Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31549 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31549 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15535/2023 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COMUNE DI MUGNANO DI NAPOLI, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOMECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania -sede di NAPOLI n. 461/2023 depositata il 16/01/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’amministrazione comunale ha notificato al la contribuente, odierna ricorrente, un avviso di accertamento relativo al mancato pagamento dell’IMU per 21 diversi immobili, riferito all’anno 201 5.
L’ente contribuente ha proposto ricorso avverso tale provvedimento, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli, sostenendo il diritto alla esenzione in ragione del fatto che tali immobili fossero in parte destinati ad attività di culto, in parte ad attività didattica esente ed in parte inutilizzati. La CTP ha emesso la sentenza n. 8785/19/21, con la quale ha rigettato il ricorso.
Tale decisione è stata impugnata dal contribuente, innanzi alla Commissione tributaria regionale della Campania, la quale, con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto parzialmente l’appello, con riferimento alla natura pertinenziale di un giardino contiguo al convento, con compensazione delle spese di lite, ritenendo, quanto al resto, che: 1) l’esenzione non spettasse per gli immobili adibiti a scuola paritaria dell’infanzia e primaria, in quanto beneficiarie di retta di carattere non simbolico, 2) non fosse stata provata nelle forme prescritte la detta condizione di inutilizzo, difettando la prescritta dichiarazione.
Avverso la suddetta sentenza di gravame il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 5 motivi, cui ha resistito con controricorso il comune.
Successivamente parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare deve analizzarsi la eccezione di parte controricorrente, che deduce la declaratoria di improponibilità ed inammissibilità della proposta impugnazione atteso che ‘ il Protocollo sottoscritto il 01/03/2023 dal Presidente della Corte di Cassazione, dal Presidente del Consiglio Nazionale Forense, dal Procuratore Generale della Corte di Cassazione e dall’Avvocatura Generale dello Stato, ormai
vigente per la proponibilità degli atti innanzi i Giudici di legittimità, prevede espressamente che gli atti vengano redatti e quindi proposti con l’espressa indicazione di: indice, parole chiave, oltre che menzione dell’oggetto e sintesi di motivi’ mentre ‘Tutto ciò non è dato ravvisare nell’atto introduttivo proposto dalla Congregazione. Infatti, dalla disamina attenta dell’atto si evince che esso non incorpora l’indice, né reca l’indicazione delle parole chiave, relegando il tutto ad una mera indicazione dell’oggetto del giudizio e alla sintesi dei motivi’.
1.1. Tale eccezione è infondata, atteso che il suddetto protocollo non dispone (e non potrebbe comunque farlo, posto che non assurge a fonte del diritto) alcuna sanzione per la inosservanza. I profili di inammissibilità, improcedibilità e improponibiltà restano dunque ancorati alle sole previsioni normative esistenti (Cass. 29/07/2021, n. 21831 (Rv. 661927 – 01)).
Quanto alla seconda eccezione, il controricorrente rileva che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, ha statuito in maniera esattamente conforme all’orientamento ed ai principi dettati dalla Suprema Corte in materia oggetto delle doglianze di controparte, circostanza che determinerebbe la declaratoria di inammissibilità del proposto ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., trattandosi di provvedimento impugnato che ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte. Tale questione non può essere considerata con riferimento alla sentenza nel suo complesso, ma con riferimento ai singoli motivi di ricorso. Nei termini in cui è formulata è dunque inammissibile.
Contesta, infine, la eccessiva lunghezza del ricorso. La eccezione non determina inammissibilità, non essendo correlati alla violazione del principio di sinteticità ex se sanzioni di tipo processuali, per le quali assume invece rilievo il diverso profilo della non intellegibilità.
Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c., si deduce la violazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c. , l’omessa delibazione di motivo di appello relativo alla determinazione e indicazione dell’entit à del legittimo tributo, l’ erronea ed illegittima applicazione degli interessi e delle sanzioni, nonché error in procedendo ed error in iudicando .
4.1. Sostiene parte ricorrente che la Commissione Tributaria Regionale di Napoli, avallando la omissione della C.T.P. di Napoli, non avrebbe rideterminato gli importi, o quanto meno ordinato al Comune di provvedervi al fine di individuare correttamente l’import o dovuto, epurandolo delle somme non dovute, degli interessi e delle sanzioni, atteso il parziale accoglimento del ricorso relativamente all’IMU 2013.
4.2. Parte controricorrente sostiene invece che, una volta annullato parzialmente l’avviso di accertamento, competa all’ente impositore provvedere ad effettuare il nuovo calcolo, sicché non vi sarebbe alcun vizio nella decisione di gravame.
4.3. Il motivo non può essere accolto.
4.4. Si evince dalla sentenza della Commissione Tributaria Regionale la conferma dell’avviso impugnato con l’eccezione di un immobile. Si trattava di pronuncia implicita, effettivamente non quantificata dalla Commissione Tributaria Regionale, ma agevolmente quantificabile, tanto da non necessitare ulteriori ricalcoli. Invero, è sufficiente che parte ricorrente richieda al comune lo scorporo dal dovuto dell’ammontare dell’imposta addebitata per l’immobile escluso ( per il quale l’imposta non è dovuta per quanto appena detto), comprensivo dei relativi interessi e sanzioni, anch’essi da dedurre.
Quanto all’ ingiunzione ed agli eventuali atti successivi, gli stessi sono estranei al presente giudizio, e, se contenenti anche l’impost a inerente l’immobile escluso, dovranno essere opposti nella sede loro propria. Su tutti gli altri immobili devono invece essere pagati interessi e sanzioni e va rammentato che, in materia di IMU, il comune può
esigere l’intero anche in pendenza di giudizio, non essendoci una riscossione frazionata.
4.5. Il motivo è dunque infondato.
Con il secondo motivo di ricorso il contribuente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 1 lettera i) del d.l.t. n. 504/92 e richiamato art. 9, comma 8 D.L.T. n. 23/2011, la violazione del d.m. n. 200 del 19/11/2012, della l. 24/01/2012 n. 1 art. 91 bis , della legge n. 27/2012 e del DM 26/06/2014, la violazione del regolamento MEF del 19/11/2012 nonché la erronea applicazione della decisione Commissione UE del 19/12/2012 confermata in parte qua da quella del 3/03/2023, la violazione dell’art. 2697 c.c., la violazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c, nonché l’ omessa delibazione e il travisamento della prova costituita.
5.1. Sostiene il ricorrente che debba essere cassata la sentenza nella parte in cui non ha accolto il ricorso di appello relativamente alla conclusione dell’esenzione della parte dell’immobile adibito ad Istituto Scolastico per pretesa assenza del requisito oggettivo.
5.2. A prescindere dai profili di inammissibilità, per la commistione delle censure, ricondotte a molteplici violazione di legge e, unitamente, alla nullità della sentenza, deve ritenersi che il motivo sia infondato.
5.3. Questa Corte si è pronunciata più volte sulla questione della valutazione dell’ammontare del corrispettivo ai fini dell’esenzione dell’imposta sugli immobili (ICI ed Imu), in ipotesi di servizio reso dietro pagamento di somme non simboliche da enti aventi natura soggettiva di carattere non commerciale, stabilendo (Cass. 09/02/2024, n. 3674), proprio con riferimento alle rette scolastiche, che ‹‹7.5. in conformità a quanto ritenuto da Cass. 27821/2023 va confermato il principio di diritto secondo cui: ‘ per corrispettivo simbolico, ai fini dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i),
d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 per l’attività didattica ed in base ai criteri dettati dalla decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, deve intendersi quello caratterizzato da un irrisorio, marginale, del tutto residuale ammontare, in termini tali da non potersi porre in relazione con il servizio reso, così presentandosi come corrispettivo di natura meramente formale, tale da rendere la prestazione più prossima ad una erogazione gratuita, che a quella sotto remunerata rispetto ag li standard medi’».
5.4. Secondo i profili elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, si deve verificare: a) la necessaria compresenza, ai fini dell’esenzione Ici invocata ex art. 7, c. 1, lett. i) d.lvo 504/92 (valevole anche per la disciplina IMU) di un requisito soggettivo (qui non in discussione) e di un requisito oggettivo dato dallo svolgimento con modalità non commerciali dell’attività scolastica; b) l’accollo del relativo onere probatorio in capo al contribuente che l’esenzione deduca in deroga alla regola di generale contribuzione; c) la necessità che questa prova muova da dati, non formali, statutari o comunque aprioristici, bensì dalla dimostrazione delle concrete modalità di svolgimento dell’at tività nel periodo considerato e dei loro effettivi contenuti economici; d) l’esigenza che l’attività didattica venga espletata (anche e proprio in ragione dei vincoli UE: decisione 2013/284/UE della Commissione, del 19 dicembre 2012) a titolo gratuito ovvero a fronte di corrispettivi sostanzialmente simbolici (per la cui nozione si rinvia, in particolare, a Cass. n. 27821/23 e n. 3674/19); e) il carattere indicativo e non dirimente dei parametri di cui al D. Mef 200/12 (che richiama esso stesso il requisito della simbolicità dei corrispettivi: art. 4 co. 3^ lett. c)), così come del rapporto su di esso instaurabile tra costo medio per studente (CMS) e corrispettivo medio percepito (CM); f) la irrilevanza del risultato della gestione e, in particolare, del fatto che nell’esercizio considerato questa sia stata in perdita (Cass. n. 34311/22).
5.5. Nel caso di specie dalla relazione del CTP dell’ente religioso emerge che le rette pagate in favore della congregazione nell’anno in questione ammontavano a circa euro 1200,00/1300,00 per ciascuno studente.
5.6. Non si è dunque in presenza di retta simbolica e, stante la irrilevanza della perdita di esercizio, per quanto detto sopra, la censura deve ritenersi infondata, dovendosi concludere che la CTR abbia fatto corretta applicazione del principio.
Con il terzo motivo di ricorso il contribuente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. del d.lgs 504/1992 e della correlata circolare MEF del 26/01/2009 in aderenza ai principi espressi dalla Corte Costituzionale con sent. 429/2006 ed ord. N. 19 del 26/01/2007, nonché la violazione dell’art. 13 d.l. 6/12/2011 n. 201, comma 1 e 2 con combinato disposto art. 2 d.l.t. 504/1992, la violazione artt. 112 e 113 c.p.c. , l’ error in iudicando ed error in procedendo.
6.1. La CTR avrebbe errato nel non riconoscere l’esenzione a parte degli immobili, in quanto non utilizzati. A sostegno della doglianza richiamano la esistenza di una perizia giurata di parte.
6.2. Il motivo è infondato.
6.3. A prescindere dalla circostanza che la doglianza non si confronta con la effettiva ratio della decisione, incentrata sulla mancata conoscenza da parte del comune, deve osservarsi che è invero incontestato che la ricorrente, per l’anno 201 5, non ha mai presentato al comune alcuna dichiarazione attestante l’inagibilità ed il non utilizzo degli immobili, né ha dato prova in giudizio della conoscenza, in capo al comune, dello stato di inagibilità né, ancora, tale pregressa conoscenza emerge dalla documentazione prodotta in giudizio.
6.4. L’affermazione secondo cui la riduzione dell’IMU va riconosciuta, in base al principio di buona fede e di leale collaborazione
tra le parti e anche in assenza di specifica dichiarazione, qualora lo stato di inagibilità sia noto al Comune, richiede infatti la prova della conoscenza da parte dell’ente dello stato di inagibilità ed inutilizzabilità delle unità immobiliari oggetto dell’accertamento (Cass. 15/09/2023, n.26679, al punto 7.5.). In tema di IMU e nell’ipotesi di immobile inagibile, l’imposta va ridotta, ai sensi dell’art. 13, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011 (conv. con modif. dalla l.n. 214 del 2011), nella misura del 50 per cento anche in assenza di richiesta del contribuente quando lo stato di inagibilità è perfettamente noto al Comune, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente di cui è espressione anche la regola secondo cui a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune (Cass 26/03/2021, n. 8592 (Rv. 660884 – 01)).
6.5. Nel caso di specie il ricorrente deduce che la prova del degrado e dell’inutilizzo era notoria, tanto che l’immobile sarebbe stato (successivamente) demolito, e che è stata prodotta (solo) durante il giudizio una perizia di parte, corredata da prove fotografiche e documentali (pag. 37 del ricorso). Ritiene la Corte che tale circostanza non sia univoca, potendo la demolizione trovare la propria ragione anche in diversi presupposti, e che la produzione in sede di giudizio non sia ovviamente idonea a forn ire una comunicazione ‘retroattiva’ sullo stato dell’immobile. Difetta quindi la prova di una conoscenza pregressa da parte dell’ente impositore.
6.6. Il motivo va quindi rigettato.
Con il quarto motivo di ricorso il contribuente deduce, in relazione all’ar t. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., il contrasto di giudicato relativo ad accertamenti seriali aventi lo stesso immutato oggetto, con conseguente violazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c.
7.1. La esistenza di un giudicato in senso difforme, in cui sarebbe stato ritenuto che il giardino si debba considerare pertinenza del
Convento e quindi beneficiario del più favorevole trattamento fiscale in materia di IMU, è del tutto irrilevante nella fattispecie, atteso che, sul punto, la CTR ha accolto la censura di appello formulata dalla odierna ricorrente. Vi è quindi un palese difetto di interesse.
7.2. Il motivo è quindi inammissibile.
Con il quinto motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. , e dell’art. 113 c.p.c., in relazione alla condanna al pagamento delle spese legali.
Tale motivo è interamente assorbito dai precedenti, dal cui esito è condizionato: alla soccombenza segue la condanna alle spese. Deve inoltre rilevarsi che anche se difeso dal proprio funzionario, al Comune spetta comunque il diritto al rimborso delle spese legali: ‘ 2.3. al riguardo vanno richiamati, in questa sede, i principi di diritto recentemente affermati da questa Corte (cfr. Cass. n. 4473/2021); 2.4. l’art. 15 co. 2 bis del D.Igs. n. 546/1992, vigente ratione temporis (in forza delle modifiche apportate dal d.l. 24 gennaio 2012, convertito con modificazioni dalla legge 24.3.2012 n. 27), dispone, infatti, che, nel caso in cui la parte pubblica, risultata vittoriosa, sia stata assistita da un proprio funzionario o da un proprio dipendente, si applica per la liquidazione il «compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell’importo complessivo, ivi previsto», prevedendo espressamente, pertanto, la liquidazione dei compensi per l’attività difensiva svolta in giudizio (cfr. da ultimo Cass. n. 23055/2019)’ (Cass. 19/07/2021, n. 20590).
8.1 . Anche l’ultima censura è dunque da respingere.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
11. In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.400,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/11/2024 .