Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9797 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9797 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11857/2024 R.G. proposto da COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa unitamente e disgiuntamente fisc.: CODICE_FISCALE e dall’avv. NOME COGNOME (cod. fisc.: CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO dall’avv. NOME COGNOME (cod. MilizieINDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COMUNE di TORTORETO (CF: CODICE_FISCALE, in persona del Sindaco sig. protempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale eletto presso il seguente indirizzo P.E.C. EMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza della sentenza n.784/2023, della Corte di Giustizia Tributaria di II grado dell’Abruzzo, pronunciata in data 26/10/2023, depositata in data 7/11/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
La contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento n. 1982 con il quale il Comune di Tortoreto ha preteso l’I.M.U. per l’anno 2015 disconoscendo il diritto alla invocata esenzione per l’abitazione principale, sul rilievo che non vi era stata prova del fatto che nell’immobile in esame la contribuente avesse la dimora abituale.
Con sentenza n. 120/2022, la Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Teramo rigettava il ricorso.
La contribuente ha proposto appello e la Corte di Giustizia Tributaria di II grado, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il gravame, osservando che, per poter fruire dell’esenzione per la prima casa, non era sufficiente il dato formale della certificazione anagrafica, ma la prova, non fornita nel caso di specie, dell’effettività della dimora abituale.
Avverso la predetta sentenza la contribuente ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo.
Il Comune di Tortoreto ha resistito con controricorso.
È stata proposta la definizione anticipata del ricorso, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.
La ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
Ragioni della decisione
1.Con il primo ed unico motivo d’impugnazione, ‘ in relazione all’art. 360, I comma, n. 3 cpc. per violazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 7, comma 5 bis del D. Lgs. 546/1992, degli artt. 4 e 5 della Legge n. 1228/54 nonché dell’art. 19 del D.P.R. n. 223/89’, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata, rilevando che ella aveva traferito la residenza anagrafica nell’immobile per cui è causa sin dal 2010, che aveva goduto dell’esenzione sin da tale anno, e che spettava all’ente accertatore e non alla contribuente
dimostrare che i requisiti legittimanti l’esenzione fossero venuti meno.
2. Il motivo è infondato.
In primo luogo, si osserva che la Corte costituzionale, con sentenza n. 209/2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel testo modificato dall’art. 1, comma 707, lett. b, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella parte in cui stabilisce: «er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»; ha dichiarato, in via consequenziale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, quinto periodo, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come modificato dall’art. 1, comma 707, lett. b, della legge 27 dicembre 2013, n. 147; ha dichiarato, in via consequenziale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 707, lett. b, primo periodo, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella parte in cui stabilisce: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»; ha dichiarato, in via consequenziale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 741, lett. b, secondo
periodo, della legge 27 dicembre 2019, n. 160; ha dichiarato, in via consequenziale, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 741, lett. b, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, come successivamente modificato dall’art. 5 -decies, comma 1, del d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215.
Prendendo atto di tale intervento manipolativo, in virtù della norma così come rimodulata, applicabile ai giudizi pendenti, questa Corte (Cass., Sez. 6^-5, 23 dicembre 2022, n. 37636; Cass., Sez. 6^-5, 3 novembre 2022, n. 32339; Cass., Sez. 6^-5, 16 gennaio 2023, n. 990; Cass., Sez. 5^, 19 gennaio 2023, n. 1623; Cass., Sez. 6^5, 20 gennaio 2023, n. 1828; Cass., Sez. 6^-5, 24 gennaio 2023, n. 2045; Cass., Sez. 6^-5, 25 gennaio 2023, nn. 2256 e 2301) ha ritenuto sufficiente che nell’immobile risieda il possessore, pur se il coniuge risiede stabilmente altrove (nel periodo di riferimento).
Tanto premesso, come rilevato nella proposta di definizione ex art. 380-bis c.p.c. del 27.9.2024, pur dopo la citata sentenza n.209/2022, il riferimento alla dimora abituale ed alla residenza, oltre che del possessore, anche del suo nucleo familiare, l’esenzione in questione presuppone pur sempre la sussistenza, in capo al contribuente, del duplice requisito della residenza anagrafica e della (sua) dimora abituale nell’immobile: ‘In tema di esenzione IMU per la casa principale, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 209 del 2022, che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011, va escluso che la nozione di abitazione principale presupponga la dimora abituale e la residenza anagrafica del nucleo familiare del possessore, ‘ per cui il beneficio spetta al possessore dell’immobile ove dimora abitualmente e risiede anagraficamente ‘, anche se il coniuge abbia la residenza anagrafica in diverso comune’ (Cass. n. 32339/22; Cass. n. 11072/24).
Va ancora osservato che, se è vero che incombe sull’Amministrazione l’onere di fornire la prova dei fatti costitutivi della pretesa tributaria, è anche vero che, in tema di agevolazioni tributarie, è chi vuole fare valere una qualsiasi forma di esenzione o di agevolazione che deve provare, quando sul punto vi è contestazione, i presupposti che ne legittimano la richiesta (Cass. n. 8627/2019; Cass. n. 23228/2017; Cass. n. 21406/2012).
3. La Corte di Giustizia Tributaria di II Grado dell’Abruzzo, integrando la motivazione del giudice di primo grado (che si era limitato a respingere il ricorso motivando esclusivamente sulla circostanza che il coniuge non separato della contribuente avesse residenza e dimora in un Comune diverso), ha contestato il difetto di uno dei due requisiti esonerativi, rappresentato dalla dimora abituale. In particolare, il giudice d’appello ha osservato che: ‘ il dato formale della certificazione di residenza non serve a dimostrare anche l’effettività della dimora abituale, sia perché la situazione di fatto accertata nel lontano anno 2010 non può essere ritenuta valida anche per l’anno in contestazione, sia perché nella fattispecie si tratta del riconoscimento del diritto ad un’esenzione da un’imposta generale, per cui sarebbe stato onere della contribuente quello di dare rigorosa prova di una effettiva e abituale dimora nell’immobile, ad esempio tramite produzione di recenti fatture per l’erogazione dei servizi di forniture per acqua, luce e gas, cosa che non è stata fatta essendosi la ricorrente limitata produrre solo quattro ricevute per il pagamento di fatture risalenti agli anni 2010 e 2011, quindi irrilevanti a dimostrare una dimora abituale per l’anno 2015’ (pag. 3 della sentenza).
Ferma la non sindacabilità in sede di legittimità di tale valutazione, condividendosi quanto osservato nella proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c., va altresì sottolineato come la prova del requisito agevolativo in esame, sia perché non posto nella disponibilità dell’ente impositore sia perché mirato su una
situazione fattuale (dimora abituale) potenzialmente mutevole nel succedersi di distinte ed autonome annualità di imposta, non può essere di per sé tratta dal riconoscimento dell’esenzione eventualmente posto in essere dal Comune negli anni precedenti a quello qui dedotto.
Ancora con riferimento alla questione dell’onere della prova, va osservato che, contrariamente rispetto a quanto dedotto dalla difesa nel ricorso introduttivo (attraverso il richiamo all’ordinanza n. 2747 del 2023), nella citata pronuncia la Corte si è limitata ad affermare che la Corte costituzionale, con la nota sentenza n. 209 del 2022, ha ‘ristabilito il diritto all’esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile’ e che ‘le dichiarazioni di illegittimità costituzionale mirano a responsabilizzare «i comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli», controlli che ‘la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci»’. Non è stato, invece, in alcun modo affermato che spetta al Comune al Comune provare l’insussistenza del requisito della dimora abituale.
Per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere respinto, conformemente all’originaria proposta di definizione accelerata.
5.Le spese di lite seguono la soccombenza della parte ricorrente e, essendo la presente pronuncia conforme all’originaria proposta di definizione anticipata, ai sensi dell’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c., la stessa deve essere condannata ai sensi dell’art. 96, commi 3 e 4, codice di rito (sulla cui applicabilità v. Cass. Sez. U. n. 10955/2024; e reputata equa la parametrazione della condanna ai sensi dell’art. 96 comma 3 c.p.c. all’importo della condanna alle spese di lite), con liquidazione delle spese e delle ulteriori somme ai detti titoli come in dispositivo, in considerazione del valore della controversia e dell’attività processuale espletata.
Infine, al rigetto del ricorso consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento
dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte:
-rigetta il ricorso;
-condanna parte ricorrente: a) alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge; nonché b) al pagamento, in favore di parte resistente, della somma di euro 700,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.; c) al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 1.000,00 ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria del 25