Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18949 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18949 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15941/2024 R.G., proposto
DA
Comune di Pistoia, in persona del Sindaco pro tempore , autorizzato ad instaurare il presente procedimento in virtù di determina resa dal Dirigente dell’U.O. Affari Legali del medesimo Comune il 21 maggio 2024, n. 922, e di decreto reso dal Sindaco del medesimo Comune il 23 maggio 2024, n. 96, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Firenze, elettivamente domiciliato presso lo studio legale ‘ RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma (indirizzo p.e.c. per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
CONTRO
‘ RAGIONE_SOCIALE con sede in Firenze, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Pistoia, ove elettivamente domiciliata (indirizzo p.e.c. per notifiche e comunicazioni del
ICI – IMU ACCERTAMENTO ESENZIONE LOCALI RAGIONE_SOCIALE TRASFERIMENTO DI SEDE OSPEDALIERA
presente procedimento: EMAIL, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE/RICORRENTE INCIDENTALE avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana il 9 maggio 2024, n. 611/02/2024, notificata il 10 maggio 2024; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27 maggio 2025 dal Dott. NOME COGNOME udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale; udito, per il ricorrente, l’Avv. NOME COGNOME per delega dell’Avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale: udito, per la controricorrente, l’Avv. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.
FATTI DI CAUSA
1. Il Comune di Pistoia ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana il 9 maggio 2024, n. 611/02/2024, notificata il 10 maggio 2024, la quale, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento n. 11145/16 del 3 agosto 2021, notificato con p.e.c. del 3 agosto 2021, nei confronti dell” Azienda RAGIONE_SOCIALE da parte del medesimo Comune , per parziale versamento dell’IMU relativa all’anno 2016 nella misura di € 282.340,00 , oltre a sanzioni amministrative ed interessi moratori, in relazione a vari immobili ubicati nel medesimo Comune, tra i quali: a) il complesso relativo all’area ospedaliera del Ceppo, comprensivo
dell’immobile denominato ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ e di alcuni piccolissimi resedi (particelle 536 sub. 5/N e 536 sub. 5/S del folio 205, 456 e 464 del folio 205, particelle 77, 506 sub. 1, 506 sub. 2 e 508 del folio 205); b) i l complesso relativo all’area delle INDIRIZZO (particelle 28 e 195 del folio 181); c) l’immobile sito in INDIRIZZO, facente parte del Centro RAGIONE_SOCIALE presso la RAGIONE_SOCIALE del INDIRIZZO (particella 236 sub. 3 del folio 177); d) l’immobile sito in INDIRIZZO INDIRIZZO -angolo INDIRIZZO adibito a centro stampa, magazzino ed archivio (particella 408 sub. 63 del folio 204); e) terreni facenti parte del complesso del nuovo Ospedale San Jacopo (particelle 269, 271, 273 del folio 236 e 606 del folio 253); f) altri terreni (particelle 178 del folio 130, 172, 198, 199, 200, 201, 202 del folio 131); ha parzialmente accolto (in relazione al secondo motivo ed al terzo motivo) l’appello proposto in via principale dal Comune di Pistoia ed ha rigettato l’appello proposto in via incidentale da ll’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha parzialmente riformato la decisione di prime cure – che aveva parzialmente accolto il ricorso originario della contribuente con riguardo al complesso del Ceppo, all’immobile del ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ed all’immobile di INDIRIZZO -nel senso di dichiarare la legittimità e la fondatezza dell’avviso di accertamento, ad eccezione della parte relativa al complesso del Ceppo.
L” RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale avverso la medesima sentenza.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc., civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso principale è affidato a due motivi.
Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità d i tale ricorso ex art. 360bis cod. proc. civ. per conformità della sentenza impugnata alla giurisprudenza di legittimità, non essendosi ancora ben delineato -al momento della sua proposizione – un netto e preciso orientamento sul thema decidendum in disamina (vedasi, in motivazione: Cass., Sez. Un., 21 marzo 2017, n. 7155; Cass., Sez. 6^-5, 10 ottobre 2019, n. 25452; Cass., Sez. 6^-5, 9 dicembre 2020, n. 28099; Cass., Sez. 5^, 7 dicembre 2021, n. 38767; Cass., Sez. 6^Trib., 22 dicembre 2022, n. 37587; Cass., Sez. Trib., 27 dicembre 2023, n. 36079; Cass., Sez. Trib., 18 dicembre 2024, n. 33097; Cass., Sez. Trib., 16 giugno 2025, n. 16047).
2. Con il primo motivo si denuncia: « 1) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9, comma 8 del D. Lgs. n. 23 del 2011; Violazione e/o falsa applicazione dell’art.7 comma 1 lett. a del D. Lgs. n. 504 del 1992; violazione e/o falsa applicazione art. 91bis , commi 2 e 3 del D.L. n. 1 del 2012 convertito in L. n. 27 del 2012; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. ed artt. 115 e 116 c.p.c. ex art. 360, I comma n. 3 c.p.c. ». Secondo il ricorrente: « In primo luogo, occorre censurare il capo della sentenza che ha palesemente invertito l’onus probandi in materia tributaria, imponendo al Comune la prova circa l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’esenzione, laddove è stato statuito che: ‘ non può condividersi la deduzione del Comune, laddove vorrebbe far discendere dall’atto di trasferimento delle funzioni ospedaliere la cessazione di ogni collegamento tra la struttura e la destinazione preesistente. Ciò appare in contrasto con le previsioni programmatorie richiamate dalla AUSL. Al 13 luglio 2013 sono certamente cessati nei locali in considerazione i
servizi primari dell’Ospedale, ma, da un lato, com’è pacifico, alcune funzioni sanitarie, amministrative e strumentali hanno continuato ad essere svolte nella struttura medesima, dall’altro, la dismissione della funzione istituzionale dei locali in considerazione ha proceduto con la necessaria progressività; sicché, anche per il periodo successivo e quindi anche per l’anno 2016, è del tutto credibile un assoggettamento degli immobili alle funzioni istituzionali dell’AUSL ‘ » (pagina 12 del ricorso principale).
Con il secondo motivo, si denuncia: « 2) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9, comma 8 del D. Lgs. n. 23 del 2011; Violazione e/o falsa applicazione dell’art.7 comma 1 lett. a del D. Lgs. n. 504 del 1992; violazione e/o falsa applicazione art. 91bis , commi 2 e 3, D.L. n. 1 del 2012 convertito in L. n. 27 del 2012 ex art. 360, I comma n. 3 c.p.c. ».
La ricorrente si duole del riconoscimento dell’esenzione da parte del giudice di appello, ancorché le risultanze istruttorie abbiano confermato -a suo dire – la dismissione di ampie porzioni del complesso del Ceppo.
I predetti motivi -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta per la comune attinenza alla questione controversa della permanente destinazione degli immobili a fini istituzionali – sono infondati.
3.1 Anzitutto, l’infrazione alla regola generale dell’art. 2697 cod. civ. (che è stata lamentata dal ricorrente) si può configurare soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (tra le tante: Cass., Sez. 6^-3, 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass., Sez. 1^, 20 aprile 2020, n. 7919; Cass., Sez.
Lav., 19 agosto 2020, n. 17313; Cass., Sez. 5^, 20 ottobre 2021, n. 29041; Cass., Sez. 6^-5, 26 gennaio 2022, n. 2286; Cass., Sez. Trib., 7 aprile 2023, n. 9529; Cass., Sez. Lav., 23 maggio 2024, n. 14482; Cass., Sez. 1^, 25 novembre 2024, n. 30389; Cass., Sez. 1^, 14 febbraio 2025, n. 3761), ma non anche nell’ipotesi in cui oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti, ritenendo che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è (nella prospettazione del ricorrente) un fallace apprezzamento sull’esito della prova, che è sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., nei limiti in cui questa censura è ammessa (Cass., Sez. Lav., 19 agosto 2020, n. 17313; Cass., Sez. 5^, 20 ottobre 2021, n. 29041; Cass., Sez. Lav., 28 marzo 2022, n. 9933).
Laddove, nella specie, non si ravvisa alcuna inversione dell’onere probatorio, ma soltanto valutazione delle risultanze probatorie, avendo accertato il giudice di appello che il parziale non utilizzo di immobili che mantengono, comunque, una destinazione istituzionale, nel senso di cui sopra, e l’esercizio di attività di tipo strumentale a quella propriamente istituzionale (cioè, all’attività sanitaria) risultino idonei a giustificare l’esenzione de qua .
3.2 Né si può ipotizzare una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. per un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena
prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 1 marzo 2022, n. 6774; Cass., Sez. 2^, 24 maggio 2022, n. 16736); là dove, invece, si è fatto leva sulla documentazione prodotta dalla contribuente con riguardo alla transitoria continuazione presso la vecchia sede di residue attività a carattere strettamente complementare ed ausiliario rispetto ai servizi sanitari stricto sensu , che erano ormai stati riallocati in via definitiva presso la nuova sede, al solo fine di consentire che il trasferimento del presidio ospedaliero si dispiegasse (fino ad esaurimento) in modo graduale e progressivo, in considerazione dell’oggettiva impossibilità di assicurare un contestuale e sincronico trasloco di ogni articolazione delle strutture organizzative e operative.
3.3 Per il resto, come è stato già affermato da questa Corte in analoga controversia tra le medesime parti per diversa annualità dell’IMU ( vedasi: Cass., Sez. Trib., 28 giugno 2024, n. 17954), il temporaneo inutilizzo (per ragioni più o meno transitorie) non equivale alla definitiva cessazione della destinazione pubblicistica del bene; per cui, anche la perdita dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (al pari di quella prevista dall’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23), può giustificarsi soltanto in presenza di una situazione di fatto o di una scelta dell’ente pubblico che determini l’irreversibile inut ilizzabilità del bene per l’attuazione delle finalità istituzionali (come nel caso del venir meno della sua disponibilità), non essendo sufficiente a tal fine la sopravvenienza di una materiale interruzione (ancorché di imprevedibile durata) nella latente continuità della vocazione funzionale del bene, anche se il ripristino dell’originaria destinazione (seppure in relazione strumentale
ad un diverso settore della medesima amministrazione) possa dipendere dalle scelte organizzative o dalle esigenze finanziarie dell’ente pubblico (in termini: Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2021, n. 3445).
Per cui, le ragioni sottese alla temporanea e parziale irrealizzabilità della funzione pubblica (a seguito dell’avvenuto trasferimento nella nuova sede delle dotazioni occorrenti e del personale competente all’erogazione dei servizi primari) erano ininflue nti ai fini della conservazione dell’esenzione fondata sulla destinazione residuale degli immobili (attraverso l’utilizzo per attività meramente complementari e sussidiarie rispetto alle attività primarie di prevenzione, diagnosi, cura, assistenza e terapia per la tutela della salute) agli scopi istituzionali dell’ente pubblico.
3.4 In ogni caso, la quiescenza del collegamento con le funzioni istituzionali non può essere contraddetto dalle dichiarazioni presentate dalla contribuente per la TARES, che hanno altri presupposti e altre funzioni, non risultando incompatibili con una permanenza della destinazione istituzionale, ancorché attenuata ed allentata. Difatti, il concetto di utilizzo a fini istituzionali si estende (oltre alle superfici destinate a funzioni strettamente sanitarie) anche alle ulteriori superfici destinate a funzioni strumentali alle prime e, comunque, alle superfici che, ancorché non utilizzate, non hanno perduto la destinazione allo svolgimento di funzioni istituzionali, in quanto ad esse ancora strettamente connesse.
Per cui, il computo delle superfici produttive di rifiuti speciali e di rifiuti urbani ai fini della TARES risulta irrilevante nell’apprezzamento della destinazione (effettiva o quiescente) a compiti istituzionali. Laddove, ai fini dell’IMU, l’esenzione concerne anche le superfici parzialmente o temporaneamente
non utilizzate, che abbiano, tuttavia, mantenuto destinazione a fini istituzionali.
3.5 In definitiva, non si può far discendere ipso iure dal trasferimento delle funzioni ospedaliere la cessazione di ogni collegamento tra la struttura e la destinazione preesistente, giacché, nonostante l’interruzione definitiva dei servizi primari (ricoveri, cure chirurgiche, interventi di chirurgia e medicina in genere), un residuale esercizio delle funzioni istituzionali (sanitarie, amministrative e strumentali) -ancorché di carattere meramente accessorio e secondario rispetto alle funzioni principali stricto sensu , il cui esercizio era già ripreso nella nuova sede – era proseguito nei locali in corso di dismissione anche oltre la data fissata per l’entrata in funzione del nuovo ‘ Ospedale San Jacopo ‘ (13 luglio 2013) in modo da garantire un graduale e progressivo completamento (fino a totale esaurimento) dell’articolato e complesso trasferimento della struttura ospedaliera.
Per cui, nel caso di specie, non si poteva sostenere che il parziale mancato utilizzo del complesso del Ceppo, seppur originato pacificamente dal trasferimento delle funzioni ospedaliere, avesse comportato una perdita della destinazione a fini istituzionali del cespite.
3.6 Dunque, con riguardo ai fabbricati costituenti il vecchio ‘ Ospedale del Ceppo ‘, la sentenza impugnata si è uniformata a tali principi, avendo ritenuto che: « Al 13 luglio 2013 sono certamente cessati nei locali in considerazione i servizi primari dell’Ospedale, ma, da un lato, com’è pacifico, alcune funzioni sanitarie, amministrative e strumentali hanno continuato ad essere svolte nella struttura medesima, dall’altro, la dismissione della funzione istituzionale dei locali in considerazione ha proceduto con la necessaria progressività;
sicché, anche per il periodo successivo e quindi anche per l’anno 2016, è del tutto credibile un assoggettamento degli immobili alle funzioni istituzionali dell’AUSL, quanto meno in termini strumentali. Nella nota di chiarimenti della AUSL prot. 63948 del 5 maggio 2017, quest’ultima esplicitava in modo chiaro la permanenza della destinazione sanitaria ad ospedale di tutti i locali del Ceppo; né tale stato di fatto, di progressiva ma non istantanea perdita del collegamento con le funzioni istituzionali, può essere contraddetto dalle dichiarazioni TARES, che hanno altri presupposti e altre funzioni, non risultando di necessit à incompatibili con una permanenza della destinazione istituzionale ancorché allentata, risultando plausibile che anche nell’anno 2016 gli edifici del Ceppo non potessero non avere ancora destinazione istituzionale sia essa per svolgimento di attività prettamente sanitaria, ovvero di attività amministrative o ancora come sede di attività strumentale. In definitiva, ritiene questo Collegio che il parziale non utilizzo di immobili che mantengono comunque una destinazione istituzionale, nel senso di cui sopra, e l’esercizio di attività di tipo strumentale a quella propriamente istituzionale (cioè all’attività sanitaria) risultino idonei a giustificare l’esenzione de qua . Risulta, infatti, che la destinazione dell’area del Ceppo, a seguito della sua dismissione, era stata oggetto di vari accordi di programma che si sono succeduti nel corso degli anni, a partire dal 2005. Dall’ultimo accordo di programma del 2019 risulta che la Regione Toscana ed il Comune di Pistoia intendono rafforzare le funzioni sociosanitarie di quel complesso. Tutto ciò conferma che sicuramente, anche nell’anno 2016, gli edifici del Ceppo avevano ancora destinazione istituzionale e sanitaria, alcuni per essere sede di attività prettamente sanitaria (dialisi, centro
trasfusionale, centro prelievi ecc.), altri sede di attività amministrative (uffici, archivi, CUP), altri ancora sede di attività ad esse strumentali (magazzini, cucine, locale caldaia, ecc.), ma comunque connesse e collegate allo svolgimento della medesima funzione. Gli stessi magazzini contenevano materiale sanitario, apparecchiature mediche, arredi, ecc. Sussistevano, pertanto, i presupposti dell’esenzione di cui all’art. 7, comma l, del d.lgs. n. 504 del 1992, trattandosi di edifici destinati esclusivamente ai compiti istituzionali (lett. a), ed altresì all’esclusivo svolgimento con modalità non commerciali di attività sanitarie (lett. i). A tale conclusione non può costituire ostacolo la presenza di parti non utilizzate del complesso immobiliare, in quanto l’agevolazione in parola spetta anche ove il bene non sia stato utilizzato, purché ciò sia avvenuto «per una causa che non abbia comportato la cessazione della sua strumentalità rispetto all’esercizio delle attività protette, non potendo rilevare, come elemento ostativo ai fini del riconoscimento del beneficio, un concetto quantitativo di utilizzo, del tutto estraneo alla previsione normativa» (cfr. Cass. 20515/2016). Secondo tale ultima pronuncia di legittimità, perché assuma rilievo, il mancato utilizzo deve costituire indizio di un mutamento di destinazione e della cessazione della strumentalità del bene, circostanza che, nella fattispecie in esame non sussiste. Infatti, gli immobili del Ceppo non avevano cessato la loro funzione strumentale rispetto all’attività sanitaria, e più in generale, istituzionale della AUSL non avendo avuto nel 2016 una destinazione diversa. D’altra parte, la circostanza che alcuni edifici ( rectius superfici) fossero utilizzati per attività strumentali non esclude l’esenzione. Né vale in senso contrario la giurisprudenza richiamata nelle difese del Comune che attiene a fattispecie del
tutto diverse. Infatti, Cass., ord. 3268/2019 concerne immobili destinati ad alloggi di servizio di militari e relative famiglie, e dunque ad uso privato, in forza di concessione e dietro il pagamento di un canone. Neppure rileva Cass. 2821/2012, che ha ad oggetto immobili di proprietà della Federcalcio utilizzati per attività di tipo organizzativo e gestionale dalla FIGC. A differenza che nelle citate decisioni, nella fattispecie in esame vengono in rilievo immobili di proprietà della AUSL e dalla medesima utilizzati per le proprie attività istituzionali nell’ambito delle quali devono essere comprese anche quelle c.d. strumentali, quali magazzini, cucine, locali tecnici ecc., sicuramente indispensabili al loro svolgimento. Tale conclusione non può ritenersi smentita dalla dichiarazione TARES resa dalla AUSL che, ad avviso del Comune, indicando una superficie inferiore a quella complessiva, attesterebbe che la parte restante del complesso immobiliare era stata dismessa. Con tale denuncia di variazione, il direttore del presidio ospedaliero attestava una «variazione di superficie» ed elencava i locali e le superfici occupati (dialisi, CUP e uffici, anatomia patologica, uffici area tecnica, centro prelievi, centro trasfusionale, radioterapia). Inoltre, precisava che erano state scorporate talune superfici (riferibili a sale operatorie, stanze di medicazione, laboratori analisi, ecc.) in quanto «in tali aree non vengono prodotti rifiuti conferibili a pubblico servizio». Ebbene, l’irrilevanza della dichiarazione ai fini che qui interessano discende non solo dalla circostanza che essa, essendo stata resa ai fini TARES, non può valere di per s é anche ai fini IMU, trattandosi di tributi differenti aventi diversi presupposti, ma anche dal fatto che le dichiarazioni rese dalla AUSL attestano il perdurante utilizzo dei locali del Ceppo per
servizi sanitari, facendo esse riferimento unicamente alla produzione di rifiuti conferibili al servizio pubblico ».
Il ricorso incidentale è affidato a cinque motivi.
Con il primo motivo, si denuncia: « I) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. ».
A dire della controricorrente: « Si contesta la sentenza impugnata, ove, in relazione al cespite denominato il Piloto afferma: ‘ Questo Collegio ritiene, invece, che debbano essere accolti il secondo ed il terzo motivo dell’appello principale, non risultando adeguatamente provato il mantenimento anche negli immobili del RAGIONE_SOCIALE e di INDIRIZZO dello svolgimento delle funzioni istituzionali . In relazione all’immobile Piloto, che era adibito a magazzino e logistica, si è prodotta solamente una mail di un dipendente relativa al reperimento, in detti locali, di un’esigua quantità di materiale di pertinenza dell’ospedale. Trattandosi di immobili diversi e fisicamente separati da quelli del Ceppo, la continuità negli stessi delle funzioni istituzionali dell’AUSL avrebbe dovuto essere provata con più ampia documentazione, essendo comunque a carico dell’AUSL l’onere della dimostrazione del perdurare della destinazione istituzionale e non risultando sufficiente al riguardo il detto elemento di prova relativo ad un aspetto veramente marginale, spiegabile verosimilmente sulla base di trascuratezza e dimenticanza di modestissima quantità di materiale e come tale non probante’. In sostanza, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ha ritenuto il cespite del Piloto non soggetto alle esenzioni di cui all’art. 7 comma 2 lett. a) e lett. i) del D.Lgs. 30.12.1992 n. 504 ed all’articolo 9 comma 8 del D.Lgs. 14.3.2011 n. 23, in quanto non sarebbe stata sufficientemente provata dalla Azienda Usl la permanenza nell’immobile di
funzioni istituzionali. Il Giudice di Appello, peraltro, in tale statuizione ha omesso di valutare la circostanza storica pacifica fra le parti e non oggetto di discussione secondo cui l’immobile del Piloto ha fatto parte (fino alla sua demolizione avvenuta nel 2017), sia strutturalmente che funzionalmente del complesso del Ceppo, cui era asservito con funzione di magazzino, e pertanto ad esso avrebbero dovuto estendersi le valutazioni compiute per quest’ultimo » (pagine 41 e 42 del controricorso). 6. Con il secondo motivo, si denuncia: « II) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 comma 2 lett. a) e lett. i) del D.Lgs. 30.12.1992 n. 504 e dell’articolo 9 comma 8 del D.Lgs. 14.3.2011 n. 23, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.. ».
A dire della controricorrente: « Si contesta la sentenza impugnata nella parte in cui afferma: ‘ In relazione agli immobili di INDIRIZZO è sufficiente evidenziare che non si è dato conto della cessazione delle problematiche idrauliche che rendono inagibili i locali: la conseguenza è che non può parlarsi di un impedimento temporaneo ed in via di superamento, bensì di una oggettiva e prolungata inutilizzabilità degli immobili stessi, che esclude che si possa qualificare gli stessi come destinati a funzioni is tituzionali’ . Detta statuizione esclude l’applicabilità delle esenzioni in epigrafe indicate sulla base di un criterio meramente temporale dell’impedimento all’utilizzo dei locali » (pagine 43 e 44 del controricorso).
I predetti motivi sono inammissibili.
7.1 Con riguardo al fabbricato denominato ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, che era materialmente separato dai fabbricati costituenti il vecchio ‘ INDIRIZZO Ceppo ‘, il giudice di appello ha valutato l’insufficienza della prova fornita dalla contribuente, che si era limitata a documentare un mero scambio di mail tra propri dipendenti del 3 dicembre 2016 e del 6 dicembre 2016, in
ordine alla perdurante destinazione dei relativi locali a deposito ed archivio. Per cui, si trattava di attività meramente materiali prive di una diretta e immediata strumentalità rispetto alle attività istituzionali.
Con riguardo al fabbricato ubicato in INDIRIZZO, affermando che: « In relazione agli immobili di INDIRIZZO, è sufficiente evidenziare che non si è dato conto della cessazione delle problematiche idrauliche che rendono inagibili i locali; la conseguenza è che non può parlarsi di un impedimento temporaneo e in via di superamento, bensì di una oggettiva e prolungata inutilizzabilità degli immobili stessi, che esclude che si possa qualificare gli stessi come destinati a funzioni istituzionali », il giudice di appello ha ritenuto che la prolungata inagibilità per infiltrazioni idriche sin da epoca antecedente al trasferimento della sede ospedaliera non potesse costituire un impedimento solo temporaneo all’utilizzazione per gli scopi istituzionali, che neppure poteva essere ripristinata per il residuale esercizio di attività accessorie e secondarie, per cui la cessazione della originaria destinazione alle funzioni sanitarie era ormai tendenzialmente definitiva ed irreversibile. Pertanto, si tratta di circostanze già apprezzate e soppesate dal giudice di merito.
In definitiva, le censure tendono a sollecitare una revisione del merito attraverso la rivalutazione del materiale probatorio, che è preclusa al giudice di legittimità.
Con il terzo motivo, si denuncia: « III) Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 e 12 del D.Lgs. 42/2004; Violazione e falsa applicazione dell’articolo 13 comma 3 lett. a) del D.L. 201/2011, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ».
A dire della controricorrente: « Si contesta la sentenza impugnata ove, in relazione al complesso delle INDIRIZZO,
afferma ‘Come esattamente osservato dai Giudici di primo grado, l’AUSL non può neppure vantare il diritto alla riduzione per l’asserito rilievo culturale del cespite, giacché, in tema di IMU, la spettanza dell’agevolazione richiede, per evidenti esigenze di certezza del diritto e di tutela delle prerogative tributarie comunali, oggetto di previsione e protezione costituzionale (art. 119 Cost.), il previo formale riconoscimento, da parte dell’Autorità tutoria, della valenza culturale del bene, non potendo quindi avere decisivo rilievo la semplice asserzione da parte del possessore degli immobili di una loro pretesa valenza culturale’. La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, nella sostanza, ha escluso la riduzione per il valore storico ed artistico del complesso, non essendo intervenuta nel 2016 alcuna dichiarazione da parte della Autorità preposta alla tutela del vincolo » (pagine 44 e 45 del controricorso).
8.1 Il predetto motivo è infondato.
8.2 Con riguardo all’IMU, l’art. 13, comma 3, lett. a ), del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha riconosciuto la riduzione della base imponibile nella misura del 50% « per i fabbricati di interesse storico o artistico di cui all’articolo 10 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 » (c.d ‘ Codice dei beni culturali e paesaggistici ‘).
Quest’ultima disposizione individua la categoria dei « beni culturali », tra i quali sono comprese (comma 3, lett. a) « le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1 » (vale a dire, diversi dallo Stato, dalle Regioni, dagli altri enti pubblici territoriali, nonché da ogni altro ente ed istituto
pubblico e da persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti), soltanto quando sia intervenuta la dichiarazione dell’interesse culturale ex art. 13 del medesimo d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, che corrisponde quoad effectum alla imposizione del vincolo diretto ex artt. 1 e 3 dell’abrogata legge 1 giugno 1939, n. 1089 (Cass., Sez. Trib., 19 febbraio 2025, n. 4305).
8.3 Pertanto, la sentenza impugnata ha fatto buon governo di tale principio, affermando che: « Come esattamente osservato dai Giudici di primo grado, l’AUSL non può neppure vantare il diritto alla riduzione per l’asserito rilievo culturale del cespite, giacch é, in tema di IMU, la spettanza dell’agevolazione richiede, per evidenti esigenze di certezza del diritto e di tutela delle prerogative tributarie comunali, oggetto di previsione e protezione costituzionale (art. 119 Cost.), il previo formale riconoscimento, da parte dell’Autorità tutoria, della valenza culturale del bene, non potendo quindi avere decisivo rilievo la semplice asserzione da parte del possessore degli immobili di una loro pretesa valenza culturale ».
Con il quarto motivo, si denuncia: « IV) Nullità della sentenza per omessa valutazione di una prova legale in violazione dell’art. 116 c.p.c., ex art. 360 n. 4 c.p.c. ».
A dire della controricorrente: « Si contesta la sentenza impugnata ove, in relazione al cespite di INDIRIZZO –INDIRIZZO, afferma ‘Per quanto riguarda il INDIRIZZO, si tratta di immobile accatastato in categoria A/4, abitativa. Sostiene la AUSL che, pur essendo stato in passato destinato ad abitazione del parroco, era da anni al servizio della riabilitazione, avente sede nel complesso immobiliare contiguo e che era inserito nel libro giornale dei cespiti. L’utilizzo dell’immobile per finalità sanitarie o ad esse strumentali non è tuttavia comprovato in
alcun modo dalla AUSL. Anche Cass. 19731/2010, nell’affermare che l’esenzione di cui all’art. 7, comma l, lett. i) d.lgs. n. 504 del 1992 spetta anche se l’effettiva utilizzazione sia in contrasto con la destinazione catastale, dovendosi dare prevalenza alla situazione di fatto, ha ribadito che grava sul contribuente l’onere di fornire la prova di tale effettiva utilizzazione dell’immobile; prova che nel caso di specie non risulta adeguatamente raggiunta, con la conseguenza che per l’immobile de quo l’esenzione non può essere riconosciuta’ . Il Giudice di appello ha ritenuto, in sostanza, che per il fabbricato sito in INDIRIZZO (ex casa del Parroco) non fosse stata raggiunta la prova di un suo utilizzo a fini istituzionali da parte della Azienda Usl » (pagine 49 e 50 del controricorso).
9.1 Il predetto motivo è inammissibile.
9.2 La censura tende a contestare l’accertamento fattuale del giudice di appello, che ha espressamente escluso il raggiungimento della prova sulla destinazione del fabbricato ad attività istituzionali.
Si rammenta che, in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo ” prudente apprezzamento “, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento
della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2021, n. 16016; Cass., Sez. Trib., 27 ottobre 2023, n. 29956; Cass., Sez. 2^, 20 ottobre 2024, n. 27585).
9.3 Nella specie, valutando il materiale probatorio, il giudice di merito ha motivatamente escluso che l’immobile potesse essere considerato strumentale alle attività sanitarie per la sola collocazione contigua alla RAGIONE_SOCIALE
10. Con il quinto motivo, si denuncia: « V) Nullità della sentenza per omessa pronuncia su un motivo di appello incidentale in violazione dell’art. 112 c.p.c., ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. ». A dire della controricorrente: « Nel ricorso proposto dinanzi alla CTP di Pistoia (depositato nel primo grado di giudizio e che si allega nuovamente al presente ricorso sub 18), l’Azienda Usl ha espressamente contestato l’avviso di accertamento per vizio di motivazione » (pagine 50 e 51 del controricorso).
Tale censura è stata riportata e trascritta in ricorso secondo il canone dell’autosufficienza: « ‘1) Violazione dell’articolo 1 comma 162 della legge 27.12.2006 n. 296 Violazione dell’articolo 7 della legge 212/2000; Violazione dell’articolo 17 del D.Lgs. 472/1997; Nullità degli avvisi di accertamento per carenza di motivazione; Eccesso di potere per carenza di istruttoria.
La normativa in epigrafe indicata prescrive che gli avvisi di accertamento (ed in partico-lare quelli concernenti i tributi locali) devono essere ‘motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che li hanno determinati se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né
ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama’. Ebbene, l’avviso di accertamento notificato alla ricorrente non risulta sufficientemente motivato, né in relazione ai presupposti di fatto, né in relazione alle ragioni giuri diche dell’accertamento. Infatti, quanto ai primi, l’Amministrazione si è limitata a fare riferimento alle dichiarazioni TARES ed a non meglio precisate ‘dichiarazioni agli atti dell’ufficio per le aree soggette alla produzione di rifiuti speciali’.
Tuttavia:
non si comprende quali siano le dichiarazioni ai fini TARES
‘agli atti dell’ufficio’ cui ci si riferisce, né da chi provengano;
tali dichiarazioni comunque sono inerenti a diversi e distinti tributi, che nessun rilievo hanno ai fini IMU;
non si precisa quali siano le dichiarazioni agli atti dell’ufficio relative alla produzione di rifiuti speciali.
Si fa, inoltre, riferimento a ‘quanto già accertato per l’anno fiscale 2016’ ed a chiarimenti ricevuti dalla Azienda Usl, in merito ai quali l’Amministrazione afferma di aver avviato d’ufficio una procedura di variazione catastale non meglio precisata, di cui non si chiarisce la rilevanza ai fini IMU. La motivazione, quindi -oltre ad essere del tutto insufficiente – si fonda su documenti incogniti alla ricorrente e non allegati all’avviso, come prescritto dalla normativa in epigrafe indicata. Quanto alle ragioni giuridiche, la motivazione si limita ad affermare che gli immobili compresi nell’accertamento sarebbero ‘esclusi dalle esenzioni previste all’articolo 7 del D.Lgs. 504/1992′. Ma detta motivazione, oltre ad essere assolutamente tautologica, indica chiaramente la carenza di istruttoria alla base dell’avviso e la violazione da parte della Amministrazione del dovere di leale cooperazione con il
contribuente. Infatti, prima di procedere alla emanazione degli avvisi era obbligo dell’Amministrazione verificare l’esistenza di tutti i presupposti per l’applicazione dei tributi, e quantomeno, era obbligo dell’Amministrazione chiedere alla Azienda Usl o gni documentazione che fosse indispensabile a procedere a detti accertamenti. Al contrario, il Comune si è limitato ad una verifica puramente formale, non aprendo un contraddittorio con il contribuente e non procedendo nemmeno al reale accertamento dello stato di fatto esistente. Ciò a maggior ragione, visto il contenzioso già in essere per gli avvisi di accertamento IMU degli anni 2013, 2014 e 2015, e le precedenti pronunce di Codesta Ecc.ma Commissione Tributaria Provinciale, totalmente ignorati dal Comune di Pistoia. Pertanto, l’avviso di accertamento impugnato non può che ritenersi nullo per carenza di motivazione e di istruttoria.’ ».
Peraltro: « La CTP di Pistoia, con sentenza n. 141/2022 pubblicata in data 18.10.2022 (allegata al presente controricorso sub 8), all’esito del primo grado di giudizio, non si è pronunciata sul primo motivo di ricorso proposto. La Azienda Usl, nelle controdeduzioni ed appello incidentale depositate nel secondo grado di giudizio ha espressamente riproposto il primo motivo di ricorso chiedendone l’accoglimento (pag. 45 delle controd eduzioni ed appello incidentale depositati nel secondo grado di giudizio e che si allegano al presente ricorso sub 9) » (pagine 51 e 52 del controricorso).
10.1 Il predetto motivo è infondato.
10.2 A ben vedere, la sentenza impugnato ha lapidariamente affermato che: « Infondati sono poi i motivi di appello incidentale della AUSL ». Per cui, non c’ è dubbio che vi sia stata
un’esplicita pronuncia di integrale rigetto dell’appello incidentale, che investe anche la doglianza inerente all’inadeguatezza motivazionale dell’avviso di accertamento. Il che esclude, a monte, che si possa ravvisare un’omessa pronuncia (art. 112 cod. proc. civ.) da parte del giudice di secondo grado. Né la controricorrente ha censurato la carenza di motivazione in parte qua della sentenza impugnata.
In conclusione, valutandosi l ‘inammissibilità o l’inf ondatezza dei motivi rispettivamente dedotti, il ricorso principale ed il ricorso incidentale devono essere respinti.
La reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese giudiziali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della controricorrente/ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale ed il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale; compensa tra le parti le spese giudiziali; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della controricorrente/ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale ed il ricorso incidentale, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 27 maggio