Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32361 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32361 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
Oggetto: Imu
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13807/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale -contro
Istituto autonomo case popolari della provincia di Napoli in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv . NOME COGNOME
-controricorrente e ricorrente incidentale in via condizionata –
Comune di Boscoreale
avverso la sentenza della Commissione Regionale tributaria della Campania n. 5267/13/2020 depositata il 9 novembre 2020.
Udita la relazione svolta nell ‘adunanza camerale del l’11 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’ oggetto della controversia è l’avviso di accertamento n. 427, emesso il 17 dicembre 2018, dalla RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi ricorrente), con cui il comune di Boscoreale (d’ora in poi intimato) ha chiesto a ll’Istituto autonomo case popolari della provincia di Napoli in liquidazione (d’ora in poi controricorrente) il versamento di € 282.518,50 a titolo di Imu per l’anno 2014 .
La questione centrale del giudizio ruota intorno al quesito se sia applicabile agli immobili de llo Iacp l’esenzione d a ll’IMU di cui all’art. 13 comma 2, lett. b) d.l. n. 201/2011 prevista per i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal Decreto del Ministro delle Infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato in G.U. n. 146 del 24 giugno 2008, ovvero se trovi applicazione il comma 10 della richiamata norma che prevede l’applicazione di una detrazione di 200,00 euro, fino a concorrenza dell’imposta dovuta, agli alloggi in questione.
La CTP ha accolto il ricorso proposto dall’ odierno controricorrente e la CTR ha confermato la decisione di primo grado sulla base delle seguenti ragioni:
-gli immobili dell’IACP destinati alla locazione possono essere esenti dal pagamento dell’Imu, ex art. 13, comma 2, lett. b) del d.l. n. 201 del 2011 se possiedono le caratteristiche degli alloggi sociali, indicate dal Ministero delle Infrastrutture con il decreto 22 aprile 2008 e ai requisiti previsti dall ‘art. 2 della delibera della regione Campania n. 356 del 2014;
-gli immobili che presentino le caratteristiche di alloggi sociali sono esenti dal pagamento dell’imposta anche se realizzati dall’Iacp «prevalendo tale caratteristica sulla individuazione del soggetto che li ha costruiti»;
-gli alloggi oggetto del presente giudizio rientrano nella definizione di alloggi sociali, per le caratteristiche costruttive, per i requisiti soggettivi di accesso e per i criteri di determinazione del canone, con la conseguenza che sono esenti dal pagamento dell’imposta ;
-l ‘accoglimento di tale motivo di impugnazione assorbe l’altro relativo alla carenza di motivazione.
L’odiern a ricorrente ha proposto ricorso fondato su tre motivi, mentre il controricorrente si è costituito con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato affidato un unico motivo, illustrato con memoria e contrastato con controricorso dalla ricorrente.
Il sostituto procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale condizionato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente la ricorrente deduce l’insussistenza nel caso di specie di una cd doppia conforme, in quanto le decisioni di merito risulterebbero basate su differenti ragioni di fatto.
Col primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011 , convertito con modificazioni dalla l. n. 214 del 2011, nonché al d.m. del Ministero delle Infrastrutture del 22 aprile 2008, convertito con modificazioni, all’art. 10, comma 3, del d.l. n. 47 del 2014, convertito con modificazione dalla l. n. 80 del 2014. Secondo l’interpretazione del la ricorrente gli immobili regolarmente assegnati dagli IACP non possono essere esentati dal pagamento del tributo per cui è causa, in quanto per essi l’art. 13, comma 10, del d.l. n. 201 del 2011 prevede che fruiscano di una detrazione. Sarebbero esenti dal tributo in questione solo gli alloggi sociali per espressa e specifica previsione normativa, ai sensi del citato art. 13, comma 2, lett. b), disposizione che non può trovare applicazione estensiva, trattandosi di norma che stabilisce un’esenzione.
2.1. Il motivo è infondato. Il Collegio ritiene, infatti, di ribadire il principio di recente riaffermato in sede di legittimità, secondo cui l’esenzione prevista
dall’art. 13, comma 2, lett. b, del d.l. n. 201 del 2011 (conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011), come modificato dall’art. 1, comma 707, della l. n. 147 del 2013, non si applica a tutti gli alloggi assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP), ma solo a quelli che hanno le caratteristiche di alloggio sociale, secondo i parametri stabiliti dal d.m. 22 aprile 2008, in quanto destinati a soddisfare la finalità pubblica di ridurre il disagio abitativo di soggetti e nuclei familiari svantaggiati, ovvero non in grado di avere accesso alla locazione di alloggi nel libero mercato (Cass., Sez. 5, n. 14511/2024, Rv. 671391 -01, in questo senso già cfr. Cass., Sez. 5, n. 39799/2021 e Sez. 5, n. 37342/2021).
I precedenti ora richiamati hanno chiarito che l’art. 2, comma 2, lett. b) del d.l. 31.8.2013 n. 102, conv. in legge 28.10.2013 n. 124, ha differenziato, per la prima volta, il trattamento delle unità immobiliari richiamate dall’art. 8, comma 4, d.lgs. n. 504/1992 (unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soggetti assegnatari, ed alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari), prevedendo solo che le prime sarebbero divenute esenti dall’IMU a decorrere dal 1° luglio 2013, in quanto equiparate all’abitazione principale.
La disposizione ha stabilito, al successivo comma 4, che gli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli I.A.C.P., istituiti in attuazione dell’art. 93 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, sarebbero rimasti invece imponibili ai fini IMU, fatta eccezione per gli alloggi sociali, come definiti dal Decreto del Ministro delle infrastrutture del 22 aprile 2008, pubblicato nella G.U. del 24 giugno 2008 n. 146, che erano stati, a loro volta, equiparati all’abitazione principale, ma soltanto a decorrere dal 1° gennaio 2014.
In tale ultima ipotesi, l’esenzione dall’imposta risulta, quindi, prevista dall’art. 4 del d.l. n. 102 del 2013 (conv. in l. n. 124 del 2013) a decorrere dal 1° gennaio 2014 ed è applicabile nel caso di specie, avente ad oggetto l’annualità d’imposta 2014 .
Sono, pertanto, esenti dal pagamento non tutti gli alloggi IACP, ma solo quelli, istituiti in attuazione dell’art. 93 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, che abbiano le caratteristiche indicate nei parametri stabiliti dal decreto ministeriale del 22 Aprile 2008 che sono stati equiparati all’abitazione principale a decorrere dal 1° gennaio 2014.
Ne consegue che è destituito di fondamento il motivo di impugnazione in esame.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione a gli art. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. , dell’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, convertito con modificazioni dalla l. n. 214 del 2011, nonché al d.m. del Ministero delle Infrastrutture del 22 aprile 2008, all’art. 10, comma 3, del d.l. n. 47 del 2014, convertito con modificazione dalla l. n. 80 del 2014. Lamenta la ricorrente che la sentenza impugnata è giunta ad accertare che gli immobili per cui è causa rientrino nella definizione di alloggi sociali , richiesta dall’ordinamento ai fini dell’esenzione sulla base esclusivamente di mere asserzioni e in assenza di elementi probatori.
3.1. Il motivo è inammissibile.
In tema di ricorso per cassazione, da un canto, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio); d’altro canto, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa
secondo il suo prudente apprezzamento (Sez. U, n. 20867/2020, Rv. 659037 -01 e Rv. 659037 – 02).
In definitiva, l’art. 115 c.p.c. si limita a richiedere che la decisione si basi su elementi validamente acquisiti al processo, mentre l’art. 116 c.p.c. esprime la regola di apprezzamento delle prove.
Nel caso in esame, si legge nella sentenza impugnata che il giudice d’appello ha ritenuto che dovessero essere «verificate le caratteristiche degli alloggi onde acclarare se essi abbiano le peculiarità degli alloggi sociali» e la verifica ha condotto all’affermazione che «Gli alloggi rientrano nella definizione di alloggi sociali: per quel che riguarda le caratteristiche costruttive, quali previste dall’articolo 3 della delibera della Regione Campania, rispondendo alle qualità specifiche di adeguatezza, salubrità e sicurezza ed essendo la superficie massima di 95 mq conforme a quella prevista dalla citata delibera; per quanto riguarda i requisiti soggettivi di accesso che sono quelli previsti dall’articolo 4 della delibera regionale; per quel che riguarda i criteri di determinazione del canone di locazione che è quantificato rispettando i criteri previsti dall’articolo 2 c. 2 del decreto 2 aprile 2008. Ne deriva che ad avviso di questa commissione gli alloggi per i quali è causa siano alloggi sociali, come tali esenti dal pagamento dell’imposta ».
La decisione, così argomentata, è frutto, quindi, del libero convincimento del giudice d’appello , che opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità; ne deriva che la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione delle norme dinanzi indicate, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass., Sez. 2, n. 27847/2021, Rv. 662803 – 01).
Non può, infine, essere accolta la censura di violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto, secondo la condivisa giurisprudenza di legittimità, la doglianza relativa alla violazione del precetto della disposizione ora citata integra
motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma, ipotesi che non ricorre nella presente fattispecie. Nel caso in esame, invece, lo si ribadisce, la censura del secondo motivo del ricorso per cassazione cade sulle modalità con cui i giudici del merito hanno effettuato l’accertamento probatorio , e non già sul riparto dei carichi probatori (Cass., Sez. 3, n. 15107/2013, Rv. 626907 -01, Sez. 3, n. 13395/2018, Rv. 649038 -01, Sez. 6 – 3, n. 18092/2020, Rv. 658840 – 01).
Risultano quindi assorbite le ulteriori considerazioni sviluppate in memoria, le quali, peraltro, hanno già trovato risposta in Cass., Sez. Trib., n. 27441/24.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., in relazione a ll’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. Denuncia l’erroneità della sentenza per avere omesso la motivazione con riferimento al denunciato vizio di carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, il quale, viceversa, è stato ritenuto assorbito.
4.1. Il motivo è inammissibile per carenza d’interesse, in considerazione del rigetto dei due motivi che precedono, i quali riguardano il merito della pretesa impositiva.
Con il ricorso incidentale condizionato il controricorrente lamenta la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 31 del d.lgs. n. 546 del 1992. Si duole che l’avviso di fissazione dell’udienza di trattazione del giudizio di secondo grado non è stato comunicato al proprio difensore, con conseguente violazione del diritto al contraddittorio e nullità del procedimento.
5.1. Il rigetto del ricorso principale va venire meno l’interesse alla decisione sul ricorso incidentale condizionato, il quale è da ritenere assorbito.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
p.q.m.
La Corte:
rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale; condanna la parte ricorrente a pagare al controricorrente le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo complessivo di € 10.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario e accessori di legge, nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma l’11 ottobre 2024.