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Esenzione IMU prima casa: la prova della dimora abituale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una contribuente, stabilendo che per ottenere l’esenzione IMU prima casa non è sufficiente la sola residenza anagrafica. È onere del contribuente dimostrare con prove concrete anche la ‘dimora abituale’ nell’immobile, ovvero che vi abita stabilmente. Il fatto che l’esenzione sia stata concessa in passato non vincola il Comune per gli anni successivi.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione IMU prima casa: non basta la residenza, serve la prova della dimora

Ottenere l’esenzione IMU prima casa richiede più della semplice registrazione anagrafica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: spetta al contribuente dimostrare di avere nell’immobile non solo la residenza, ma anche la propria dimora abituale. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: La Controversia sull’IMU

Una contribuente si è vista recapitare un avviso di accertamento dal proprio Comune per il pagamento dell’IMU relativa all’anno 2015. L’ente locale contestava il suo diritto all’esenzione per l’abitazione principale, sostenendo che, nonostante la residenza anagrafica fosse stata trasferita nell’immobile sin dal 2010, non vi fosse prova della sua effettiva e abituale dimora.

La contribuente ha impugnato l’avviso, facendo leva sul fatto di aver sempre beneficiato dell’agevolazione negli anni precedenti e sostenendo che dovesse essere il Comune a dimostrare il venir meno dei requisiti. Sia il tribunale di primo grado sia la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado hanno però dato ragione al Comune, sottolineando che il dato formale della certificazione anagrafica non è sufficiente a provare la dimora abituale.

La Decisione della Cassazione e l’onere della prova sull’esenzione IMU prima casa

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso della contribuente, ha confermato le decisioni dei giudici di merito, rigettando le pretese della ricorrente e chiarendo in modo definitivo i due pilastri su cui si fonda il diritto all’esenzione.

Residenza Anagrafica vs. Dimora Abituale: Un Dettaglio Cruciale

I giudici hanno ribadito che per definire un immobile come ‘abitazione principale’ ai fini IMU, devono coesistere due requisiti fondamentali in capo al contribuente:
1. La residenza anagrafica: il dato formale risultante dai registri del Comune.
2. La dimora abituale: il dato sostanziale, ovvero il luogo in cui la persona vive concretamente e stabilmente.

L’assenza di uno solo di questi elementi fa venir meno il diritto all’agevolazione fiscale. Il certificato di residenza, pur essendo un atto pubblico, costituisce solo una presunzione, che può essere superata da prove contrarie.

A Chi Spetta Provare i Requisiti?

Il punto centrale della decisione riguarda l’onere della prova. In tema di agevolazioni fiscali, spetta sempre a chi vuole beneficiarne dimostrare di possedere tutti i requisiti previsti dalla legge. Non è il Comune a dover provare che il contribuente non dimora abitualmente nell’immobile, ma è il contribuente a dover fornire prove concrete del contrario, specialmente quando sorge una contestazione.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando come la contribuente non avesse fornito prove adeguate a dimostrare la sua dimora abituale per l’anno 2015. La produzione di alcune ricevute di pagamento per fatture risalenti agli anni 2010 e 2011 è stata giudicata irrilevante per l’annualità in contestazione. Prove più efficaci avrebbero potuto essere, ad esempio, bollette recenti di luce, acqua e gas, che dimostrano un consumo compatibile con un’abitazione stabile.

Inoltre, la Cassazione ha precisato che il riconoscimento dell’esenzione da parte del Comune negli anni precedenti non crea alcun diritto acquisito. La situazione fattuale può cambiare di anno in anno, e ogni periodo d’imposta è autonomo. Pertanto, l’Amministrazione ha il pieno diritto di verificare la sussistenza dei requisiti per ogni singola annualità.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Contribuenti

Questa ordinanza offre un monito importante per tutti i proprietari di immobili. Per essere sicuri di poter beneficiare dell’esenzione IMU sulla prima casa, non è sufficiente trasferire la residenza anagrafica. È essenziale poter dimostrare, in caso di controllo, di vivere realmente e stabilmente in quella casa. Si consiglia di conservare documentazione idonea (bollette di utenze, domiciliazione bancaria, medico di base, ecc.) che possa attestare in modo inequivocabile la propria dimora abituale, così da non incorrere in spiacevoli sorprese in fase di accertamento fiscale.

È sufficiente avere la residenza anagrafica in un immobile per ottenere l’esenzione IMU come prima casa?
No, la sola residenza anagrafica non è sufficiente. Secondo la Corte di Cassazione, è necessario che coesistano due requisiti: la residenza anagrafica (dato formale) e la dimora abituale (dato sostanziale, cioè il vivere effettivamente nell’immobile).

A chi spetta l’onere di provare la dimora abituale per l’esenzione IMU?
L’onere della prova spetta al contribuente. Chi vuole beneficiare di un’agevolazione fiscale deve dimostrare di possedere tutti i requisiti richiesti dalla legge, inclusa la prova concreta della dimora abituale, ad esempio tramite bollette recenti.

Se il Comune ha concesso l’esenzione IMU per anni, può negarla in seguito?
Sì. Il fatto che l’esenzione sia stata concessa in passato non crea un diritto acquisito per il futuro. Ogni annualità d’imposta è autonoma e il Comune può verificare in qualsiasi momento se i requisiti per l’esenzione sussistono ancora.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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