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Esenzione IMU immobili storici: la Cassazione decide

Un ente religioso vede annullato un avviso di accertamento IMU. Il Comune ricorre in Cassazione, la quale stabilisce che per l’esenzione IMU su immobili storici non basta un vecchio elenco comunale, ma serve un provvedimento formale di vincolo culturale. La Corte accoglie parzialmente il ricorso, cassando la sentenza e rinviando la causa per un nuovo esame su questo specifico punto.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Esenzione IMU Immobili Storici: La Cassazione Stabilisce i Requisiti

L’esenzione IMU per immobili storici e per quelli utilizzati da enti non commerciali è un tema di grande interesse e fonte di frequenti contenziosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui requisiti necessari per beneficiare di queste agevolazioni, distinguendo nettamente tra la documentazione valida per attestare un vincolo culturale e le prove richieste per dimostrare l’uso non commerciale di un immobile.

I Fatti del Contenzioso: una Disputa sull’IMU

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento IMU per l’anno 2012, emesso da un Comune del Veneto nei confronti di un ente religioso. L’accertamento riguardava tre unità immobiliari di proprietà dell’ente. L’ente religioso impugnava l’avviso, sostenendo di avere diritto all’esenzione per tutti e tre gli immobili: uno in quanto soggetto a vincolo storico-artistico e adibito a casa ferie, e gli altri due perché utilizzati per residenza gratuita dei religiosi e per attività di catechesi e preghiera, quindi privi di finalità commerciali.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

In secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale accoglieva le ragioni dell’ente religioso, annullando l’accertamento. Per l’immobile storico, i giudici ritenevano sufficiente un documento prodotto dal contribuente, risalente al 1989, con cui il Sindaco della città attestava l’inserimento del fabbricato nell’elenco degli edifici monumentali. Per gli altri due immobili, la Commissione considerava provato l’uso non commerciale, ritenendoli destinati ad attività di religione e culto e quindi esenti da imposta.

Il Ricorso in Cassazione e l’Esenzione IMU per Immobili Storici

Il Comune, non soddisfatto della decisione, presentava ricorso alla Corte di Cassazione, basandosi su tre motivi principali.

Il Primo Motivo: Il Vincolo Storico-Artistico

Il Comune contestava la validità del documento del 1989 come prova del vincolo storico-artistico. Secondo l’ente impositore, la normativa vigente (D.Lgs. 42/2004, il Codice dei beni culturali e del paesaggio) richiede una specifica e formale dichiarazione di interesse culturale emessa dall’autorità competente (la Soprintendenza) e notificata al proprietario. Un generico elenco comunale, redatto ai fini del vecchio Regolamento Edilizio, non sarebbe sufficiente per ottenere l’agevolazione fiscale, che oggi consiste in una riduzione della base imponibile.

Il Secondo Motivo: L’Esenzione per Enti Non Commerciali

Per gli altri due immobili, il Comune lamentava che l’ente religioso non avesse fornito una prova rigorosa dell’utilizzo esclusivamente non commerciale, come richiesto dalla legge. La semplice destinazione a residenza per religiosi o a catechesi non sarebbe bastata, specialmente a fronte della loro ampia metratura e della classificazione catastale come abitazioni ordinarie (A/2).

Il Terzo Motivo: L’Omessa Valutazione delle Prove

Infine, il Comune denunciava un vizio di motivazione, sostenendo che i giudici di merito avessero omesso di valutare prove decisive che avrebbero dimostrato un uso promiscuo (commerciale e non) degli immobili.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha analizzato i tre motivi, giungendo a una decisione articolata.

Ha accolto il primo motivo, relativo al vincolo storico-artistico. Gli Ermellini hanno ribadito il loro orientamento consolidato: l’agevolazione fiscale per gli immobili di interesse storico-artistico è strettamente legata agli oneri di conservazione che gravano sui proprietari. Pertanto, essa si applica solo agli immobili sottoposti a un vincolo diretto, formalmente dichiarato dalla competente autorità ai sensi del Codice dei beni culturali. La natura costitutiva (e non meramente ricognitiva) di tale provvedimento impone che l’agevolazione decorra solo dalla sua notifica. La sentenza impugnata è stata quindi cassata su questo punto, poiché ha erroneamente attribuito valore a un atto comunale non idoneo a certificare il vincolo richiesto dalla legge.

Ha rigettato il secondo motivo, concernente l’onere della prova per le attività non commerciali. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente incentrato la loro analisi sulla destinazione funzionale degli immobili, verificando in concreto le modalità non commerciali delle attività svolte. La critica del Comune è stata interpretata come un tentativo di rimettere in discussione la valutazione delle prove, operazione preclusa in sede di legittimità.

Ha dichiarato inammissibile il terzo motivo, giudicandolo troppo generico. Il Comune non ha specificato quale fatto storico decisivo sarebbe stato ignorato, né ha dimostrato la sua rilevanza nel contesto processuale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza chiarisce due principi fondamentali in materia di IMU. Primo, per beneficiare della riduzione d’imposta per gli immobili storici, non è sufficiente un qualsiasi riconoscimento generico, ma è indispensabile un provvedimento formale di dichiarazione di interesse culturale emesso dalla Soprintendenza. I proprietari devono quindi assicurarsi di possedere tale specifica documentazione. Secondo, per l’esenzione degli enti non commerciali, la prova deve concentrarsi sull’effettiva destinazione d’uso dell’immobile, dimostrando che le attività svolte sono esclusivamente non commerciali, secondo quanto previsto dalla normativa. La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata limitatamente al primo motivo e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per un nuovo esame della questione del vincolo storico-artistico, alla luce dei principi enunciati.

Per ottenere la riduzione IMU per un immobile di interesse storico-artistico è sufficiente che sia inserito in un elenco del Comune?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’agevolazione fiscale (riduzione della base imponibile) spetta esclusivamente per gli immobili sottoposti a un vincolo diretto di interesse culturale, dichiarato con un provvedimento specifico e formale emesso dall’autorità competente (la Soprintendenza) e notificato al proprietario, come previsto dal D.Lgs. 42/2004. Un vecchio elenco comunale non è sufficiente.

Come può un ente religioso dimostrare di avere diritto all’esenzione IMU per le sue proprietà?
L’ente deve dimostrare che gli immobili sono destinati esclusivamente allo svolgimento di attività non commerciali, come quelle di religione o di culto. La prova, che è a carico del contribuente, deve vertere sulla concreta destinazione funzionale dell’immobile. Ad esempio, l’uso come abitazione per i membri della comunità religiosa può essere considerato un’attività non commerciale assimilabile alla formazione del clero e dei religiosi.

Cosa significa quando la Cassazione “cassa con rinvio” una sentenza?
Significa che la Corte di Cassazione annulla la decisione del giudice precedente perché ha riscontrato un errore di diritto (in questo caso, l’errata valutazione del documento attestante il vincolo storico). La causa viene quindi rinviata, cioè rimandata indietro, allo stesso organo giudiziario (in una diversa composizione) affinché emetta una nuova sentenza, correggendo l’errore e attenendosi ai principi legali stabiliti dalla Cassazione stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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