Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32047 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32047 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25522/2019 R.G., proposto
DA
il ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, con sede in Caivano (NA), in persona degli amministratori pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Nola (NA), elettivamente domiciliato presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
il Comune di Caivano (NA), in persona dei componenti pro tempore della Commissione Straordinaria, autorizzato a resistere nel presente procedimento in virtù di deliberazione adottata dalla medesima il 26 settembre 2019, n. 145, nonché di determina resa dal dirigente responsabile il 3 ottobre 2019, n. 838, r appresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Napoli, elettivamente domiciliato presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
ICI IMU ACCERTAMENTO APPELLO NOTIFICATO A SOCIETÀ CANCELLATA DAL REGISTRO DELLE IMPRESE
Rep.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania l’1 febbraio 2019, n. 7 78/24/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24 settembre 2024 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
il ‘ Fondo RAGIONE_SOCIALE -Unità Etico -Sociale Domestico Previdenziale ‘ ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania l’1 febbraio 2019, n. 7 78/24/2019, la quale, in controversia sull ‘ impugnazione di avviso di accertamento per l’omesso versamento dell’I MU relativa a ll’anno 20 14, in relazione a fabbricati ubicati in Caivano (NA), ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti del Comune di Caivano (NA) avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli il 23 maggio 2017, n. 9420/25/2017, senza alcuna statuizione sulle spese giudiziali per la contumacia della parte vittoriosa;
la Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di prime cure -che aveva rigettato il ricorso originario -sul rilievo dell’insussistenza dei presupposti per beneficiare dell’esenzione dipendente dalla destinazione degli immobili a finalità previdenziale ed assistenziale;
il Comune di Caivano (NA) ha resistito con controricorso, chiedendo la condanna della controparte al risarcimento dei danni per lite temeraria ex art. 96 cod. proc.civ.;
le parti hanno depositato memorie ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
il ricorso è affidato a sei motivi;
1.1 con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 162, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’avviso di accertamento fosse congruamente motivato in relazione ai presupposti di fatto e di diritto per l’insorgenza dell’obbligazione tributaria ;
1.2 con il secondo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione de ll’art. 112 cod. proc. civ., oltre che dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., per essersi pronunciato sull’appello il giudice di secondo grado in base a circostanze non allegate dall’ente impositore nella motivazione dell’avviso di accertamento (in particolare, con riguardo alla effettiva e concreta destinazione degli immob ili all’attività previdenziale) ;
1.3 con il terzo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato deciso l’appello dal giudice di secondo grado in relazione alla prova di circostanze mai allegate dall’ente impositore nella motivazione dell’avviso di accertamento (in particolare, con riguardo alla carenza di prova sulla effettiva e concreta destinazione degli immobili all’attività previdenziale) ; 1.4 con il quarto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non essere stato considerato dal giudice di secondo grado che l’ente impositore aveva integrato o modificato nel corso del
giudizio di appello le ragioni dedotte a fondamento dell’avviso di accertamento;
1.5 con il quinto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 87, comma 1, lett. c, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 504, e 1, comma 1, lett. d, del d.m. 19 novembre 2012, n. 200, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., per essere stato affermato dal giudice di secondo grado che il contribuente non avesse provato la concreta ed effettiva destinazione degli imm obili all’attività previdenziale, là dove tale funzione era stata indicata nell’oggett o statutario e risultava dalla trascrizione del vincolo di destinazione nei registri immobiliari;
1.6 con il sesto motivo, si denunciano, al contempo, violazione e falsa applicazione degli artt. 87, comma 1, lett. c, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 novembre 1992, n. 504, e 1, comma 1, lett. d, del d.m. 19 novembre 2012, n. 200, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di esaminare la questione decisiva prospettata con l’atto di appello in relazione alla valenza costitutiva della dichiarazione del contribuente ai fini dell’ammissione all’esenzione;
il primo motivo, il secondo motivo ed il terzo motivo -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta per la comune attinenza a distinti profili dell’atto impositivo sono infondati;
2.1 premesso che la formulazione del mezzo soddisfa il requisito dell’autosufficienza (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 13
agosto 2004, n. 15867; Cass., Sez. 5^, 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., Sez. 5^, 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., Sez. 5^, 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9630; Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2021, n. 19395; Cass., Sez. 6^5, 8 settembre 2021, n. 24247; Cass., Sez. 6^-5, 27 ottobre 2021, n. 30215; Cass., Sez. 5^, 4 gennaio 2022, n. 29; Cass., Sez. 5^, 11 agosto 2023, n. 24547; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501), essendo stato trascritto il contenuto essenziale dell’ ‘impugnato avviso di accertamento nel corpo del ricorso (« VISTA la dichiarazione presentata dal contribuente in indirizzo … AVVISA il Contribuente in indirizzo che nei suoi confronti si è provveduto all’accertamento dell’imposta dovuta per l’annualità indicata , per OMESSO/PARZIALE/TARDIVO VERSAMENTO, con applicazione delle sanzioni ed interessi … »), la censura deve essere disattesa, alla luce dell’accertamento fattone dal giudice di appello, a tenore del quale: « Il Comune di Caivano, con l’opposto avviso di accertamento, chiedeva l’assolvimento dell’IMU, anno 2014, assumendo che l’appellante non aveva pagato tale tributo. La motivazione del l’atto, seppure scarna, è sita nelle circostanze del mancato pagamento del tributo, implicitamente ritenendo infondata l’esenzione invocata dalla parte. A fronte di tale quadro giuridico, compete al ricorrente dedurre e provare, in sede giudiziaria, l’esistenza delle condizioni dell’invocata azione e cioè l’esistenza, vigenza ed attualità del diritto all’esenzione, negato dalla P.A. Ciò premesso in linea generale, nella specie, l’appellante ha dato prova della destinazione in astratto del bene immobile alle attività assistenziali, previdenziali e sanitarie, astrattamente idonee a tal fatta, con l’utile deposito di documenti in tal senso. L’appellante, tuttavia, pur a fronte della specifica osservazione data dai primi giudici,
in ogni caso essendone onerato, inerente la carenza di prova sulla effettiva e concreta destinazione dell’immobile alle attività agevolate, nemmeno in questo grado di giudizio, ha offerto tale prova a sostegno delle tesi difensive »; invero, tale argomentazione è conforme all’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui l’obbligo motivazionale dell’accertamento in materia di ICI (ma le stesse argomentazioni possono valere anche per l’IMU) deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare l’ an e il quantum dell’imposta; in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2021, n. 1569; Cass., Sez. 6^-5, 3 febbraio 2021, n. 2348; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2021, n. 16681; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2022, n. 34014; Cass., Sez. 5^, 17 ottobre 2023, n. 28758; Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2024, n. 2929; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501); né detto onere di motivazione comporta l’obbligo di indicare anche l’esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza
di una causa di esclusione dell’imposta (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2018, n. 1694; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2022, nn. 36028 e 36032; Cass., Sez. 5^, 5 agosto 2024, n. 22031);
2.2 ne discende che il giudice di appello ha correttamente ritenuto che l’atto impositivo, con la contestazione dell’omesso versamento del tributo per l’anno di riferimento, contenesse un implicito rigetto della pretesa esenzione, dovendo escludersi a monte la stessa configurabilità d i un’ultra -petizione; infatti, per costante orientamento di questa Corte, il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.) deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri uno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione ( petitum e causa petendi ), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell’ambito della domanda o delle richieste delle parti, sicché non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che esamini una questione (anche se non espressamente formulata), tutte le volte che questa debba ritenersi in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamente formulate (tra le tante: Cass., Sez. 6^ – 5, 3 luglio 2019, n. 17897; Cass., Sez. 6^-3, 11 giugno 2021, n. 16608; Cass., Sez. 5^, 28 giugno 2021, n. 18357; Cass., Sez. 5^, 6 giugno 2022, n. 18082; Cass., Sez. 5^, 4 dicembre 2023, n. 33699; Cass., Sez. 5^, 9 agosto 2024, nn. 22596 e 22597);
2.3 per il resto, si ripropone la questione della prova dei requisiti previsti dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per beneficiare dell’esenzione dall’ICI;
2.4 tale disposizione, nel testo vigente dal l’ 1 gennaio 2003 al 3 ottobre 2005, disponeva l’esenzione dall’ ICI per « gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive »; essa è stata, in seguito, integrata e modificata dall’art. 7, comma 2 -bis , del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 281, che ha esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse; un’ulteriore modifica è, poi, intervenuta con l’art. 39 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, che, sostituendo il comma 2bis del citato art. 7 del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 281, ha stabilito che l’esenzione disposta dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera « che non abbiano esclusivamente natura commerciale »;
2.5 occorre precisare, inoltre, che le condizioni dell’esenzione sono cumulative, nel senso che è richiesta la coesistenza, sia del requisito soggettivo riguardante la natura non commerciale dell’ente, sia del requisito oggettivo in forza del quale l’attività svolta nell’immobile deve rientrare tra quelle previste dall’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504; deve trattarsi, in particolare, di immobili destinati direttamente ed esclusivamente allo svolgimento di determinate attività, tra le quali quelle dirette all’esercizio del culto ed alla cura delle
anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi e all’educazione cristiana (Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2016, n. 13966); dunque, l’esenzione è subordinata alla compresenza di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma 1, lett. c, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, rinvia), e di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale (Cass., Sez. 5^, 21 marzo 2012, n. 4502; Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2015, n. 14226; Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2016, n. 13966, 13967, 13969, 13970 e 13971; Cass., Sez. 5^, 30 maggio 2017, n. 13574; Cass., Sez. 6^-5, 3 giugno 2018, n. 15564; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2019, nn. 10123 e 10124; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2019, n. 34602; Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2020, n. 28578; Cass., Sez. 5^, 10 febbraio 2021, nn. 3244, 2345, 3248 e 3249; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2021, n. 16262; Cass., Sez. 5^, 14 settembre 2021, n. 24655 e 24644; Cass., Sez. 5^, 7 novembre 2022, nn. 32742 e 32765; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2022, nn. 36028 e 36032; Cass., Sez. 5^, 16 febbraio 2023, n. 4915 e 4917; Cass., Sez. 5^, 15 giugno 2023, n. 17108; Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2024, n. 6501);
2.6 sotto il profilo della distribuzione degli oneri probatori è stato affermato, ed è un principio del tutto condiviso da questo collegio, che « il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante
la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale » (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 2 aprile 2015, n.6711; Cass., Sez. 6^-5, 16 luglio 2019, n. 19072; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, n. 14316; Cass., Sez. 5^, 25 novembre 2022, n. 34766; Cass., Sez. 5^, 17 ottobre 2023, n. 28756; Cass., Sez. 5^, 8 agosto 2024, n. 22565);
2.7 tale principio è stato ribadito anche con specifico riguardo alle attività assistenziali e previdenziali, affermandosi che l’ente che ha invocato l’esenzione in giudizio ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, deve comprovare lo svolgimento nei suddetti fabbricati di attività assistenziali o previdenziali, in dette attività non potendo rientrare la mera destinazione degli immobili ad uffici, siano essi amministrativi o tecnici (in termini: Cass., Sez. 5^, 14 marzo 2018, nn. 6319 e 6320; Cass., Sez. 6^-5, 16 ottobre 2019, n. 26121);
2.8 peraltro, tale esegesi è coerente con le indicazioni fornite dalla risoluzione emanata dal Ministero delle Finanze il 25 giugno 1994, prot. n. 2/1242 (richiamata dalla circolare emanata dal Ministero dell’economia e delle Finanze il 26 gennaio 2009, n. 2/DF), secondo cui « (…) non possono farsi rientrare nell’ambito di applicazione della norma esonerativa in discorso gli uffici, siano essi amministrativi che tecnici, atteso che per essi non sussiste il delineato rapporto di stretta immanenza con lo svolgimento delle predette attività. La circostanza (…) che sia difficilmente configurabile una attività di erogazione materiale della previdenza, (diversa dall’attività di trattazione delle pratiche negli uffici; i quali, come sopra detto, non possono beneficiare dell’esenzione) nulla toglie alla validità della suesposta interpretazione, anche nella
considerazione che l’elenco delle attività agevolate risulta normativamente predisposto nell’ottica di attività suscettibili di essere esercitate in senso materiale »;
2.9 il che esclude anche qualsiasi forma di violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., per la cui deduzione occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio (tra le tante: Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867; Cass., Sez. 5^, 17 dicembre 2020, n. 28940; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2021, n. 16016; Cass., Sez. 6^-5, 9 dicembre 2021, n. 39057; Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2021, n. 40214; Cass., Sez. 5^, 24 marzo 2022, n. 9541; Cass., Sez. 5^, 31 agosto 2023, n. 25518; Cass., Sez. 5^, 31 ottobre 2023, n. 30303; Cass., Sez. 5^, 7 giugno 2024, n. 15975);
2.10 ne consegue che la sentenza impugnata si è pedissequamente uniformata ai richiamati principi, avendo ritenuto che la documentazione prodotta dal contribuente (con particolare riguardo alla trascrizione del vincolo ex art. 2117 cod. civ. nei registri immobiliari ed alla conformità dell’oggetto statutario alle prescrizioni del d.m. 19 novembre 2012, n. 200) fosse idonea a provare la mera potenzialità (in astratto) della destinazione degli immobili all’attività assistenziale e previdenziale, il cui effettivo svolgimento (in concreto) non era, tuttavia, emerso dalle risultanze istruttorie;
il quarto motivo è infondato;
3.1 una volta escluso che l’esercizio effettivo delle attività assistenziali e previdenziali dovesse essere espressamente contestato al contribuente, non si può coerentemente ritenere
che l’ente impositore avesse emendato in corso di causa la motivazione dell’avviso di accertamento;
3.2 per orientamento costante di questa Corte, non è consentito all’amministrazione finanziaria di sopperire con integrazioni in sede processuale alle lacune dell’atto impositivo per difetto di motivazione (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2018, n. 2382; Cass., Sez. 6^, 21 maggio 2018, n. 12400; Cass., Sez. 5^, 12 ottobre 2018, n. 25450; Cass., Sez. 5^, 24 maggio 2019, n. 14185; Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2020, n. 4070; Cass., Sez. 6^-5, 13 dicembre 2021, n. 39685; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8361; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2022, n. 29996; Cass., Sez. 5^, 8 settembre 2023, n. 26194; Cass., Sez. 5^, 19 febbraio 2024, n. 4339); difatti, è regola fondamentale del diritto tributario quella secondo cui le ragioni poste a base dell’atto impositivo definiscono i confini del giudizio tributario, che (anche se con sue specifiche caratteristiche) è, pur sempre, un giudizio d’impugnazione di un atto, sicché l’ufficio finanziario, restandone le contestazioni adducibili in sede contenziosa circoscritte dalla motivazione dell’avviso di accertamento, non può porre a base della propria pretesa ragioni diverse da quelle definite dalla motivazione suddetta (Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2016, n. 6103; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2018, n. 11466; Cass., Sez. 5^, 5 ottobre 2021, n. 26892; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8361; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2022, n. 29996; Cass., Sez. 5^, 8 settembre 2023, n. 26194; Cass., Sez. 5^, 19 febbraio 2024, n. 4339); in altre parole, la motivazione dell’atto impugnato, ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’amministrazione finanziaria nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’ an ed il quantum della pretesa tributaria, al fine di
approntare una idonea difesa (Cass., Sez. 5^, 6 giugno 2018, n. 14570; Cass., Sez. 5^, 5 ottobre 2021, n. 26892);
3 .3 per cui, l’ufficio accertatore non può modificare e/o integrare il presupposto della propria pretesa originariamente contenuta nell’accertamento, poiché è solo tale motivazione che delimita i confini della lite (Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2016, n. 6103; Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2018, n. 2382; Cass., Sez. 6^-5, 11 luglio 2018, n. 18222; Cass., Sez. 6^-5, 21 settembre 2021, n. 25529; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8361; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2022, n. 29996; Cass., Sez. 5^, 8 settembre 2023, n. 26194; Cass., Sez. 5^, 19 febbraio 2024, n. 4339), atteso che le ragioni poste a base di un atto impositivo non possono essere oggetto di modifica e/o di integrazione durante la fase contenziosa, in quanto la difesa del ricorrente si concentra su quanto illustrato nella motivazione;
3.4 nella specie, quindi, secondo la condivisibile valutazione del giudice di appello, la censura non coglie nel segno, giacché l’addebito dell’omesso svolgimento in concreto delle attività assistenziali e previdenziali era implicitamente insito nella contestazione del mancato versamento dell’imposta per l’anno di riferimento;
4. il quinto motivo è in parte inammissibile e in parte infondato; 4.1 anzitutto, la deduzione del vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. impinge nella preclusione derivante dalla c.d. ‘ doppia conforme ‘; d ifatti, in siffatta ipotesi, prevista dall’art. 348 -ter , quinto comma, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11
settembre 2012; detta norma è stata mantenuta, anche dopo l’abrogazione disposta dall’art. 3, comma 26, lett. e, del d.lgs. 1 ottobre 2022, n. 149, per i giudizi introdotti prima dell’1 gennaio 2023, dall’art. 35, comma 5, del d.lgs. 1 ottobre 2022, n. 149 , quale modificato dall’art. 380, lett. a, della legge 29 dicembre 2022, n. 197), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ed applicabile alle sentenze pubblicate dall’11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass., Sez. Lav., 6 agosto 2019, n. 20994; Cass., Sez. 5^, 12 luglio 2021, n. 19760; Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2022, n. 10644; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2022, n. 11707; Cass., Sez. 6^-5, 28 aprile 2022, n. 13260; Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34902; Cass., Sez. 5^, 27 giugno 2024, n. 17782); nella specie, però, a fronte della soccombenza nel doppio grado di merito, il ricorrente non ha indicato le ragioni di fatto differenti a seconda del giudizio; ne discende che le questioni sono state esaminate e decise in modo uniforme dai giudici del doppio grado di merito, per cui non ne è possibile alcun sindacato da parte del giudice di legittimità in relazione alla violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (art. 348ter , quinto comma, cod. proc. civ.);
4.2 per il resto, la censura deve essere disattesa con il mero rinvio alle argomentazioni già illustrate al precedente punto 2.6
con riguardo alla prova della sussistenza dei requisiti per l’esenzione in concreto ;
da ultimo, il sesto motivo è inammissibile;
5.1 a tal proposito, basta richiamare ancora le argomentazioni ostative del punto 3.1 con riguardo alla c.d. ‘ doppia conforme ‘, non senza evidenziare che , al di là dell’inconferente riferimento in rubrica all’asserita ‘ violazione e falsa applicazione ‘ di disposizioni normative, il nucleo della doglianza si risolve nella critica dell’omesso esame di « rilevanti allegazioni difensive » contenute nell’atto di appello ;
5.2 invero, si rammenta che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., Sez. 1^, 14 settembre 2018, n. 26305; Cass., Sez. 6^-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2021, n. 12400; Cass., Sez. 5^, 24 luglio 2021, nn. 21457 e 21458; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37346; Cass., Sez. 5^, 10 novembre 2023, n. 31327; Cass., Sez. 1^, 29 febbraio 2024, n. 5426) né l’omessa disanima di questioni o argomentazioni (Cass., Sez. 6^-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5^, 20 aprile 2021, n. 10285; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37346; Cass., Sez. 5^, 10 novembre 2023, n. 31327; Cass., Sez. 1^, 29 febbraio 2024, n. 5426);
alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la manifesta infondatezza o inammissibilità dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato;
7. le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo; ad ogni modo, non si giustifica anche la condanna al risarcimento dei danni per lite temeraria, facendo difetto indizi inequivoci di mala fede o colpa grave nella condotta processuale del soccombente;
8. ai sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi ed € 9.000,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 24 settembre