Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32332 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32332 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2983/2022 R.G. proposto da: NOME
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato RAVENNA (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
COMUNE COGNOME rappresentato e dife so dall’avv. COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso SENTENZE di COMM.TRIB.REG.EMILIA ROMAGNA n. 840/2021 depositata il 21/06/2021, e n. 842/2021 depositata il 21/06/2021;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.In data 25 agosto 2015, il Comune di Sasso Marconi emetteva nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE avviso di accertamento per omesso pagamento relativo all’IMU per l’anno fiscale 2014, con il quale veniva intimato il pagamento dell’imposta per detta annualità, oltre sanzioni ed interessi.
La società immobiliare impugnava l’atto impositivo dinanzi alla CTP di Bologna, la quale respingeva con il ricorso, ad eccezione delle censure relative all’applicazione delle sanzioni.
Proponevano appello entrambe le parti; tuttavia le impugnazioni non venivano riunite dal secondo giudice, il quale emetteva la sentenza n. 840/21 nel giudizio proposto dalla contribuente e la decisione n. 842/21 in quello proposto dal Comune, in entrambe confermando la sentenza di primo grado ed esaminando le impugnazioni di entrambe le parti.
In particolare, il Collegio d’appello in entrambe le decisioni escludeva la necessità della firma autografa in calce all’avviso di accertamento, nonché l’applicazione dell’art. 7 comma 1, lett. g) del d.lgs. 504/1992, in quanto l’immobile non era stato direttamente adibito ad attività assistenziali, ritenendo corretta la decisione di prime cure che ha applicato il criterio della continuazione ex art. 12 comma 5 d.lgs. 472/1997, trattandosi di avvisi di accertamenti per diversi periodi di imposta (annualità 2013 e 2014).
La società ricorre per la cassazione delle decisioni indicate in epigrafe sulla base di due motivi, illustrati nelle memorie difensive.
Il Comune di Sasso Marconi replica con controricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
1.In via preliminare, la società ricorrente deduce di presentare ricorso cumulativo avverso le due sentenze citate in epigrafe, in quanto pur avendo le parti impugnato la medesima sentenza della
Commissione di primo grado, nella misura in cui erano rimaste soccombenti, il Collegio d’appello non ne disponeva la riunione, emettendo due sentenze di identico contenuto, pur trattando entrambi gli appelli proposti dalle parti.
2.A tal proposito, se è vero che sussiste un generale principio di inammissibilità dell’impugnazione cumulativa (cfr., in questo senso, Cass. n. 2324/1964; S.U. n. 1616/1975; S.U. n. 5215/1979; n. 312/1993; n. 5472/1994; n. 6626/1995; n. 805/1997; S.U. n. 12562/1998; 693/2001; 69/2002; 17835/2004, 19950/2005), tuttavia, questo principio, secondo la stessa giurisprudenza, incontra numerose eccezioni (sentenza non definitiva oggetto di riserva di impugnazione e successiva sentenza definitiva; sentenza revocanda e quella conclusiva del giudizio di revocazione; sentenza di rinvio e quella di rigetto della istanza di revocazione allorché le due impugnazioni siano rivolte contro capi identici o almeno connessi delle due pronunzie; sentenze di grado diverso pronunciate nella medesima causa, che investano l’una il merito e l’altra una questione pregiudiziale). Le S.U. con pronuncia n. 3692/2009 (e prima S.U. 130916/2006) hanno affermato che ragioni di economia processuale sorreggono l’ammissibilità del ricorso uno actu avverso plurime sentenze emesse nell’ambito del medesimo rapporto giuridico di imposta che dipendono per intero dalla soluzione di una identica questione di diritto comune ad entrambe le cause ed in ipotesi suscettibile di dare vita ad un giudicato rilevabile di ufficio in tutte le cause relative al medesimo rapporto di imposta.
3. La prima censura deduce la violazione della norma posta dall’art. 1, comma 87, della legge n. 549/1995, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., assumendo che l’atto impugnato non è stato emesso da un ‘sistema automatizzato’ in quanto si tratta di un avviso di accertamento predisposto da un funzionario a ciò preposto ed autorizzato.
Sulla scorta di detta premessa si afferma che « In tema di tributi regionali e locali, qualora l’atto di liquidazione o di accertamento sia prodotto mediante sistemi informativi automatizzati la relativa sottoscrizione può essere legittimamente sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, individuato da apposita determina dirigenziale, non essendo stato abrogato l’art. 1, comma 87, della l. n. 549 del 1995, norma speciale che conserva la sua efficacia (Cass. n. 12756/2019); ne consegue, ad avviso del ricorrente, a contrariis , che -non derivando la pretesa impositiva del Comune da un atto automatizzato ed automatico – la sottoscrizione dell’avviso doveva essere autografa, contrariamente a quanto statuito dai giudici regionali.
4.La seconda censura prospetta la violazione della norma posta dall’art. 7, comma 1, del d.lgs. n. 504/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3), c.p.c.; per avere la CTR affermato l’applicabilità dell’agevolazione di cui alla disposizione rubricata in favore della società della RAGIONE_SOCIALE solo qualora la gestione della Casa di RAGIONE_SOCIALE fosse posta in essere direttamente dalla società contribuente. Obietta di aver locato il cespite ad una cooperativa sociale RAGIONE_SOCIALE, assumendo che l’elemento determinante al fine di ottenere l’esenzione di cui all’art. 7 cit. è riconducibile al mero utilizzo a cui si destina l’immobile, indipendentemente dal diretto svolgimento dall’attività da parte del proprietario. Dunque, rilevante, ai fini dell’applicabilità dell’esenzione, sarebbe, ad avviso della società, esclusivamente l’elemento oggettivo relativo all’immobile e all’attività socio -assistenziale ivi svolta, senza tenere in considerazione il titolo di cui è investito il soggetto che pone in essere l’attività stessa.
Si afferma, altresì, che i giudici di appello non hanno considerato come la norma in commento non imponga affatto che l’immobile oggetto di esclusione da imposta debba essere inagibile nel periodo di imposta di riferimento, atteso che la lettera g) dell’art. 7,
comma 1, del d.lgs. n. 504/92 considera esenti da imposta « g) i fabbricati che, dichiarati inagibili o inabitabili, sono stati recuperati al fine di essere destinati alle attività assistenziali di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, limitatamente al periodo in cui sono adibiti direttamente allo svolgimento delle attività predette».
Occorre premettere che sulla medesima vicenda, vertente tra le medesime parti, concernente altre annualità di imposta, questa Corte si è già pronunciata con ordinanza n. 14721/2024.
Il primo motivo veicolato attraverso il vizio della violazione di legge – vale a dire dell’art. 1 comma 87 d lgs 549 1995 -il quale deduce che la sottoscrizione può essere sostituita dall’indicazione del nominativo del funzionario responsabile solo per gli atti automatizzati – si pone in netta contrapposizione con la statuizione del giudice di secondo grado secondo cui l’atto impugnato è stato emesso da un sistema automatizzato.
6.1. Nella sentenza impugnata si legge, difatti, che l’avviso , il che significa che la Corte di II grado ha valutato in tale senso la documentazione agli atti. La censura anziché confrontarsi con l’apparato motivazionale della sentenza impugnata, si diffonde piuttosto sulla violazione della normativa rubricata, senza considerare che il giudice di merito ha accertato che l’avviso è stato emesso con sistema automatizzato, con la conseguente legittimità della indicazione a stampa del nominativo del funzionario e senza operare alcun controllo critico sulla correttezza e portata probatoria degli elementi addotti del giudicante a sostegno della decisione. Il motivo si fonda su una formulazione apodittica della ricorrente che, all’accertamento operato dalla gravata sentenza, contrappone l’asserzione secondo la quale l’atto impugnato non sarebbe stato redatto con sistema automatizzato. Come rilevato da questa Corte, difetta di specificità il ricorso per cassazione col quale la parte si limiti alla mera
riproposizione delle tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, così operando una mera contrapposizione del suo giudizio, e della sua valutazione, a quelli espressi dalla sentenza impugnata senza considerare le ragioni offerte da quest’ultima (v. Cass., 24 settembre 2018, n. 22478; Cass., 31 agosto 2015, n. 17330; Cass., 11 gennaio 2005, n. 359; Cass., 14 novembre 2003, n. 17183; Cass., 25 agosto 2000, n. 11098). Questo Collegio intende dare continuità al costante orientamento della Corte, secondo cui il mezzo è inammissibile se la parte si limita a sostenere un’interpretazione diversa dei fatti, a fronte della valutazione degli stessi da parte del giudice di merito, richiedendo un nuovo giudizio di merito, laddove il controllo di legittimità non equivale alla revisione degli elementi di fatto su cui si fonda il ragionamento decisorio e nemmeno costituisce un terzo grado di giudizio, ove fare valere la supposta ingiustizia della decisione impugnata (Cass. sez. un. 23/01/2018, n. 1653).
7.La seconda censura è destituita di fondamento.
Ad avviso della ricorrente, il richiamo all’attività di rilievo sociale avrebbe portata solo oggettiva e non anche soggettiva, per cui l’agevolazione spetterebbe in virtù dell’attività cui viene destinato l’immobile indipendentemente da chi sia l’utilizzatore.
7.1.Si controverte qui dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992 in tema di ICI, applicabile anche all’imposta IMU per l’anno 2013 e 2014, oggetto di causa, in virtù del rinvio operato dall’art. 9, comma 8, del d.lgs. n. 23 del 2011, in combinato disposto con l’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011. Tale esenzione, nella versione modificata ad opera dell’art. 91 bis del d.l. n. 1 del 2012, conv. dalla legge n. 27 del 12 opera per .
7.2.Come è evidente, si è in presenza di una norma che, prevedendo una agevolazione fiscale, ha natura speciale e derogatoria della norma generale che istituisce l’obbligo tributario e perciò, essendo di stretta interpretazione, non può essere applicata al di fuori delle ipotesi tipiche e tassative indicate, stante il divieto non solo di applicazione analogica, ma anche di interpretazione estensiva, in conformità a quanto stabilito dall’art. 14 preleggi (v. con riferimento ad altra fattispecie, ma sempre in materia di ICI, Cass. n. 15407 del 2017 ed innumerevoli altre). L’esenzione in oggetto muove dal concorso di un presupposto soggettivo riguardante la natura non commerciale dell’ente (art.87, ora 73, co.1) lett. c) Tuir), e di un presupposto oggettivo dato dallo svolgimento nell’immobile, secondo modalità non commerciali, di una delle attività indicate dall’art. 7 co. 1^ lett.i) in esame (assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222).
7.3.L’argomento della disposizione agevolativa di cui all’art.7 cit., nei termini qui proposto, è stato già affrontato compiutamente nella decisione di questa Corte n.17256 del 2019 che per ragioni di economia processuale si ritiene di dover qui richiamare, nelle parti coerenti con quanto qui dedotto, posto che il collegio ne condivide integralmente l’impostazione. Afferma la Corte che l’art. 7 comma 1 lett. i) del d.lgs. n. 504 del 1992 nel testo vigente dal 01/01/2003 al 03/10/2005 disponeva l’esenzione ICI per “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lettera
c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”. Tale disposizione è stata, in seguito, integrata e modificata, dal d.l. n. 203 del 2005, art. 7, comma 2-bis, convertito in legge n. 248 del 2005, che aveva esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse. Un’ulteriore modifica è intervenuta con il d.l. n. 223 del 2006, art. 39, convertito con modificazioni nella legge 248 del 2006 che, sostituendo il comma 2 bis, del citato art. 7, ha stabilito che l’esenzione disposta dal d.lgs. n. 504 del 1992 art. 7, comma 1, lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera “che non abbiano esclusivamente natura commerciale”. Occorre precisare, inoltre, che le condizioni dell’esenzione sono cumulative nel senso che è richiesta la coesistenza, sia del requisito soggettivo riguardante la natura non commerciale dell’ente, sia del requisito oggettivo in forza del quale l’attività svolta nell’immobile deve rientrare tra quelle previste dall’art. 7 citato; deve trattarsi, in particolare, di immobili destinati direttamente ed in via esclusiva allo svolgimento di determinate attività tra le quali quelle dirette all’esercizio del culto ed alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi e all’educazione cristiana (cfr. Cass. n.13966 del 2016; Cass. 4066/2019; Cass. del 11/03/2020, n. 6795).
7.4.Per quanto riguarda il profilo soggettivo dei presupposti dell’agevolazione, che rileva nel caso in esame, va ricordato che, secondo un indirizzo giurisprudenziale che si è venuto affermando nella giurisprudenza della Corte, l’esenzione spetta non soltanto se l’immobile è direttamente utilizzato dall’ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali, ma anche se il bene, concesso
in comodato gratuito, sia utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente (Cass.n.25508/2015; Cass.n.24308/2019).
7.5.In tema di ICI, l’esenzione dall’imposta che l’art. 7, comma 1, lett. g), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 è prevista per gli immobili posseduti purché «destinati esclusivamente ai compiti istituzionali», presupponendo, pertanto, la destinazione diretta ed immediata dell’immobile allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’ente, la quale non spetta nel caso di semplice utilizzazione indiretta, con la conseguenza che il beneficio non compete nel caso di locali concessi in locazione a terzi (non assumendo, peraltro, alcun rilievo, ai fini dell’esenzione in esame, il fatto che l’attività di locazione di detti immobili avente connotati di economicità, sia assistita da una finalità di pubblico interesse) (in termini: Cass., Sez. 5^, 9 gennaio 2004, n. 142; Cass., Sez. 5^, 24 ottobre 2005, n. 20577; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2010, n. 14094; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2011, n. 30731; Cass., Sez. 5^, 22 aprile 2015, nn. 8186, 8187, 8188 e 8189; Cass., Sez. 5^, 17 luglio 2015, n. 15025; Cass., Sez. 5^, 7 luglio 2017, nn. 16791 e 16797; Cass., Sez. 5^, 6 febbraio 2019, nn. 3431, 3433, 3434 e 3435; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9982; Cass. del 15/03/2022, n. 8631).
7.6.Sul punto è intervenuta questa Corte (Cass.6507/2019), giudicando proprio dell’esenzione di cui alla lett. g) dell’art. 7 cit. in un caso sostanzialmente analogo a quello per cui è causa, respingendo il ricorso del contribuente sul presupposto che la norma si riferisce agli immobili adibiti direttamente allo svolgimento delle indicate attività, il che implica che vi sia coincidenza tra il soggetto passivo IMU che invoca l’esenzione e l’utilizzatore dell’immobile.
8. Nel corpo della illustrazione della seconda censura, la società lamenta che la CTR ha erroneamente escluso l’esenzione di cui alla lettera g), dell’art. 7, comma 1, del d. lgs. n. 504/92 che considera esenti da imposta « g) i fabbricati che, dichiarati inagibili o inabitabili, sono stati recuperati al fine di essere destinati alle attività assistenziali di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, limitatamente al periodo in cui sono adibiti direttamente allo svolgimento delle attività predette».
8.1.A tal proposito si osserva che il d.lgs n. 23 del 2011, art. 9, comma 8, richiama l’art. 7, cit., nei seguenti termini <si applicano inoltre le esenzioni previste dall'art. 7 comma 1, lett. b), c),d),e), f), h) ed i) del citato decreto legislativo n. 504 del 1992, senza tuttavia richiamare la lettera g) che la ricorrente pone a fondamento del ricorso.
9.Così ricostruita la portata e l'efficacia del dato normativo applicabile alla fattispecie, deve concludersi che il giudice d'appello ha fatto una corretta applicazione della norma, così come essa deve leggersi ed intendersi alla luce della giurisprudenza nazionale e dei principi di diritto comunitario, in quanto, per l'annualità oggi in esame, è stata correttamente valutata la insussistenza del presupposto per l'esenzione dall'ICI.
Senza considerare che la censura non attinge la parte della motivazione in cui si esclude l'esenzione per inagibilità accertata solo sino all'annualità 2004.
10. Segue il rigetto del ricorso.
Le spese del presente giudizio di legittimità, la cui liquidazione avviene come in dispositivo, seguono il principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio in favore del Comune che liquida in euro 5.000,00 per compensi, 200,00 euro per esborsi, rimborso
forfettario ed accessori come per legge; v.to l'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell'adunanza camerale del 24 settembre 2024 della