Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32473 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32473 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 10171-2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso, dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto ;
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME , in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME,
che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in allegato al controricorso;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 58/1/2022 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del l’UMBRIA , depositata il 27/1/2022;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/9/2024 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
RILEVATO CHE
l’ Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale dell’Umbria aveva respinto l’appello principale dell’ente e accolto l’appello incidentale del Comune di Spoleto avverso la sentenza n. della Commissione tributaria provinciale di Perugia, con cui era stato respinto il ricorso proposto avverso gli avvisi di accertamento ed il relativo diniego di rimborso delle somme versate a titolo di IMU per gli anni di imposta 2013-2017;
il Comune resiste con controricorso ed ha da ultimo depositato memoria difensiva.
CONSIDERATO CHE
1.1. con unico motivo l ‘ente ricorrente denuncia «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, lettera i) e comma 2 del D.Lgs. 504/1992» e lamenta che, con riguardo alle annualità 2016 -2017, la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente ritenuto non esente un immobile (ex colonia di Monteluco) inutilizzato da lungo tempo, essendo «venuta meno la strumentalità dei beni all’esercizio delle attività produttive»;
1.2. le doglianze vanno disattese;
1.3. va in primo luogo richiamato il principio di diritto affermato da questa Corte (applicabile anche all’IMU) secondo cui «in tema di ICI l’esenzione dall’imposta prevista dall’art. 7 comma 1, lett. i) del d.lgs. del 1992, spetta anche ove il bene non sia stato utilizzato, purché ciò sia avvenuto, come
accertato dal giudice di merito, per una causa che non abbia comportato la cessazione della sua strumentalità rispetto all’esercizio delle attività protette, non potendo rilevare, come elemento ostativo ai fini del riconoscimento del beneficio, un concetto quantitativo di utilizzo, del tutto estraneo previsione normativa (cfr. Cass. n. 20515/2016);
1.4. in particolare, il mancato utilizzo effettivo dell’immobile, per essere irrilevante ai fini del riconoscimento dell’esenzione, deve avere una «causa» che ne escluda il possibile significato che sia cessata la strumentalità del bene all’esercizio delle attività protette, atteso che, pur essendo vero che la destinazione dell’immobile, per prevalere ai fini del riconoscimento dell’esenzione, non può essere una destinazione che resti concretamente inattuata, è altrettanto vero che non ogni mancato utilizzo sia capace di escludere il diritto al trattamento agevolato, ma solo quello che sia indizio di un mutamento della destinazione o della cessazione della strumentalità del bene (cfr. Cass. n. 3445/2021);
1.5. ne consegue che il mancato utilizzo protratto a lungo nel tempo, tanto da divenire stabile, è indice di cessazione della strumentalità del bene all’attività agevolata , e la ratio dell’esenzione non sta nel favorire determinati soggetti «istituzionalmente» non commerciali indipendentemente dallo svolgimento di una delle attività elencate ma, al contrario, nell’incentivare lo svolgimento effettivo di una di quelle attività (cfr. Cass. n. 4343/2023);
e a detta conclusione mena (anche) la disposizione di interpretazione autentica di cui alla l. 30 dicembre 2023, n. 213, art. 1, comma 71, lett. b ), alla cui stregua «gli immobili si intendono utilizzati quando sono strumentali alle destinazioni di cui all’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità.»;
1.6. nel caso in esame, i Giudici di merito hanno dunque escluso la permanenza di un nesso di strumentalità tra l’utilizzo dei beni e le finalità dell’ente in relazione all’ immobile di Monteluco evidenziando quanto segue: «Nella specie è incontestato che nell’ex -colonia di Monteluco non si svolge ormai da anni nessuna attività, quindi nemmeno quelle assistenziali verso i figli degli iscritti alla varie gestioni previdenziali, ed è pertanto venuta meno
la strumentalità dei beni all’esercizio delle attività produttive … agli atti manca qualunque elemento utile ad accertare le ragioni effettive del mancato utilizzo della ex-colonia di Monteluco. L’Inps, con la memoria di replica all’appello incidentale, ha svolto diffuse deduzioni, corredate da una sorta di perizia tecnica, sulla storia e le vicende di un altro fabbricato (convitto femminile di Spoleto in INDIRIZZO di Spoleto) che non è oggetto del presente contenzioso. Agli atti del processo non si rinviene nessun documento tecnico, né contabile, né amministrativo interno dell’ente che possa permettere di conoscere e valutare le ragioni del prolungato mancato utilizzo dell’immobile e le determinazioni prese in merito nel tempo dagli organi dirigenziali. Come noto, è principio generale quello per cui spetta al contribuente che richieda l’applicazione di un’esenzione o agevolazione fiscale provare la sussistenza dei relativi presupposti. Nella fattispecie, tenuto conto delle indicazioni fornite dalla Corte di Cassazione in merito alla necessità di valutazione delle cause del mancato utilizzo dell’immobile a fini assistenziali, la Commissione conclude che INPS non ha fornito tale prova e che pertanto non possa esserle riconosciuto il diritto al rimborso»;
1.7. i Giudici di appello, in conformità con i principi di diritto dianzi illustrati, hanno quindi provveduto ad effettuare il doveroso accertamento sulle ragioni effettive del «mancato utilizzo» dell’immobile onde verificare se tale circostanza fosse o meno stata idonea ad incidere sulla destinazione dell’immobile, ponendo in rilievo come la difesa del l’ Istituto non avesse allegato ed offerto elementi idonei a dimostrare che le ragioni del citato inutilizzo avessero un significato diverso del venir meno del citato nesso;
1.8. sul punto va ulteriormente osservato che nessun rilievo può assumere la dedotta immanente destinazione dei beni del l’Istituto ad attività di convitto per studenti, in quanto iscritta in catasto in categoria B/1, giacché tale assunto riposa su di una statica idea funzionale del bene, laddove l’esenzione in oggetto opera laddove la destinazione all’attività tutelata sia effettiva e concreta, circostanza questa da escludere nella fattispecie in esame, alla luce delle risultanze processuali sopra ricordate;
1.9. la mera destinazione potenziale del bene alle attività convittuali si pone, invero, in contrasto con la previsione dell’art. 7, co. 1, lett. i), del d.lgs. 504/1992, nei termini interpretati da questa Corte:
1.10. la CTR ha fatto, pertanto, corretto e puntuale impiego dei sopradetti principi evidenziando che alla ricorrente non spettava l’esenzione rivendicata giacché era incontroverso che l’immobile era inutilizzato da diversi anni;
1.11. la presente decisione è inoltre in linea, e non si pone in contrasto, con la pronuncia n. 9444 del 5 aprile 2023, resa tra le stesse parti ed in relazione ai medesimi beni, ma in relazione ad anno di imposta anteriore (2012) a quelli oggetto del presente giudizio (2016 -2017);
1.12. le censure proposte, inoltre, con riguardo al preteso omesso esame di documenti («perizia tecnica relativa allo stato manutentivo» dell’immobile ) sono, oltre che irrilevanti alla luce dei principi dianzi illustrati, anche inammissibili atteso che il ricorrente che denunci il difetto o l’erroneità nella valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha il duplice onere di: 1) indicare nel ricorso specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito (trascrivendone il contenuto essenziale); 2) di fornire al contempo alla Corte elementi sicuri e puntuali per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. (a pena di inammissibilità) e dall’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. (a pena di improcedibilità del ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti e soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (cfr. Cass. SU nn. 8569/2013, 15477/2012, 5698/2012, 22726/2011);
1.13. va peraltro evidenziato che anche secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021, COGNOME e altri c/ Italia, il principio di autosufficienza del ricorso è volto a semplificare l’attività del giudice di legittimità, a garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, (ai p.ti 74 e 75 in motivazione), essendo stata investita questa
Suprema Corte del compito di farne applicazione secondo un criterio di proporzionalità rispetto allo scopo, onde scongiurare una interpretazione troppo formale che lo renderebbe strumento per limitare il diritto di accesso ad un organo giudiziario in modo o in misura tale da incidere sulla sostanza stessa di tale diritto (al p.to 81 in motivazione), essendo quindi soddisfatto il principio di autosufficienza solo se la parte riproduce il contenuto del documento o degli atti processuali su cui si fonda il ricorso e se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950 e successiva giurisprudenza conforme): requisito quest’ultimo che può essere concretamente soddisfatto «anche» fornendo nel ricorso, in ottemperanza dell’art. 369, comma 2°, n. 4 cod.proc.civ., i riferimenti idonei ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati rispettivamente, i documenti e gli atti processuali su cui il ricorso si fonda (Cass. 19/04/2022, n. 12481);
1.14. a tale ultimo riguardo, si osserva che neppure in calce al ricorso parte ricorrente ha fornito indicazioni per la localizzazione degli atti e documenti su cui il motivo si fonda, avendo inoltre omesso di trascrivere, anche in parte qua , o di allegare i suddetti documenti;
sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso va quindi integralmente respinto;
le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in misura pari ad Euro 11.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, in data 24.9.2024.
Il Presidente (NOME COGNOME)