nn. 16178, 16179, 16180, 16181 e 16182; Cass. 22 dicembre 2017, n. 30815; Cass. 21 giugno 2019, nn. 16711, 16714 e 16715);
1.11. ne consegue che la domanda di inserimento in catasto di fabbricati rurali con la categoria D/10 nell’anno 2019 non poteva valere per il quinquennio antecedente;
1.12. in palese difformità da tale principio, e senza neppure tenere conto della circostanza di fatto, a carattere decisivo, circa la presentazione della domanda di variazione catastale nell’anno 20 19, il giudice di appello ha, dunque, ritenuto che l’esenzione dall’IMU dovesse venire riconosciuta in ragione del fatto che «nei piccoli centri la sostanza debba prevalere sulla forma a fronte della buona fede della contribuente, non informata della modifica dell’accatastamento» in relazione alla modifica legislativa introdotta con il d.l. n. 70/2011;
quanto sin qui illustrato comporta l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata;
inoltre, non richiedendosi, per la risoluzione della controversia, alcun altro accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 1, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente;
poiché l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, in base al quale si è decisa la causa, s’è consolidato dopo la proposizione del ricorso per cassazione, si ritiene opportuno compensare tra le parti le spese processuali delle fasi di merito, con condanna della contribuente al pagamento delle spese del presente grado, con liquidazione come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente, compensando tra le parti le spese processuali dei gradi di merito; condanna la contribuente al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, nonché spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge, se dovuti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da