Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18855 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18855 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12112/2021 R.G., proposto DA
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Macerata, in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Macerata, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche del presente procedimento: EMAIL, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
‘ RAGIONE_SOCIALE, con sede in Venosa (PZ), in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv . NOME COGNOME con studio in Venosa (PZ), ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche del presente procedimento: EMAIL, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
I.C.I. IMU ACCERTAMENTO FABBRICATI RURALI ESENZIONE
PRINCIPIO DI DIRITTO
avverso le sentenze depositate dalla Commissione tributaria regionale per la Basilicata il 2 novembre 2020, nn. 107/01/2020, 108/01/2020, 109/01/2020 e 110/01/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30 aprile 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. La ‘ RAGIONE_SOCIALE, in qualità di concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dei tributi per conto del Comune di Venosa (PZ), ha proposto ricorso cumulativo per la cassazione delle sentenze depositate dalla Commissione tributaria regionale per la Basilicata il 2 novembre 2020, nn. 107/01/2020, 108/01/2020, 109/01/2020 e 110/01/2020, le quali, in controversie sull ‘ impugnazione separata di quattro avvisi di accertamento nn. 8, 10, 27 e 33 notificati alla ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE .’ dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE‘, nella predetta qualità, il 3 aprile 2017 per omesso versamento dell’IMU relativa agli anni 2012, 2013, 2014 e 2015 nella misura complessiva di € 1.395,00 per l’anno 2012, di € 1.484,00 per l’anno 2013, di € 1.468,00 per l’anno 2014 e di € 1.461,00 per l’anno 2015, in relazione ad un fabbricato sito in Venosa (PZ), adibito ad oleificio e censito in catasto con la particella 1634 del folio 47, essendo stata disconosciuta l’esenzione prevista per i fabbricati rurali strumentali a causa della classificazione catastale in categoria D/1 anziché in categoria D/10 (nonostante la successiva presentazione di denuncia di variazione in tal senso mediante procedura DOCFA), hanno rigettato gli appelli proposti dalla medesima avverso le sentenze depositate dalla Commissione tributaria provinciale di Potenza il 20 novembre 2018, nn. 1375/03/2018,
1376/03/2018, 1377/03/2018 e 1378/03/2018, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato le decisioni di prime cure -che avevano accolto i ricorsi originari della contribuente con l’annullamento degli atti impositivi – sul presupposto che: a) il fabbricato in questione era destinato all’esercizio dell’attività agricola di lavorazione delle olive e di produzione di olio, la quale rientrava nella previsione de ll’art. 2135 cod. civ. e legittimava il riconoscimento ai fini fiscali della strumentalità del fabbricato ai sensi dell’art. 9, comma 3 -bis , del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133; b) la oggettiva strumentalità del fabbricato a d un’a ttività agricola era sufficiente al riconoscimento della ruralità, non essendo necessaria la classificazione catastale nella categoria D/10; c) in ogni caso, con domanda di variazione del 13 novembre 2017, la contribuente aveva mutato la classificazione catastale del fabbricato dalla categoria D/1 alla categoria D/10, dovendo pur sempre essere riconosciuta la efficacia retroattiva fino al quinto anno antecedente, giacché l’inosservanza del termine fissato ex lege al 30 settembre 2012 non escludeva la possibilità di riconoscimento dei requisiti di fabbricato rurale strumentale nei cinque anni precedenti da parte del giudice tributario.
La ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a tre motivi.
Preliminarmente, va osservato che, in materia tributaria, posto che il d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non prevede alcuna
disposizione in ordine al cumulo dei ricorsi ed il suo art. 1, comma 2, rinvia alle norme del codice di procedura civile per quanto da esso non disposto e nei limiti della loro compatibilità con le sue norme, è ammissibile – fermi restando gli eventuali obblighi tributari del ricorrente, in relazione al numero dei provvedimenti impugnati – il ricorso cumulativo avverso più sentenze emesse tra le stesse parti, sulla base della medesima ratio , in procedimenti formalmente distinti, ma attinenti allo stesso rapporto giuridico d’imposta, pur se riferiti a diverse annualità (come, per l’appunto, nel caso di specie) , ove i medesimi dipendano per intero dalla soluzione di una identica questione di diritto comune a tutte le cause, in ipotesi suscettibile di dar vita ad un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le cause relative al medesimo rapporto d’imposta (tra le tante: Cass., Sez. Un., 16 febbraio 2009, n. 3692; Cass., Sez. 5^, 7 maggio 2010, n. 11186; Cass., Sez. 5^, 30 giugno 2010, n. 15582; Cass., Sez. 5^, 3 aprile 2013, n. 8075; Cass., Sez. 5^, 22 febbraio 2017, n. 4595; Cass., Sez. 5^, 27 dicembre 2018, n. 33422; Cass., Sez. 5^, 16 ottobre 2019, n. 26188; Cass., Sez. 6^-5, 21 dicembre 2020, n. 29218; Cass., Sez. 5^, 29 ottobre 2021, n. 30886; Cass., Sez. 5^, 30 maggio 2022, n. 17350; Cass., Sez. Trib., 28 giugno 2023, n. 18422; Cass., Sez. Trib., 13 dicembre 2024, n. 32381; Cass., Sez. Trib., 11 aprile 2025, n. 9508).
Con il primo motivo, si denuncia violazione dell’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non essere stato considerato dal giudice di appello che, dopo aver disposto l ‘ esenzione per i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all ‘art. 9, comma 3 -bis , del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n.
133, tale disposizione poneva anche la condizione relativa alla loro ubicazione nei Comuni montani o parzialmente montani di cui all’elenco pubblicato dall’ISTAT.
2.1 Il predetto motivo è infondato.
2.2 Nella speculare motivazione delle sentenze impugnate, il giudice di appello ha così focalizzato il thema decidendum : « La questione sottoposta al giudizio di questa Commissione attiene alla assoggettabilità all’IMU di un fabbricato ‘rurale’ strumentale all’attività agricola, la cui classificazione in catasto non sia formalmente avvenuta entro la data del 30 settembre 2012, con attribuzione dell’immobile alla cat. D10 ».
2.3 Secondo la ricorrente, però, il giudicante ha omesso di considerare, o ha dato per scontato, che i fabbricati rurali ad uso strumentale sono esenti da ll’ IMU non soltanto alla condizione che rientrino nella previsione di cui all’art. 9, comma 3bis , del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, ma anche alla condizione che i fabbricati ridetti siano ubicati in Comuni montani o parzialmente montani secondo un elenco pubblicato dall’ ISTAT.
2.4 Ora, l’art. 9, comma 8, secondo periodo, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, quale aggiunto dall’art. 4, comma 1ter , del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, disponeva che: « Sono altresì esenti i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all’articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, ubicati nei Comuni classificati montani o parzialmente montani di cui all’elenco dei Comuni italiani predisposto dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ».
Tale disposizione è stata, poi, superata dall’art. 1, comma 708, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, a tenore del quale: « A decorrere dall’anno 2014, non è dovuta l’imposta municipale propria di cui all’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, relativa ai fabbricati rurali ad uso strumentale di cui al comma 8 del medesimo articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 ». In tal modo, l ‘esenzione dall’IMU è stata gen eralizzata per i fabbricati rurali strumentali senza alcuna limitazione di carattere territoriale.
2.5 Dunque, con limitato riguardo agli anni 2012 e 2013, è convinzione del collegio che il rinvio per relationem ad una fonte di rango secondario da parte di una norma di rango primario -per l’individuazione di una fattispecie astrattamente tipizzata da quest’ultima -ne comporta l” incorporazione ‘ nel testo della norma richiamante con l’ eccezionale attribuzione di pari valore normativo nella gerarchia delle fonti. In tal caso, infatti, l’atto amministrativo assurge al ruolo di elemento costitutivo o integrativo della norma legislativa, per il quale si applica, comunque, il principio iura novit curia (art. 113 cod. proc. civ.). Dal che consegue che, in sede giudiziale, la parte che invochi l’applicazione della norma richiamante non è onerata dall’allegazione e dalla produzione dell’atto amministrativo (in tal senso, con riguardo ai decreti ministeriali, a mezzo dei quali viene effettuata la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi, i ndispensabili alla concreta individuazione dei tassi soglia di riferimento, in virtù del rinvio operato dall’art. 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, si è affermato che essi si distinguono dai meri provvedimenti amministrativi in quanto hanno indubbiamente natura generale e astratta, trattandosi di atti rivolti alla generalità indistinta dei
consociati e destinati a regolamentare non singoli casi, ma una classe di fattispecie non determinabili a priori; gli stessi dispongono anche di capacità innovativa, integrando la disciplina di rango primario: essi completano i precetti generali in materia di usura con una normativa di dettaglio, tanto che il sistema di computo del tasso soglia finale, oltre il quale gli interessi sono considerati usurari, promana sia dalla legge che dai decreti stessi – Cass., Sez. 1^, 29 novembre 2022, n. 35102; Cass., Sez. 1^, 15 maggio 2023, n. 13144; Cass., Sez. 1^, 24 aprile 2024, n. 11108; Cass., Sez. 1^, 31 luglio 2024, n. 21427).
Laddove, in linea di principio, l’obbligo del giudice di ricercare le fonti del diritto applicabili alla fattispecie dedotta in giudizio non opera con riferimento alle norme giuridiche secondarie e agli atti amministrativi (tra le tante: Cass., Sez. 3^, 12 febbraio 2015, n. 2737; Cass., Sez. 5^, 15 ottobre 2019, n. 25995; Cass., Sez. 3^, 18 febbraio 2020, n. 3997; Cass., Sez. 5^, 14 ottobre 2021, n. 27965; Cass., Sez. Trib., 20 luglio 2023, n. 21777; Cass., Sez. 1^, 19 marzo 2025, n. 7387).
Il che consente di verificare (anche al giudice di legittimità) che il Comune di Venosa (PZ) era effettivamente compreso ab origine tra i Comuni montani nell’elenco pubblicato dall’ISTAT , trattandosi di parte integrante della fattispecie esonerativa prevista dall’ art. 9, comma 8, secondo periodo, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23.
2.6 Ad ogni modo, come è stato eccepito dalla controricorrente, la concessionaria (pagina 3 -V° capoverso dell’atto di appello , secondo la trascrizione fattane in controricorso, in ossequio al canone dell’autosufficienza ) aveva così argomentato: « Come ampiamente dedotto nel corso del giudizio di primo grado, la normativa applicabile all’anno oggetto di imposizione consente
per i Comuni parzialmente montani come Venosa, l’esenzione dei fabbricati rurali strumentali ».
Per cui, la ‘ non contestazione ‘, assurta dopo la novellazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (da parte dell’art. 45, comma 14, della legge 18 giugno 2009, n. 69), a principio generale del processo, e come tale suscettibile di essere applicato anche nel giudizio tributario, seppure al netto della specificità dettata dalla non disponibilità dei diritti controversi nel processo de quo , concerne esclusivamente il piano (probatorio) dell’acquisizione del fatto non contestato, ove il giudice non sia in grado di escluderne l’esistenza in base alle risultanze ritualmente assunte nel processo; inoltre, va altresì considerato che il principio di non contestazione, applicabile anche al processo tributario, trova qui, comunque, un limite strutturale insito nel fatto che l’avviso di accertamento (o di rettifica) non è l’atto introduttivo del processo, quanto piuttosto l’oggetto (immediato), per lo meno nei casi in cui venga in questione la pretesa fiscale in esso riportata, sicché la cognizione del giudice è limitata dai profili che siano stati contestati col ricorso, e anche laddove, in base all’art. 23 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, l’attenzione sia rivolta alle difese dell’amministrazione pubblica resistente, e si intenda sottolineare che la parte resistente deve all’atto della costituzione in giudizio esporre « le sue difese prendendo posizione sui motivi dedotti dal ricorrente », indicando « le prove di cui intende valersi » e proponendo « altresì le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio », non per questo può trascurarsi che l’amministrazione fonda la pretesa su un atto preesistente al processo, nel quale i fatti costitutivi sono stati già allegati in modo ovviamente difforme da quanto ritenuto dal contribuente; ne consegue che l’onere
di completezza della linea di difesa, che in concreto si desume dal suddetto art. 23, per quanto interpretato in coerenza col principio di non contestazione oggi desumibile dall’art. 115 cod. proc. civ., non può essere considerato come base per affermare e sistente, in capo all’amministrazione, un onere aggiuntivo di allegazione rispetto a quanto già dedotto nell’atto impositivo (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 6 febbraio 2015, n. 2196; Cass., Sez. 5^, 18 maggio 2018, n. 12287; Cass., Sez. 5^, 23 luglio 2019, n. 19806; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2020, n. 22015; Cass., Sez. 5^, 22 giugno 2021, n. 17698; Cass., Sez. Trib., 7 dicembre 2022, n. 36028; Cass., Sez. Trib., 27 dicembre 2022, n. 37844; Cass., Sez. Trib., 14 giugno 2023, n. 16984; Cass., Sez. Trib., 8 agosto 2024, n. 22526; Cass., Sez. 5^, 9 agosto 2024, n. 22616; Cass., Sez. Trib., 4 ottobre 2024, n. 26019; Cass., Sez. Trib., 19 febbraio 2025, n. 4307).
2.7 Nella specie, quindi, la condotta processuale della concessionaria esonererebbe, comunque, la contribuente dall’onere di provare l’inclusione del Comune di Venosa (PZ) nell’elenco dei Comuni montani.
2.8 Stante la novità della questione, si ritiene di poter formulare il seguente principio di diritto: « In tema di IMU, l’art. 9, comma 8, secondo periodo, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, quale aggiunto dall’art. 4, comma 1 -ter , del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, limitando l’esenzione ai fabbricati rurali strumentali « ubicati nei Comuni classificati montani o parzialmente montani di cui all’elenco dei Comuni italiani predisposto dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) », ha incorporato tale elenco nella fattispecie tipizzata dalla norma legislativa con l ‘ eccezionale attribuzione di rango primario nella
gerarchia delle fonti. In tal caso, infatti, l’atto amministrativo assurge al ruolo di elemento costitutivo o integrativo della norma legislativa, per il quale si applica, comunque, il principio iura novit curia (art. 113 cod. proc. civ.), con la conseguenza che, in sede giudiziale, la parte che invochi l’applicazione della disposizione richiamante non è onerata dall’allegazione e dalla produzione dell’atto amministrativo ».
3. Con il secondo motivo, si denunciano, al contempo, violazione dell’art. 9, comma 8, del d.lgs. 14 marzo 2011 n. 23, interpretato come condizione di esenzione dall’IMU dei fabbricati rurali ad uso strumentale delle attività di cui all’art. 9, comma 3bis , del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, indipendentemente dalla classificazione catastale in categoria D/10, nonché violazione degli artt. 29, comma 8, del d.l. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, 7, comma 2bis , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e del d.m. 26 luglio 2012, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello (alla pagina 4 di ciascuna delle sentenze impugnate) che il Comune di Venosa (PZ), per gli anni dal 2004 al 2009, non aveva mai richiesto il pagamento dell’ICI in quanto nel fabbricato la ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ aveva sempre esercitato « attività agricola rientrante nelle indicazioni di cui all’art. 9 comma 3 bis D.L. 557/93’, determinando ‘un comportamento caratterizzato da buona fede ed affidamento di parte contribuente, tanto che solo a seguito della (pag. 5) notifica dell’avviso di accertamento impugnato la parte si è
vista costretta a richiedere la regolarizzazione del dato formale della iscrizione catastale, a fronte di una situazione di fatto fino ad allora pacifica con riguardo al riconoscimento della ‘ruralità’ e strumentalità del fabbricato in esame ».
In prosieguo, il giudice di appello aveva anche affermato che non era necessario, ai fini fiscali, che il fabbricato rurale fosse catastalmente classificato in categoria D/10, potendo in concreto il giudice tributario verificare l ‘ oggettiva strumentalità alla produzione connessa ad attività agricole . Inoltre, a suo dire, la ‘ RAGIONE_SOCIALE, sia pure in ritardo rispetto al termine finale del 30 settembre 2012 e, « dopo la notifica dell’avviso di accertamento relativo all’IMU 2012 » (si legga: IMU relativa agli anni 2012, 2013, 2014 e 2015) , aveva proposto istanza il 13 novembre 2017 « di variazione catastale al fine di riconoscimento della cat. D 10 al fabbricato », corredata da autocertificazione in ordine alla sussistenza del requisito dalla ruralità del fabbricato fin dai cinque anni antecedenti la domanda.
3.1 Il predetto motivo è fondato.
3.2 Come è stato ribadito da un recente arresto di questa Corte (in termini: Cass., Sez. Trib., 11 gennaio 2025, n. 726), in tema di esenzione da IMU per le abitazioni e i fabbricati strumentali all’attività agricola, non iscritti nelle categorie catastali A/6 e D/10, l’annotazione del requisito di ruralità, nelle forme previste dall’art. 5 del d.m. 26 luglio 2016, equivale all’attribuzione del requisito predetto, con applicazione degli effetti retroattivi disciplinati dall’art. 2, comma 5ter , del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124.
L’art . 7, comma 2bis , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n.
106, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il termine del 30 settembre 2011, poi prorogato al 30 settembre 2012) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante la presenza nell’immobile dei requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1994, n. 133, e modificato dall’art. 42bis del d.l. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, « in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda ».
In seguito, l’art. 13, comma 14bis , del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha stabilito che le domande di variazione di cui al predetto d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, producessero « gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo ».
Ancora, l’art. 1 del d.m. 26 luglio 2012 ha disposto che: « Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria
D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133 ».
Da ultimo, l ‘art. 2, comma 5 -ter , del d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, ha stabilito che: « Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14 bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2-bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994 n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda ».
Si tratta, infatti di disposizioni che disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da ICI, sulla base di una procedura ad hoc , che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (Cass., Sez. 5^, 30
dicembre 2020, n. 29864; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2021, n. 29283; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10002; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10894; Cass., Sez. Trib., 18 ottobre 2023, n. 28851; Cass., Sez. Trib., 12 agosto 2024, n. 22674; Cass., Sez. Trib., 1 marzo 2025, n. 5458).
Pertanto, le richiamate disposizioni rafforzano l’orientamento esegetico già adottato dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 21 agosto 2009, n. 18565), in quanto disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da ICI, sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2019, n. 10283; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2021, n. 29283; Cass., Sez. Trib., 25 novembre 2022, n. 34764; Cass., Sez. Trib., 10 ottobre 2023, n. 28851; Cass., Sez. Trib., 31 gennaio 2024, n. 2919; Cass., Sez. Trib., 11 gennaio 2025, n. 726).
Ciò posto, considerando che la domanda ex art. 7, comma 2bis , del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, non può in nessun caso risalire ad un anno diverso dal 2011 (nel quale sono comprese tanto la data di entrata in vigore del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, quanto la data di entrata in vigore della legge 22 dicembre 2011, n. 214, di conversione del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201), il quinquennio coperto dall’efficacia retroattiva dell’annotazione negli atti catastali della variazione conseguente alla presentazione di detta domanda è costituito
dagli anni 2006, 2007, 2008, 2009 e 2010 (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 10 gennaio 2014, n. 422; Cass., Sez. 5^, 25 novembre 2015, nn. 24019 e 24020; Cass., Sez. 5^, 6 luglio 2016, n. 13763; Cass., Sez. 5^, 3 agosto 2016, nn. 16178, 16179, 16180, 16181 e 16182; Cass., Sez. 5^, 22 dicembre 2017, n. 30815; Cass., Sez. 5^, 21 giugno 2019, nn. 16711, 16714 e 16715; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10009; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10894; Cass., Sez. Trib., 18 maggio 2023, n. 13710; Cass., Sez. Trib., 31 gennaio 2024, n. 2864).
Ne consegue che un’eventuale domanda di inserimento in catasto di fabbricati rurali con la categoria D/10 nell’anno 2017, non poteva valere per il quinquennio antecedente (cioè, dall’anno 2011 all’anno 2016), dovendo escludersi l’efficacia retroattiva dello ius superveniens per le domande presentate dopo il 30 settembre 2012 (termine ultimo per la domanda di annotazione) (Cass., Sez. 5^, 19 maggio 2017, n. 12663; Cass., Sez. 5^, 17 luglio 2019, nn. 19196 e 19197; Cass., Sez. 5^, 23 luglio 2019, n. 19814; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10009; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10894; Cass., Sez. Trib., 18 maggio 2023, n. 13710; Cass., Sez. Trib., 31 gennaio 2024, n. 2864).
A maggior ragione, poi, se si tratta (come nel caso di specie) di un ‘ordinaria ‘ domanda di variazione ‘ ai sensi dell’art. 1, comma 1, del d.m. 19 aprile 1994, n. 701 (nell’ambito di procedura DOCFA), la quale non ha mai efficacia retroattiva, a meno che la rettifica catastale non sia stata originata dall’esigenza di emendare un errore imputabile all’amministrazione finanziaria (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 28 agosto 2017, n. 20463; Cass., Sez. 5^, 5 febbraio 2019, n. 3273; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2021, n. 16679; Cass., Sez.
Trib., 25 ottobre 2022, n. 31556; Cass., Sez. Trib., 24 marzo 2023, n. 8550; Cass., Sez. Trib., 12 settembre 2024, n. 24542; Cass., Sez. Trib., 1 marzo 2025, n. 5454).
Parimenti, non rileva che tale domanda sia stata presentata subito dopo il ricevimento della notifica degli avvisi di accertamento e che il fabbricato fosse classificato con la categoria D/10 al momento dell’i mpugnazione degli avvisi di accertamento dinanzi al giudice tributario.
Con il terzo motivo, si denuncia violazione degli artt. 61 e 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., per essere stato deciso dal giudice di appello con motivazione meramente apparente in ciascuna delle sentenze impugnate in ordine all’accertamento della ruralità e della strumentalità del fabbricato soggetto ad IMU.
Secondo la ricorrente, il giudice di appello non avrebbe spiegato da quali specifiche prove o elementi di prova si approdasse alla conclusione della ruralità del fabbricato appartenente alla contribuente, per giunta con effetto per il quinquennio antecedente alla presentazione della dichiarazione DOCFA del 13 novembre 2017, fatti questi che restavano, pertanto, mere affermazioni apodittiche disancorate da supporto probatorio quanto meno sinteticamente indicato.
4.1 Il predetto motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo motivo, per cui se ne rende superfluo ed ultroneo lo scrutinio.
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi l a fondatezza del secondo motivo, l’in fondatezza del primo motivo e l’assorbimento del terzo motivo, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto
con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a), della legge 31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo motivo e dichiara l’assorbimento del terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 30 aprile 2025.